Per impegni pregressi, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non potrà partecipare domani pomeriggio al convegno sulla piaga del suprematismo organizzato nella Capitale dalla comunità ebraica di Roma. Mattarella ha però inviato una lettera alla presidente Ruth Dureghello per esprimere il suo pieno sostegno: “Il Capo dello Stato desidera far pervenire il suo apprezzamento per l’iniziativa che costituisce un momento di riflessione sull’insidia di un sentimento razzista e xenofobo che ancora oggi alloggia in molti paesi d’Europa..”. L’evento si intitola infatti “Suprematismi in Europa. Dalla rabbia all’odio”. Nel comitato promotore e relatore vi è anche Roberto De Vita, avvocato penalista che si batte da anni contro le discriminazioni razziali e ha difeso la comunità ebraica, parte civile nel processo contro il sito neonazista antisemita Stormfront Italia. De Vita sottolinea che oggi dobbiamo essere preoccupati oltre che vigili. “Avevamo l’obbligo di essere vigili fino a 10 anni fa. Ora, di fronte all’aumento esponenziale di stragi e attacchi contro le minoranze religiose ed etniche ci si deve preoccupare e agire. I fatti per esempio di Pittsburgh e Christchurch in Nuova Zelanda non sono descrittivi del comportamento di un folle isolato, come si era detto quando ci fu la strage di Utoya, ma maturano all’interno di contesti ideologici organizzati.
Suprematismo fa rima con fascismo e nazismo?
Il suprematismo cammina accanto e spesso si sovrappone e confonde con il fascismo e nazismo, ma non vi è necessariamente un’identità. Anche da ciò deriva il pericolo.
In Italia, dove è nato il fascismo, la classe politica non dovrebbe essere più ferma nel condannare chi a braccio teso inneggia a Mussolini e a Hitler?
La crescita progressiva dei movimenti suprematisti a causa principalmente dell’islamofobia sta facendo perdere del tutto gli anticorpi sviluppatisi nel corpo sociale europeo dopo la mostruosità della Shoah. Non solo la classe politica ma tutte le categorie devono uscire dall’indifferenza e reagire. Non bastano i politici e i magistrati per evitare il ripetersi dei momenti più bui della storia umana. Nel momento in cui, nella percezione collettiva, subentra l’idea di pericolosità associata a una determinata appartenenza religiosa o etnica, in quel momento noi accettiamo come normale la reintroduzione del concetto di discriminazione. Attraverso l’islamofobia la discriminazione ha trovato una nuova legittimazione socialmente e pubblicamente manifestabile. Da qui il suprematismo è ripartito nella discriminazione anche violenta dei bersagli storici: neri, immigrati, ebrei. Oggi il manifestarsi pubblico dell’antisemitismo è la spia più rilevante di ogni discriminazione, essendo basato su un pregiudizio senza alibi nei comportamenti.
Eppure sembra ci sia indifferenza della maggior parte degli occidentali, come in passato. Anche se i dati indicano che l’antisemitismo è in ascesa.
Negli Stati Uniti i reati contro il patrimonio e quelli violenti sono diminuiti sensibilmente, ma al contempo sono aumentati del 55 per cento i reati d’odio contro gli ebrei. Ma sono dati al ribasso come quelli forniti dagli analisti europei.
Perché è venuto meno lo stigma sociale verso chi odia il prossimo per questioni di razza e religione?
La crescita di questi reati è anche dovuta al fatto che si può odiare senza censura. Gli odiatori di professione trovano inoltre, grazie a Internet, una facile disponibilità all’ascolto. In Europa e in Italia il fenomeno va diffondendosi quanto più la situazione politico-economica va peggiorando, pescando consensi nella paura e nel disorientamento.
Perché chi non è ebreo deve comunque preoccuparsi?
Gli ebrei nel mondo sono sentinelle della protezione delle minoranze, il fatto che oggi ricomincino ad avere timore significa che abbiamo superato la soglia di guardia. E non è un caso se a venire minacciati di morte e ad avere le scorte sono anche i giornalisti che scrivono dell’avanzata dei suprematismi e del ritorno di un’ideologia razzista.