Negli ultimi due mesi è stato visto spesso nei pressi dei Palazzi romani. L’ultima volta a metà dicembre. Viaggia da Firenze a Roma, grazie ai permessi che gli consentono di uscire dagli arresti domiciliari che sta scontando nella sua villa di Pian de’ Giullari dopo la condanna a 6 anni e 6 mesi per il crac del Credito Cooperativo Fiorentino. A mangiare va a PaStation, ristorante di proprietà del figlio Tommaso in piazza Campo Marzio (a pochi passi dalla Camera), e lì incontra leader di partito, parlamentari e amici di vecchia data. Alla vigilia dell’elezione del presidente della Repubblica, Denis Verdini sa che per contare qualcosa deve ricominciarea frequentare il Palazzo.
Lavora per il genero, Matteo Salvini, fidanzato con la figlia Francesca. I due si parlano, si confrontano e si vedono. Prima Verdini ha garantito a Silvio Berlusconi che i voti per lui, nel Gruppo Misto, “verranno fuori”. Ma adesso l’ex macellaio di Fivizzano sa che l’elezione del leader di Forza Italia è quasi impossibile e quindi lavora per un piano B con Salvini. “Se Draghi vuole fare il capo dello Stato sarà difficile opporsi – ha detto Verdini a chi ci ha parlato – ma in questo Parlamento così frammentato tutto è possibile: alla fine anche Casini o Amato potrebbero essere eletti”. Il dottor Sottile, d’altronde, nel 2015 era il candidato del patto del Nazareno tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi officiato proprio da Verdini, mentre il fondatore dell’Udc sta salendo nelle quotazioni degli ultimi giorni: è il nome che hanno in testa Salvini e Renzi e di cui hanno parlato anche nel colloquio in Senato nella notte tra il 23 e il 24 dicembre mentre si votava la legge di Bilancio. Chi conosce Verdini però sa che l’ex sherpa berlusconiano non è così attivo solo per avere lo scettro del kingmaker (occulto) del prossimo capo dello Stato. Ci sarebbe anche una ragione più concreta: cercare la grazia. Una prerogativa che spetta al presidente della Repubblica. Verdini, raccontano due fonti qualificate, per com’è fatto, non la chiederebbe mai direttamente. Ma non sarebbe esclusa l’ipotesi di una grazia concessa motu proprio dal prossimo inquilino del Quirinale. L’ex senatore di FI e di Ala fino a oggi ha scontato un anno e due mesi, su 6 anni e 6 mesi della pena per bancarotta: 3 mesi li ha passati a Rebibbia mentre da gennaio è ai domiciliari nella sua villa di Firenze. Chi (e se) potrebbe concedergli la grazia è ancora presto per dirlo. Ma un candidato di cui Verdini ha molta stima e con cui si è sentito negli ultimi giorni è Casini.
II fondatore dell’Udc, eletto nel Pd e oggi senatore delle Autonomie, da mesi si muove per cercare appoggi trasversali. Anche se pubblicamente è sparito dalla scena pubblica, Casini ha telefonato ai segretari di partito per degli auguri di Natale molto speciali. Ha sentito Salvini, Matteo Renzi e il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, con cui i rapporti sono ottimi: i due si confrontano spesso sui principali dossier di politica internazionale. Casini in questo momento potrebbe contare sull’appoggio di Lega, Italia Viva e il Pd non potrebbe opporsi visto che “Pierfurby” è stato eletto proprio con i dem a Bologna. Oltre all’ostacolo Berlusconi però Casini deve scontare anche l’ostilità di Giorgia Meloni: nella scorsa legislatura, la leader di FdI non ha condiviso la gestione della commissione Banche da lui presieduta e per questo oggi farebbe molta fatica a votarlo al Colle. Nel frattempo il centrodestra è paralizzato dalle ambizioni di Berlusconi. Entro inizio gennaio, sia Meloni che Salvini gli chiederanno garanzie sul pallottoliere. Senza i numeri, punteranno su un altro cavallo.