La Procura di Roma ha aperto un’inchiesta su Radio Padania, l’emittente “verde”, in passato diretta anche dal ministro Matteo Salvini. L’indagine è stata avviata dopo l’esposto del senatore del Movimento 5 Stelle, Alfonso Ciampolillo. È stata Repubblica a rivelare il 21 maggio scorso la decisione del parlamentare di denunciare ai carabinieri di Roma la “nota emittente radiofonica della Lega per i reati di falso, truffa aggravata e, comunque, per tutti i reati che emergeranno o saranno rilevati sia a carico della predetta emittente, sia per l’eventuale abuso di ufficio a carico degli uffici ministeriali competenti”.
Adesso la Procura, guidata da Michele Prestipino in attesa della nomina del nuovo procuratore capo, ha fatto un passo successivo: ha aperto un fascicolo per ora senza né indagati né reati.
La polemica legata a Radio Padania nasce nel gennaio scorso quando Repubblica, che ha approfondito la questione in più articoli, rivelò la richiesta al ministero dello Sviluppo economico (il Mise, oggi guidato da Luigi Di Maio) fatta dall’emittente radiofonica per ottenere contributi pubblici. Si tratta di circa 115 mila euro che fanno parte del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione per le emittenti locali. “Non abbiamo ancora dato un euro, verificheremo. E comunque si tratta di un bando del 2017 del governo Gentiloni”, ha spiegato in quei giorni Di Maio. Mentre Matteo Salvini assicurava: “Radio Padania sarà trattata come tutti gli altri”. Alla fine quei soldi non arriveranno mai e per volontà dell’emittente stessa, che ha fatto un passo indietro rinunciando ai fondi con una email inviata al Mise.
La storia poteva chiudersi così, se non fosse che Ciampolillo è andato dai carabinieri (che poi hanno trasmesso l’esposto in Procura) per chiedere di verificare se ci sia stata una “tentata truffa”: “Anche se alla fine hanno fatto un passo indietro e non hanno ricevuto i contributi, comunque la richiesta c’è stata”, spiega il senatore M5S al Fatto.
E aggiunge: “Il punto è che loro chiedono i contributi come una radio locale, ma in realtà si comportano come emittente nazionale, trasmettendo su tutto il territorio utilizzando una piattaforma digitale che è di proprietà del Consorzio EuroDab Italia e trasmettendo inoltre in tutta Italia sul canale 740 del digitale terrestre. Proprio sulla loro attività abusiva sul piano nazionale arrivano a quantificare contributi enormemente superiori a quelli loro effettivamente spettanti. L’emittente risulta con una sola frequenza a Brescia e ha una potenza di 20 watt. Io sono andato sul territorio e lì il segnale si ascolta nel raggio di circa 300 metri”.
Ai magistrati Ciampolillo ha chiesto anche di capire il perché del passo indietro di Radio Padania una volta che è venuta fuori la notizia dei contributi assegnati dal Mise. “Lo abbiamo fatto per evitare ulteriori polemiche”, avevano spiegato dall’emittente sempre a Repubblica il primo maggio scorso. Nello stesso giorno il quotidiano dà anche la notizia dello stop di Di Maio alle trasmissioni sulla rete digitale, quella che ha consentito che si sentisse in tutta Italia.
Quel giorno le agenzie di stampa, citando “fonti del ministero dello Sviluppo economico”, riportarono la versione “ufficiale” del Mise: “La Direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica, di radiodiffusione e postali con nota del 29 aprile scorso (…) ha intimato alla emittente di cessare la trasmissione dei contenuti in tecnica digitale attraverso il consorzio nazionale Eurodab. Tale nota, adottata dalla direzione generale senza che il gabinetto del ministro Di Maio ne fosse informato, si chiude con la previsione della possibilità di disporre la revoca dell’autorizzazione alla trasmissione in tecnica digitale in ambito locale a carico dell’emittente. Il procedimento eventuale di revoca della suddetta autorizzazione non è neanche stato avviato dalla direzione competente”.