“Hanno superato quota 7 mila le domande arrivate all’Inps ad aprile per il riscatto della laurea normale e quello low cost, in aumento rispetto alle 5.920 di marzo. Un notevole balzo in avanti quello realizzato da una procedura costosissima che non ha mai riscosso successo. Tanto che nel 2018 la media mensile delle richieste è stata di 2.320. A fare la differenza è il Decretone che, oltre a comprendere il reddito di cittadinanza e Quota 100, prevede anche la possibilità, in via sperimentale fino al 2021, di riscattare gli anni di studio all’università pagando un costo agevolato, senza alcun limite di età.
Il meccanismo è chiaro. Per ogni anno di università frequentato dal 1996 (l’anno in cui è entrato in vigore il sistema previdenziale contributivo), fino a un massimo di 6 anni ed escluso il periodo di fuori corso, il contribuente paga circa 5.240 euro, che si possono portare in detrazione al 100%. Il costo del riscatto agevolato si calcola, infatti, moltiplicando l’aliquota vigente (33%) per il reddito minimo soggetto a imposizione della gestione Inps di artigiani e commercianti (nel 2019 è pari a 15.878), il cui risultato è quindi una spesa di poco superiore ai 5 mila euro. Un versamento che può anche essere rateizzato: i richiedenti possono spalmare il costo su 10 anni, pagando una quota ogni mese (12 pagamenti annuali). Il nuovo regime prevede la possibilità di riscattare tutti gli anni di studio ed è fondamentale che questo arco temporale di tempo non sia coperto da versamenti contributivi. Non può, invece, presentare domanda, chi non ha mai versato contributi all’Inps.
Varia, invece, notevolmente, il costo – molto più alto – del riscatto della laurea nella sua forma tradizionale, perché dipende dall’età del richiedente (più si è “vecchi” più si paga), dal periodo da riscattare, dal numero delle settimane accreditate al momento della domanda di riscatto e dallo stipendio (maggiore è la retribuzione, più elevata è la contribuzione, quindi maggiore sarà la pensione che sarà poi liquidata).
La nuova formula light del riscatto è, in sostanza, un piccolo vantaggio riservato a chi avrà una pensione più magra rispetto alle generazioni precedenti e che, ovviamente, sta avendo più successo tra i dipendenti privati che hanno meno certezze sul proprio futuro lavorativo. Ma va anche sottolineato il colpo di coda registrato negli ultimi mesi dal riscatto normale: ad aprile le domande sono state 3.200, mentre la media mensile dell’anno scorso era stata 1.740. Un incremento spinto dalla necessità di qualche contribuente di raggiungere magari i 38 anni di contributi necessari per sfruttare quota 100, lasciando così il lavoro in anticipo rispetto ai 67 anni necessari. Insomma, grazie alle novità, e ammesso che sussistano tutti i requisiti, sarà possibile andare in pensione prima dei limiti di età anagrafica attualmente previsti. Ma, fatto salvo chi ha bisogno degli anni contributivi per arrivare a quelli richiesti dalla legge per accedere alla pensione di vecchiaia, non sempre conviene riscattare la laurea in modalità low cost. Andiamo a vedere.
Nella versione della misura entrata in vigore a inizio anno, era stato previsto un tetto di 45 anni d’età per poter accedere all’agevolazione, mentre con il Decretone di conversione in legge di fine marzo è stata introdotta la modifica che lo ha eliminato. L’agevolazione quindi è fruibile da parte di richiedenti che non siano già pensionati (in qualsiasi cassa) e solo per i periodi universitari che ricadono sotto il sistema di calcolo pensionistico contributivo (che indicativamente sono gli anni di corso dal 1996, salvo singole casistiche su cui si attende una interpretazione dall’Inps). Ma il punto più controverso è il costo da sostenere. Se con il riscatto agevolato normale si paga di più con il vantaggio che quanto sborsato sarà riconosciuto sulla pensione futura, con quello agevolato si risparmia ma il riscatto è utile solo per aumentare gli anni di contributi. E anche se l’uscita dal mondo del lavoro potrà essere anticipata fino a 5 anni, c’è da scegliere se è meglio utilizzare il tesoretto necessario per il riscatto della laurea da “giovani” o se ipotecarlo per il futuro. Insomma, la scelta è sicuramente soggettiva, ma il dato di fatto rimane: nella maggior parte dei casi, riscattando la laurea si avrà un assegno pensionistico più basso.
Non tutti, però, sembrano essere interessati alla misura. Secondo un’indagine di Facile.it, emerge che quasi il 40% degli aventi diritto intervistati, pari a circa 1,4 milioni di italiani, ha dichiarato di non voler riscattare gli anni di studio per il costo dell’operazione ritenuto elevato (57%), il 21% ritiene che non sia conveniente, mentre l’11% pensa che sia inutile per una pensione che potrebbe non arrivare mai.