L’uscita arriva nel momento peggiore per i 5Stelle, schiacciati dalla manovra a tenaglia di Lega e Ue sul Tav. Ieri Marco Ponti, capo della task force di esperti economisti incaricati di redigere l’analisi costi-benefici ha scaricato Danilo Toninelli, che lo aveva ingaggiato. Dopo aver lanciato appelli sul Fatto, in una serie di interviste ha accusato il ministro delle Infrastrutture di fare “come il suo precedecessore, Graziano Delrio”. “Toninelli ha deciso che non si blocca più nessun cantiere, compreso il Tav – ha spiegato al Corsera – Le nostre analisi sono state usate per fini politici, ma è evidente che non saranno mai applicate”.
Insomma, per il professore il Tav si farà. Ma non è solo questo il punto. “Anche Delrio – prosegue – aveva detto che ogni cantiere sarebbe stato giudicato con le analisi costi-benefici. Poi, quando si è trovato di fronte agli interessi costituiti, ha cambiato idea. A me Toninelli diceva che bisognava analizzare da capo tutto (…) Poi, appena ci sono stati un minimo di resistenza dei poteri costituiti e un problema di consenso, chi l’ha più visto e sentito”. Lo staff di Toninelli ha reagito stizzito: “Alle analisi costi-benefici si affianca sempre un’analisi giuridica – fa sapere il Mit – bisogna tener conto delle leggi, degli atti pregressi, dei vincoli contrattuali, dello stato dei lavori. Non di gruppi di potere che non hanno mai influenzato l’azione di governo”.
L’uscita di Ponti chiude una stagione forse mai decollata. Per mettersi d’accordo con la Lega – favorevole alle grandi opere inutili – i 5Stelle hanno messo nel contratto di governo l’analisi costi-benefici (Acb). Anche gli economisti di Renzi la volevano per archiviare una prassi indecorosa, ma i predecessori di Toninelli non l’hanno mai fatta. Toninelli c’è riuscito, ma si è dovuto scontrare con la difficoltà di sfidare il partito del cemento trincerandosi dietro i tecnici.
Lo si è visto subito. Appena istituita, la task force ha bocciato il Terzo valico ligure (6 miliardi) come uno spreco di soldi pubblici. La Lega ha fatto muro e – con l’aiuto dell’analisi giuridica, che preannunciava penali miliardarie – si è deciso di procedere. Sul Tav ci si è invece scontrati con l’astuzia della malafede. L’Acb ha stroncato l’opera, ma i suoi pasdaran hanno bocciato l’analisi e messo in dubbio la buona fede di Ponti schierando la loro geometrica potenza di fuoco sui grandi giornali. Ma il mondo di professionisti e politicanti piemontesi che da anni prospera sull’opera è nulla a fronte di quel che può scatenarsi se l’analisi costi-benefici divenisse l’unico metodo per decidere sulle grandi opere.
E infatti l’ingranaggio si è inceppato. La commissione Ponti si è sentita isolata, poco protetta dagli attacchi sulla Torino-Lione e inutile senza più l’obbligo di passare tutti i grandi progetti al vaglio dell’Acb. Quelli per l’alta velocità ferroviaria del Sud, come la Napoli-Bari (6 miliardi), già avviata, e la Palermo-Messina (10 miliardi) sono stati esclusi dalla valutazione per decisione del ministero. L’annuncio è arrivato lo stesso giorno, il 28 marzo, in cui il team di Ponti illustrava al dicastero l’analisi sull’alta velocità Brescia-Padova: 8,6 miliardi per un’opera senza flussi di traffico adeguato. L’analisi è negativa per 2,4 miliardi. Il ministero, però, non l’ha ancora pubblicata. Dieci giorni dopo, a Verona, Luigi Di Maio annunciava che l’opera – di cui dal 1991 è general contractor l’Eni – sarebbe stata completata.
Sulle altre (poche) grandi opere sottoposte a valutazione è invece arrivato un risultato indigesto ai 5 Stelle. A giorni, per dire, sarà consegnata l’Acb del tunnel dell’alta velocità di Firenze, i cui lavori sono fermi dal 2013 dopo lo scoppio delle inchieste per corruzione negli appalti. Per i 5 Stelle è da sempre simbolo di grandi sprechi, invece l’analisi di Ponti e compagnia sostanzialmente la promuove, anche perché, degli 1,6 miliardi previsti, ne sono stati spesi già la metà.
Anche la Gronda di Genova, opera odiata dai pentastellati liguri ma assai cara ai Benetton, padroni di Autostrade, è stata promossa dall’analisi, almeno per la bretella di Levante. Il dossier è stato consegnato prima di Natale e mai pubblicato perché il Mit ha chiesto di rifare i calcoli senza usare i dati di traffico di Autostrade.
Così l’Analisi costi-benefici fornisce solo uno strumento tecnico su cui esercitare poi una pressione politica, che però si è rivelata assai complicata.