Serie A, sei società rischiano lo stop al calciomercato

A gennaio allenatori e tifosi aspettano rinforzi, ma quest’anno qualcuno in Serie A riceverà solo carbone dalla befana. Da un documento interno visionato dal Fatto, risulta che all’ultimo monitoraggio ci sono ben 6 squadre che non hanno un indice di liquidità positivo e quindi si ritroveranno col mercato bloccato: si tratta di Lazio, Empoli, Bologna, Sassuolo, Genoa, Cagliari. Quasi una su tre non è in regola. L’indice di liquidità è il rapporto fra attività e passività correnti, che dimostra la capacità di un club di rispettare gli impegni a breve. Per chi non lo fa, c’è lo stop ai trasferimenti. Il dato viene dall’ultimo Consiglio federale in cui il presidente Gravina ha comunicato i risultati dei controlli, in segno di trasparenza. In realtà, sono stati dati i numeri sulle scadenze (tutte rispettate) solo sulla stagione 2020/2021. Su quella in corso ancora no. E continuano le polemiche su chi gioca pulito e chi no, visto che la reintroduzione dei controlli Figc sui pagamenti 2021 è “compensata” dall’aiutino del governo, che ha sospeso i versamenti per i primi 4 mesi del 2022. Ossigeno per il calcio italiano ridotto alla canna del gas dal Covid e dai suoi vizi. Giusto poche settimane fa la Figc aveva abbassato l’indice di liquidità a 0,6 per dare una mano ai club in difficoltà. Evidentemente non è bastato, se ancora tanti sforano. Il blocco comunque può essere revocato se i proprietari versano l’aumento di capitale per rialzare l’indice (pare che un paio di club lo abbiano già fatto). Altrimenti, niente acquisti di gennaio.

David Rossi, “fare luce su omissioni e festini dei pm”

“In nome e per conto di chi ha scritto l’avvocato Vernazza al presidente Fico?”. Carmelo Miceli, deputato Pd e legale di Antonella Tognazzi, moglie di David Rossi – capo della comunicazione di Mps, morto il 6 marzo 2013 dopo essere precipitato dalla finestra del suo ufficio a Siena – replica alla lettera che il collega Andrea Vernazza aveva scritto al presidente della Camera, Roberto Fico. Missiva in cui si sollevavano dubbi sul metodo di lavoro seguito dalla commissione parlamentare d’inchiesta. Miceli denuncia “l’esistenza di diversi soggetti che (…) hanno documentato l’avvenuta e inspiegabile estromissione di numerose prove dagli atti delle indagini” e persone che “affermano di essere in grado di testimoniare della partecipazione ai ‘festini’ di magistrati o ufficiali di pg operanti in Siena”. Vernazza rappresenta il pm Nicola Marini, che partecipò al sopralluogo nell’ufficio di David Rossi. Per Miceli, “la permanenza di Marini a Siena nel ruolo di procuratore capo facente funzione pone la Procura in una situazione di incompatibilità ambientale”.

Duda blocca la legge che vieta agli stranieri di possedere media

Il presidentepolacco Andrzej Duda ha deciso di porre il veto alla controversa legge sulla proprietà dei media. La modifica avrebbe costretto la società Usa Discovery a cedere la sua quota di controllo del network televisivo polacco Tvn, da tempo al centro del dibattito a Varsavia. La legge mirava a contenere l’influenza straniera nei media polacchi per limitare la libertà di stampa e di pluralismo nel Paese. Il canale Tvn è l’unico a essere rimasto indipendente dal potere del partito del Pis al governo e l’ultimo media a essere rimasto critico verso le sue politiche. Duda ha sottolineato che la legge era invisa a molti polacchi e avrebbe inferto un colpo alla reputazione della Polonia come Paese idoneo per il business. Il blocco della legge “è un importante segnale di dialogo” ha sottolineato sui social la vicepresidente della Commissione europea, Vera Jourova.

“Golpista”: stessa accusa tra presidente e premier

Sembra una maledizione, ma la nuova crisi costituzionale in cui versa la Somalia non ha nulla a che vedere con il soprannaturale, come dimostra “il golpe indiretto” in corso da ieri quando l’ex presidente facente funzione, Mohamed Abdullahi Mohamed – noto come Farmajo – ha sospeso i poteri del primo ministro Hussein Roble. La disputa tra Farmajo e Roble è iniziata lo scorso febbraio quando si sarebbero dovute tenere le elezioni parlamentari.

I due, da allora, si accusano a vicenda di averle bloccate. Roble ha risposto sottolineando che sta ordinando a tutte le forze di sicurezza di prendere ordini direttamente da lui, aggravando potenzialmente la frattura tra presidenza ed esecutivo e sollevando timori di violenze, tanto che gli Stati Uniti hanno “suggerito” la calma. “Il presidente ha deciso di sospendere il primo ministro e interrompere i suoi poteri poiché era coinvolto in casi di corruzione”, ha detto l’ufficio del capo di Stato in una nota, accusando Roble di interferire con un’indagine su un caso di acquisizione di terre demaniali. In risposta, l’ufficio di Roble ha definito la dichiarazione “oltraggiosa”, affermando via Twitter che il tentativo di prendere manu militari l’ufficio del primo ministro viola la Costituzione federale e la legge. In un post separato, l’ufficio del primo ministro ha affermato che Roble è sempre “pienamente impegnato ad adempiere alla propria responsabilità di condurre un processo elettorale accettabile che culmini in una transizione pacifica del potere”. Parlando da Nairobi, Matt Bryden, analista politico di Sahan, ha dichiarato: “La Somalia è di nuovo in una crisi costituzionale dal febbraio di quest’anno, quando è scaduto il mandato del presidente. Il Paese è stato tenuto insieme da un accordo politico tra il governo federale, gli Stati membri federali e le parti interessate dal processo elettorale alle elezioni”. In base a questo accordo le elezioni erano slittate al 24 dicembre. Ma il voto si è tenuto solo in alcuni distretti e per questo due giorni fa Roble ha accusato Farmajo di ostacolarlo. Accuse respinte al mittente che “sta rappresentando una seria minaccia al processo elettorale e oltrepassando il suo mandato”. Secondo il complesso processo elettorale indiretto della Somalia, i consigli regionali dovrebbero scegliere il senato. Gli anziani del clan dovrebbero quindi scegliere i membri della Camera bassa, che poi sceglie un nuovo presidente.

La mossa di Farmajo riapre un confronto che era stato risolto quando aveva incaricato Roble della sicurezza e dell’organizzazione delle prime elezioni dirette dal 1991. Nell’aprile scorso, le fazioni delle forze di sicurezza alleate rispettivamente di Mohamed e di Roble si erano però scontrate a Mogadiscio dopo che il primo ministro e l’opposizione non avevano accettato la proposta di Farmajo di estenderne il mandato di due anni. Matt Bryden, analista del think tank Sahan, ha detto che “il primo ministro aveva intenzione di convocare una conferenza nazionale per tracciare la via da seguire. Ora il presidente è nuovamente intervenuto e ha creato una situazione di reale incertezza e pericolo”. Bryden ha aggiunto che il modello elettorale è stato modificato da Farmajo per favorire la sua rielezione e questo cambiamento sta ora contribuendo all’impasse del processo elettorale. Non sembra esserci una via d’uscita per i somali, che nel frattempo stanno affrontando una siccità tra le peggiori della tribolata storia di questo Stato fallito in seguito alla guerra civile degli anni Ottanta.

Dimitrev: Mosca mette in galera la memoria storica dei gulag

Quindici anni di colonia penale: è la sentenza della Corte di Petrozavodsk, nord-ovest della Federazione russa, contro l’attivista e studioso Yuri Dimitrev, vittima di un processo politico. Si è seduto sul banco degli imputati per la terza volta dopo essere stato già assolto due volte in precedenza per le stesse accuse: prima nel 2018, poi nel 2020 è stato tacciato di produzione di materiale pedopornografico per il ritrovamento di alcune fotografie della sua figlia adottiva. Lo studioso, che ha salvato la bambina dalla povertà dell’orfanotrofio, ha scattato semplicemente prove fotografiche della sua malnutrizione. Storico dei gulag, Dimitrev ha scoperto le fosse comuni di epoca sovietica in Carelia, settemila cadaveri di vittime del terrore staliniano che Mosca avrebbe preferito fossero rimasti al buio, seppelliti dalla propaganda del Cremlino, dal silenzio e dall’oblio. A Sandarmoch invece i russi hanno cominciato ad andare in pellegrinaggio per ricordare e omaggiare i morti. Andrea Gullotta, docente di Lingua e Letteratura russa all’Università di Glasgow e presidente dell’associazione Memorial Italia, dice che “il caso Dimitrev mostra in tutta la sua chiarezza come ci sia un quadro ben più ampio, mirato a dare una certa interpretazione del passato e della storia sovietica. Ora i pezzi del quadro si mettono insieme: è arrivata la richiesta di liquidazione di Memorial”, storica ong nata al crollo dell’Urss per la tutela dei diritti umani e delle vittime del regime sovietico. “I dettagli eclatanti nella vicenda Dimitrev sono stati tanti: si sono susseguite decisioni mirate a punire la persona, nonostante la sua innocenza acclarata”, continua Gulotta: “Lo storico per due volte è stato assolto, ma le assoluzioni sono state cancellate per avviare un nuovo processo, fino a quando non hanno ottenuto una condanna di 15 anni”, a cui farà appello l’avvocato dello studioso, che ha 65 anni e molti problemi di salute. Questa sentenza assomiglia per questo più a una condanna a morte certa. I motivi dell’accanimento “si scopriranno tra qualche anno, ma che ci siano state infinite violazioni procedurali è evidente, è un caso grave che lascia sbigottiti, monitoriamo la situazione, cerchiamo di coinvolgere istituzioni e ministero degli Esteri italiani, attendiamo istruzioni dai colleghi a Mosca” conclude Gullotta. Ma tranne un’interrogazione parlamentare, Roma per Dimitrev ha fatto poco.

 

Berlino: più armi per tutti. L’export vale 26 miliardi

Annalena Baerbock, neo-ministra degli Esteri tedesca, è pronta a bloccare gli ultimi contratti per l’esportazione di armi che valgono 5 miliardi di euro. Nella sua ultima settimana da cancelliera, Angela Merkel ha approvato accordi per l’invio di forniture militari a Egitto e Singapore. La coalizione Semaforo, guidata dai socialdemocratici, è posizionata più a sinistra della Grosse Koalition che ha sostenuto la Merkel. In particolare i Verdi hanno una visione della politica estera più dura nei confronti dei Paesi non membri dell’Alleanza atlantica. Nell’accordo di governo firmato poche settimane fa è stata messa nero su bianco la volontà di bloccare, o quantomeno limitare, la vendita di armi ai Paesi non membri dell’Unione europea o della Nato. “Come coalizione – ha detto Baerbock domenica scorsa – abbiamo fatto chiarezza, stiamo rivedendo i requisiti per l’esportazione di armi utilizzati negli ultimi anni”.

Negli accordi firmati all’ultimo minuto da Merkel con Il Cairo ci sono tre fregate da combattimento e 16 sistemi di difesa aerea prodotti da ThyssenKrupp Marine Systems e Diehl Defense. Le critiche non erano mancate. All’Egitto si imputa la violazione dei diritti umani nei conflitti in Yemen e Libia. Per Singapore l’ex cancelliera ha dato il via libera alla costruzione di un sottomarino da guerra. Anche Olaf Scholz, che supervisionò gli accordi come ministro della Finanze, è stato attaccato duramente. Il giorno di Natale, Sevim Dagdelen, parlamentare del Bundestag per Die Linke, ha scritto su Twitter: “Scholz si mostra come un vero truffatore. Stop all’esportazione di strumenti di morte”. L’ex ministro dell’Economia, Peter Altmaier (Cdu), ha informato il Parlamento dell’accordo il 5 dicembre, la vigilia dell’elezione di Scholz come cancelliere, senza però menzionare l’importo pattuito per le nuove licenze.

Pochi giorni prima, il 29 novembre, Altmaier aveva risposto a un’interrogazione parlamentare dicendo che il valore delle esportazioni di armi da guerra verso l’Egitto era meno di 200 milioni di euro. Con l’arrivo del nuovo governo è stato reso noto l’importo dei contratti con l’Egitto: 4.340 milioni di euro. A cui si somma la commessa per il sottomarino di Singapore. Questi 5 miliardi di armi fanno segnare un nuovo record per il comparto in Germania, si passa dai 22,5 miliardi del 2017 ai 26 del 2021.

Il mercato della Difesa è regolato direttamente dal governo, infatti i produttori tedeschi devono ottenere una licenza dallo Stato per poter esportare le loro armi. Il primo cliente sono gli Stati Uniti, seguiti dall’Ungheria. Ma i Paesi nordafricani e del Golfo sono tra i primi dieci importatori del made in Germany. L’Algeria ha contratti in essere per 2 miliardi di euro e il Qatar di oltre 700 milioni. Nel solo 2020, Berlino ha inviato armi per 1,2 miliardi in Paesi direttamente coinvolti nella guerra in Yemen. In uno studio del Stiftung Wissenschaft und Politik (Istituto Tedesco per affari Internazionali e la Sicurezza) si legge che l’esportazione di armi verso il Medioriente è un “flusso in crescita” dagli anni Duemila, nonostante sia in vigore il divieto di vendita all’Arabia Saudita. Il Medioriente rappresenta “oltre il 25% del totale delle licenze. In una visione di sviluppo della regione, questo è problematico”. La Germania è tra i primi cinque Paesi al mondo per l’esportazione di armi con Stati Uniti, Russia, Francia e Cina. In totale, secondo lo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri) questi Paesi sono responsabili del 76% dell’export di armi nel mondo per il quinquennio 2015-19.

La sola Germania vale il 5,5% del mercato mondiale degli armamenti. Nonostante la pandemia di Covid, l’industria mondiale delle armi è continuata a rafforzarsi. Dalle ricerche fatte dal Sipri, mentre l’economia mondiale ha rallentato di oltre il 3% nel 2020, i primi 100 produttori di armi hanno aumentato il fatturato dell’1,3%, raggiungendo un valore di scambi complessivo di 470 miliardi di euro. Russia e Francia hanno rallentato, mentre Usa, Cina e Germania sono cresciute.

MailBox

 

Anche a Torino ci sono i “migliori”: si vede

Appena rientro a casa mi lavo sempre le mani. Indosso la mascherina come indicato. Ho fatto prima, seconda e terza dose del vaccino. Sto attento alla distanza quando incontro altre persone. Utilizzo raramente i trasporti pubblici, evito cinema e teatri. Tutto questo perché temo il Covid-19. Ma al Comune di Torino hanno evidentemente altre soluzioni, a me sconosciute. Adesso anche noi siamo gestiti dai “migliori” (come a Roma!). In tempi di pandemia hanno rivoluzionato lo smaltimento dei rifiuti: sette contenitori per tutto un isolato sostituiti con uno soltanto, nominato pomposamente “Ecoisola 537”, senza garantire un passaggio giornaliero per lo svuotamento. Anzi, durante la vigilia e l’antivigilia di Natale non è passato nessuno. Da settembre 2021, dopo centinaia di segnalazioni inoltrate con tanto di foto, il risultato è quello che si vede in alto. Mi auguro solo che chi ha fatto gli studi sulla raccolta rifiuti a Torino venga giustamente premiato perché, mentre prima l’immondizia più o meno veniva raccolta, adesso possiamo avere anche noi una discarica a cielo aperto sotto casa. Covid-19? Ma chi se ne frega, noi vogliamo l’albero in Piazza Vittorio, vogliamo le Atp Finals, puntiamo sui turisti! Del resto non ce ne può fregare nulla (nonostante la Tari pagata nei termini).

Pier Livio Marabotto

 

Riscopriamo l’autore Piero Chiara

Mi scrive Filippo Scimè, notevole cultore dell’opera letteraria di Piero Chiara, a proposito del lontano Con la faccia per terra, resoconto del viaggio “alle origini” che il narratore luinese fece nella discosta e insieme vicina Sicilia, terra natale e radice culturale del Padre. Pubblicato senza riscontro da Vallecchi, il racconto mi era molto piaciuto. Fu per questo che, dopo Il piatto piange e il successivo La spartizione, convinsi lo scrittore a riproporlo presso Mondadori. Niente da fare: i lettori lo rifiutarono di nuovo. Convinto ancora oggi della felicità delle oramai antiche pagine, sono qui a rivendicare il fatto di essere stato il motore del solo insuccesso di vendite dello scrittore del quale, come disse Leonardo Mondadori in una intervista compresa nel documentario da me ideato e realizzato per la televisione svizzera nel decennale della sua dipartita, la casa editrice aspettava con impazienza i romanzi “le cui vendite consentivano di rimettere a posto i bilanci”!

Mauro della Porta Raffo

 

Si preannuncia un 2022 di rimpianti e amarezze

Ho un desiderio per l’anno che verrà: che la maggior parte degli italiani si accorga finalmente di cosa ha perso con l’accantonamento di quegli “scappati di casa” che però, tra tante incertezze, hanno avuto ministri come Bonafede, Catalfo, Patuanelli, Azzolina e Fraccaro. Tutti spazzati via dall’arroganza e dall’incompetenza dei nuovi. Spero che gli italiani migliori alzino la testa e aprano gli occhi, nonostante una stampa servile e sciocca, che ha favorito una cupa restaurazione.

Elena Monarca

 

DIRITTO DI REPLICA

In merito all’articolo “Il Paese dell’anno senza una speranza sul futuro”, a firma di Massimo Fini, ricordiamo che il procedimento Eni-Nigeria si è concluso in primo grado con un’assoluzione perché il fatto corruttivo “non sussiste”, e che il procedimento collegato Obi-Di Nardo ha avuto lo stesso esito in secondo grado, smontando qualsiasi ipotesi di corruzione relativa alla vicenda. Notiamo con rammarico come, malgrado l’acclarata e totale innocenza di Eni e delle sue persone, il Fatto Quotidiano continui a metterla in dubbio con danno alla loro reputazione.

Ufficio stampa Eni

 

La rettifica parte da un presupposto errato, in quanto Massimo Fini parla di corruzione nei Paesi africani e, a quel che ci consta, in Nigeria pende un processo penale avente a oggetto la presunta corruzione di soggetti nigeriani.

Fq

 

I NOSTRI ERRORI

Ieri in ultima pagina, la rubrica dei programmi tv riportava solo il palinsesto di Ra1. Ci scusiamo con i lettori per l’incompletezza.

Fq

 

Transizione ecologica. “Non serve a nulla se resta una vuota etichetta”

 

Caro “Fatto Quotidiano”, vorrei far notare che la “transizione ecologica” è soltanto un’espressione linguistica usata dal premier Mario Draghi a cui non corrisponde nessun progetto definito o programma di intervento. L’utilizzo di questa espressione è offensivo nei confronti di chi crede nella necessità di interventi per ridurre il cambiamento climatico, ma vede ogni giorno peggiorare la situazione e assiste a una imbarazzante e ridicola presa di posizione delle istituzioni a favore dell’ambiente, senza una conseguente azione concreta. Sarebbe preferibile evitare questa presa in giro, e trattare i temi con più serietà, mostrando la complessità e le difficoltà delle questioni, senza inutili proclami e promesse che non possono essere mantenute. Forse in questo modo potrebbero essere realizzate anche iniziative che avrebbero qualche effetto nel lungo periodo, ma ciò che è da evitare assolutamente è la retorica di chi si presenta come il salvatore del mondo senza fare niente.

Cristiano Martorella

 

Gentile Cristiano, come non essere d’accordo con il suo triste quadro? Purtroppo è così, questo governo ha creato l’altisonante ministero per la Transizione ecologica, che però rimane solo una definizione stampata sulla carta. Ci si riempie la bocca di sostenibilità ambientale e poi si inneggia a una incompatibile crescita economica infinita, perlopiù a base di cemento, tondini, trivelle e nucleare. La vera transizione ecologica – non per niente spesso confusa con una più prosaica “transazione” – non si fa solo aggiungendo qualche pala eolica o qualche pannello solare, né contrabbandando il nucleare che pulito non sarà mai, non foss’altro per le scorie. Si fa prima di tutto fermando i processi, noti da decenni, che danneggiano l’ambiente, come la ferita sanguinante del consumo di suolo, contro il quale non ci si decide a fare una legge seria e radicale. Si fa togliendo i sussidi ambientalmente dannosi, si fa tassando la plastica o introducendo un sistema di cauzione sugli imballaggi in modo da evitare che vengano abbandonati nei fossi lungo le strade, si fa cercando non solo di aumentare la disponibilità energetica, ancorché dichiarata verde, ma abbattendo gli insopportabili sprechi e moderando i consumi superflui, introducendo la sobrietà come via di raggiungimento obbligata per il contenimento del disastro climatico e ambientale che sta per abbattersi sulle nostre vite. Roba che non fa Pil.

Luca Mercalli

Omicron si porta via la quarantena

Forse quest’anno Babbo Natale ha pensato proprio a tutti. Sotto l’albero abbiamo trovato il ritratto inaspettato della variante Omicron, descrittaci come una disgrazia incombente ma, in realtà, forse, la migliore forma del virus SarSCoV2 fino a oggi circolante. Arriva dal Sudafrica la notizia che avremmo voluto fosse stata nostrana. Il Comitato consultivo ministeriale (Mac) sul Covid-19 ha scritto al ministro della Salute Joe Phaahla, raccomandando d’interrompere la messa in quarantena dei contatti, in quanto non più praticabile nell’attuale clima sociale ed economico. Nel documento si ammette l’insuccesso, malgrado gli immani sforzi, per eliminare o contenere il virus. La quarantena, vista la contagiosità della variante Omicron, s’è rivelata inutile. I test diagnostici non sono riusciti a limitare i contatti perché spesso i soggetti sono asintomatici e non ricorrono al tampone. Studi sierologici hanno dimostrato che solo 1 su 10 soggetti che hanno avuto contatto con il virus sono stati identificati. I test rapidi, poco affidabili, hanno creato una popolazione di falsi negativi che hanno diffuso l’infezione. Dal punto di vista sia economico che sociale, la quarantena è diventata onere insopportabile. A livello individuale, le conseguenze della quarantena prolungata includono la perdita di reddito, di lavoro e di orario scolastico. Comporta una riduzione della forza lavoro con le conseguenze inevitabili sulla produttività. Perciò si invita a una accurata revisione della strategia da adottare. In particolare, il Mac conclude chiedendo che s’interrompa la quarantena per i contatti con positivo al test SarSCov2 e non si effettui più il tracciamento. Mentre qualcuno sparge ancora terrore, descrivendo la variante Omicron minacciosa e invoca o ipotizza addirittura un lockdown, ci congratuliamo davanti alla chiarezza e apertura di vedute del documento africano.

È un’analisi obiettiva che consente strategie che non penalizzino una volta la salute, una volta l’economia. Tutto viene analizzato con il giusto peso e lontano dalle influenze politiche. A chi guarda l’Africa come il terzo mondo, riveda le classifiche, guardando prima in Europa.

 

Un bacio di Segni, la regina di Leone la giraffa di Pertini

De Nicola/1. “Onorevole De Nicola, decida di decidere se accetta di accettare” (Lupinacci sul Giornale d’Italia di fronte alle incertezze di De Nicola).

De Nicola/2. De Nicola, una volta eletto, era talmente sicuro che sarebbe stato rieletto che fece traslocare al Quirinale il suo letto d’ottone a una piazza.

De Nicola/3. De Nicola, che andava in giro con un cappotto rivoltato.

Einaudi/1. Einaudi, ad Andreotti che gli proponeva il Quirinale, obiettò: “Ma io sono zoppo”. Andreotti: “Sì, ma le truppe si passano in rassegna a bordo di un’automobile”.

Einaudi/2. “La libertà economica è condizione della libertà politica” (Luigi Einaudi).

Einaudi/3. Per non perdere la cattedra, Einaudi, nel 1931, aveva giurato per il fascismo. Si seppe poi che aveva seguito il consiglio di Croce: meglio piegarsi che cedere la cattedra a un fascista. “Lo stesso suggerimento che Togliatti aveva dato ad alcuni professori comunisti”.

Einaudi/4. “La frode fiscale non potrà essere davvero considerata alla stregua degli altri reati finché le leggi tributarie rimarranno vessatorie e pesantissime e finché le sottili arti della frode rimarranno l’unica arma di difesa del contribuente contro le esorbitanze del fisco” (Luigi Einaudi).

Gronchi. “Io sono democristiano e cattolico praticante, ma soltanto dalla cintola in su” (Giovanni Gronchi, noto donnaiolo).

Segni. Fidanzamento d’altri tempi quello, a Sassari, tra Antonio Segni e Laura Carta. “Antonio le scrisse una lettera al giorno (l’avrebbe fatto per anni) e, mentre andava a imbucarle, passava davanti alla casa di Laura, che, conoscendo l’ora e lo scopo di quella passeggiata, si faceva trovare sorridente alla finestra. È inutile precisare che tutto questo avveniva senza che i due si fossero mai parlati. Gli sguardi di cui abbiamo appena detto vanno aggiunti a quelli che la coppia si scambiava da lontano a messa. Finalmente, un giorno, Antonio si fece coraggio e all’uscita della chiesa fermò Laura per donarle un’immagine della Sacra Famiglia e un ramoscello di gelsomino. Il generale Giovanni Maria Dettori, amico d’infanzia del presidente, un giorno gli disse: ‘Sai quando ho dato il primo bacio a mia moglie? In occasione del fidanzamento ufficiale’. ‘Figurati’, ribatté Segni, ‘io solo all’uscita della chiesa, dopo le nozze…’”.

Saragat. “Quando nel ’68 ci fu il disastroso terremoto del Belice, in Sicilia, Saragat si offrì di ospitare al Quirinale sedici famiglie di sfollati. Decisione generosa, ma incauta, visto che ci vollero decenni per farli tornare in Sicilia”.

Leone. “Vitto’, t’ajjo fatta reggina!” (Leone appena eletto presidente alla bellissima moglie Vittoria).

Pertini/1. “Il nuovo presidente della Repubblica deve certo avere un glorioso passato, ma è indispensabile che abbia un po’ di avvenire…” (Guglielmo Zucconi su Sandro Pertini eletto presidente a 82 anni).

Pertini/2. “Pertini capì per primo lo straordinario potere della televisione. Non muoveva un passo, non diceva una parola, se non aveva la telecamera accanto a sé… Nel 1982 l’accompagnai durante una visita in Germania. A Monaco i 900 operai italiani della fabbrica di autocarri Man lo accolsero con entusiasmo. Lui si avventò su un gruppo di connazionali, cominciò a salutarli alla sua maniera e, dopo poche parole, mi guardò indispettito: ‘E il microfono?’. Ce n’era uno a giraffa che gli penzolava sulla testa, ma lui non l’aveva visto”. (1. Continua)

Notizie tratte da: Bruno Vespa, “Quirinale. Dodici presidenti tra pubblico e privato” Rai Libri, 256 pagine, euro 19