La terra ruota su se stessa con il suo moto incessante, stagione dopo stagione. Intanto il Pd continua a parlare solo del Pd. I dem litigano su se stessi: l’ultima linea di frattura è stata marcata con la segreteria presentata da Nicola Zingaretti cinque giorni fa. L’ennesimo pretesto è un’intervista al Fatto del nuovo responsabile Lavoro, Giuseppe Provenzano, che ha espresso alcuni concetti, come si suol dire, “di sinistra”. Come la seguente: “L’abolizione dell’articolo 18 è stata un errore”, “Il Jobs Act va rivisto”, “Serve uno Statuto dei nuovi lavori e dei lavoratori”, “Presidiare il centro non può essere compito del Pd, dobbiamo tornare alla distinzione tra destra e sinistra”.
Parole che hanno fatto accapponare la pelle a diversi esponenti della vecchia maggioranza, ancora poco a loro agio con l’idea che il partito, dopo il congresso che ha eletto la nuova segreteria, abbia preso una direzione diversa da quella che aveva generato una lunga serie di sconfitte elettorali.
Così ieri è partito un fitto fuoco di fila dalla batteria renziana su Provenzano: tweet, messaggi e dichiarazioni, che si somigliano molto, dalla “base riformista” del Nazareno. Quello ironico del capogruppo al Senato, Andrea Marcucci: “Ho il dubbio che Peppe Provenzano abbia sbagliato partito. Le sue considerazioni sul lavoro, sul Pd, e sul centro, sono totalmente diverse da quanto ha detto ieri in direzione il suo segretario Zingaretti. Se qualcuno avverte il nuovo componente della segreteria, fa una cosa utile”. Quello allarmato della senatrice, ex sindacalista, Teresa Bellanova: “Urge un chiarimento del segretario Zingaretti. Sul tema se il Pd debba o meno presidiare il centro. Il Pd nasce come forza riformista la cui mission (sic) è parlare alla sinistra ma anche al centro”. Quello perentorio di Dario Parrini: “Dire, come fa Peppe Provenzano della segreteria, che la rappresentanza del centro non è più compito del Pd, significa minare le basi su cui nacque il Pd e negare la vocazione maggioritaria richiamata anche ieri da Zingaretti”. Sul tema si è speso anche il Foglio, giornale di riferimento dei reduci del renzismo: “Cancellare una stagione di riformismo è un rischio che un partito d’opposizione non può permettersi di correre”.
Massimiliano Smeriglio, neoeletto da indipendente nelle liste del Pd alle Europee, braccio sinistro di Zingaretti già alla Regione Lazio, commenta l’ultima spaccatura nel microcosmo democratico: “Forse per il Pd è arrivato il momento di smetterla di occuparsi solo di se stesso e dei suoi problemi interni. Provenzano ha parlato di discontinuità, di un nuovo patto sociale, di salario minimo, di un ragionamento complesso sul reddito di cittadinanza, di lavoro. Ha parlato di argomenti concreti, indispensabili per rilanciare il campo democratico e lo stesso Pd”. Dal congresso, sostiene Smeriglio, è emerso il bisogno di una “nuova collocazione politica e sociale” del partito. Traduzione: la svolta a sinistra l’hanno decisa gli elettori. “Credo la necessità di tutti – conclude l’europarlamentare – sia quella di interrogarsi su cosa serva all’Italia, più di quello che serve al Pd. Occupiamoci di cose concrete. Il cambiamento è già nei fatti, nelle primarie che hanno eletto Zingaretti con il 67% dei voti. Si sono espressi gli elettori e i simpatizzanti del Pd. Non è che ogni giorno si può riaprire la partita. Guardiamo avanti”.