Gentile Selvaggia, leggendo il tuo articolo su Valentina Pitzalis mi è tremato il petto. Sto vivendo in questi giorni, con le dovute differenze, una situazione simile. Simile per due punti. La vittima che diventa carnefice e la morte del Mostro che mette fine alle indagini e getta nell’oblio quello che avrebbe portato un po’ di serenità nelle nostre vite: sentire la sua verità, vedere che la giustizia rimette a posto almeno qualcosa, dargli la possibilità di pentirsi del male che ha fatto. Noi non possiamo avere giustizia, a questo punto, ma vorremmo almeno avere la verità. Mi spiego meglio. Hai probabilmente letto degli abusi su alcune ragazzine da parte di una persona che si è uccisa, quel vigliacco ha scelto il male minore. Una delle ragazzine, 15 anni, è una mia parente. La cosa più atroce è che lei era innamorata e probabilmente lo è ancora. Innamorata persa, succube emotivamente, rapita dalla sua figura e dalla sua capacità di instaurare legami che sembravano speciali, unici alle sue vittime. Si parla di circa 1.200 tra mail e messaggi, molti dei quali sessualmente espliciti. Lei è molto carina ed estremamente timida, forse avrà trovato in questo professore un’attenzione che la faceva sentire speciale, chi di noi non si è innamorato del professore simpatico e popolare tra gli studenti? Se poi sei anche brava a scuola e lui ti fa sentire intelligente e dotata capisci che il gioco è fatto. Noi stiamo vivendo un incubo. Il padre, non trova pace per non essere riuscito a proteggere la sua bambina. Non troviamo pace perché la sua vita è cambiata per sempre, perché deve essere controllata a vista per il timore che si faccia del male visto che si sente in colpa. E che lui le manca. Lei lo assecondava quindi qualcuna la giudica, dice che in fondo un po’ “carnefice” lo è anche lei. Ma lui è morto, non la può difendere. Io sono giorni che mi interrogo sui segnali che fanno riconoscere un mostro, un EFEBOFILO, questo è il termine esatto (chi nutre l’interesse sessuale nei riguardi della medio–tarda adolescenza). Come si muove? Ha degli atteggiamenti socialmente riconosciuti come pericolosi? È un disagiato? Io credevo di sì, invece no. E diventa tutto più difficile, anche difendersi. Lui era un “uomo” amato e stimato da colleghi e allievi. E ti dirò. Io un po’ capisco chi continua a difenderlo, è più facile negare l’evidenza che accettare di essersi sbagliati, accettare di non aver saputo riconoscere il Mostro. Tra chi lo frequentava, stanno venendo fuori testimonianze di alcuni che conoscevano dei suoi precedenti ambigui, ma nessuno denuncia e quindi non ha senso nemmeno parlarne. E poi si tratta di denunciare un morto, chi ha voglia di andare a infilarsi in beghe legali se tanto non si potrà più chiedere il conto a nessuno? Scusami se ho scritto in maniera confusa. Ho i pensieri che si accavallano e non so cosa sarà di questa ragazzina.
Luana
Cara Luana, se i mostri fossero facilmente riconoscibili, sapremmo disinnescarli con facilità. Credo che adesso il percorso più difficile riguardi la ragazzina e non solo per quello che le è capitato, ma proprio per la morte del professore che in qualche modo rende più complicata l’elaborazione del trauma. Proteggetela da questa ingiustizia sospesa – un “amore” (per lei) reciso bruscamente, la morte – e siate amorevoli, pazienti. Guarirà.
A lezione da Amanda Knox “Ma su Lumumba ha mentito”
Voglio parlarti di Amanda Knox. Sono un avvocato, premetto, non un forcaiolo: per me la verità processuale è sacra, perfino quando fa acqua. Nel caso Meredith non fa acqua, fa uno tsunami. Questo non vuol dire che i magistrati abbiano lavorato male, ma che sono arrivati a conclusioni obbligate per un totale caos nelle indagini; dunque, per la mancanza di prove contro i complici certi di Guede, visto che lui è stato condannato per omicidio in concorso. Questo che i complici siano stati i due ex fidanzatini o chiunque altro. Perciò invitare Amanda al Festival della giustizia pare non dico assurdo (lo sono i 4 anni di carcere preventivo che ha scontato) ma almeno inopportuno. Stonato: troppi dubbi chiedono rispetto, per la sentenza e per la vittima. Nel dubbio, si conceda un educato oblio, non la medaglia sul petto, alla Knox. Vederla sul palco a dare lezioni sull’inferno che false accuse possono innescare ai danni di vittime innocenti mi ha infastidito. La signora ha condannato al carcere Lumumba, questo dovrebbe ricordarlo: è stata condanna per calunnia, dopo aver dato la colpa a lui, un innocente, reo solo di conoscerla. Anche Lumumba ha sofferto e al contrario suo, non per un corto circuito della legge, ma per le sue balle. Per la sua scelta razionale di mentire, facendo condannare un innocente per il massacro di una giovane ragazza. Ha parlato dell’importanza della verità, la signorina. Amanda però dovrebbe domandarsi: quanto ha contribuito, lei, alla ricerca della verità? Ha sviato le indagini nei giorni fondamentali dell’inchiesta, ha detto tante bugie (ritrattate o scoperte). Noi avvocati siamo cinici. Facciamo assolvere clienti colpevoli, talvolta. Ma è giusto così: ciò garantisce a tutti, colpevoli e innocenti, di non andare in galera sulla base di qualche sospetto. Una cosa però la voglio dire, alla Knox: ci ricordiamo sempre di chi non ha avuto giustizia. Magari dopo un gin tonic, questo sì, ma mai salendo su un palco a cercare l’applauso.
Luca B.
Touchè, Luca B.
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