L’obbligo vaccinale per tutti i lavoratori della Pubblica amministrazione non è arrivato, causa il muro di tutti i partiti nella cabina di regia del 23 dicembre. Un fronte così compatto che il presidente del Consiglio, come fa notare una fonte di governo, “non ha neanche pronunciato le conclusioni a fine incontro”. Ma Mario Draghi non ha riposto nel cassetto l’ipotesi di allargare l’obbligo, anzi. Entro pochi giorni il premier e la sua maggioranza, ormai concentrata sulla partita del Quirinale, faranno un nuovo punto sullo stato della pandemia e sugli effetti delle nuove misure varate dal governo. Perché Draghi valuta l’obbligo vaccinale per tutti i lavoratori, pubblici e privati.
La contromossa possibile rispetto alla variante Omicron, che corre senza fermarsi facendo schizzare i contagi. Un’ipotesi di cui il premier conta di discutere con Confidustria e le varie rappresentanze di categoria, e su cui dovrebbe ovviamente consultare anche i sindacati. Ma l’estensione è una strada tutt’altro che remota, anche se dentro il governo in diversi continuano a mostrare scetticismo. E chissà se e quanto ciò peserà sulle scelte di Draghi, che nel nuovo decreto di fatto ha usato la mano pesante solo per discoteche e sale da ballo, chiuse fino al 31 gennaio. “Il colpo di grazia per il settore, per giunta inferto senza preavviso” secondo la Fipe-Confcommercio. Una decisione a cui il premier è arrivato in un modo abbastanza insolito.
Raccontano che nella cabina di regia prima del Cdm il ministro della Salute, Roberto Speranza, si fosse presentato con toni concilianti: “Per quanto riguarda le discoteche, sapete che io per precauzione le chiuderei. Ma mi sembra che la linea della maggioranza sia evitare nuove chiusure”. Per questo, Speranza aveva proposto misure alternative: far entrare nei locali solo chi avesse ricevuto la terza dose, oppure includere anche le persone con due dosi, a patto che si fossero sottoposte a un tampone. “E comunque, si dovrà ballare con le mascherine” aveva aggiunto il ministro. Il punto di caduta da mettere nero su bianco nel decreto pareva questo. Ma nel successivo Consiglio dei ministri qualcosa è cambiato.
E la miccia per il cambio di rotta, raccontano due dei presenti, l’ha accesa il leghista Giancarlo Giorgetti, non è chiaro se consapevolmente: “Giorgetti ha chiesto chi sarebbe andato ancora in discoteca con quelle regole, ma con tono leggero, sembrava quasi scherzasse”. Eppure era l’appiglio che evidentemente Draghi cercava, perché si è subito inserito: “In effetti è proprio così, a questo punto è meglio chiuderle”. Tanto più, ha aggiunto il premier, “che abbiamo ancora dei fondi per i ristori”. Nessuno dei ministri, sembra, ha avuto la voglia o la reattività per obiettare qualcosa di efficace. E la linea Draghi è passata, a occhio per il sollievo di Speranza, ovviamente il ministro più esposto sul fronte Covid. Così ecco la chiusura immediata per discoteche e sale da ballo. Scelta che ha provocato la rivolta di tutto il settore. “Chiediamo un incontro urgente con il governo per chiedere ristori immediati, tempi certi di riapertura e la rimodulazione delle tasse che hanno strangolato le nostre imprese” scandisce Gianni Indino, presidente del Silb, il sindacato dei locali da ballo dell’Emilia-Romagna. E allora non può essere casuale quanto detto il giorno di Natale dal governatore emiliano Stefano Bonaccini: “Temo il proliferare di feste private incontrollabili, proprio com’è accaduto la scorsa estate”. Un rischio di cui parla più d’uno, nel governo.
Ma Draghi ha tirato dritto, anche perché aveva già fatto marcia indietro sull’obbligo vaccinale per tutti i dipendenti della Pa. Troppo univoco il no dei partiti. Con il ministro dell’Agricoltura, il 5Stelle Stefano Patuanelli, che aveva ricordato come “finora l’obbligo sia stato applicato in base alla funzione svolta dalle categorie di lavoratori”. Per poi sostenere che “il fine di vaccinarsi è vivere, non lavorare”. Così il premier si è fermato. Ma la partita dell’obbligo vaccinale è ancora apertissima.