Scomodare De André e il suo “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior” può sembrare fuori luogo ma il concetto è quello: una materia vile che genera valore in un ciclo economico più efficiente e sostenibile. Parliamo di rifiuti e del loro smaltimento, una partita su cui si sta giocando uno scontro tra economia legale e illegale (20 nuovi arresti giusto ieri), interessi contrapposti delle imprese e, ovviamente, della politica: la Lega, ad esempio, su questo (e molto altro) ha messo nel mirino Sergio Costa, rivendicando più poteri alle Regioni e meno a Roma.
Il campo di battaglia è caldissimo e, in prospettiva, vale miliardi. Il 15 maggio, per capirci, il ministro dell’Ambiente ha firmato una norma attesa da tempo: il secondo decreto della serie end of waste, quello per i pannolini usati. Il testo – secondo la direttiva quadro sui rifiuti – indica quali caratteristiche deve avere un pannolino riciclato per cessare di essere un rifiuto (end of waste) e divenire nuova materia prima. Una norma essenziale per superare un paradosso italiano: essere l’unico Paese al mondo ad avere un impianto per il riciclo dei pannolini – quello di Lovadina di Spresiano (Treviso) – senza però poterlo portare a regime perché, in assenza di quella norma, i materiali ottenuti per la legge sono considerati rifiuti. “È un passaggio epocale per l’economia circolare – ha detto Costa visitando l’impianto – e oggi può finalmente decollare un’industria tutta italiana che coniuga il riciclaggio e la conseguente riduzione del problema dello smaltimento dei rifiuti con la creazione di tantissimi posti di lavoro”.
L’impianto è frutto della partnership tra Contarina, eccellenza italiana nella gestione dei rifiuti, e Fater, joint venture tra Procter & Gamble e gruppo Angelini che realizza prodotti assorbenti coi marchi Pampers, Lines, Tampax. I pannolini che verranno riciclati (per bambini, per incontinenza e assorbenti igienici femminili) sono quelli usati dagli abitanti dei 49 comuni trevigiani in cui opera Contarina. La tecnologia, coperta da oltre 130 brevetti e frutto di un investimento di 10 milioni di euro, è quella di FaterSMART (Sustainable Materials And Recycling Technologies) del gruppo Fater. Tradotto: i pannolini non vanno più in discarica o nell’inceneritore, ma vengono sterilizzati in un autoclave e poi, con un processo di separazione meccanico e ottico, ridotti alle loro tre componenti. Alla fine da una tonnellata di pannolini si ottengono 150 chili di cellulosa, 75 di plastica e 75 di polimero super assorbente (il resto è sostanza organica) per farne imballaggi, oggetti in plastica, carta, arredi urbani, materiali per costruzioni e ancora assorbenti per la persona.
“Il valore di mercato dei materiali che ricaviamo si colloca tra il 50 e il 60% di quello della materia prima ‘vergine’, a fronte di prestazioni tecniche di poco inferiori”, spiega Giovanni Teodorani Fabbri, dg di FaterSMART. Un chilo di plastica, ad esempio, a seconda delle oscillazioni del mercato, può valere tra 0,5 e 1 euro. E all’ambiente non fa di certo male: la stima dell’azienda è di 400 kg di CO2 in meno per tonnellata riciclata e, a pieno regime, l’impianto, con 9-10 addetti, potrà “smaltire” 10 mila tonnellate all’anno.
Se si volessero riciclare tutte le 900 mila tonnellate di pannolini usati in Italia (ma servirebbe molta più raccolta differenziata) “si avrebbero diverse centinaia di milioni di investimenti, un indotto di 1 miliardo l’anno e mille nuovi posti di lavoro, considerando solo gli operai. Ci hanno già contattato da una ventina di comuni in tutt’Italia. E poi praticamente da tutta Europa, dal Nord America e dall’Asia”, racconta Teodorani Fabbri.
L’impianto di Lovadina di Spresiano è partito in fase sperimentale nel 2015, lavorando al 15% delle capacità. In questi 4 anni attorno a quell’impianto sono nati contenziosi su chi dovesse “certificare” il passaggio da rifiuto a nuova materia prima: contenziosi sciolti l’anno scorso quando il Consiglio di Stato ha stabilito che farlo spetta non alle Regioni (come in precedenza), ma esclusivamente al ministero dell’Ambiente. È su questa competenza che hanno litigato fino a sera la Lega e i 5 Stelle: l’accordo pare trovato su un emendamento al dl sblocca-cantieri che restituisce qualche potere in materia ai governatori nella cornice di linee guida vincolanti (entro 12 mesi) emanate dal ministero.
A oggi la lista di decreti end of waste in fase istruttoria conta 13 tipologie di rifiuti: da quelli da costruzione e demolizione ai rifiuti di gesso, dalle batterie al piombo alle plastiche miste ai rifiuti da spazzamento (pulizia delle strade). Il testo in fase più avanzata è quello per i pneumatici fuori uso: già inviato a Bruxelles, è tornato con delle osservazioni e sarà pronto una volta messe a punto le modifiche.