Adesso, non c’è più alcun dubbio: Kim Jong-un, il dittatore nordcoreano, il terzo rampollo dell’unica dinastia comunista di questo mondo, è di nuovo sulla lista dei cattivi. Per quasi un anno, le intelligence occidentali e asiatiche gli avevano abbonato tutte le sue possibili malefatte. Una Ong sudcoreana sostiene che 318 siti sarebbero stati utilizzati per esecuzioni capitali, sulla scorta d’interviste a 610 transfughi nordcoreani.
Contemporaneamente, il Wall Street Journal scrive che Kim Jong-nam, il fratellastro del leader, ucciso nel febbraio 2017 all’aeroporto di Kuala Lumpur in Malesia, era un informatore della Cia e aveva incontrato in diverse occasioni agenti segreti nord-americani. La fonte dell’articolo non viene, però, identificata.
Certo, le rivelazioni dell’intelligence contro Kim possono rivelarsi inesatte o palesemente false. Kim Yong-chol, l’ex braccio destro che sarebbe stato epurato, è ricomparso in pubblico. Invece, di Kim Hyok-chol, che negoziava sul nucleare con gli americani e che sarebbe stato fucilato a marzo, non s’è più avuta notizia: farlo ricomparire vivo e vegeto, forse, non è possibile.
La riedizione di Kim come “cattivo” e “nemico” deriva dal fallimento del Vertice di Hanoi, l’incontro con Donald Trump a fine febbraio, dopo che, nel giugno del 2018, il Vertice di Singapore aveva suscitato ingiustificati entusiasmi. Kim, che era stato, nei primi 15 mesi della presidenza Trump, “palla di lardo” e “l’uomo razzo”, e aveva dato vita a duelli a distanza, era diventato l’unico improbabile testimonial dei successi in politica estera dell’Amministrazione Trump. Il magnate ancora non ammette gli errori di valutazione e resta sensibile alle lusinghe del dittatore. Eppure, ad Hanoi, complice la fretta e l’improvvisazione d’un Vertice inadeguatamente preparato, la maionese tra Trump e Kim non montò, anzi impazzì. Trump dovette tenersi nel cassetto i sogni d’un Nobel per la Pace. E, ora, nella campagna elettorale per Usa 2020, si sentirà rimproverare l’eccesso di fiducia nel dittatore. Ieri, a un comizio nello Iowa, l’ex presidente Usa Joe Biden, battistrada nella corsa alla nomination fra i democratici, ha detto che Trump non dà alcun segno di volersi smarcare da “mascalzoni” come Kim e Vladimir Putin.
Il rapporto della Ong sudcoreana, intitolato Mapping the fate of the dead, documenta, secondo Afp e Bbc, decenni di esecuzioni, per delitti come rubare una mucca o guardare i programmi della tv sudcoreana. Le sentenze capitali sono state eseguite in prigioni o nei campi di lavoro, ma anche lungo i fiumi, nei campi, sui mercati, nelle scuole; e vi hanno assistito anche più di mille persone. In genere le esecuzioni avvengono per fucilazione, ma vi sono anche testimonianze di impiccagioni, che però sarebbero andate riducendosi e forse non sarebbero più avvenute dopo il 2005. Sovente i familiari dei condannati, anche i bambini, uno di soli sette anni, hanno dovuto assistere. I corpi dei giustiziati vengono raramente restituiti ai familiari e il luogo della sepoltura non viene rivelato. Per l’Ong, “le esecuzioni sono uno strumento essenziale per incutere paura e dissuadere i cittadini dall’impegnarsi in attività considerate indesiderabili dal regime”. Il numero delle condanne a morte si sarebbe ridotto negli ultimi tempi.
In passato, si ha notizia di gerarchi del regime condannati e giustiziati. Kim, nel 2013, avrebbe fatto uccidere suo zio, Jang Song Thaek accusato di tradimento e – si racconta – gettato nudo con cinque suoi funzionari in una gabbia dove 120 cani affamati li avrebbero sbranati. E il ministro della Difesa Hyon Yong-chol sarebbe stato giustiziato in pubblico a cannonate per essersi addormentato durante un evento militare. Capita che le storie narrate siano fake news, come forse quelle di Kim Yong-chol e Kim Yo Jong; o quella dell’ex fidanzata di Kim, Hyon Song-woi, una cantante e artista, che sarebbe stata fucilata nel 2013 con altre undici persone – tutte accusate di pornografia –. Nel 2018, Hyong ‘resuscitò’.
Non può invece il fratellastro di Kim, Kim Jong Nam: due donne gli spruzzarono in faccia gas nervino e lo uccisero. Usa e Corea del Sud hanno accusato dell’attacco Pyongyang, che ha sempre negato ogni addebito. Le voci che ora legano alla Cia Kim Jong Nam, che in passato era stato invece collegato all’intelligence cinese, non appaiono solidissime: il fratellastro di Kim, che aveva vissuto fuori della Corea del Nord per molti anni e che risiedeva nei pressi di Macao, e che non aveva alcun potere in patria, non disponeva di informazioni particolari sull’inner circle di Kim. Sotto tiro delle intelligence asiatiche e occidentali, la Corea del Nord replica sul piano diplomatico: Pyongyang avverte che la sua pazienza sta finendo e che l’intesa di Singapore potrebbe non costituire più una base di negoziato valida. Una minaccia che stona con la lettera di Kim “molto bella e dai toni calorosi” che, secondo la Abc, Trump avrebbe appena ricevuto. Vi si parla di un terzo vertice entro tre settimane, che il magnate “vorrebbe fare”