Cinquant’anni il prossimo 31 luglio, Antonio Conte ha sempre trattato la simpatia come Cassano la grammatica: fregandosene. Prendendolo come sostituto di Spalletti, l’Inter è divenuta de facto l’anti-Juve per lo scudetto. Un “balzo in avanti” che, tra gli allenatori italiani, può garantire – in via teorica – solo lui.
Molto più di Maurizio Sarri, forse un giorno alla Juve, più bello di lui come gioco ma anche molto più umorale. Lui e il neo-vincitore dell’Europa League sono i tecnici più desiderati d’Italia e condividono, per quelle stranezze del destino che albergano nella storia ora nobile e ora no del calcio, una retrocessione in coabitazione: Arezzo, stagione post-Calciopoli 2006/7. Prima Conte, poi Sarri, poi ancora Conte. Esoneri, calvari e la Juventus (sì, al tempo era in B) che all’ultima giornata era già promossa e schierò per questo come titolari terze linee e relax: infatti perse in casa 2-3 con lo Spezia. E l’Arezzo andò giù per un punto. Conte sparò ad alzo zero: “Contro di noi la Juventus sembrava in finale di Champions League… Si parla di calcio pulito, poi succedono queste cose. Nel calcio sono tutti bravi a parlare, sembrava che i cattivi fossero fuori. E allora evviva il calcio pulito…”. Ovviamente di lì a poco sarebbe andato ad allenare proprio la Juve, con quella totale assenza di coerenza che nel calcio è normale.
Orgoglioso come pochi, dopo la retrocessione Conte chiese al presidente dell’Arezzo Piero Mancini di restare altri due anni. Pagato meno di quanto lo sarebbe stato altrove. Mancini, con fiuto raro per l’harakiri, rifiutò e prese tal De Paola Luciano. Strazianti i risultati. Il Conte allenatore avrebbe poi vinto tutto e di più, col suo bel crine canadese, la sua propensione all’autoelogio e quelle sue doti innegabili di tattico motivatore. Tutte cose, nell’estate del 2006, non così prevedibili.
Ha scritto in questi giorni il sito L’ultimo uomo: “Il trapianto di capelli in Canada arriverà soltanto l’anno dopo: il cranio di Antonio è ancora virilmente rasato e si imperla di sudore mentre è chino sui libri del Supercorso di Coverciano (…) Con sua grande sorpresa, ha scoperto che un sacco di gente lo credeva malato terminale: ‘Andavo a Roma, salivo su un taxi e si ripeteva sempre la stessa scena: a dottò, ma lei non stava per morire? Mi avevano attribuito le malattie più terribili, il cancro, la distrofia muscolare. Raccontavano di avermi visto paralizzato in aeroporto, su una sedia a rotelle. Ho cercato di scoprire come sia nata la cosa, niente da fare’”.
Ora che è andato all’Inter, i talebani nerazzurri gli giurano eterno odio (pronti ovviamente a far cortei quando lui gli farà vincere tutto). In Rete si dice che, per prima cosa, Conte abbia affermato che il famoso rigore di Iuliano su Ronaldo era solare: giusto per ambientarsi appieno alla Pinetina. In realtà, come prima mossa, “Full Metal Conte” ha casomai dato una stretta a vizi e social: tutti gesti normali alla Juve, ma quasi eretici ad Appiano Gentile. Chi lo odia gli augura un fallimento nerazzurro come accadde all’altro eterno bianconero Lippi. Chi non ha i paraocchi non può non pensare che, se c’è un allenatore che può far rivincere l’Inter, è proprio Antonio da Lecce. Quello più incazzoso di Crozza quando lo imita. Quello per cui è tutto “agghiacciande” quando non vince. Quello che, dei congiuntivi come delle critiche, se n’è sempre fregato allegramente. Anzi “allegramente” proprio no, perché l’ultima volta che l’hanno visto ridere (sul serio) in pubblico c’era ancora Tambroni.