“Montalbano era tornato a casa da poco, stanco perché il travaglio della jornata era stato duro e soprattutto faticante per la testa. Raprì la porta-finestra che dava sulla verandina: il mare si era mangiato la spiaggia e quasi toccava la casa” (Gli arancini di Montalbano): è diventato un rito “affacciarsi” da quel terrazzo quasi a picco sul mare, mentre si osserva il commissario più famoso d’Italia cenare con le pietanze tipiche della sua amata Sicilia. Dietro a lui lo spettacolo di Puntasecca: una lingua di sabbia che si tuffa nel Mediterraneo.
D’altronde Montalbano è il tipo d’uomo che indulge nei piaceri, e quella casa romantica e malinconica, ma resistente al tempo stesso, rappresenta la sua attitudine e il suo amore per la vita. Così come il suo autore, Andrea Camilleri che, a 93 anni, combatte dopo il malore che lo ha portato al ricovero all’ospedale Santo Spirito di Roma: le sue condizioni restano stazionarie ma critiche.
Vita “sicilianissima” che Camilleri, emigrato a Roma da giovane, ha regalato al suo personaggio più riuscito, Montalbano, e che dalle pagine sapienti dei romanzi è stata trasposta in una serie tv. Una scelta che ha avvicinato gli amanti del genere sempre più alle vicissitudini del proprio beniamino, fino a portarli in quella che è diventata casa sua. E Puntasecca è diventata la fittizia Vigata, ammantata dei ricordi di Camilleri, che ieri lo ha celebrato: in 400 si sono riuniti davanti alla casa del commissario, per la presentazione del libro di Costanza DiQuattro, La mia casa di Montalbano, edito da Baldini e Castoldi.
Infatti non si tratta di un set televisivo, montato per il tempo delle riprese, ma di una costruzione reale, che oggi funge anche da bed&breakfast, per accontentare i fan più accaniti, che magari possono accomodarsi proprio sul divano bianco del salotto a leggere romanzi. E il regista dello sceneggiato, Alberto Sironi, ricorda: “Avevamo girato tutta la Sicilia per scegliere dove ambientare i romanzi di Montalbano. Alla fine abbiamo scelto la zona di Ragusa, tra le colline verdi e le meraviglie del tardo barocco, tutto circondato dal mare, col suo rumore, i suoi colori dall’alba al tramonto. Dovevo sollevare le storie in un’atmosfera magica, irreale”.
Prima però era un’abitazione familiare, una casa costruita nel lontano 1912 dal bis-bisnonno dell’autrice: “Uno spazio piccolo e incantato in bilico fra sogno e realtà”.
La biografia di DiQuattro da familiare si trasforma in corale perché l’Italia intera si è ritrovata in quella villetta affacciata sul mare, e se ne è innamorata: “Arrivarono presto le telecamere dentro quella casa – appunta la scrittrice –. Arrivarono senza che nessuno di noi ne percepisse la portata, senza che nessuno avesse la minima consapevolezza di ciò che stava avvenendo… Ci vollero molti anni per comprendere che stavo condividendo il mio posto felice”.