Guardiamo le stelle prima di farci il bagno. No, non basta controllare se un comune ha la bandiera blu per decidere dove andare in vacanza, anzi potrebbe accadere che la bandiera blu ci porti in una località dove solo uno spicchio d’acqua è veramente blu mentre a due passi il mare ha un forte carico di batteri. Il “Tripadvisor” del mare pulito lo troviamo solo on line, sul portale del ministero della Salute, ed è lì e solo lì che scopriremo se il posto che abbiamo scelto per la nostra vacanza al mare è davvero privo di Escherischia coli e Enterococchi, i due parametri microbiologici che vengono esaminati per l’esame della qualità delle acque di balneazione. Basta cliccare sulla città o sul paese scelto per le vacanze al mare e ci appariranno le spiagge con acqua “eccellente” e quelle con acque “scarse” e troveremo evidenziati anche tutti i divieti temporanei di balneazione, insomma le acque davvero pulite e quelle meno, secondo la direttiva Ue numero 7 del 2006, che è l’unica che fa testo. E che ci garantisce un monitoraggio costante e affidabile della qualità del mare, dando i punti, anzi le stelle, a ogni tratto di costa facendo una media dei risultati delle analisi degli ultimi cinque anni: tre stelle “eccellente”, due “buono”, una “sufficiente” e zero per “scarso”. Dove “scarso” significa divieto assoluto di balneazione.
E così scopriremo, per fare un esempio, che la bandiera blu assegnata a Giulianova, una cittadina abruzzese molto frequentata dai turisti, in realtà non è stata data a tutto il litorale, ma solo a due tratti mentre altre due spiagge a nord e a sud immediatamente confinanti, sono “temporaneamente vietate per inquinamento”. Oppure a Numana, nelle Marche, e Praia a Mare in Calabria, dove rispetto a un tratto classificato “scarso” con tanto di divieto di balneazione, ci sono altre zone vicine con la bandiera blu. Oppure Pesaro, dove nonostante la classificazione “eccellente” delle acque e la bandiera blu assegnata al comune, quest’anno sono comparsi diversi divieti (poi revocati).
Il fatto è che molti Comuni bluffano, per non danneggiare il turismo. E con una serie di escamotage aggirano la direttiva Ue. Intanto sono ancora troppo pochi i lidi che espongono all’ingresso il cartellone con l’indicazione dello stato di salute delle acque. Si limitano, magari, a pubblicare i risultati delle analisi e di eventuali divieti sull’Albo pretorio del Comune, ma sanno che i turisti non ci pensano a spulciare lì. La comunicazione invece secondo la direttiva comunitaria è fondamentale, e su ogni spiaggia dovrebbero essere indicate le stelle, così come per gli alberghi, e tutti gli eventuali problemi di balneabilità.
Poi ci sono amministrazioni che fanno anche di peggio: se un tratto di spiaggia viene classificato “scarso” per cinque anni di fila, dovrebbe diventare vietato alla balneazione per tutta la stagione e non c’è analisi o intervento sulla depurazione che tenga, ma le amministrazioni più furbe spostano il punto di prelievo per le analisi, cambiano nome al tratto da campionare e si fanno beffe della Ue. Succede a Pescara per esempio, tanto per restare in Abruzzo, dove il tratto chiamato via Balilla è diventato nel sesto anno “via Leopardi”, semplicemente spostando il punto di campionatura ed evitando così il divieto di balneazione permanente. Alla faccia della salute dei bagnanti.
Volendo andare a colpo sicuro, ecco la mappa del Touring e di Legambiente, dove insieme al mare viene valutata anche la qualità ambientale: al primo posto c’è il comprensorio Pollica e il Cilento Antico (provincia di Salerno, Campania); al secondo Castiglione della Pescaia e la Maremma toscana (provincia di Grosseto, Toscana); al terzo Posada con le terre della baronia e il Parco di Tepilora (provincia di Nuoro, Sardegna). Ma anche il litorale di Chia, nella Sardegna meridionale, con il Comune di Domus de Maria.
“Il fatto è che nei tratti con acqua ‘scarsa’, il divieto di balneazione può essere rimosso solo dopo due analisi positive consecutive durante l’anno in corso più la rimozione delle cause della contaminazione – spiega Augusto De Sanctis del Forum H20 – per esempio l’ampliamento del depuratore o altri interventi sugli scarichi fognari. In questi anni abbiamo visto riaprire alla balneazione solo grazie alle due analisi consecutive, senza dimostrare di aver risolto realmente i problemi di contaminazione, con il risultato che puntualmente le analisi poi tornavano negative e si doveva rimettere il divieto. Nei tratti con acqua ‘scarsa’ per 5 anni consecutivi, infatti, dovrebbe scattare il divieto per l’intera stagione, non derogabile”.
Secondo l’European bathing water quality, basato sui dati 2018, solo in quattro Paesi il 95% delle spiagge hanno registrato una qualità “eccellente” delle acque: Cipro (col 99,1%), Malta (98,9%), Austria (97,3) e Grecia (97%). Anche se il nostro Paese ha una percentuale comunque elevata di acque “eccellenti”, pari al 90% contro una media europea dell’85%, è anche tra quelli col più alto numero di spiagge di bassa qualità (con 89 tratti “scarsi”, pari all’1,6% e un incremento rispetto al 2017 da 79 spiagge scarse a 89) insieme alla Francia, che però ha registrato un’inversione di tendenza (con 54 spiagge) e la Spagna (50). “Le modalità e i criteri di campionamento sono omogenei per tutta Europa – spiega De Sanctis – Ovviamente cambia il numero di tratti per ogni regione (ad esempio, il Molise ne ha 24, la Sardegna e la Puglia oltre 600). La balneazione, essendo un tema di carattere sanitario, deve basarsi sulla prevenzione. Poiché le analisi non si fanno tutti i giorni ma una volta al mese e i risultati arrivano per ragioni tecniche dopo due giorni dal prelievo, la Ue ha stabilito che è meglio basarsi su un sistema di classificazione fondato sui dati pregressi. Questo perché un tratto classificato ‘eccellente’ che, quindi, negli ultimi anni non ha mai avuto problemi, difficilmente ne avrà in futuro”. E d’altronde, che la bandiera blu significhi poco e niente basta considerare che i criteri per l’assegnazione, stabiliti dalla Fee (Fondazione per l’Educazione ambientale) sono di varia natura: dalla balneabilità delle acque, ai rifiuti, all’educazione ambientale, all’efficienza energetica, dove la qualità del mare incide al massimo per 10 punti e tutto il resto invece può superare i 60 punti.
Se poi si sovrappongono le spiagge con la bandiera blu con quelle censite dal ministero della Salute, si scopre che una spiaggia imbandierata è giusto al centro di due spiagge vietate alla balneazione. Come si fa a ritenere un tratto di mare balneabile anche se è delimitato da due tratti inquinati? È un mistero.