Il tempo per correggere il passato è adesso. Matteo Salvini ha declassato già Paolo Arata a modesto “oratore di un convegno della Lega”, dopo l’arresto assieme al figlio Francesco per un’inchiesta su energia, mazzette e malavita. È il fascicolo che ha “espulso” dal governo l’ex sottosegretario Armando Siri, accusato di concorso in corruzione. Il legame politico con la famiglia Arata, però, non si recide con una scaltra battuta ai cronisti. Oggi Federico Arata, estraneo all’indagine siciliana, assiduo frequentatore dell’ambiente del Carroccio e considerato un seguace dell’internazionale sovranista che fa riferimento a Steve Bannon, ex guru di Donald Trump, è un ex consulente a Palazzo Chigi del Dipartimento per la programmazione economica, in sigla Dipe, che fa capo al sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti.
Il decreto di nomina di Federico, che la Corte dei conti ha definito legittimo e poi ha registrato il 17 aprile 2019 – il giorno prima del pandemonio scatenato dall’indagine di Trapani e dopo un paio di settimane di approfondimenti – non è rintracciabile sul sito di Chigi perché il Dipe l’ha revocato e non l’ha diffuso. Questo non impedisce di ricostruire la natura di un contratto che non esiste più, ma non perde il suo valore politico: Federico ha firmato agli inizi di aprile per un mandato di un solo anno con un incarico di “esperto” al nucleo tecnico del Dipe. Che fa il “nucleo tecnico”? “Svolge funzioni di supporto all’attività di impulso e coordinamento del presidente del Consiglio in materia economico-finanziaria ai fini della realizzazione del programma di politica economica”.
Ampia carriera condensata in un dettagliato curriculum, rodaggio tra Nomura, Bnp Paribas, Credit Suisse, residenza sospesa tra Londra e Zurigo, contatti di spessore in Pakistan, poliglotta con una base di lingua urdu, Federico compie 34 anni tra una settimana. Non è un classico raccomandato o un rampollo arruolato per lo svezzamento istituzionale né per gli impieghi che dichiara poteva ricavare particolare gratificazione da un compenso di 30.000 euro lordi al Dipe. Quella nomina era un biglietto da visita in più, un timbro, nient’altro. Almeno da un paio di anni, per la disinvoltura esibita, Federico è uno stratega dei rapporti esteri del Carroccio. Non è soltanto il ragazzo in abito scuro e dal sicuro gesticolare che ha accompagnato Bannon al Viminale da Salvini o che fantasticava di viaggi risolutivi negli Usa di Matteo, Federico ha irrobustito l’empatia tra la destra più conservatrice americana e la Lega nazionale. E la famiglia Arata, per intenderci Federico e il papà Paolo, erano accolti in Vaticano da quel segmento di Chiesa ostile al Papa e ben radicato negli Usa.
Federico è reputato “un amico” da Benjamin Harwell, il direttore dell’istituto Dignitatis Humanae che vive da eremita – con un avviso di sfratto del ministero per la Cultura – in un’abbazia del 1200, la Certosa di Trisulti (Frosinone), il luogo scelto da Bannon per la scuola di formazione del sovranismo. E il papà Paolo sentiva al telefono il cardinale Raymond Leo Burke, presidente onorario del Dignitatis Humanae, per una cena a casa del porporato americano, fiero oppositore del pontificato di Bergoglio. Salvini corregge il passato, ci prova, così definisce il professore Arata un tizio che ha incontrato a un dibattito del Carroccio e che lì, chissà per caso, ha ricevuto un microfono e s’è messo a blaterare e poi potrà dire che Federico era un cervello espatriato strappato alle multinazionali del capitalismo. Il guaio del passato è che quello che è successo resta lì. E prima o poi, va spiegato davvero.