Biden, il giro di vite sulle emissioni di CO2

L’Epa – Environmental Protection Agency –, la potente agenzia americana per l’ambiente, ha messo a punto nuovi standard di efficienza per auto e veicoli commerciali leggeri, che prevedono un taglio deciso alle emissioni di anidride carbonica. In particolare, il nuovo orientamento imposto a breve prevede che la gamma di ogni costruttore debba raggiungere un consumo medio di 40 miglia per gallone, che tradotto in termini “nostrani” significa circa 17 km con un litro di carburante. Una stretta in grado di assicurare una diminuzione delle emissioni di oltre il 28 per cento entro il 2026. Provvedimenti che, se proiettati nel lungo termine, consentiranno di tagliare oltre tre miliardi di tonnellate di emissioni di anidride carbonica, nonché risparmiare fino a 190 miliardi di dollari in termini di costi pubblici entro il 2050. Senza dimenticare i risparmi sul carburante compresi tra i 210 e i 420 miliardi di dollari.

La mossa dell’agenzia per l’ambiente americana fa seguito a quella del presidente Biden che ad agosto aveva chiesto l’annullamento del programma Safe (Safer Affordable Fuel Efficient) varato dall’amministrazione Trump nel marzo 2020, che aveva fissato uno standard piuttosto soft: consumi medi a 32 miglia per gallone. Un numero che avrebbe comportato un aumento dell’efficienza a livello di emissioni di appena l’1,5 per cento annuale, contro il 5 per cento previsto in precedenza da Obama.

Ora come detto le misure si sono inasprite, e l’Alliance for Automotive Innovation – l’associazione di categoria dei maggiori produttori che operano negli Usa – ha dichiarato che per soddisfare queste richieste il settore avrà bisogno di incentivi significativi per consumatori e produzione, ma anche di investimenti sulle infrastrutture.

I nuovi limiti, nondimeno, entreranno in vigore dai primi mesi dell’anno che viene, per poi essere applicati ai modelli che arriveranno sul mercato nel 2023.

Auto elettriche e ibride: gli italiani le vogliono, ma pochi le conoscono

Gli italiani sono sempre più interessati alle vetture ibride ed elettriche, ma dubbi e criticità ne ostacolano la diffusione. Lo sostiene uno studio condotto da Areté, azienda di consulenza strategica. La maggioranza dei nostri connazionali “non possiede notizie corrette sul funzionamento di queste motorizzazioni, né sui punti di ricarica e sulla gestione di queste auto in caso di riserva”.

Elettrico, ibrido o endotermico? Quanti ne conoscono funzionamento, modalità di ricarica e costi di gestione? “A prevalere è l’incertezza su quasi tutte le caratteristiche tecniche di questi modelli; oltre 2 italiani su 3 sono indecisi o possiedono informazioni non corrette in merito”, spiega la ricerca. “In Italia l’interesse per le auto elettrificate è cresciuto”, dice Massimo Ghenzer, presidente di Areté, “ma ad aumentare è anche la confusione da parte dei consumatori. Un’incertezza che riguarda anche infrastrutture e costi di ricarica”.

Solo il 40 per cento degli intervistati è consapevole che i motori ibridi (anche detti “elettrificati”) presentano significative differenze a seconda della tecnologia che adottano (le principali sono tre: full, mild e plug-in). “Addirittura, il 31 per cento ritiene che tutti i modelli ibridi necessitino di ricarica alla spina, il 42 per cento che tutte le vetture ibride ed elettriche siano a emissioni zero e che si possa ricaricare una vettura elettrica direttamente dalla presa della corrente, senza alcuna modifica al contratto della luce, né installazioni di apparecchiature particolari (le wall box). Infine, il 63 per cento pensa che tutte le ibride siano in grado di percorrere almeno 50 km viaggiando in modalità elettrica”.

Il 43 per cento ha perplessità sulle batterie (durata, autonomia, luoghi e tempi di ricarica), il 21 per cento non ha chiari costi e tempi della manutenzione, il 12 per cento ha dubbi sulle infrastrutture di ricarica e soccorso in caso di riserva. Nonostante ciò, tuttavia, il 77 per cento del campione si dice pronto a scegliere una vettura elettrificata e il 23 per cento addirittura elettrica. Perché? Motivi ambientali (54 per cento) e possibili risparmi sui costi del carburante (19 per cento).

Alla domanda “quali aspetti ti spingerebbero ad acquistare un’auto elettrica?”, le risposte fanno emergere che è soprattutto una questione di portafogli: prezzo più contenuto, incentivi più consistenti, un piano di finanziamento vantaggioso. Già, ma quanto pagherebbero gli italiani per passare alle auto elettrificate? Il 63 per cento del campione tra il 5 e il 10 per cento in più rispetto a una termica tradizionale. Peccato che i listini suggeriscano percentuali assai più alte e senza wall box incluse nel conto.

L’Oroscopo letterario del 2022

Anno nuovo, vita nuova, girovita vecchio. Compulsando effemeridi e profezie, azzardiamo l’oroscopo 2022, ma letterario, lasciandoci guidare dai libri in uscita e chiudendo un occhio sulle sfighe planetarie come la pandemia. Buon anno a tutti.

ARIETE Primo sangue di Amélie Nothomb, Voland – La francese, sempre sull’orlo di un premio e di una crisi di nervi, ha in serbo la biografia del padre Patrick, dalle prigioni in Congo al plotone di esecuzione. A te andrà meglio, grazie a Chirone che da lassù ti guarda ma non ti capisce.

TORO Verso il paradiso di Hanya Yanagihara, Feltrinelli –Come “A Mosca, a Mosca” delle tre sorelle che non si schiodano dal divano, Verso il paradiso è un pio progetto sulla carta nel 2022 ancora accidentato. L’hawaiana qui racconta tre secoli, ma i nomi dei personaggi sono gli stessi, come se si reincarnassero. Tu rinasci zanzara e vedrai che l’anno sarà succoso.

GEMELLI Filosofi in libertà di Umberto Eco, La nave di Teseo – Questa filosofia in filastrocche è un repêchage, scritto da Eco sotto pseudonimo per non compromettere la carriera accademica. Datti alla burla: avrai pianeti favorevoli ma esplosivi, tra Mercurio retrogrado (manipolazioni) e Venere e Marte congiunti in amplesso.

CANCRO Tomás Nevinson di Javier Marías, Einaudi – I segreti di Berta Isla non verranno svelati nel sequel sul marito Tomás, che lavora nei servizi. Sullo sfondo, il terrorismo: allegria, quella che devi darti tu come il coraggio don Abbondio. Se accetti di restare all’oscuro di qualche dettaglio, riuscirai a goderti gli affetti. Basta spiare i cellulari altrui.

LEONE Le ossa parlano di Antonio Manzini, Sellerio – Schiavone indaga sulla pedofilia e vecchi delitti tornano alla memoria. Pericolosissima: il passato che non passa è il tuo fardello, tra Saturno contro e trame amorose truffaldine. Ben ti sta. Quando metterai la testa a posto finirà il 2022.

VERGINE L’editore presuntuoso di Sandro Ferri, e/o – “Consigli spericolati e giudizi poco diplomatici”: evita di seminare in ufficio crudeli commenti. Mercurio fa i capricci, ma non vale la tua giustificazione di “precisetto”. Anche il pianeta della fortuna, Giove, è bizzoso: non strafare coi soldi.

BILANCIA Il mio passato è un fiume malvagio di William Burroughs, Adelphi – L’autore del Pasto nudo, nelle sue lettere agli amici (Ginsberg, Kerouac…), confessa di soffrire di un “immenso e ragionato sregolamento”. Non toccherai mai i suoi abissi, né le sue altezze, ma anche tu oscillerai tra i bisticci di Giove e le gioie della carne di Venere. A tavola.

SCORPIONE L’ultimo segreto di John Le Carré, Mondadori – Chi lo conosce è bravo: L’ultimo segreto è un romanzo postumo, solita spy story, ma i contenuti sono ignoti: fidiamoci della firma. Specie nel lavoro, devi imparare ad affidarti ai colleghi: un flirt in ufficio può essere d’aiuto.

SAGITTARIO Il castello di Barbablù di Javier Cercas, Guanda – Non aprire quella porta; non si scherza con lo spagnolo: “Sono uno sradicato. Nel 2025 nessuno parlerà della pandemia”. Beato lui che ha tante certezze: imitalo. Soprattutto ora che la fortuna – alias Giove – è cieca: nel senso che non ti calcola proprio.

CAPRICORNO Il sesso che verrà di Katherine Angel, Blackie – Non un romanzo, ma un saggio serissimo sull’“idea di consenso”. Anziché “strappare lungo i bordi” di una storia d’amore al capolinea, buttati in nuove avventure. Niente dispotismo: devi prima chiedere il permesso e il pass.

ACQUARIO L’ultima missione di Gwendy di Stephen King e Richard Chizmar, Sperling & Kupfer – È una saga, iniziata con Saturno, che ha portato scelte e impegni: traslochi, legami, contratti di lavoro, figli. La protagonista cambia il mondo con i bottoni: brava, ma c’è dell’horror. Occhio agli scheletri nell’armadio (tuoi e altrui), ai fantasmi degli avi (tuoi e altrui) e agli scherzi degli ex (tuoi e basta).

PESCI Caro Pier Paolo di Dacia Maraini, Neri Pozza – Nel centenario della nascita di PPP, l’ideale è la confidenza-ricordo della Maraini, che con il corsaro condivise relazioni e viaggi, tra cui uno in Africa. Ps: in Asia, Pier Paolo ci andò con Alberto e la sua ex, Elsa. Che Storia. Ma tu cerca di non fartene troppe, di storie. È un anno buono. Per smetterla di lamentarsi.

Dal Nobel Parisi agli ori olimpici: “È stata la mano di Dio” sul 2021

Parisi Ci vuole il fisico giusto per il Nobel

Non chiedetegli se Dio esiste, è roba da registi di cinema; non chiedetegli nemmeno che relazione c’è tra le dimensioni di un foglio di carta e il raggio della sfera dello stesso foglio appallottolato: è un problema insoluto che lo angustia parecchio. Giorgio Parisi non è un mago, ma un fisico premio Nobel: dello scienziato ha l’umiltà, la creatività, l’ebbrezza. Poi certo la curiosità del genio di cercare ordine là dove – apparentemente – non esiste: nei sistemi complessi, come sciami di storni in volo, in cui alcuni pattern ritornano. Non è magia, è cosmo nel caos. Perché forse il caso non esiste, ma questo lo dice Kung Fu Panda.
VOTO: 110 e lode

 

Jacobs Cento metri d’oro: vola l’Italia olimpica

Gianmarco Tamberi vince il salto in alto. Condivide il successo con l’amico-rivale Mutaz Barshim. I gemelli d’oro riscrivono storia e spirito olimpici. Un quarto d’ora dopo lo straripante Marcell Jacobs straccia gli avversari nella finale dei 100 metri: 9”80. Americani e inglesi rosicano, insinuano. Ma il dopato è un britannico della staffetta, battuta per un centesimo da quella italiana con l’ultima formidabile frazione di Filippo Tortu. Olimpiade record per l’Italia: 40 medaglie, 10 d’oro (5 in atletica, mai così tante). E ai Giochi Paralimpici, esaltante tripletta nei 100 metri femminili di Sabatini, Caironi e Contraffatto.
VOTO: 10+

 

Maneskin Rock e glam battono i vecchi barbogi

Sanremo, l’Eurovision, le polemiche, Spotify sbancata, i premi. Il duetto con Iggy Pop, il viatico live degli Stones, l’endorsement del gotha. In tv da Fallon e DeGeneres. Stanotte a Times Square tra le star del Dick Clark Show sulla Abc. Si sono presi quasi tutto il mondo, i Maneskin. Quasi: l’ineffabile Pillon aveva stigmatizzato il look glam di Damiano agli Ema, la band aveva risposto con gli smoking. E dei pa-pillon. Troppo sottile perché il leghista cogliesse. Con loro la generazione fluida riscopre il rock. In Italia i barbogi storcono il naso. Avanti così, le sfide si giocano a vent’anni.
VOTO: 9

 

Sorrentino Dio lo raccomanda all’Academy 2022

Dopo il Leone d’Argento a Venezia, è nella shortlist per l’Oscar al miglior film internazionale, già straniero. Un bis, era stato lui l’ultimo italiano con La grande bellezza sette anni fa: Paolo Sorrentino fa reparto da solo. È stata la mano di Dio, dunque Napoli e Maradona, la biografia sentimentale e l’educazione cinematografica, e tra schermo e realtà la certezza: a “disunirsi” il Nostro non ci pensa proprio. Quali saranno le conseguenze, dell’amore e del portafogli Netflix, agli Academy Awards? Pretendeva Titta Di Girolamo, “la sfortuna non esiste. È un’invenzione dei falliti… e dei poveri”.
VOTO: 8

 

Squid game il calamaro s’è pappato le serie

I coreani lo fanno meglio, l’audiovisivo. Dopo il trionfo del Parasite di Bong Joon-ho, ecco la serie Squid Game, la più vista di sempre su Netflix, alla faccia di Bridgerton. Giochi da bambini e ipercapitalismo, debito e homo homini lupus, un prodotto intelligente, ben diretto e recitato: al regista Hwang Dong-hyuk sono caduti sei denti per lo stress, i colleghi italiani non hanno ancora smesso di digrignarli per la frustrazione. Forse arriverà la seconda stagione, per ora il Calamaro ha portato al servizio streaming 900 milioni di dollari e una “miseria” allo sdentato Hwang: giochi per adulti.
VOTO: 10

 

Verstappen Va all’olandese (al) volante la F1

Max Verstappen l’Olandese (al) Volante, primo campione mondiale di F1 per i Paesi Bassi. E per il Belgio, poiché fiammingo di nascita e cittadinanza. Predestinato: il più giovane a vincere un Gran Premio nel 2016 a 18 anni, 7 mesi, 15 giorni. Spregiudicato, irruente, talvolta scorretto: cioè spettacolo, imprevedibilità. Salva dalla noia la F1. Come nell’ultimo decisivo Gp di Abu Dhabi. Ci arriva appaiato in classifica e polemiche con Lewis Hamilton (7 titoli). Domina l’inglese, ma un incidente nel finale spariglia tutto. Max rischia il cambio gomme. Lewis no. Sbaglia. Decimo successo di Verstappen in 22 gare.
VOTO: 10

 

Gurnah Premio quasi scherzoso all’ex rifugiato

“Pronto?”. “Le è stato assegnato il Nobel”. Abdulrazak Gurnah, 73 anni, natio di Zanzibar ma in Inghilterra da quando vi giunse come rifugiato a 18 anni, credeva fosse uno scherzo. Autore di storie rivolte “a coloro che vanno e coloro che restano”, ha esortato l’Europa a considerare i rifugiati dall’Africa una ricchezza (“Mandategli i vaccini!”, ha invocato), reputa “disumana” la gestione dei migranti, pensa che il razzismo sia “ancora realtà” e che “i romanzi aiutino a elaborare il passato e costruire il futuro”. Il governo britannico non gli ha detto beh per il Nobel, lui se n’è dispiaciuto, “sarà per le mie origini?”, ma zero piagnistei.
VOTO: 8

 

Mancini Addio difesa: in Europa magici azzurri

L’ultimo trionfo datava 2006, mondiale di Germania, Lippi in panca; dopodiché l’Italia era diventata un’Armata Brancaleone bastonata prima in Sudafrica (2010), poi in Brasile (2014) e nemmeno in grado di arrivare in Russia (2018). Ebbene, sulle macerie di Ventura (e Prandelli, e del Lippi II), Roberto Mancini ha edificato un capolavoro: del tutto inedito, inventandosi un’Italia agli antipodi, no-difesa, no-cautela, ma tutta gioco, collettivo, frenesia. L’effetto-sorpresa è stato clamoroso: per informazioni chiedere a Belgio, Spagna, Inghilterra. Vincere da migliori senza essere i migliori. Chapeau.
VOTO: 9

 

Zhao Un oscar un po’ paraculo da supereroina

Con Nomadland ha vinto l’Oscar, anzi due: film, regista, il terzo è di Frances McDormand. Non male per una indie sinoamericana, non male per un film on the road un po’ straccione e un tot paraculo. Poi il banco di prova, un costosissimo superhero movie, Eternals, per conto Marvel: è andata meno bene, invero più per la critica che per il pubblico. L’insuccesso non le darà alla testa, tranquilli. Così come il successo. Dopo gli Oscar Chloé Zhao ha accettato di fare da giurata semplice a Venezia con presidente “l’omologo” Bong Joon-ho. Se non una grande regista, deve essere una bella persona.
VOTO: 7

 

Ferragnez Più che una coppia, un selfie-brand

Sono una delle coppie più seguite al mondo. Giovani, carini e tutt’altro che disoccupati. Un culto, un brand non fondato sul mistero. Milioni di follower li scrutano ossessivamente selfie dopo selfie. La dolce vita, le vacanze da favola. Le battaglie per i diritti civili e la beneficenza sincera. Quando l’invidia sociale lascia il posto al sogno dell’emulazione. Tutti oggi vorrebbero essere Chiara Ferragni e Fedez. Ma non è semplice essere Ferragnez. Bisogna immolare la vita privata. Ci vuole un carisma vicendevole. Un anno d’oro per loro suggellato dalla serie tv. A parte quel giorno in cui Instagram andò in black-out.
VOTO: 7+

 

Testi di Coen, Di Fazio, Mannucci, Pontiggia, Tagliabue, Vissani, Ziliani

Vita di Pupetta Maresca, boss in gonnella che sfidò Cutolo

Si era ridotta male, Pupetta Maresca, la prima donna boss della storia della camorra, capace nel lontano 1955, ventenne incinta di sei mesi, di uccidere il presunto killer che l’aveva resa vedova prima ancora di diventare mamma e poi, il 13 febbraio 1982, durante una leggendaria conferenza stampa, di sfidare il potentissimo capo della Nco Raffaele Cutolo minacciandolo di morte se avesse osato toccare qualcuno della sua famiglia.

Assunta Maresca, questo il suo vero nome, non era più la potente e temuta Lady Camorra con il bernoccolo degli affari nei negozi di abbigliamento, se negli anni del crepuscolo si era costretta a supplicare per lettera un posto di lavoro per un figlio.

La lettera era rivolta ad Adolfo Greco, un ricco imprenditore del latte di Castellammare di Stabia, la città dove Pupetta è nata e dove è morta l’altro ieri a 85 anni in un appartamento in viale Europa. L’avevano ritrovata nel corso di una perquisizione a casa di Greco, arrestato e poi finito sotto processo per i legami coi clan stabiesi. Donna Pupetta non doveva passarsela bene se aveva chiesto aiuto proprio a Greco, un vecchio sodale di Cutolo, condannato e poi riabilitato per avergli acquistato il Castello Mediceo di Ottaviano. “I pentiti mi hanno rovinato – gli aveva scritto – aiuta mio figlio”. L’imprenditore non aveva voluto riceverla.

In una introvabile intervista di una ventina di anni fa, Pupetta Maresca disse “di aver buttato la bellezza dei miei 20 anni nel cesso della galera”. Difficile trovare sintesi migliore di una vita trascorsa slalomeggiando tra camorristi, omicidi e faide che le hanno falcidiato la famiglia e la serenità. Una vita che avrebbe potuto evolversi verso ben altre direzioni: aveva vinto un concorso di miss e, se non l’avessero condannata a 13 anni (di cui tre graziati) per l’omicidio di Antonio Esposito detto Totonno ’e Pomigliano – il mandante dell’assassinio del marito, Pasquale Simonetti detto Pascalone ’e Nola, per storie di rivalità camorristiche intorno ai prezzi del mercato ortofrutticolo – avrebbe potuto studiare recitazione e canto, affrancarsi dall’appartenenza a una famiglia di contrabbandieri detti Lampetielli e diventare un’attrice vera. Non la pallida controfigura di sé stessa nel film Delitto a Posillipo del 1967, vagamente ispirato alla sua storia. Dove si ammira Pupetta doppiata da Rita Savagnone, ma che canta con la sua voce un brano scritto da lei, ’O bene mio. Cercatene il video su Youtube.

Quarantasei anni dopo sarà Manuela Arcuri a interpretarla nel mediocre Pupetta – il coraggio e la passione, prodotto mordi e fuggi Mediaset che ne ha restituito un personaggio romanzato e poco credibile all’interno di una trama lontanissima dai fatti realmente accaduti. Pupetta però difese la fiction. E preferì in anni successivi riservare i suoi strali a Gomorra: “Diseducativa per i bambini, di fronte a certe scene anche io ho spento la tv”.

Certe scene. Già. Non molto diverse da quelle che hanno attraversato gli episodi chiave della vita di Lady Camorra. La prima: Pupetta che scende dall’auto e ammazza Totonno ’e Pomigliano a colpi di pistola, gli inquirenti sostennero che furono usate almeno quattro armi. La seconda: il figlio Pasqualino, partorito in carcere, ucciso nel 1974 in un agguato e mai ritrovato, forse il corpo fu legato a un masso e gettato in mare, punito forse per aver ostacolato il nuovo amore della madre, Umberto Ammaturo, dal quale lei ebbe altri due figli. Pupetta non ha mai creduto alla tesi del figlio ammazzato dal patrigno e nella sua ultima intervista, rilasciata a Libero a novembre, ha chiesto “di desiderare la verità su chi ha ucciso Pasqualino”. La terza: Aldo Semerari, lo psichiatra che firmò le perizie grazie alle quali Cutolo ottenne una morbida detenzione dalla quale fuggì senza particolari sforzi, ritrovato a Ottaviano il 1 aprile nel portabagagli di una macchina con la testa tagliata da una sega. Cinque giorni prima aveva incontrato la Maresca e il latitante Ammaturo. Lei verrà processata e assolta. Immagini che al confronto Gomorra è roba da Rai YoYo.

Pupetta Maresca non rimpiangeva il carcere per l’omicidio di chi armò i killer di Pascalone ’e Nola, ma quello inflitto per l’accusa dell’omicidio Semerari, fu arrestata poco dopo la conferenza stampa contro Cutolo: “Mi fece veramente male, urlavo per l’ingiustizia che avevo subito, quattro anni per aver detto che Cutolo era sostenuto dalla politica”. Ed era vero.

Archeologia, Usa restituiscono all’Italia 201 opere di pregio

Gli Stati Uniti restituiscono all’Italia 201 opere pregiate datate tra l’VIII secolo a.C. e il I secolo d.C. del valore di circa 10 milioni di euro, che negli ultimi decenni erano finite oltreoceano smerciati da importanti musei, case d’asta, gallerie e collezionisti privati. L’operazione è stata presentata dal ministro della Cultura Dario Franceschini e dal comandante Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, Roberto Riccardi. Un tesoro che comprende sculture in marmo e teste di terracotta, vasi e anfore, monete in argento. Nel 2021 il Tpc ha recuperato 23.363 beni archeologici.

Prof col ‘doppio lavoro’ dovrà pagare 2,5 mln

La Corte dei Conti della Lombardia ha condannato Roberto Lodovico Weinstein, già professore ordinario di parodontologia alla Facoltà di medicina e chirurgia dell’Università degli Studi di Milano, a versare oltre 2,5 milioni all’ateneo. Weinstein ha svolto attività professionale “senza aver chiesto e/o ottenuto l’autorizzazione dall’amministrazione di appartenenza”. In particolare era stato socio e amministratore di uno studio odontoiatrico ed era stato membro di un board scientifico, incarico per cui aveva percepito del denaro. “Tutte queste attività non sono mai state comunicate all’Università né tanto meno autorizzate – si legge nella sentenza -: né potevano esserlo, in quanto precluse per legge ai docenti a tempo pieno”.

Scarpa: attore cult di Verdone, Troisi, Moretti e De Crescenzo

Addio a Renato Scarpa. L’attore è morto per un malore improvviso nella sua casa romana. Nato a Milano il 14 settembre del 1939, aveva ottantadue anni. La dimensione di caratterista solido, duttile e alla bisogna sorprendente si era affinata già negli anni Settanta, dopo il battesimo Sotto il segno dello scorpione sul set dei Taviani (1969), e durante una carriera lunga mezzo secolo ha trovato realizzazioni di assoluto rilievo, anche per l’immaginario collettivo: da Sergio, l’amico del coatto Enzo di Un sacco bello (1980) di e con Carlo Verdone, al dottor Cazzaniga del dittico Così parlò Bellavista (1984) e Il mistero di Bellavista (1985) di Luciano De Crescenzo, fino al cardinale Gregori nell’Habemus Papam (2011) di Nanni Moretti.

Un carnet di film importanti e nomi altisonanti, da Roberto Rossellini, Anno uno e Il messia, a Giuliano Montaldo, Giordano Bruno e Il giocattolo, da Mario Monicelli, Sesso e volentieri, a Dario Argento, Suspiria, da Moretti, per cui recita anche in La stanza del figlio e Mia madre, a Roberto Andò, Viva la libertà e Una storia senza nome, Scarpa deve la sua notorietà principalmente a Ricomincio da tre, successo di pubblico e critica firmato da Massimo Troisi quarant’anni fa nel 1981. Vi incarna Robertino, un ragazzo timido, involuto e succube della madre, da cui Gaetano, Troisi stesso, cerca di affrancarlo: “Ma mammina dice che io ho i complessi nella testa. – E foss’ ‘o Ddio! Quali complessi! Tu tieni l’orchestra intera ‘ncapa, Robbe’”.

Lascia un ultimo titolo, uscito lo scorso novembre, che sa di commiato, Per tutta la vita di Paolo Costella, e nelle parole di Verdone, che lo ringrazia su Instagram per averlo aiutato nell’opera prima “con garbo e affetto”, la certezza della non replicabilità: “Persone così umili e gentili nel loro grande talento non ci sono più”.

Ville di lusso per gli assassini di Khashoggi

Niente celle.Ville lussuose, a Riad. Qui vivrebbero almeno tre dei componenti del commando condannato dalla stessa Arabia Saudita per l’uccisione il 2 ottobre del 2018 di Jamal Khashoggi nel consolato saudita a Istanbul. Lo rivela il Guardian, che cita una fonte collegata ai vertici dell’intelligence saudita secondo cui i tre vivono e lavorano in una “sistemazione a 7 stelle” all’interno di un complesso di sicurezza gestito dal governo di Riad.

Secondo le rivelazioni, sarebbero stati visti Salah al-Tubaigy, accusato di aver smembrato il corpo di Khashoggi nel consolato, Mustafa al-Madani, usato come “controfigura” per far credere che il giornalista avesse lasciato vivo la rappresentanza diplomatica, Mansour Abahussein, accusato di aver guidato l’operazione.

Il Cremlino inserisce le Pussy Riot nell’elenco degli “agenti stranieri”

Nadezhda Tolokonnikova e Veronika Nikulshina, esponenti del collettivo ”Pussy Riot”, sono state inserite nell’elenco degli “agenti stranieri” del ministero della Giustizia russo. Tolokonnikova, 32 anni, era stata condannata per aver preso parte all’esibizione anti-governativa nella Cattedrale di Cristo Salvatore nel 2012. Nell’elenco, in cui ci sono ormai oltre 111 persone e organizzazioni, è finito anche il commentatore Viktor Shenderovich, la direttrice del sito di notizie indipendente Kholod, Taisiya Bekbulatova, i giornalisti Elena Vladykina e Ivan Belyaev, collaboratori di Radio Svoboda, il regista Andrei Alekseev, il curatore Marat Gelman. Recentemente altre due componenti del gruppo punk sono entrate in sciopero della fame nella prigione di Mosca dove sono detenute.