Ponte Sant’Angelo illuminato d’azzurro e l’enorme scritta sul Tevere: “Uefa Euro 2020”. Fra un anno esatto iniziano gli Europei di calcio e Roma si prepara ad accoglierli: 4 partite si giocheranno nella Capitale, fra cui quella inaugurale. Insieme alle luci per la ricorrenza, però, in Campidoglio è scattato l’allarme: l’organizzazione è in ritardo, il Comune ha bisogno di un commissario straordinario per abbreviare le gare ma la sua nomina rischia di saltare. L’emendamento al decreto Crescita che la autorizzava è stato bocciato dai presidenti delle commissioni competenti, il leghista Claudio Borghi e la pentastellata Carla Ruocco. Un autogol in casa M5S, che mette in difficoltà Virginia Raggi.
L’edizione 2020 avrà una formula itinerante senza precedenti, con gare in 12 città del continente. Roma sarà il secondo centro del torneo visto che ospiterà la partita inaugurale, la più importante dopo la finale a Londra. Un grande onore. Ma anche un discreto onere. Della ristrutturazione dello stadio Olimpico si occupa il Coni, anzi la nuova società Sport e Salute spa (titolare dell’impianto), con fondi propri e governativi. Sul Campidoglio ricadono i tifosi: sicurezza, mobilità, accoglienza; la grande Fan-Zone, che sarà allestita a Piazza del Popolo (dopo alcune resistenze della Soprintendenza). Il problema è che l’atto con cui l’allora sindaco Marino si impegnò all’organizzazione non indicava alcuna cifra, né furono stanziati fondi. Praticamente una cambiale in bianco, per un ente che non naviga nell’oro.
Il Comune ha chiesto al governo circa 10 milioni: dopo una serie di contatti infruttuosi col precedente esecutivo Pd e una lettera a Giorgetti, adesso le risorse sono in arrivo. Nelle trattativa però si sono persi mesi, c’è il rischio di non farcela coi tempi della burocrazia capitolina. Per questo i sottosegretari Giorgetti e Valente avevano individuato la soluzione del commissario straordinario, come per le Universiadi a Napoli: una figura a titolo gratuito, magari interna all’amministrazione, per fare da stazione appaltante e ridurre i termini delle gare. La proposta inserita nel dl Crescita però è saltata.
L’emendamento è stato dichiarato inammissibile, anche il ricorso presentato dal M5S è stato respinto. La bocciatura porta una firma pesante: il leghista Borghi forse no, ma la 5stelle Ruocco avrebbe dovuto essere un’alleata, in teoria. In realtà in Campidoglio ricordano bene i duri attacchi della deputata alla sindaca nei momenti più difficili della sua gestione: qualcuno sospetta che non si tratti solo di una questione tecnica, ma politica. In un caso o nell’altro, per la Raggi è un problema: il commissario serve, all’orizzonte non ci sono altri provvedimenti dopo il Dl Crescita. E il tempo passa. Non resta che sperare nell’ultimo ricorso alla presidenza della Camera. Cioè a Roberto Fico, altro 5stelle che con la sindaca non è stato tenero. Al calcio d’inizio manca poco.