L’Italia superficiale che snobba i suoi tesori archeologici. Alzi la mano chi si ricorda delle Tavole Eugubine, custodite a Gubbio. Che cosa sono? “Tavole di bronzo ritrovate tra le rovine del teatro romano nel 1444 da una donna che ci pascolava le sue pecore e che, dodici anni più tardi, un certo Paolo Di Gregorio le ha cedute al libero comune in cambio di un diritto di pascolo”. Un ritrovamento eccezionale. “I segni bruni impressi profondamente nel metallo sono le parole di un archivio sacro, una specie di messale primitivo concepito tremila anni fa, quando è arrivato da oriente un flusso di profughi (forse i sopravvissuti di Troia appena distrutta) che sono stati accolti negli insediamenti dei pastori italici”.
A Gubbio, nel Quindicesimo secolo, fu inventata l’archeologia. E non solo. Le due lingue delle Tavole, etrusco e latino, rivelano che gli Umbri inventarono parole; riti e sacrifici di una religione civica; finanche un sovranismo primitivo. E attorno alle Tavole Eugubine si cela il mistero di una bella giornalista che la mattina di Capodanno viene trovata morta in una stradina dominata dalla Piazza in alto. “È qui che cadono quando si buttano dalla Piazza”. A indagare è il capitano Agostino con l’aiuto di un giovanissimo carabiniere. La ragazza ha lasciato un lunghissimo racconto che parte appunto dalla storia delle Tavole Eugubine. Il manoscritto contiene anche il tormento d’amore per l’uomo più potente della Regione, un ex comunista. Indagini e racconto si alternano e forse non si tratta di suicidio. Il talento della vittima di Patrizia Zappa Mulas è varie cose: un giallo psico-christiano (nel senso di Agatha), un atto d’amore per Gubbio, un memorandum per noi italiani ignoranti.