Parisi Ci vuole il fisico giusto per il Nobel
Non chiedetegli se Dio esiste, è roba da registi di cinema; non chiedetegli nemmeno che relazione c’è tra le dimensioni di un foglio di carta e il raggio della sfera dello stesso foglio appallottolato: è un problema insoluto che lo angustia parecchio. Giorgio Parisi non è un mago, ma un fisico premio Nobel: dello scienziato ha l’umiltà, la creatività, l’ebbrezza. Poi certo la curiosità del genio di cercare ordine là dove – apparentemente – non esiste: nei sistemi complessi, come sciami di storni in volo, in cui alcuni pattern ritornano. Non è magia, è cosmo nel caos. Perché forse il caso non esiste, ma questo lo dice Kung Fu Panda.
VOTO: 110 e lode
Jacobs Cento metri d’oro: vola l’Italia olimpica
Gianmarco Tamberi vince il salto in alto. Condivide il successo con l’amico-rivale Mutaz Barshim. I gemelli d’oro riscrivono storia e spirito olimpici. Un quarto d’ora dopo lo straripante Marcell Jacobs straccia gli avversari nella finale dei 100 metri: 9”80. Americani e inglesi rosicano, insinuano. Ma il dopato è un britannico della staffetta, battuta per un centesimo da quella italiana con l’ultima formidabile frazione di Filippo Tortu. Olimpiade record per l’Italia: 40 medaglie, 10 d’oro (5 in atletica, mai così tante). E ai Giochi Paralimpici, esaltante tripletta nei 100 metri femminili di Sabatini, Caironi e Contraffatto.
VOTO: 10+
Maneskin Rock e glam battono i vecchi barbogi
Sanremo, l’Eurovision, le polemiche, Spotify sbancata, i premi. Il duetto con Iggy Pop, il viatico live degli Stones, l’endorsement del gotha. In tv da Fallon e DeGeneres. Stanotte a Times Square tra le star del Dick Clark Show sulla Abc. Si sono presi quasi tutto il mondo, i Maneskin. Quasi: l’ineffabile Pillon aveva stigmatizzato il look glam di Damiano agli Ema, la band aveva risposto con gli smoking. E dei pa-pillon. Troppo sottile perché il leghista cogliesse. Con loro la generazione fluida riscopre il rock. In Italia i barbogi storcono il naso. Avanti così, le sfide si giocano a vent’anni.
VOTO: 9
Sorrentino Dio lo raccomanda all’Academy 2022
Dopo il Leone d’Argento a Venezia, è nella shortlist per l’Oscar al miglior film internazionale, già straniero. Un bis, era stato lui l’ultimo italiano con La grande bellezza sette anni fa: Paolo Sorrentino fa reparto da solo. È stata la mano di Dio, dunque Napoli e Maradona, la biografia sentimentale e l’educazione cinematografica, e tra schermo e realtà la certezza: a “disunirsi” il Nostro non ci pensa proprio. Quali saranno le conseguenze, dell’amore e del portafogli Netflix, agli Academy Awards? Pretendeva Titta Di Girolamo, “la sfortuna non esiste. È un’invenzione dei falliti… e dei poveri”.
VOTO: 8
Squid game il calamaro s’è pappato le serie
I coreani lo fanno meglio, l’audiovisivo. Dopo il trionfo del Parasite di Bong Joon-ho, ecco la serie Squid Game, la più vista di sempre su Netflix, alla faccia di Bridgerton. Giochi da bambini e ipercapitalismo, debito e homo homini lupus, un prodotto intelligente, ben diretto e recitato: al regista Hwang Dong-hyuk sono caduti sei denti per lo stress, i colleghi italiani non hanno ancora smesso di digrignarli per la frustrazione. Forse arriverà la seconda stagione, per ora il Calamaro ha portato al servizio streaming 900 milioni di dollari e una “miseria” allo sdentato Hwang: giochi per adulti.
VOTO: 10
Verstappen Va all’olandese (al) volante la F1
Max Verstappen l’Olandese (al) Volante, primo campione mondiale di F1 per i Paesi Bassi. E per il Belgio, poiché fiammingo di nascita e cittadinanza. Predestinato: il più giovane a vincere un Gran Premio nel 2016 a 18 anni, 7 mesi, 15 giorni. Spregiudicato, irruente, talvolta scorretto: cioè spettacolo, imprevedibilità. Salva dalla noia la F1. Come nell’ultimo decisivo Gp di Abu Dhabi. Ci arriva appaiato in classifica e polemiche con Lewis Hamilton (7 titoli). Domina l’inglese, ma un incidente nel finale spariglia tutto. Max rischia il cambio gomme. Lewis no. Sbaglia. Decimo successo di Verstappen in 22 gare.
VOTO: 10
Gurnah Premio quasi scherzoso all’ex rifugiato
“Pronto?”. “Le è stato assegnato il Nobel”. Abdulrazak Gurnah, 73 anni, natio di Zanzibar ma in Inghilterra da quando vi giunse come rifugiato a 18 anni, credeva fosse uno scherzo. Autore di storie rivolte “a coloro che vanno e coloro che restano”, ha esortato l’Europa a considerare i rifugiati dall’Africa una ricchezza (“Mandategli i vaccini!”, ha invocato), reputa “disumana” la gestione dei migranti, pensa che il razzismo sia “ancora realtà” e che “i romanzi aiutino a elaborare il passato e costruire il futuro”. Il governo britannico non gli ha detto beh per il Nobel, lui se n’è dispiaciuto, “sarà per le mie origini?”, ma zero piagnistei.
VOTO: 8
Mancini Addio difesa: in Europa magici azzurri
L’ultimo trionfo datava 2006, mondiale di Germania, Lippi in panca; dopodiché l’Italia era diventata un’Armata Brancaleone bastonata prima in Sudafrica (2010), poi in Brasile (2014) e nemmeno in grado di arrivare in Russia (2018). Ebbene, sulle macerie di Ventura (e Prandelli, e del Lippi II), Roberto Mancini ha edificato un capolavoro: del tutto inedito, inventandosi un’Italia agli antipodi, no-difesa, no-cautela, ma tutta gioco, collettivo, frenesia. L’effetto-sorpresa è stato clamoroso: per informazioni chiedere a Belgio, Spagna, Inghilterra. Vincere da migliori senza essere i migliori. Chapeau.
VOTO: 9
Zhao Un oscar un po’ paraculo da supereroina
Con Nomadland ha vinto l’Oscar, anzi due: film, regista, il terzo è di Frances McDormand. Non male per una indie sinoamericana, non male per un film on the road un po’ straccione e un tot paraculo. Poi il banco di prova, un costosissimo superhero movie, Eternals, per conto Marvel: è andata meno bene, invero più per la critica che per il pubblico. L’insuccesso non le darà alla testa, tranquilli. Così come il successo. Dopo gli Oscar Chloé Zhao ha accettato di fare da giurata semplice a Venezia con presidente “l’omologo” Bong Joon-ho. Se non una grande regista, deve essere una bella persona.
VOTO: 7
Ferragnez Più che una coppia, un selfie-brand
Sono una delle coppie più seguite al mondo. Giovani, carini e tutt’altro che disoccupati. Un culto, un brand non fondato sul mistero. Milioni di follower li scrutano ossessivamente selfie dopo selfie. La dolce vita, le vacanze da favola. Le battaglie per i diritti civili e la beneficenza sincera. Quando l’invidia sociale lascia il posto al sogno dell’emulazione. Tutti oggi vorrebbero essere Chiara Ferragni e Fedez. Ma non è semplice essere Ferragnez. Bisogna immolare la vita privata. Ci vuole un carisma vicendevole. Un anno d’oro per loro suggellato dalla serie tv. A parte quel giorno in cui Instagram andò in black-out.
VOTO: 7+
Testi di Coen, Di Fazio, Mannucci, Pontiggia, Tagliabue, Vissani, Ziliani