A mezzanotte e trentacinque di domenica, mentre nel comitato Alfieri è un tripudio di cori da stadio (“Alfieri è uno di noi”) e di bottiglie stappate, il frastuono delle sirene spiegate squarcia il rettilineo di via Magna Graecia. Almeno cinque autoambulanze con la scritta “Croce Azzurra” (c’è chi ne ha viste sette), precedute da un camion-vela con il faccione di Franco Alfieri, neo sindaco Pd di Capaccio Paestum – ha da poco vinto il ballottaggio con il 53% – si precipitano nel cuore dei festeggiamenti e sostano davanti al comitato. Sono lì per soccorrere qualcuno? Quanta gente si è sentita male per la troppa gioia? L’inghippo è presto svelato: le autoambulanze non sono lì per salvare infartuati o epilettici. Gli autisti scendono e si mettono ad esultare anche loro.
Un tizio alza in cielo una coppa. E l’odore del clan Marandino prende il posto del profumo delle fritture dell’ex capo della segreteria di Vincenzo De Luca, che anni fa lo indicò come campione della ricerca del consenso e delle “clientele” proprio per le campagne a base di “fritture di pesce”. Del governatore dem è tuttora consigliere per l’agricoltura. “Scusi signora, perché tutte queste ambulanze al comitato Alfieri”? “Sono di quel personaggio di Roberto Squecco, lo vede? Eccolo. Le ha mandate per festeggiare”.
Chi è Squecco e che rapporti ha con Alfieri (che si è dissociato dal carosello di ambulanze “di pessimo gusto”) lo abbiamo scritto sul Fatto di venerdì scorso, ripercorrendo l’indagine per voto di scambio politico-mafioso che ha colpito Alfieri il 13 maggio. Squecco è un imprenditore funerario condannato a un anno e 10 mesi con sentenza definitiva per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.
La Cassazione lo ha ritenuto organico ai Marandino, provò a riscuotere un prestito usuraio usando manovalanza di camorra che andava a minacciare i suoi concorrenti con le pistole in pugno. E svolgeva le sue trattative, battezzate dal boss Giovanni Marandino, al Lido Kennedy, lo stabilimento balneare di sua proprietà che in questi giorni ha dovuto spostare dei concerti “per ragioni tecniche”, si legge sui manifesti affissi su una porta chiusa. Il commissario prefettizio ha sospeso la concessione demaniale dopo la condanna. Proprio al Lido Kennedy, Alfieri ha inaugurato la campagna elettorale. E il decreto di perquisizione che lo ha colpito e ha reso nota l’indagine contiene il nome di Squecco. Il pm della Dda di Salerno Vincenzo Montemurro scrive che è un “coindagato” di Alfieri. Mentre la moglie di Squecco, Stefania Nobili (“ma sono separati ed è sbagliato associarli” sostiene l’avvocato dell’imprenditore, Mario Turi) si è candidata in una delle otto liste pro Alfieri, “Democrazia Capaccese”, ed è stata eletta con 348 preferenze. “Il sistema Alfieri va oltre ogni immaginazione, un corteo vergognoso”, denuncia il consigliere regionale M5s Michele Cammarano, che ha spammato uno dei tanti video del carosello notturno.
Dopo il passaggio in giudicato della condanna, è iniziata una battaglia legale sui beni della famiglia Squecco. La sezione misure di prevenzione di Salerno ha sequestrato villa e quote societarie dell’imprenditore e della ex moglie, intestataria della ditta Funeral Home, mentre Squecco risulta titolare della Onlus Agropoli-Croce Azzurra. Le ambulanze. Così sarebbero state rispettate le norme antitrust e regionali sull’incompatibilità dell’attività funebre con le ambulanze. In appello Squecco e signora si sono visti restituire le quote, non la villa.
Sull’indagine Alfieri il Pd ha glissato. Fa eccezione l’eurodeputato ed ex procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti, che lo invitò a ritirare la candidatura. Chissà se il rumore delle sirene di Capaccio ora sveglierà qualcuno.