Valls spaccatutto, a Sanchez l’arduo compito di ricucire. La Spagna sarà stato anche l’unico Paese europeo ad aver arginato l’ultradestra di Vox e ad aver mandare al governo il socialista Pedro Sánchez, ma la strada per la formazione dell’esecutivo – complici le Amministrative a Madrid e Barcellona sul filo del rasoio – è tutta in salita e rischia di mettere in crisi la formazione dei gruppi al Parlamento europeo. Al centro del dibattito c’è Manuel Valls, l’ex premier francese candidato a sindaco di Barcellona che, da un lato ha deciso di appoggiare – contro l’indicazione del partito, Ciudadanos –, che per questo l’ha definitivamente scaricato – l’investitura della già sindaca Ada Colau di Barcelona en Comú sostenuta anche dal Partito socialista catalano in posizione anti-indipendentista. Tradotto: tutto pur di non mandare alla Casa de la Ciudad il vincitore per preferenze Ernest Maragall, candidato di Esquerra Republicana. Mentre dall’altra parte, cioè a Madrid, ha fatto arrabbiare addirittura Emmanuel Macron per l’accordo di Ciudadanos con Vox.
Il presidente francese ha chiesto infatti spiegazioni agli eurodeputati arancioni aderenti al suo gruppo Rinnovare Europa con République En Marche. Ai sovranisti le due destre avrebbero concesso assessori in vari municipi della capitale spagnola. Dato smentito però dalla stessa formazione franchista che, proprio per il mancato accordo, minaccia di ostacolare l’investitura della Popolare Isabel Díaz Ayuso alla Comunità di Madrid. Un tetris di alleanze a scapito del premier incaricato dal Re Felipe VI. “Sánchez si presenterà all’investitura a breve pur senza i voti stimati” – ha dichiarato il capo dell’Organizzazione socialista, José Luis Ábalos che è tornato anche a fare pressione sui Popolari di Pablo Casado e Ciudadanos di Albert Rivera perché lascino passare la fiducia all’esecutivo e ha aggiunto spavaldo: “Quanto a Barcellona, l’importante è che non sia diventata una trincea indipendentista”. “A breve”, significa la prima decina di luglio. Non prima – spiegano voci interne al partito socialista – che si siano placati gli animi agitati dalle investiture municipali, ma senza aspettare troppo, visto che “gli spagnoli hanno il diritto di vedere configurato il governo che hanno scelto prima possibile”, ha spiegato Ábalos. Peccato che a questo punto il “pattometro” del governo Sánchez sia ridotto all’osso, con gli indipendentisti di Esquerra che non lasceranno passare impunemente al Psoe l’appoggio anti-Maragall a Colau, e che quindi – dopo aver sfiorato una fiducia a Sánchez alla fine della scorsa settimana – a questo punto è molto probabile che si sfilino. Per non parlare di Ciudadanos, che a Madrid ha dimostrato di buttarsi a destra e non a sinistra, come quando appoggiò i socialisti contro il governo Popolare di Mariano Rajoy. A Sánchez cosa resterebbe? Forse solo la sinistra di Podemos, sempre che i negoziati per il “governo di cooperazione” uscito dal faccia a faccia con il leader Pablo Iglesias stiano procedendo. Ad ogni modo “gli appoggi si decideranno nel momento della votazione”. Ne è sicuro Ábalos. Soprattutto alla seconda votazione di fiducia, in cui ai socialisti non servirebbe la maggioranza assoluta. E per quella semplice – paradosso dei paradossi – è sufficiente l’assenza in aula dei deputati catalani in prigione, eletti e sospesi fino all’esito del processo per sovversione. Il Tribunale Supremo deciderà probabilmente proprio a metà luglio.