“È stata la mano di Dio”. Recensione in versi: “La vita ci distrae dal dolore”

 

All’inizio facevo fatica

a tenere gli occhi aperti,

colpa del pranzo di Natale, colpa del fatto

che vedo un film ogni tre anni.

Poi è arrivata la notizia che il padre e la madre

erano morti e da quel punto

non ho più chiuso gli occhi. Ho lasciato

la mia digestione al suo destino,

sono entrato nel film: sempre mi chiedo

come si fa a vivere dopo un grande dolore

e spesso penso che forse si può vivere veramente

solo dopo un grande dolore.

Il fuoco del film è qui, poi c’è Napoli

e Maradona e la gioia esatta

delle inquadrature: città e natura, il mare

e il volto della zia, le piastrelle,

il teatro del parlare.

La scena madre di questo film

è quando l’uomo di cinema dice al ragazzo:

non ti disunire, non ti disunire.

E lì ognuno avrà pensato alla sua vita,

un film ce la deve mettere davanti agli occhi

come fa un dolore, un amore, un soffio di vento

che non abbiamo fatto in tempo a scansare.

Chi non si disunisce sa che ha un solo respiro,

una sola strada, un solo dovere. Non è al mondo

per scegliere la vita come si sceglie un maglione

in un negozio. Sta qui

perché la vita è una trave sulla pancia

e continuamente prova a sollevarla.

Il giovane che ha perso i genitori

ancora non lo sa ma sta già lavorando

a fare buon uso del suo dolore,

a capire che il segreto è stare concentrati

intorno a un osso che nessuno

ha mai visto, l’osso intorno a cui cresce la carne

e le parole e ognuno dei nostri sguardi.

Questo film è bello averlo visto

perché dice il sacro

senza mai pronunciarlo, senza mai cercarlo.

Questo film ci dice che abbiamo solo la vita

per distrarci dal dolore della vita.

 

I comaschi “anfibi” perché discendono dai maledetti dalla Dea Latona

Suona strano che nell’inestricabile ragnatela della mitologia classica ci sia un posticino anche per il lago di Como? No se si dà credito a un poemetto in rima dal titolo Un popolo di rane che ha per protagonista nientepopodimeno che la dea Latona, madre di Apollo e Artemide, concepiti con Zeus, evento che scatena le ire di Era. La quale, sorella e anche moglie dello stesso, spinta da gelosia, emanò un decreto secondo il quale nessun luogo dell’orbe terracqueo avrebbe dovuto ospitare travaglio e conseguente parto gemellare della poveretta. Ora, la mitologia ufficiale racconta che Latona pellegrinò lungamente prima di trovare in Delo, l’isola errante, il luogo dove sgravarsi dei due tra i più illustri Dei dell’Olimpo. Quella ufficiosa, invece, stando all’anonima strofetta, vorrebbe che il suo cercare trovò la fine sulle rive del lago di Como, segnatamente in quel di Arbiola, località dell’Alto lago. Vi giunse stanca e assetata, ma dagli indigeni si vide negare quel poco d’acqua che chiedeva. Fosse paura del foresto o altro, con l’agire così quei tristi si attirarono le ire della dea che, attingendo ai suoi poteri, li trasformò in rane. Dopodiché, sebbene patendo 9 giorni e 9 notti di travaglio, la coppia di campioni venne al mondo. E coloro che nel frattempo erano diventati rane? Be’, nel frattempo i batraci di allora hanno riacquistato forme umane. Tuttavia, secondo il poemetto, il carattere di costoro presenterebbe ancora un tratto anfibio. Lo si evincerebbe da un certo saltellare mentre camminano, ma ancor più nel rigido rispetto delle rane che nulla hanno da temere poiché a costoro parrebbe “enorme cosa, cucinar pesce che canta, d’animal con gambe e braccia”. Non solo: dotate anche di facoltà profetiche, alle rane costoro chiederebbero consiglio su come affrontare il lago, la pesca e altre faccende. Oracoli cui anche la gente confinante desidererebbe rivolgersi, tenendosi però a distanza, visto che i discendenti degli antichi batraci li tengono alla larga lanciando sassi e così dimostrando di non aver perduto il caratteraccio di cui Latona fu la prima vittima. Nessuno me ne voglia, perché ciò che è scritto è pura leggenda. In più non mi pare che la rana abbia un cattivo carattere, sia aggressiva, dannosa per l’uomo. A meno di consumarle, fritte o in umido, nei mesi con la erre, caso nel quale, secondo un’altra diceria, ci si troverebbe poi a correre, e non solo in farmacia.

Da Figliuolo. State calmi: c’è il Green pass di livello 25-C-Rafforzato Plus

Con il Green pass di livello 25 – C – Rafforzato Plus puoi entrare in una sala biliardo, ma puoi giocare solo a boccette, niente stecche, per quelle serve il livello 26, che ti danno solo se fai un tampone di tipo D-14 in un aeroporto della Mongolia orientale. Occhio che c’è la fila. Ha ragione il generale Figliuolo, bisogna avere pazienza. Dai, cazzo, magari aspetti quaranta minuti dal concessionario della Porsche e non vuoi stare sei ore fuori da una farmacia?

Di tutte le categorie in crisi, la mia solidarietà di fine anno va a chi aveva in mente di scrivere un romanzo distopico, ambientato in un futuro nebuloso e incerto, su una società isterica. Ecco, mi spiace per lui, dovrà inventarsi qualcos’altro, perché ’sta roba qua la leggiamo tutti i giorni. Seguo, per esempio, la strabiliante evoluzione tecnico-scientifica del nostro lasciapassare sanitario, quello che durava nove mesi, no dodici, no di nuovo nove, no sei. Mostro il mio Green pass con la scioltezza del giocoliere, potrei partecipare alle Olimpiadi nella categoria “Mostratore al volo di display”. Vado a lavorare tutti i giorni nello stesso posto, dove la stessa persona me lo chiede ogni giorno, e ormai il problema non è il Green pass, ma inventarsi qualcosa da dire in quell’attimo di imbarazzo: lui sa che sta facendo una cosa inutile, io so che sto facendo una cosa inutile. È un rito scaramantico, che ha la stessa portata scientifica di stringere un cornetto di corallo. Eppure lo facciamo lo stesso. Unica soddisfazione: quando gli antropologi ci studieranno, tra una decina di secoli, e impazziranno per interpretare una cosa del genere. Giunti al punto “Super Green pass obbligatorio per le feste di laurea ma non per i matrimoni” si arrenderanno, spero. Ma facciamola breve. Presto il mio Green pass non basterà più: come per il Mac, il telefono, il tablet, la televisione, il navigatore, dovrò fare l’upgrade, aggiornare il programma. Una certa riprovazione sociale comincia a spumeggiare intorno a me: ho ancora il Green passsemplice, non mi vergogno? Non penso a mio nonno? “Io non ce l’ho il nonno!”, rispondo. Ma niente, ottengo solo un accenno di disprezzo. Naturalmente ho prenotato la terza dose, mi daranno il Green pass rafforzato, diciamo che passo da Green pass2.1 a Green pass3.0, non male per uno che non aveva mai pensato di fare carriera nel mondo della sanità. La quarta dose viene data per certa, comunque, da quasi tutti i virologi in onda, quindi già so che è il solito giorno della marmotta, e che quello che leggiamo oggi (“cambio di passo sulle terze dosi”) potremmo leggerlo anche domani (“cambio di passo sulle quarte dosi”). Approfitto per consigliare nuove formule (che so: colpo di reni, scatto felino) perché il generale Figliuolo che dice “cambio di passo” è un classico da marzo, nove mesi fa, un po’ invecchiato come tormentone. Scatteranno le promozioni commerciali, tipo un tampone gratis se porti un amico, e ci saranno corsi di laurea dedicati ai diversi tipi di quarantena. Intanto, le cose che si potevano fare, non sono state fatte. A parte litigare un po’ su chi controlla biglietti e/o Green pass sugli autobus, gli autobus sono sempre quelli, le aule sono sempre quelle, le code per i tamponi sono dense di gente che bestemmia tutti i santi perché in classe di Gino o di Filippa c’era un positivo, quindi tutti a casa, madre, padre, due fratelli, stanno tutti bene, ma è il Vietnam. A ’sto punto la coda per il tampone è una botta di vita. Il mio consiglio è scollinare Capodanno e ripresentarsi qui nell’anno nuovo, carichi di buoni propositi. Auguri a tutti.

 

L’ultima intervista a Borsellino e i dubbi che ancora restano

Inutile girarci intorno. La vera storia dell’ultima, o meglio della penultima, intervista a Paolo Borsellino in cui il giudice parla di Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri e del boss Vittorio Mangano è da sempre l’anello mancante nelle indagini sulle stragi di mafia del 1992.

In questi anni, mentre Berlusconi e Dell’Utri venivano messi sotto inchiesta e poi archiviati, pm, investigatori e giornalisti si sono spesso chiesti se quell’intervista, mai mandata in onda fino al 2000, abbia rappresentato la miccia che convinse Cosa Nostra a uccidere Borsellino solo 57 giorni dopo Falcone. Un’accelerazione, decisa da Totò Riina e confermata da molti pentiti, insensata dal punto di vista logico. Perché far saltare in aria Borsellino meno di due mesi dopo la morte del suo amico Giovanni, come era perfettamente prevedibile, avrebbe spinto lo Stato a reagire con forza inaudita e a instaurare il 41-bis, il cosiddetto carcere duro per i mafiosi. Detto in altre parole, gli investigatori si sono domandati se per caso qualcuno nella primavera-estate del ’92 abbia avvertito il gruppo Berlusconi dell’esistenza del filmato (l’intervista a Borsellino è del 19 maggio, Falcone muore il 21) e se poi Dell’Utri o altri abbiano parlato di quelle dichiarazioni con qualche esponente dei clan.

L’interrogativo è diventato ancora più pressante in questi ultimi anni dopo che, nel 2016, il boss stragista Giuseppe Graviano, intercettato in carcere, si è lasciato sfuggire con un amico l’ormai celebre frase “Berlusca mi ha chiesto questa cortesia. Per questo è stata l’urgenza”. Adesso, grazie a uno scoop de L’Espresso, sull’intervista sappiamo qualcosa in più. Fabrizio Calvi, che con Jean Pierre Moscardo incontrò Borsellino per conto della pay-tv francese Canal plus, ha raccontato ai colleghi del settimanale quanto gli confidò, con imbarazzo, Moscardo. Secondo Calvi, un emissario di un manager del gruppo Fininvest offrì 1 milione di dollari per avere quel filmato e altre 50 ore di girato che dovevano far parte di un documentario su Berlusconi e la mafia. Calvi e Moscardo oggi sono morti. Non è insomma possibile sapere se l’offerta (sempre che ci sia realmente stata) risalga al ’92 o agli anni successivi, quando le parole di Borsellino rappresentavano un tassello importante delle indagini che avrebbero portato alla condanna di Dell’Utri per fatti di mafia. E nemmeno si può sapere se la proposta sia stata accettata.

In attesa che le Procure tentino di fare chiarezza, noi però ci facciamo un’altra domanda. Meno da questurini e più da giornalisti. Ma come diavolo è possibile che Canal plus abbia deciso di non mandare in onda l’intervista? Nell’estate del ’92, in tutto il mondo, tv e giornali non parlavano d’altro che degli attentati di Cosa Nostra contro Falcone e Borsellino. Ovunque venivano mandati in onda servizi su servizi. La scelta di tenere quell’intervista in un cassetto, sebbene in quel momento rappresentasse uno scoop mondiale, è qualcosa che cozza contro qualsiasi logica editoriale e giornalistica. Per questo contiamo che nei prossimi giorni qualche collega chieda a Canal plus una spiegazione ufficiale. E per ora ci limitiamo a questo commento: gli scoop non vanno mai tenuti nei cassetti. Perché altrimenti chiunque è autorizzato a pensare che quello non sia stato giornalismo, ma solo una manovra oscura o peggio ancora un ricatto.

 

Il bollettino dei contagi ci angoscia più del virus

Una cosa è certa: la fine dell’era Covid, ammesso che ci sia una fine, perché essendoci ostinati a combatterlo frontalmente il virus, che non è cretino e non gli va per nulla di crepare, continua a mutarsi costringendoci a un perenne inseguimento, saremo tutti meno sani e più deboli anche chi il Covid non se l’è beccato.

La nostra salute psichica e fisica, non può superare indenne anni di stress. C’è lo stress ovvio, per così dire primario, della paura, a mio parere comunque eccessiva, di contrarre l’infezione. E c’è lo stress, ancora più opprimente, dell’ossessiva informazione sul Covid. Il Corriere della Sera, per dirne una, dedica ogni giorno dalle due alle undici pagine al Covid. Dell’ora e mezza della sua programmazione serale SkyTg24, fino al pre-Covid un bel programma, meno omologato della maggioranza degli altri Tg, dedica sì e no cinque minuti ad altre notizie, in genere per infamare, in modo del tutto unilaterale e colmo di pregiudizi, l’Afghanistan talebano.

Poi ci sono i bollettini quotidiani della cosiddetta “cabina di regia”. Che cosa sia mai questa “cabina di regia” non è dato sapere, perché non è prevista da nessun articolo della Costituzione. In tempi pre-Covid le cose funzionavano così: il Consiglio dei ministri prendeva una decisione che doveva passare al vaglio del Parlamento e solo poi, se approvata da entrambi i rami, veniva pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale e diventava legge dello Stato. Adesso il Parlamento è continuamente bypassato dai decreti e lo stesso Consiglio dei ministri, che non ha il tempo materiale di leggere i provvedimenti, dall’onnipotente “cabina di regia” che non si capisce bene da chi sia composta, probabilmente da Mario Draghi e i suoi cari.

Ma torniamo alla responsabilità dei media. I morti per tumore in Italia sono ogni anno più di 190 mila (quelli da Covid in due anni sono stati circa 136 mila): è chiaro che se ogni giorno i media pubblicassero i numeri di coloro che sono morti per tumore e di coloro che si sono ammalati, sempre di tumore, le persone andrebbero nel panico e anche un dolore al dito mignolo del piede destro verrebbe sentito come un angoscioso avvertimento. Francesco Vaia, capo dello Spallanzani di Roma, ha detto a chiare lettere: “Il quotidiano insopportabile bollettino non dice nulla più se non spaventare le persone”.

Ma lo stress degli stress è il continuo stop and go. Tu non sai se domani potrai fare quello che fai oggi. Puoi andare al cinema sì o no e in che modo, distanziato dall’amico che ti accompagna, sì o no? Al ristorante ci puoi andare, sia pur con ogni precauzione, tua e del ristoratore, sì o no? E se nel frattempo ti mettono il coprifuoco alle dieci che fai? Nell’incertezza meglio farsi una sega, per sua natura solitaria, dietro una siepe. Sei milanese e hai programmato per Capodanno di andare a trovare la tua fidanzata che abita a Firenze. Eh già, ma se nel frattempo la Toscana è diventata zona gialla o arancione rischi di trovarti intrappolato a Firenze sine die.

Il povero e criticatissimo Conte faceva la sua relazione ogni sera, e perlomeno ci metteva la faccia, l’anonima “cabina di regia” prende decisioni a ogni ora del giorno che ti cadono sulla testa come un fulmine a ciel sereno. Il Green pass vale nove mesi o sei mesi o piuttosto quattro, come sarebbe più logico, visto che la copertura vaccinale dopo quattro mesi è praticamente inesistente? E comunque un vaccino che vale solo per quattro mesi ha l’efficacia poco più di un clistere. Solo che il clistere procura dei piaceri più o meno indebiti, l’incertezza sul Green pass solo stress.

 

Il complottismo in rete, i droni travestiti e “Il Parlamento farsa”

Il finto complotto che non crede all’esistenza del Parlamento. Lo scorso aprile Rodolfo Matassoni, un sedicenne di Cesenatico, uscì da scuola e si trovò in mezzo a una manifestazione di sostenitori di Draghi. Senza pensarci due volte, scrisse su un cartello “Il Parlamento è una farsa”, ed escogitò all’impronta un finto complotto per rispondere ai dimostranti che gli chiedevano cosa intendesse: “I parlamentari non sono veri”, rispose Matassoni, “la Troika li ha uccisi tutti per sostituirli con droni avanzatissimi attraverso i quali controlla la popolazione italiana”. Oggi Rodolfo ne parla al Fatto, il giornale più autorevole della Penisola, perché in questi mesi la sua farneticazione burlesca ha convinto molti seguaci, inconsapevoli, che si tratti della parodia di una teoria complottista, come quella (a cui pure credono) sull’inesistenza del Covid, diffusa dai troll russi al solito scopo di seminare il panico in Occidente, con tanto di filmato di generale russo che rivela “la verità” sulla “finta pandemia”, linkato in Rete da molti no-vax prima di essere intubati. “Fu una cosa spontanea”, racconta Matassoni, “una reazione sull’assurdità di quanto stava succedendo: una manifestazione di sostegno a Draghi! A Draghi, l’agente Smith dei poteri forti! Uno che usa il Parlamento per ratificare decisioni prese in camera caritatis come se il Parlamento fosse la sua piattaforma Rousseau personale! Ma poi in conferenza stampa afferma che le decisioni spettano al Parlamento, una excusatio non petita grande quanto la Corea del Nord!”. Le pagine di “Il Parlamento è una farsa” hanno 4 milioni di follower su Instagram, più di 5 milioni su Twitter, oltre 6 milioni su TikTok. Il sito del finto complotto vende magliette, adesivi e altri prodotti, e racconta la fandonia con dettagli così verosimili che i gonzi abboccano come paganelli. “Il Parlamento è una farsa” sostiene che tra il 1998 e il 2021 la Troika (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) abbia ucciso centinaia di parlamentari europei appena venivano eletti. Quelli che vediamo nei tg e nei talk sono invece droni che si ricaricano attraverso i microfoni appuntati sulle loro giacche; l’Ue li usa per manipolare la popolazione. Negli anni la burla si è ampliata con documenti finti, proteste create ad arte (per esempio contro i virologi, droni telecomandati anche loro, non-a-caso sempre in tv col microfono appuntato sulla giacca) e tesi bislacche, tipo che la catena virtuosa, fatta di partito e sindacato, che dal dopoguerra fino agli anni 80 collegava al Parlamento le piazze che protestavano per i propri diritti, è stata spezzata da chi poteva farlo, e adesso i pedali della democrazia italiana girano a vuoto. Matassoni ha anche pagato un attore per interpretare un ex agente di Gladio che confessa il suo ruolo nel gigantesco insabbiamento relativo ai politici-droni in Italia (3 milioni di visualizzazioni in una settimana). “Di fatto è un esperimento sulla disinformazione” conclude Matassoni “perché ho costruito una realtà fittizia che molti hanno preso per vera, come i QAnon credono che il pianeta sia controllato da un giro di potenti pedofili satanisti”. Così, nell’esaustiva sezione Faq del sito di “Il Parlamento è una farsa”, trovano risposta le seguenti domande: “Cosa sono i parlamentari? Come si spiegano i loro voti all’unanimità senza alcuna discussione in Parlamento? I veri parlamentari uccisi, dove sono finiti?”. E la risposta alla domanda “Ho votato Renzi, cosa devo fare?” è: “Mantieni la calma, ma sappi che ora al suo posto c’è un avanzatissimo drone governativo di manipolazione. Se ci pensi bene, Renzi al Senato non ha alcun senso. Il consiglio è di non parlare di queste cose con nessuno, come fanno i giornaloni”.

 

Cosa direbbe un amico vero a Berlusconi

Se, tra i tanti servi che lo circondano, Berlusconi avesse un amico sincero, costui non potrebbe fare a meno di dirgli: Silvio ma non ti rendi conto che ti prendono in giro? Pensi davvero che, realmente, Salvini e Meloni ti voteranno e ti faranno votare per mandarti al Quirinale? E se pure continuano a rassicurarti, non capisci che lo fanno solo per compiacerti, per tenerti buono, esattamente come quando li costringi a farti compagnia in quei pallosissimi pranzi di Villa Zeffirelli? Del resto, quali motivi potrebbero spingere Salvini e Meloni a dirti in faccia come stanno le cose se non il timore di mandare il centrodestra in frantumi?

Sì, ci vorrebbe un certo coraggio a dirti caro Silvio, togliti dalla testa di salire al Colle, perché a parte il fatto che dentro Lega e FdI, e forse anche Forza Italia, non sono affatto pochi i cecchini che non vedono l’ora di affondarti nello scrutinio segreto, c’è molto altro che non ti farà piacere. Guarda che a giudicare una vera vergogna la candidatura di un condannato in via definitiva per frode fiscale non sono soltanto i comunisti e le quasi 200mila firme raccolte in pochi giorni dal Fatto. Non ti dice niente che nella iniziativa a tuo favore promossa da Libero abbiano risposto in 9mila? Un triste boomerang, la prova provata che l’uomo con il sole in tasca, come amavi definirti, oggi riscalda più che altro un pugno di anziani nostalgici forse convinti che il tempo passi per tutti tranne che per te. Perché Silvio, lasciatelo dire, il resto degli italiani oggi vede soltanto un signore di 86 anni, e non portati benissimo malgrado gli strati di cerone, dallo sguardo smarrito e che non sa più cosa diavolo raccontare dopo tutte le balle raccontate. Tutt’al più un tenero bisnonnino che porta a spasso i cagnolini al parco, ovvero ciò che dovresti continuare a fare. Sai perché Salvini e Meloni non ti dicono una volta per tutte: no Silvio, ci dispiace ma non si può fare? Ok, ti assecondano perché hanno bisogno più che mai delle tue tv, e ne avranno sempre più bisogno con l’approssimarsi delle elezioni politiche. Ma credo che la verità vera sia soprattutto un’altra: sono maledettamente imbarazzati e non sanno come fartelo capire. E si aspettano che sia tu a tirarti indietro una volta per tutte. Per essi, stanne sicuro, sarebbe un motivo di grande sollievo. Questo direbbe a Berlusconi un amico sincero (se ne avesse ancora uno).

Patuanelli, minacce di morte dai “no vax”

Una busta contenente polvere – ora al vaglio dei Vigili del fuoco – e minacce di morte da ambienti no vax. A riceverla è stato il ministro Stefano Patuanelli, capo-delegazione del M5S al governo. Nel pomeriggio di ieri era circolata la voce, ripresa da alcuni siti internet, che negli uffici di via XX Settembre si fosse verificata un’esplosione, ma in serata dal ministero è arrivata una smentita. È stata confermata invece la presenza nella busta di minacce di morte, “con messaggi riconducibili nei contenuti a istanze no-vax”. La busta è stata aperta dalla segretaria del ministro: nella lettera frasi contro le vaccinazioni seguite da “c’è una sorpresa per te” allusiva alla sostanza non identificata su cui verranno effettuati accertamenti.

Cade da ponteggio: perde la vita operaio di 52 anni

È precipitato per diversi metri da un’impalcatura, forse dal 7° piano, prima di finire a terra nel cortile interno di un condominio di via Merulana, nel centro di Roma. È morto così Piero Peruzza, 52 anni, operaio. Erano da poco passate le 9.30 quando un collega ha sentito un forte schianto. Poi, la terribile scoperta. Inutili i soccorsi. Sul posto vigili del fuoco e poliziotti del commissariato Esquilino. Il ponteggio è stato sequestrato.

“Continuiamo a lavorare convocando per l’inizio del nuovo anno una riunione conclusiva del Tavolo Salute e Sicurezza per definire un Protocollo sulla contrattazione preventiva relativa all’organizzazione del lavoro in sicurezza”, ha detto assessore regionale al Lavoro, Claudio Di Berardino. Che ha aggiunto: “Chiediamo di dare immediata attuazione al vademecum in materia di edilizia già definito”. Nicola Capobianco, segretario generale della Filca Cisl di Roma, ha sottolineato che quello di ieri è “l’ottavo incidente mortale nell’edilizia a Roma e provincia. Era dal 2009 che non si raggiungeva un numero così alto”.

Nominati altri due dirigenti indagati

Due indagati nella catena di comando dei trasporti romani. Emerge dalla nuova macrostruttura capitolina varata il 23 dicembre dal sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. Il nuovo capo della Direzione infrastruttura e Trasporti è il dirigente Alberto Di Lorenzo, ex capo staff di Vincenzo De Luca a Salerno. Di Lorenzo risulta indagato per concorso in turbativa d’asta nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Salerno sull’organizzazione dei mercatini di Natale 2016. Nella stessa inchiesta ci sono anche un assessore della ex giunta De Luca – Dario Loffredo – e tre imprenditori locali.

Le accuse dei pm salernitani a Di Lorenzo sono emerse a novembre, con la notifica dell’avviso conclusione indagini. “Subito dopo aver ricevuto l’atto – ha spiegato a Il Fatto l’avvocato Arnaldo Franco, legale del dirigente – Di Lorenzo ha sostenuto un ampio interrogatorio in Procura, durante il quale è stato messo in evidenza che da parte del suo ufficio esistono agli atti ben quattro provvedimenti di contrasto sicuro con gli interessi economici della società aggiudicatrice, fra cui la revoca dell’affidamento, una denuncia e un esposto proprio contro la stessa società. Siamo dunque fiduciosi che si risolverà tutto con la completa estraneità. Inoltre non esiste incompatibilità con il ruolo ricoperto a Roma”.

Di Lorenzo, portato nella Capitale nel 2019 da Virginia Raggi, lavorerà fianco a fianco con Antonello Fatello, nominato direttore del dipartimento Mobilità sostenibile e Trasporti. Fatello è indagato a Roma per abuso d’ufficio insieme all’ex assessore Giovanni Caudo, oggi consigliere capitolino con una lista civica di centrosinistra. Secondo le accuse, Caudo e Fatello avrebbero nel 2015 – si legge nel capo d’imputazione – “in concorso fra loro” posto in essere “condotte dirette al rilascio del permesso di costruire per l’immobile di Largo di Santa Susanna”, nel centro di Roma e fatto “risultare l’inesistenza dei vincoli gravanti sul Fosso di Tre Fontane”. Nello stesso procedimento, per altri fatti, è indagato il costruttore Domenico Bonifaci. È in corso a Roma l’udienza preliminare.

La nuova macrostruttura porta la firma del direttore generale del Campidoglio, Paolo Aielli, indagato a Roma per abuso d’ufficio per un appalto assegnato a una società fornitrice della Zecca dello Stato, ente di cui Aielli era a capo prima di trasferirsi in Comune. Capo di gabinetto di Gualtieri invece è Albino Ruberti (estraneo a qualsiasi inchiesta giudiziaria) che il 1 maggio 2020 – con l’Italia ancora in lockdown – partecipò a un pranzo “clandestino” nel quartiere Pigneto, inveendo contro il poliziotto che voleva multarlo al grido di “lei non sa chi sono io”.