Giorgetti e la Lega hanno il loro candidato per la Commissione: l’ex ministro Siniscalco

C’è un nome per la casella di Commissario europeo che spetta all’Italia: Domenico Siniscalco, 64 anni, ex ministro dell’Economia, oggi vicepresidente e responsabile della banca Morgan Stanley. Nei rapporti di forza dentro la maggioranza, tocca alla Lega proporre un candidato per la posizione. Il governo punta alla casella della Concorrenza, da dove in questi anni sono state prese tante decisioni cruciali per l’Italia (dai salvataggi bancari alla gestione del caso Alitalia). Siniscalco non è un esperto di antitrust, ma ha il profilo internazionale e le relazioni giuste per il ruolo.

È stato ministro del Tesoro in una fase difficile, tra 2004 e 2005, quando le fibrillazioni dentro la maggioranza dell’allora governo Berlusconi portarono al temporaneo licenziamento di Giulio Tremonti dal ministero dell’Economia. Il 16 luglio la poltrona passò a Siniscalco, fino a quel momento direttore generale e indicato dallo stesso Tremonti come l’uomo giusto per una fase di transizione. Tremonti si riprenderà la poltrona il 22 settembre 2005 e a quel punto Siniscalco inizierà una carriera nel settore privato con stipendi di molti zeri superiori a quelli che aveva al governo: il passaggio è troppo rapido, non rispetta i vincoli della legge Frattini sul conflitto di interessi che però non ha sanzioni, l’Antitrust lo censura ma non può fare molto. A fine 2011, nel pieno della crisi finanziaria, la Morgan Stanley di Siniscalco riesce a farsi pagare dal Tesoro 3,4 miliardi di euro usando una clausola dimenticata da tutti in un contratto derivato sul debito la cui prima versione risaliva addirittura al 1994. La Corte dei Conti indaga sul caso, la Procura avanza richieste di risarcimento danni verso vari ministri e dirigenti coinvolti negli anni nella gestione dei derivati, Siniscalco incluso (89 milioni di euro). Il tutto si chiude con un’archiviazione a marzo 2019.

Siniscalco, torinese con un dottorato in Economia a Cambridge, nel 2010 ha cercato di arrivare alla presidenza di Intesa Sanpaolo, senza riuscirci. Ma ha continuato a tessere le sue relazioni, a Torino e non solo. A fine dicembre 2018 ha preso il posto dello scomparso Sergio Marchionne alla Presidenza del Consiglio Italia-Stati Uniti. Questi suoi rapporti americani Siniscalco li ha messi a disposizione del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti. Il viaggio del numero due della Lega negli Usa, a febbraio, è stato ispirato proprio da Siniscalco che lo ha invitato a un meeting del Consiglio Italia-Stati Uniti.

Non è la prima volta che il nome di Siniscalco incrocia l’esperienza dell’esecutivo gialloverde. Nella fase convulsa post-elettorale, a metà maggio 2018, per una notte il nome prescelto per guidare il governo è quello dell’economista Giulio Sapelli. Alle prime indiscrezioni, Sapelli commenta: “Sono stato contattato da entrambi le parti politiche e ho dato la mia piena disponibilità. Ho detto loro che vorrò dire la mia sui ministri, ho parlato con il collega Domenico Siniscalco, che spero di avere al mio fianco come ministro del Tesoro”. Pur lusingato, Siniscalco deve smentire, anche perché l’operazione è fallita e non ha senso rimanere legato a un progetto mai decollato.

A Siniscalco tornare in prima linea non dispiacerebbe affatto. È rimasto nell’ombra in questi mesi, riserva nell’establishment a disposizione dei gialloverdi ma soprattutto dei verdi, anche come potenziale sostituto di Giovanni Tria al ministero dell’Economia. Adesso però c’è la Commissione. E la guerra a colpi di retroscena dentro la Lega ha attribuito la poltrona a Giorgetti, il quale però non ha intenzione di lasciare Palazzo Chigi e può affidarla a Siniscalco. Che, nei giorni scorsi, è stato avvistato al Quirinale. Per fare il Commissario europeo, avere la benedizione di Sergio Mattarella è un passaggio necessario.

Dai giovani della Dc all’Europarlamento, Sassoli fa felice il Pd

La più alta carica italiana in Europa è appannaggio del Pd. David Sassoli, deputato europeo dal 2009, ex giornalista, cattolico democratico cresciuto nella giovanile Dc, è il nuovo presidente del Parlamento europeo per conto del gruppo dei Socialisti e Democratici. Sostituisce un altro italiano, e giornalista, Antonio Tajani, anche se fra due anni e mezzo dovrà lasciare il posto a un popolare per effetto della staffetta tra i primi due grandi gruppi dell’Europarlamento.

La candidatura covava da qualche giorno, dopo che si era capito che l’accordo per le nomine di più alto rango – Commissione, Bce, Alto rappresentante, Bce – aveva premiato Germania, Francia e Spagna. All’altro grande Paese dell’Unione toccava quindi un’altra pedina e per il gioco incrociato delle famiglie politiche e delle nazionalità, la scelta è caduta sui socialisti e, per gli equilibri interni, su Sassoli.

A suo favore ha pesato il buon rapporto tra il Pd e il Psoe di Pedro Sánchez che, avendo ottenuto con Josep Borrell l’Alto rappresentante, ha favorito la proposta italiana. Osteggiata, a quanto raccontano da Strasburgo, dai tedeschi. La delegazione della Spd ha vissuto come un tradimento la bocciatura dell’olandese socialista Frans Timmermans e non ha gradito il giochino di Angela Merkel a favore della sua “delfina” Ursula von der Leyen. Nella prima votazione di ieri, in cui Sassoli ha mancato l’elezione per sette voti, ad astenersi sono stati proprio i socialisti tedeschi.

Alla seconda votazione, invece, il successo è stato netto, 345 voti, quasi tutti socialisti e popolari, con Forza Italia astenuta, Lega e Fratelli d’Italia sdegnosamente contro e M5S che ha dato libertà di voto (e qualche voto da quella parte è venuto) ricambiato dal Pd nella votazione finale sulla vicepresidenza a Fabio Massimo Castaldo. Nessun bisogno di ricorrere all’appoggio, probabile in terza votazione, della sinistra del Gue.

Sassoli è sembrato scegliere, fin dal suo discorso di insediamento, un taglio sociale. “C’è bisogno di un’Europa che recuperi il rapporto con i cittadini, la dimensione sociale dell’Europa e che riformi il Trattato di Dublino”. Il riferimento è alla norma che impone ai migranti sbarcati nel Vecchio continente, di poter presentare la domanda di asilo nel Paese di sbarco, il quale poi dovrà accogliere il migrante per il tempo necessario a rispondere alla domanda. Un posizionamento sulla priorità della fase politica con una nettezza del messaggio che ha subito infastidito Matteo Salvini, e di cui, sia detto a margine, il segretario del Pd, Zingaretti, non è in genere prodigo.

Il personaggio, del resto, la politica la conosce bene. A dispetto di un curriculum di giornalista “prestato alla politica”, da giovane è stato uno dei protagonisti della “rivolta giovanile” all’interno della Democrazia cristiana. È tra i “sette saggi”, infatti, che promuovono il rinnovamento dei giovani democristiani e fanno da traino al congresso di Maiori del 1983, quello vinto dai “trasgressori”, in cui abbondavano gli obiettori di coscienza, come Roberto Di Giovanpaolo (poi senatore dem) o Renzo Lusetti che dei giovani democristiani sarà segretario dal 1984 al 1987. Amico da allora di Dario Franceschini, si lega alla sinistra democristiana d’antan, quella che legge don Sturzo ma gli affianca Antonio Gramsci, che si forma alla scuola dei “professorini della Costituente”, Dossetti, La Pira, ma anche Fanfani e Moro, e che inizia a organizzare i convegni estivi in Trentino. Quelli che Clemente Mastella attribuiva ai ragazzi “con le camicie a quadri e i calzettoni alle ginocchia”. Farà parte della Rosa bianca, l’associazione che di quell’area raccoglie l’eredità e che ha certamente un buon feeling con Sergio Mattarella.

Con Clemente Mastella, però, ha una consuetudine importante perché, si legge nel diario di Giuseppe Sangiorgi, vice di Mastella nell’ufficio stampa Dc 1982-1989, poi membro dell’Agcom, viene assunto proprio dall’ex ministro beneventano. Grazie alla Dc viene poi inserito all’Asca, l’agenzia di stampa cattolica dove mette a segno uno scoop importante: è testimone a Parigi dell’incontro tra l’allora ministro socialista Gianni De Michelis e il rifugiato politico, di Potere operaio, Oreste Scalzone. La vicenda ha un certo clamore e a Sassoli, si legge ancora nel diario di Sangiorgi, costerà un po’ di fatica quando dovrà entrare al Giorno, quotidiano controllato dall’Eni e, quindi, dai socialisti. A contrastare la sua assunzione è proprio De Michelis, ma alla fine la solidità democristiana ha la meglio e da lì inizia la carriera che poi lo porterà al Tg3 e al Tg1.

Lascia la professione nel 2009 per le elezioni europee, candidato da Dario Franceschini segretario del Pd. Ottiene un mare di preferenze e nel 2013 pensa di fare un ulteriore salto candidandosi alle primarie per il sindaco di Roma. Ignazio Marino straccia sia lui sia Paolo Gentiloni, che però benediranno sempre il giorno in cui quelle primarie le hanno perse.

L’Italia evita l’infrazione Ue: scontro rimandato al 2020

Non ci sarà nessuna procedura d’infrazione per debito contro l’Italia. Il collegio dei commissari europei ha deciso ieri di non raccomandare al Consiglio Ue di aprire la pratica. Avrebbe portato a uno scontro durissimo con l’Italia e, peraltro, non esistevano più i presupposti tecnici neanche stando alle complesse regole fiscali dell’Unione. Un concetto riassunto lunedì già da Sergio Mattarella.

Per ora il capitolo è chiuso, ma la vera partita inizierà in autunno con la legge di Bilancio, quando la nuova Commissione non si sarà ancora insediata. Annunciando la decisione (dovrà esprimersi l’Ecofin, i ministri finanziari dell’Ue), il commissario europeo agli Affari economici, Pierre Moscovici, lo ha sottolineato: “Do il benvenuto alla volontà del premier Giuseppe Conte di perseguire un dialogo costruttivo con noi al fine di garantire che il progetto di bilancio sarà conforme al braccio preventivo del Patto di Stabilità”.

Il 5 giugno la Commissione aveva annunciato che una procedura era “giustificata” visto l’aumento del debito. La violazione era sugli anni precedenti (nel 2018 il debito/Pil è salito dal 131,4% al 132,2%) ma a far scattare Bruxelles era lo sforamento previsto per il 2019 e il 2020. Il governo ha risposto alle “tre condizioni” poste dalla Commissione: compensando lo scarto per il 2018, riducendo il disavanzo per il 2019 e dando garanzie per il 2020. La seconda condizione è stata risolta dal pacchetto approvato il primo luglio, con l’assestamento di bilancio: una correzione da 7,6 miliardi, ottenuta raschiano il fondo, tra maggiori entrate tributarie e contributive (3,5 miliardi) e altri proventi (2,7 miliardi) che includono i dividendi di Banca d’Italia e Cassa depositi e prestiti (quest’ultima spremuta di altri 800 milioni rispetto alla cedola iniziale); oltre al congelamento di 1,5 miliardi varato per decreto a garanzia dei risparmi che il governo stima di ottenere quest’anno da Reddito di cittadinanza e Quota 100. In questo modo il deficit quest’anno dovrebbe attestarsi al 2% (o meglio il 2,04%) del Pil previsto dalla manovra di dicembre, contro il 2,5% stimato da Bruxelles. In sostanza non esistevano più i presupposti per far scattare la procedura per debito.

Per il 2020 il governo ha invece garantito, con una lettera inviata martedì da Conte e dal ministro dell’Economia Giovanni Tria, di impegnarsi a sterilizzare gli aumenti automatici dell’Iva (a bilancio ce ne sono per 23 miliardi) senza ricorrere al disavanzo ma con misure alternative, con tagli di spesa e una revisione degli “sconti fiscali” (che equivale a un aumento delle tasse). Il governo ha poi previsto di usare anche per il prossimo anno i risparmi di Reddito e Quota 100, stimati tra i 3 e i 5 miliardi. L’impegno è bastato ai commissari per chiudere la partita e rinviarla all’autunno. Ma la strada è in salita, tra Iva e spese indifferibili il conto è già di 26 miliardi. Tagliare 23 miliardi è impossibile, tanto più che nessuno se ne sta occupando; così come recuperare risorse ingenti dalle spese fiscali, visto che i capitoli più corposi (spese sanitarie e ristrutturazioni edilizie) sono politicamente esplosivi. L’ipotesi di Tria di far scattare una parte degli aumenti Iva e stata stoppata da Lega e M5S, così come la possibilità di introdurre clausole di salvaguardia taglia-spesa da almeno 10 miliardi. In ogni caso, lo sforzo servirebbe solo a garantire gli impegni fissati nel Documento di economia e finanza di aprile, cioè un deficit al 2,1% del Pil nel 2020, più o meno a livello di quest’anno. A questo va aggiunto il taglio fiscale (impropriamente chiamato flat tax) da almeno 10 miliardi che Matteo Salvini pretende nella manovra: ieri, peraltro, ha ribadito che è “prioritario”.

Da Salvini a Conte, a Tria e Di Maio, ieri il governo ha festeggiato la decisione, ma a settembresi troverà a trattare con la stessa Commissione, seppur in uscita. Per far scattare l’infrazione serve una violazione sugli anni pregressi, disinnescata con l’accordo sancito ieri, ma lo scontro sarà comunque duro.

La variabile più rilevante saranno le tensioni finanziarie. Su questo piano il governo parte avvantaggiato. L’indicazione di Mario Draghi che la Bce è pronta a far ripartire il piano di acquisti dei debiti pubblici dei Paesi dell’Eurozona (Quantitative easing) e la scelta di nominare come successore, Christine Lagarde, ex politico assai pragmatico e non in sintonia con l’ortodossia fiscale del blocco nordico, hanno fatto crollare lo spread. Ieri ha chiuso sotto i 200 punti base, con i rendimenti dei titoli decennali ai minimi dal 2016.

Serie di esplosioni nel cratere: morto un escursionista, paura tra i turisti

Due esplosioni, tra le più forti mai registrate da quando è attivo il sistema di monitoraggio del vulcano, cioè dal 1985, che si sono sviluppate rispettivamente alle 16:46:10 e alle 16:46:40. Una colonna eruttiva che ha raggiunto i 2 km d’altezza.

Un escursionista morto probabilmente colpito da un masso staccatosi per una delle deflagrazioni, un altro ferito e almeno altri due rimasti bloccati in quota dal gran fumo. E paura – molta – tra i turisti: “L’esplosione è stata violentissima, nemmeno il tempo di capire cosa stesse succedendo”… E ancora: “Siamo corsi a barricarci in casa”, altri invece si sono tuffati in mare.

Alla fine circa 70 persone evacuate a Ginostra perché spaventate dalla situazione. Proprio a Ginostra si è sviluppato un grosso incendio, con due focolai attivi. È saltata anche l’energia elettrica perché la centralina ha preso fuoco. Ma la psicosi di una possibile altra serie di esplosioni è forte. Proprio nell’eventualità di una fuga di massa di persone, la Protezione civile ha predisposto l’allerta di una nave militare e di una privata già alla fonda dell’isola pronte a intervenire in caso di necessità.

Violenze “sadiche” su bimba di tre anni, arrestato un 44enne

Botte e insulti continui alla figlia di tre anni della compagna, in un quadro di comportamenti ai limiti del sadismo: è l’accusa contestata a un operaio di 44 anni residente a Caserta, finito ai domiciliari su ordine del Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere per maltrattamenti in famiglia e lesioni. L’uomo, qualche giorno fa, era stato fermato insieme alla madre della piccola, una 46enne, ritenuta complice del 44enne. In sede di convalida del provvedimento, il Gip non ha però ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza ai danni della donna, e ha invece convalidato l’arresto per l’uomo, che si sarebbe reso responsabile di comportamenti tali – scrive il gip – da “rasentare il sadismo”. L’indagine è partita dopo che le maestre della scuola dell’infanzia avevano inviato una segnalazione ai carabinieri; la piccola più volte si sarebbe presentata a scuola con lividi ed ecchimosi su tutto il corpo, ma la madre, di fronte alle pressanti richieste di spiegazioni, si sarebbe mostrata sempre “vaga e inconsapevole”, come se cadesse dalle nuvole. I carabinieri hanno ascoltato le insegnanti, un medico e alcune persone che avevano assistito ad atteggiamenti violenti. Anche la piccola è stata sentita in forma protetta.

Si era battuto contro l’apertura a Pasqua, licenziato dall’outlet

Lunedì avrebbe dovuto riprendere il suo posto di lavoro dopo il congedo sindacale di due anni, quel congedo che gli ha permesso di lavorare insieme a sindacati e all’azienda per migliorare le condizioni di quasi 2.500 colleghi. Due giorni prima di tornare in negozio, però, è stato licenziato. Lui si chiama Alexander Delnevo, 37enne di Novi Ligure, era un dipendente della boutique di alta sartoria Lardini nell’outlet Mc Arthur Glen a Serravalle Scrivia (Alessandria) ed è stato soprattutto uno degli animatori delle proteste contro le aperture nel giorno di Pasqua del 2017.

Venerdì 28 giugno Delnevo ha ricevuto una comunicazione dalla Lardini: vista la riduzione degli spazi e vista la necessità di personale che parli arabo e russo, lui non era più necessario: “Io parlo perfettamente inglese, ma sembra che non serva”, ha dichiarato a La Stampa di Alessandria. Dalla notizia della sua esclusione sono cominciati gli appelli all’azienda affinché Delnevo venga reintegrato. La Filcams Cgil chiede alla Lardini di ritirare il provvedimento e alla Mc Arthur Glen di prendere posizione: “Filcams Cgil ha già comunicato di aver attivato ogni iniziativa sindacale, di mobilitazione e legale per respingere il licenziamento, dettato – è questa la convinzione – esclusivamente dalla volontà di mettere a tacere un rappresentante dei lavoratori, nel tentativo di limitare in questo modo diritti e libertà sindacale”, sostiene il sindacato. “Piena solidarietà a Delnevo con l’auspicio che possa tornare al più presto al suo posto di lavoro”, ha affermato Federico Fornaro, capogruppo di LeU alla Camera. Oggi ci sarà un volantinaggio per illustrare agli altri lavoratori e ai clienti la situazione. A pochi giorni dall’inizio dei saldi, all’outlet di Serravalle potrebbero cominciare nuove proteste.

Serie A? No, torneo Eccellenza. La principessa saudita Norah si è comprata un club umbro

“Il calcio è una passione di famiglia e quello italiano è famoso in tutto il mondo, per questo ho scelto questo sport”. Parole arcinote ai tifosi italiani, abituati a sentirle in caso di acquisti esteri di club calcistici, ma stavolta fanno notizia per chi le pronuncia e in quale contesto. È infatti una dichiarazione del nuovo presidente dello Spoleto calcio, che sarebbe la prima donna araba a ricoprire questo incarico: la principessa saudita Norah Bint Saad Al Saud, figlia del cugino del Re. Se nel resto d’Europa gli sceicchi investono in club come il Paris Saint Germain o il Manchester City, in Italia passano da un piccolo borgo umbro e una società dilettantistica. “È una piccola realtà calcistica che milita in Eccellenza”, ha detto la principessa che ha anche ammesso di non aver grandi conoscenze in ambito sportivo – ma c’è la possibilità di lavorare tutti insieme per ambire al salto di categoria. E la città di Spoleto è famosa e conosciuta in tutto il mondo”. Al fianco della principessa in questa avventura sportiva c’è l’imprenditore italo-americano Massimo Pincione, nome non nuovo nel sottobosco del calcio nostrano. Già presidente del Pescara per un breve periodo nel 2007 e transitato per un due stagioni a Grosseto, senza lasciare un bel ricordo, perché il club sprofondò in Eccellenza, Pincione nel 2018 si era interessato sempre insieme alla principessa saudita all’Fc Pavia senza che il progetto andasse in porto. Il primo obiettivo sono i lavori di manutenzione dello stadio comunale e su questo si intende avviare un dialogo con l’amministrazione, mentre il secondo è fare meglio dei rivali del Foligno. Con l’ingresso di Norah Al Saud alla presidenza del club umbro un altro tassello “rosa” si incastra nel puzzle del calcio italiano, che in queste ultime settimane ha vissuto con molta partecipazione i risultati della nazionale femminile fino ai quarti di finale, dove è stata eliminata per via della sconfitta contro i Paesi Bassi, durante i Mondiali attualmente in corso in Francia.

Rimborsi chilometrici anche a nome di un “Mago Silvan”. Arrestato presidente della Fiera

Otteneva rimborsi chilometrici a nome di dipendenti ignari. C’era anche una domanda firmata “da un fantomatico ‘Mago Silvan’”. In questa maniera Stefano Cristini, direttore della Fiera di Bergamo, aveva intascato 140 mila euro come extra e premi dalla casse di Promoberg, società costituita dalle principali associazioni di categoria di Bergamo per la gestione del polo fieristico e congressuale.

Si tratterebbe di peculato perché per i magistrati Cristini è incaricato di pubblico servizio. E così ieri all’alba è finito ai domiciliari, mentre il segretario generale Luigi Trigona – indagato di concorso in peculato – è stato sospeso dall’incarico per un anno e il presidente del consiglio sindacale, Mauro Bagini, accusato di favoreggiamento, è stato sospeso dalla professione di commercialista. Sarebbero stati in combutta nella realizzazione di questo piano che per i magistrati andava avanti “dal 2006 quantomeno fino al marzo 2019”, quando alcuni dipendenti, scoperto il sistema, sono andati dal sindaco di Bergamo Giorgio Gori, consigliere d’amministrazione di Promoberg, e hanno raccontato molte cose sulla gestione. Il 10 aprile scorso Gori è andato a denunciare tutto in Procura. Meno di tre mesi dopo sono scattate le misure cautelari stabilite dal gip Federica Gaudino su richiesta dei sostituti procuratori Emanuele Marchisio e Silvia Marchina, che hanno coordinato le indagini della Guardia di finanza. Il castello di carte costruito da Cristini e Trigona ha cominciato a crollare alla fine del 2018, quando i dipendenti hanno scoperto le richieste di rimborso false. Da allora Cristini e gli altri hanno cercato di coprire gli ammanchi anche con versioni inverosimili, come la necessità di soldi per pagare il “pizzo” ai parcheggiatori a Napoli durante le fiere lì. I finanzieri, però, li stavano ascoltando e hanno continuato a farlo anche dopo la bonifica dalle microspie negli uffici.

“Stop ai fondi per l’ospedale qatariota”. Un’inchiesta può far saltare l’operazione

Stop ai finanziamenti regionali per il Mater Olbia: la Lega tira il freno sull’eccellenza ospedaliera privata nata dal sogno di Don Verzè e passata dopo varie vicissitudini nelle mani degli emiri del Qatar grazie ad un’intesa del 2014 col governo Renzi. L’avvio in convenzione con il Sistema sanitario regionale potrebbe saltare proprio quando l’apertura della struttura sembrava ormai cosa fatta, a causa degli sviluppi giudiziari dell’inchiesta che riguarda i terreni del Mater contesi in una causa intricatissima e piena di colpi di scena, che dalla Sardegna può arrivare alla Procura di Roma.

La richiesta del congelamento dei fondi pari a circa 150 milioni di euro (25 milioni per il 2019, più altrui 60.6 per ciascuno degli anni 2020 e 2021) è arrivata alla seduta comune delle commissioni Sanità e Bilancio, con la richiesta di “rinvio” del ddl di variazione di bilancio da parte del capogruppo della Lega Dario Giagoni, che di fatto sconfessa gli ultimi provvedimenti dell’esecutivo Solinas.

Nei giorni scorsi il neo assessore alla Sanità Nieddu, con un clamoroso dietrofront rispetto alle prime valutazioni espresse durante un sopralluogo sul campo, dichiarava la struttura ospedaliera pronta e idonea all’accreditamento regionale. Nelle stesse ore il giudice di Tempio Pausania ha ordinato alla Procura, che chiedeva di archiviare, l’imputazione coatta dell’avvocato Angelo Merlini, referente per procura della Sardinan Healtcare and Research Properties, (SHRP) proprietaria del Mater Olbia alla cui testa siede il plenipotenziario della Qatar Foundation in Italia, Lucio Rispo. L’accusa è quella di firme false in atto pubblico, nella causa che oppone la stessa società ad Alessandro Marini, l’imprenditore gallurese che nel 2015 era riuscito a far saltare la vendita del San Raffaele ai qatarioti attestando diritti di usucapione su buona parte dell’area oggetto della compravendita con gli emiri della Qatar Foundation, 60 ettari di altissimo pregio ambientale a due passi dalle spiagge più belle della Costa Smeralda.

Ora però il ruolo di Marini sembra mutare alla luce dei fatti che stanno emergendo dopo le denuncia dello stesso imprenditore alle Procure di Tempio e di Roma. Quest’ultima potrebbe aprire un fascicolo sull’autenticità della firma di Yoginder Nat Maini Tidu, presidente e rappresentante legale SHRP in Italia, su alcuni atti riconducibili ai procedimenti in corso al Tribunale sardo. Non solo: la scrittura controfirmata da Maini Tidu a Londra avrebbe dovuto essere sottoposta a precise prescrizioni normative al fine di essere valida in Italia. Qualcuno avrebbe dovuto accertarsi, ad esempio, che fosse capace di capire il contenuto della procura dattiloscritta in italiano visto che trattasi di cittadino inglese per di più nato in India. Non risulterebbe accertata la presenza di traduttori né di documenti tradotti dall’italiano all’inglese. La procura sarebbe stata depositata in fotocopia e non in originale, ed inoltre priva di luogo e data. Inutile dire che se i giudici dovessero dare credito a questa tesi, e alle richieste risarcitorie di Marini (195 milioni di euro) sarebbe lo stop definitivo a tutta l’operazione Qatar Foundation-Mater Olbia, condotta nella scorsa legislatura da Renzi a Roma e da Francesco Pigliaru in Sardegna .

“Corrotto con vino e pastiere”: giudice arrestato con il Trojan

Il giudice di Napoli,Alberto Capuano, da ieri in carcere con accuse di corruzione per aver venduto la sua influenza “vera o presunta” su altri giudici in cambio di utilità – soldi, pastiere, bottiglie di vino, lavori di ristrutturazione del centro estetico della moglie, biglietti per discoteche e stabilimenti balneari – agiva consapevole di dover sfuggire a eventuali indagini. Al suo faccendiere di tribunali Antonio Di Dio, uno degli intermediari delle corruttele, eletto consigliere municipale in una lista collegata agli arancioni del sindaco Luigi de Magistris, Capuano aveva dato istruzioni precise: “Non parlare al telefono con il soggetto da favorire” e in un caso “adottare particolari cautele nell’incontrarlo di persona” perché, dice il giudice, trattandosi di un criminale “quello lo seguono ovunque”. Non solo. La Mobile di Roma non ha trovato tracce di contatti diretti tra Capuano e Di Dio, perché il modus operandi prevedeva una terza figura, quella di Valentino Cassini, con il compito di ufficiale di collegamento. Capuano chiamava Cassini che a sua volta chiamava Di Dio per incontrarlo e definire con lui i termini delle varie trattative portate avanti grazie alla ‘disponibilità’ del magistrato sul quale il Gip di Roma Costantino De Robbio spende parole durissime: “Accelerazioni o sospensioni di procedimenti penali, scarcerazioni, dissequestri, e ancora il superamento del concorso in magistratura (vinto dalla figlia di Di Dio, ndr) e di quello per sottufficiale dei Carabinieri: tutto si può ottenere e tutto si può comprare attraverso il giudice Capuano”. Che avrebbe aiutato anche un soggetto del clan Mallardo, Giuseppe Liccardo, accettando la promessa di circa 70 mila euro, “20 prima e 50 dopo”, in cambio del suo intervento su uno o più componenti un Collegio penale.

L’indagine della Procura di Roma si è avvalsa dell’uso dei trojan. Che hanno fatto strame delle cautele di un “consolidato sistema” che vedeva al centro l’ex Gip di Napoli poi diventato giudice monocratico a Ischia. Era stato spedito lì dopo una censura del Csm e dopo indagini in cui era sospettato di aver compiuto favori, dalle quali uscì archiviato.