L’annuncio era nell’aria e, peraltro, atteso dai cittadini di Taranto che il 24 giugno vedranno di nuovo sfilare il governo in città: “Il ministero dell’Ambiente ha provveduto all’emanazione del provvedimento di riesame dell’Aia, l’Autorizzazione di impatto ambientale per l’ex Ilva di Taranto”.
Il provvedimento è datato 27 maggio, lo stesso giorno in cui una delegazione della multinazionale di ArcelorMittal – i nuovi proprietari dell’Ilva – ha incontrato i tecnici del ministero a Roma venendo ragguagliata sulla situazione. La decisione segue un’istanza presentata il 21 maggio dal sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci del Pd. A quel punto il ministero ha potuto agire aprendo la procedura di riesame dell’Aia, cioè delle prescrizioni ambientali che l’acciaieria più grande d’Europa deve seguire fino al 2021 per poter rimanere aperta abbattendo le emissioni di sostanze inquinanti che uccidono i tarantini.
L’istanza del sindaco Melucci è avanzata per ragioni sanitarie sulla base degli “esiti del rapporto di valutazione del danno sanitario elaborati da Arpa Puglia e Asl Taranto”, in cui si evidenzia “un rischio residuo non accettabile per la popolazione” anche alla fine del “completamento degli interventi previsti” dall’Aia del 2012. L’istanza ha consentito dunque al ministro Costa di far partire il riesame.
Ora inizia un percorso di 120 giorni che vede coinvolti i ministeri della Salute e dell’Ambiente insieme all’Ispra, che lavoreranno sui dati della Asl di Taranto per quella che tecnicamente si chiama “valutazione del danno sanitario” dell’Ilva aggiornata ai livelli di produzione e alle prescrizioni ambientali attuate finora.
In sostanza, il sindaco di Taranto sostiene che l’acciaieria sia ancora troppo pericolosa: il “rischio residuo non accettabile” a cui fa riferimento l’istanza è quello basato sui criteri Epa, l’agenzia sanitaria degli Stati Uniti, più stringenti di quelli europei, per – ad esempio – alcuni tipi di tumori, le malattie cardiorespiratorie o polmonari (uno ogni diecimila abitanti). È questo che il lavoro di questi mesi dovrà accertare definitivamente.
Il primo effetto, se i dati non riserveranno sorprese, è che la nuova Aia acceleri il piano ambientale di ArcelorMittal: i famosi filtri che dovrebbero abbattere le emissioni, ad esempio, andranno installati assai prima del 2021 scritto nell’addendum al contratto di vendita; non è escluso nemmeno che, se dovessero emergere rischi per la salute, il tetto alla produzione venga lasciato a 6 milioni di tonnellate (alla fine del piano è previsto che salga a otto milioni).
Arcelor conosce la situazione e pare non avere obiezioni. Forse non a caso, sempre ieri, il sindaco di Taranto Melucci ha diffuso questa nota: “Apprendo che l’attuale gestore avrebbe dato nuove aperture sul rifacimento del principale altoforno nella direzione della decarbonizzazione. Non posso che compiacermene”. Forse su questo Arcelor sarà meno dialogante però: produrre a gas costa assai di più che farlo col carbone.