Sono quasi le otto del mattino del 7 maggio, l’Ansa batte il primo take: “Tangenti, arresti tra Lombardia e Piemonte”. Sembra la solita storia di ordinaria corruzione. Con il passare delle ore ci si trova davanti al nuovo tangentificio lombardo. Uno tsunami giudiziario che travolge il Comune di Milano e il palazzo della Regione, fino ai piani alti e negli uffici del presidente Attilio Fontana. Gli indagati sono prima 96, poi 105. Molti decideranno di parlare. L’aria che si respira è quella di Tangentopoli. L’indagine è coordinata dall’antimafia di Milano e viene chiamata “Mensa dei poveri”, come gli indagati chiamavano il rinomato ristorante da Berti davanti al palazzo della Regione. L’onda travolge consiglieri comunali, sottosegretari del Pirellone, parlamentari, candidati alle europee, imprenditori. Da Milano fino a Varese, cuore della vecchia e nuova Lega. L’indagine inizia su un filone di appalti pubblici, un cartello di imprenditori che briga sotto banco per spartirsi i lavori della neve. Uno di loro, Renato Napoli, ha buoni agganci con il milieu mafioso lombardo. Dal mazzo si pesca un altro manager rampante, Daniele D’Alfonso, anche egli vicino alla ’ndrangheta. Con D’Alfonso, la Procura sale i livelli dei contatti istituzionali. Corruzione, finanziamento illecito alla politica, favoreggiamento delle cosche di Platì. Nel mirino il nuovo cerchio magico di Forza Italia. Tra le righe s’intuisce un ruolo anche per la Lega. Il 16 maggio tocca alla Procura di Busto Arsizio. Ai domiciliari finisce il sindaco di Legnano Giambattista Fratus, leghista e coordinatore provinciale. Arrestati anche vicesindaco e assessore all’urbanistica. In calendario, bandi di gara pilotati e una corruzione elettorale. Dai brogliacci emergeranno contatti ai più alti livelli nazionali, dal vicepremier Salvini e all’ex ministro Gelmini, per tutelare il comitato d’affari e la poltrona dello stesso Fratus.
Nino “Jurassic Park” Caianiello: “Io faccio il sole e la terra che gira intorno”
Intercettato, di sé dirà: “Se nessuno tradisce, abbiamo in mano la provincia, io faccio il sole e la terra che gira intorno”. Lo chiamano Jurrasic park per la sua voracità nella gestione del denaro e del potere. All’anagrafe è Gioacchino Caianiello, napoletano classe 1958, ex coordinatore provinciale di FI a Varese. È lui, secondo la Procura, il vero burattinaio che gestisce pacchetti di voti, impone le nomine degli assessori regionali e intasca una percentuale sulle tangenti. Il gip parlerà di una “corruzione sistematica” e di un “sistema feudale” dove “l’investitura non è elargita a titolo gratuito, ma comporta il pagamento della decima al dominus”.
Tutti bussano alla porta di Caianiello. Lui sente chiunque ai tavolini di un bar di Gallarate soprannominato “l’ambulatorio”. Dovrebbe essere ricchissimo, ma dai suoi conti saltano fuori solo poche migliaia di euro. La Procura così punta sulla Svizzera, anche perché un avvocato li mette sulla pista giusta. Dice: “Caianiello gestiva un conto da 70 milioni di euro a Lugano”. Insomma follow the money.
Il governatore Attilio Fontana e il posto da trovare all’ex socio “trombato”
Il presidente della Regione Attilio Fontana ha con Caianiello un rapporto consolidato, fin da quando il governatore era sindaco di Varese. Jurassic park consiglia, Fontana esegue. I due vengono intercettati. “Hai visto – dice Fontana – che i tuoi consigli li ho seguiti? La nuova giunta non è male”. Caianiello risponde: “Vedrai, non te ne pentirai”. Quando c’è un problema si chiama Caianiello. Succede per Luca Marsico, ex socio di studio di Fontana, ex consigliere regionale, trombato alle elezioni. Il problema è dove collocare Marsico. Fontana lo dice a Caianiello che subito trova una soluzione. L’opzione è però illegale, un giro di nomine e in cambio dare a Marsico consulenze per 90 mila euro all’anno. Fontana sceglie un’altra via, consigliato su questo dall’assessore al Welfare, Giulio Gallera, e dal suo capo segretaria, l’avvocato Giulia Martinelli, ex moglie di Salvini. Marsico sarà messo come componente esterno dell’Unità tecnica del nucleo di valutazione e di verifica degli investimenti pubblici con delibera di giunta proposta da Fontana che per questo è oggi indagato con l’accusa di abuso d’ufficio.
Il talento del consigliere comunale: “Minchia, ma questo preleva come un toro”
Il terremoto scuote anche Palazzo Marino a Milano. In Comune a saltare sono in tanti. Il primo è Pietro Tatarella, consigliere di FI e candidato alle europee. Secondo i pm ha un ruolo di “facilitatore” per gli affari dell’imprenditore Daniele D’Alfonso, legato alla cosca Molluso di Platì. Manager rampante, di sé dirà: “Ho seminato talmente tanto, io a tutti ho dato da mangiare (…) A Milano è una questione di rapporti”. Con Tatarella ad esempio, foraggiato con uno stipendio fisso di 5 mila euro al mese e carte di credito à gogo. Tatarella non si fa pregare. Tanto che D’Alfonso esclama: “Minchia, ma questo preleva come un toro!”. Tatarella invece dice: “Io sono forte sui rapporti istituzionali”. Secondo la Procura farà poi da intermediario per fare avere 20 mila euro di finanziamento illecito a Fabio Altitonante, consigliere regionale di FI nonché, all’epoca dei fatti, sottosegretario con delega all’Expo. Insomma, è una questione di rapporti. D’Alfonso con la sua Ecol service punta agli appalti Amsa, la municiplizzata dei rifiuti del Comune di Milano. L’uomo giusto è Mauro De Cillis, procuratore di Amsa, vero cardinale nero che oggi sta in carcere a Opera e non parla. “Un uomo glaciale”, si commenta in Procura. Per lui D’Alfonso prepara una mazzetta da 100 mila euro. Dicono di lui due indagati: “Le ultime mazzette che ha preso le metteva in Svizzera, nel Liechtenstein (…). Lì è Loris Zaffra che gli dice dove metterli”.
Ex presidente di Aler, già coinvolto in Tangentopoli, Loris Zaffra torna in prima linea. Non indagato, è grande protagonista dei pranzi da Berti. Come lui anche l’architetto Michele Ugliola. Zaffra è spesso a colloquio con Caianiello. Con loro c’è Beppe Zingale, presidente di Afol, l’agenzia per il lavoro e la formazione che fa capo alla Città metropolitana. Afol si rivelerà, secondo i pm, una vera macchina di mazzette mascherate da consulenze. Da qui Caianiello voleva far partire il denaro per Marsico, in cambio pretendeva una nomina in Regione per Zingale. Qui, secondo la Procura, è nata la consulenza per l’eurodeputato, nonché coordinatore provinciale di FI e candidata a Strasburgo, Lara Comi. Circa 38 mila euro da far lievitare fino a 80 mila. La Comi poi avrebbe dovuto retrocedere parte del denaro a Jurassic Park. Ne parlano Zaffra, Caianiello e Zingale. Dice Nino: “Se non vediamo, non vedrà più nemmeno lei, giusto Loris?”. E ancora: “Se questa non prende non può dare”. In realtà, la Comi per questa vicenda non è indagata. Lo è invece per un’altra consulenza avuta da Marco Bonometti imprenditore bresciano e presidente di Confindustria Lombardia, 31 mila euro bonificati su una società riconducibile alla Comi per una consulenza copiata e incollata da una tesi di laurea scaricata da Internet. L’accusa per la Comi è finanziamento illecito. In tema poi di ritorni dal passato, c’è anche l’ex assessore regionale nelle giunte Formigoni, Massimo Buscemi, oggi manager in Algeria per conto del gruppo Cremonini. Buscemi viene citato (non indagato) per aver tentato di favorire una società negli appalti per la riscossione dei crediti dei Comuni. Buscemi si rivolge a Caianiello. A far da sponda, da un lato Mimmo Pacicca (non indagato) ex capo della segreteria dell’assessore al Welfare, Giulio Gallera, e la consigliera regionale della Lega nonché candidata alle Europee, Silvia Sardone (non indagata).
Insubria mon amour (con il permesso di Salvini). Da Varese a Legnano, comanda la Lega
Da qui Caianiello coordina la regia. In tasca si tiene assessori e consiglieri locali. Da Gallarate a Busto Arsizio. Tra i beneficiari dei finanziamenti c’è anche Diego Sozzani, parlamentare di FI. Dalle carte emergeranno anche 30 mila euro per Fratelli d’Italia, elargiti da D’Alfonso. È nella provincia di Varese che s’intravede una regia in quota Lega. Qui, nella terra di Bobo Maroni e del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, Claudio Milanese (non indagato) è un noto imprenditore, ricco di famiglia e con buoni contatti. Spiega Caianiello: “Milanese non puoi non tenerlo buono, perché è l’unico che sul territorio (di Varese) ha un’incidenza politica, sociale ed economica (…) mettetevela bene in testa ’sta cosa, eh!”. Uno dei motivi principali è l’amicizia con Giancarlo Giorgetti, “al quale – annota la Finanza – spesso Nino consiglia di rivolgersi per risolvere diverse questioni”. Grande amico di Giorgetti è mister Tigros, ovvero Paolo Orrigoni, imprenditore di supermercati e già candidato a sindaco di Varese. Orrigoni oggi risulta indagato per aver pagato una tangente di 50 mila euro. Da Varese a Legnano ci passano pochi chilometri. È qui che la bufera riprende a soffiare forte dal 16 maggio. Indagato il sindaco Giambattista Fratus, il vicesindaco di FI, Maurizio Cozzi, e l’assessore all’Urbanistica, Chiara Lazzarini. Un comitato d’affari “criminale” che gestisce le nomine nelle partecipate. La logica è questa: “Una volta che si individua, si individua la persona, basta! Fai la gara, finito!”. Spiega il giudice: “La mancanza di percezione del disvalore (oltreché sociale) anche penale, si traduce in una sistematica violazione delle norme giuridiche e in una propensione alla realizzazione dei propri interessi e ambizioni personali, in spregio alle finalità pubbliche del ruolo rivestito”. C’è poi la corruzione elettorale. Nel 2017, Fratus compra i voti di una lista civica in vista del ballottaggio. In cambio concede una nomina nel Cda di una partecipata.
L’accordicchio elettorale è battezzato anche dai vertici nazionali della Lega e FI, Salvini in testa. Dirà la Lazzarini citando le parole di Fratus: “Prima del ballottaggio a livello regionale, io ho fatto un accordo con Paolo Alli, Salvini e quell’altro provinciale loro della Lega”. La conferma arriva a partire dal 25 marzo scorso, quando la giunta Fratus sembra correre verso il commissariamento dopo le dimissioni di 13 consiglieri. È in quei giorni che la Procura intercetta telefonate con i livelli nazionali dei partiti, da Salvini al segretario nazionale Paolo Grimoldi, fino all’ex ministro Mariastella Gelmini. Alla fine la giunta si salverà grazie all’intervento del difensore civico della Regione che procederà con le surroghe (sostituzioni) dei consiglieri. La vicenda è ancora in divenire. I brogliacci con i vertici di Lega e FI intercettati non sono ancora stati depositati. La Procura punta ad aprire un fascicolo per abuso d’ufficio. Per la cronaca: il difensore civico è Carlo Lio (non indagato), ex assessore regionale in quota Formigoni, nonché “abituale frequentatore dei momenti conviviali al ristorante da Berti”. E del resto, Caianiello per sistemare l’amico Loris Zaffra in Regione puntava a inserirlo proprio “nell’ufficio di Carlo Lio”. L’obiettivo: “Occuparsi di lobby politica negli interessi dell’intero gruppo”. Insomma, questo lo stato dell’arte a 16 giorni dagli arresti. Ma certo, la bufera non pare affatto terminata.