Per gli studenti Matteo = Benito: prof sospesa

“Quanto accaduto lo considero la più grande amarezza e ferita della mia vita professionale e non parlo del danno economico legato ai giorni di sospensione, ma del danno morale e professionale dopo una intera esistenza dedicata alla scuola e ai ragazzi”. Commenta così Rosa Maria Dell’Aria, 63 anni, professoressa di Italiano da circa 40 anni e da 30 nell’istituto industriale Vittorio Emanuele III di Palermo, la sospensione dalla scuola decisa dall’ex provveditorato.

È il 27 gennaio, in un’iniziativa didattica e interna all’istituto sulla Giornata della memoria della Shoah, gli studenti del Vittorio Emanuele presentano i loro lavori, con ricerche ed elaborati. In una slide compare un paragone tra le leggi razziali del 1938 volute da Benito Mussolini e il decreto Sicurezza di Matteo Salvini. Qualcuno manda la foto della slide a Claudio Perconte, autore di articoli sulla rivista sostenitrice di CasaPound il Primato nazionale, nell’orbita di Altaforte, la casa editrice pietra dello scandalo dell’ultimo Salone del libro di Torino, poi cacciata, per le pubblicazioni apologetiche del fascismo.

Perconte rilancia la foto della slide su Twitter, il 28 gennaio, invitando il governo a prendere provvedimenti. Con una celerità incredibile si susseguono i fatti che portano alla sospensione: il giorno successivo la sottosegretaria Lucia Bergonzoni della Lega replica a Perconte pubblicamente, rassicurandolo su un pronto intervento; il 30 gennaio gli ispettori dell’ex provveditorato hanno già eseguito l’ispezione, ascoltando studenti e docenti; il 16 febbraio viene notificata alla professoressa Dell’Aria una contestazione per mancato controllo sull’attività degli studenti; il 10 maggio, infine, la sospensione si abbatte sulla professoressa: quindici giorni. Ritornerà a scuola lunedì 27 maggio. La difende suo figlio, l’avvocato Alessandro Luna: “Faremo ricorso al giudice del lavoro”. Ma lei, per ora, non riesce a darsi pace: “Quel lavoro non aveva alcuna finalità politica né tendeva a indottrinare gli studenti che da sempre hanno lavorato in modo libero come hanno dichiarato anche agli ispettori arrivati in istituto a fine gennaio, gli stessi ragazzi e i colleghi hanno inviato lettere all’Ufficio scolastico regionale per evidenziare la mia imparzialità e la mia integrità e semmai la mia totale dedizione al lavoro”. Per quarant’anni nessun problema, fino a che non sono arrivati la sottosegretaria Bergonzoni e il governo Lega-M5s.

“Io, tenuto in manette per 40 minuti a 71 anni”

“Mi hanno strattonato, non respiravo. E poi mi hanno lasciato ammanettato in piedi per 40 minuti”. Umberto Fazzi, 71 anni, pensionato, ex operaio della Carpiplast, nella serata di martedì a Carpi (Modena) è stato arrestato dalla polizia. La sua colpa? “Stavo fissando lo striscione ‘Canagliume fascista’ sul tetto di casa di amici”.

È già stato arrestato in passato?

No, qualche altra volta fermato e identificato durante le manifestazioni, faccio politica dal 1968. Ma è la prima volta che vengo portato in manette in questura.

Che cosa è successo?

È stata una giornata strana. C’era il comizio di Salvini. Alle 15 mi hanno fermato una prima volta i carabinieri, stavo solo passeggiando con amici sotto al portico. Mi hanno fatto perdere mezz’ora. E alle 17 un’altra mezz’ora me l’ha fatta perdere la Digos.

Era minaccioso?

Passeggiavo con amici, ho 71 anni…

Perché quest’attenzione spropositata?

Come dicevo ho sempre fatto politica nella sinistra radicale. Ancora oggi col Centro di documentazione Iskra. Forse perché abbiamo ospitato l’ex brigatista Renato Curcio a ottobre per presentare il suo ultimo libro, non ne ho idea…

L’arresto come è avvenuto?

Erano le 19,30, sono salito appunto su quel tetto. Nello striscione è raffigurato un grosso ratto, evocativo del Maggio francese. E scritte peraltro piccole, difficilmente visibili dalla strada. A un certo punto sul tetto mi raggiungono tre poliziotti e uno di loro mi strattona per la kefiah. Per qualche secondo ho avuto difficoltà a respirare. Li ho invitati alla calma e mi hanno messo le manette con violenza ai polsi. Brutali.

Aveva anche un megafono, però.

Gridavo slogan contro il razzismo e la xenofobia, libera espressione del dissenso. Hanno sequestrato il megafono e lo striscione e poi mi hanno portato giù in strada. Mentre mi identificavano e compilavano il verbale sono passati 40 minuti: in piedi con le manette per strada.

Quindi l’hanno portata in questura?

Sì, dove mi hanno tenuto almeno tre ore prima di permettermi di ritornare a casa. Si sono tenuti il mio striscione e mi hanno denunciato per turbativa elettorale. È assurdo. Non ho mai creato nessun tipo di problema. È intollerabile essere trattati così a 71 anni per attività politica.

La sua famiglia si è preoccupata?

Certo, le mie splendide figlie, Giulia e Francesca, mi sono state vicino. Mia moglie purtroppo ci ha lasciati un anno fa e per fortuna non ha visto il mio arresto. Valuteremo con l’avvocato se denunciare gli agenti. C’è un brutto clima in giro oggi e succedono cose gravi. Spero che i giovani ricostruiscano la sinistra.

Violenze a Casal Bruciato, il ministro scorda i “neri”

Sulla vicenda di Casal Bruciato, Matteo Salvini alla Camera dimentica i camerati di CasaPound e le scene di ordinario razzismo avvenute l’8 maggio in via Sebastiano Satta a Roma. Per lui quel giorno il problema era il corteo non preavvisato (e non violento) degli antagonisti dei movimenti della casa. In particolare, i 16 finiti in un’informativa dell’Arma dei carabinieri di cui il ministro dell’Interno leghista era a conoscenza. O almeno questo ha sostenuto Salvini due giorni fa nel question time a Montecitorio, parlando del deferimento all’autorità giudiziaria per resistenza a pubblico ufficiale e altri reati di 16 persone, durante le proteste contro l’assegnazione (legittima) di una casa a una famiglia di 14 nomadi: “Mi è stato appena comunicato dal comandante dell’Arma”, ha detto. Le forze dell’ordine, ha aggiunto, “hanno operato al solo scopo di garantire i diritti delle persone minacciate e tutelare la loro incolumità, prevenendo più gravi conseguenze per l’ordine pubblico”. Ma davvero il comandante e il vicepremier non hanno visto gli estremisti di destra a Casal Bruciato, chi urlava contro la famiglia colpevole di aver tolto una casa agli italiani e chi minacciava di stupro una donna rom?

Il ministro dell’Interno durante il suo intervento alla Camera parla invece degli antifascisti, degli antagonisti e dei militanti dei movimenti per la casa che manifestavano a favore della famiglia assediata nel palazzo. Tra questi, appunto, i 16 identificati dal comando provinciale dei carabinieri, in un’informativa finita ieri nel fascicolo dei pm romani Francesco Caporale ed Eugenio Albamonte, che indagano sui fatti di Casal Bruciato. Nell’annotazione si fa riferimento ad alcuni momenti di tensione durante i quali un gruppo di persone, in corteo non preavvisato, hanno lanciato degli oggetti. L’informazione sugli antagonisti, così, a detta di Salvini, non gli arriva dalla Digos della Questura di Roma, che nei giorni scorsi ha preparato un’altra informativa incentrata però sui militanti di estrema destra. “Al ministro non è arrivata alcuna informativa – spiega al Fatto una qualificata fonte dei carabinieri –, ma solo un’informazione. Le norme prevedono che le forze di polizia riferiscano all’autorità nazionale. Nell’informativa si fa riferimento agli antagonisti, non perché si volevano ignorare le altre fazioni politiche, ma perché in quel momento i carabinieri erano dislocati in un particolare settore e hanno riportato quello che succedeva lì”.

Gli inquirenti, un po’ irritati dalla vicenda, accelerano. Ieri i 16 antagonisti sono stati iscritti nel registro degli indagati per il corteo non preavvisato. E con loro sono stati iscritti anche 24 militanti di CasaPound e Forza Nuova, ma per reati diversi: sono accusati, a vario titolo, di istigazione all’odio razziale, violenza privata, adunata sediziosa, apologia di fascismo e minacce. Tra quanti finiti sotto accusa c’è anche l’uomo che ha urlato alla donna rom “ti stupro”.

Almeno otto degli indagati per i disordini di Casal Bruciato sono coinvolti in un altro procedimento, quello che riguarda i fatti di Torre Maura, avvenuti il 2 aprile scorso (che conta in totale 41 denunciati dalla Digos, tra questi anche residenti del quartiere). Sono i tafferugli divampati dopo il trasferimento in una struttura di accoglienza di alcune famiglie rom: circa 200 abitanti della zona, supportati anche da militanti delle organizzazioni di estrema destra, scesero in piazza per protestare. E le scene che si ricordano sono quelle dei panini, destinati alla famiglie rom, calpestati durante i disordini. Così in Procura a Roma, tra Casal Bruciato e Torre Maura, si contano ben 65 persone che hanno manifestato con l’estrema destra finite sotto accusa. Questo non sembra interessare molto a Salvini.

Salvini in fuga, la piazza no: “A Napoli non lo vogliamo”

Volano transenne, i fumogeni ammorbano l’aria, la polizia carica, i manifestanti arretrano, un agente finisce in ospedale. La tensione a Napoli ieri sera è alle stelle. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini è in Prefettura per il Comitato per la sicurezza. Al comizio elettorale il capo della Lega ha già rinunciato da qualche giorno, sotto al Vesuvio l’accoglienza è troppo “calorosa”. Lo stesso sindaco Luigi de Magistris a fine incontro accusa: “L’emergenza è la mafia, non i migranti”.

“Questa Lega è una vergogna, noi crediamo alla cicogna, e torniamo da mammà”, sembra di sentirla la voce di Pino Daniele che intona ’O Scarrafone, chitarra in mano e chioma folta. Sembra di sentirla imbattendosi nello striscione in via San Giovanni Maggiore Pignatelli, a Forcella, quartiere natale del cantautore. E il lenzuolo è esposto dal fratello Carmine Daniele, che attacca: “Il ministro dell’Interno Matteo Salvini indossa divise, imbraccia mitra ed è contro gli extracomunitari: non è degno del suo mandato. Qua a Napoli non lo vogliamo”.

Lo striscione di casa Daniele non è il solo a Napoli, i balconi della città sono stati preparati due giorni prima per accogliere il leghista noto per essersi esibito in passato in canzoni meno raffinate: “Senti che puzza, arrivano i napoletani…”. E a non volere Salvini in città sono davvero in molti, qualche centinaia quelli scesi in piazza in serata intonando Bella ciao, partiti non a caso da largo Berlinguer per raggiungere la Prefettura, dove il vicepremier è impegnato, appunto, nel Comitato per la sicurezza. Passa anche un cane con indosso una maglietta con la scritta “Lega uguale mafia”. Al corteo si uniscono in tanti, la guida del serpentone è dei gruppi organizzati come i centri sociali Insurgencia ed Ex Opg Occupato, Rete Napoli Senza Confini, sindacati e Potere al popolo. Viola Carofalo, portavoce del partito di estrema sinistra, spiega: “Le proteste partono da chi fa attivismo, ma come sta avvenendo anche in altre città gli italiani si sono stancati delle bugie di Salvini, vogliono sviluppo e progresso, non odio. Anche chi lo guardava con fiducia ora la sta perdendo, hanno scoperto la fregatura, il vento sta cambiando”.

Qualche ora prima anche Potenza accoglie Salvini con gli striscioni sulle facciate: “Togli anche questi”, “il Sud non dimentica”. E ieri Salvini, nel suo spasmodico tour in giro per l’Italia, sente cantargli contro Bella ciao anche a Foggia, dove liquida sprezzante i manifestanti: “Preferisco i Ricchi e poveri”.

A Milano, invece, fervono i preparativi per le contestazioni di domani. Insieme senza muri e Arci lanciano i quarantanove striscioni, una serie dedicata alla nota storia dei 49 milioni di euro di fondi pubblici fatti sparire dalla Lega. “Noi ce la giochiamo così – spiegano gli organizzatori milanesi – perché quel 49 è un numero che, chissà come mai, qualcuno tende a dimenticare e rimuovere, nel migliore dei casi giustificare”.

Alla rivolta degli striscioni che dilaga sui balconi di tutta Italia da Sud a Nord, Salvini risponde cercando di minimizzare: “Non mi preoccupano, se è simpatica la critica fa bene”. Ma nella stessa giornata sbotta: “Contro di me e il movimento, la Lega, che ho l’onore di rappresentare è in corso un attacco che non ha eguali negli ultimi venti anni”.

Tria contro Löger: Italia e Austria vicine alla lite diplomatica

Aveva iniziatoil cancelliere austriaco Kurz a fare campagna elettorale sull’Italia: rispetti le regole sui conti pubblici. Mercoledì sera sul tema è tornato il ministro dell’Economia e collega di partito di Kurz, Hartwig Löger: “Non siamo pronti a pagare per i debiti dell’Italia. Spingendo in modo deliberato la spirale del debito, non si può più escludere che l’Italia diventi una seconda Grecia”. Un commento alle parole di Matteo Salvini sul possibile sforamento “pro-crescita” del 3% di deficit. Ieri, a margine dell’Eurogruppo gli ha risposto l’omologo Giovanni Tria: “L’Italia non ha mai chiesto che qualcuno paghi per il proprio debito e anzi ha pagato per quello degli altri più dell’Austria. Le persone prima di parlare debbano pensare”. Löger non ha mollato: “È Salvini che dovrebbe pensare prima di parlare. Vedo che Tria, rispetto al vicepremier, si è ammorbidito”. E ancora: “Nel caso dei governi nazionalisti e populisti come quello italiano, l’Europa dovrebbe reagire in un modo unitario e più forte”. Resta solo da ricordare che Kurz e Löger governano a Vienna con la Fpo di Heinz-Christian Strache, partito che alle Europee corre nella cosiddetta “Europa del buonsenso” di Matteo Salvini.

La Procura contabile indaga sui voli di Stato del leader della Lega

C’è un fascicolo per ora solo “esplorativo” sull’uso dei voli di Stato da parte del vicepremier, ministro dell’Interno e leader della Lega Matteo Salvini. L’ha aperto la Procura presso la Corte dei conti regionale del Lazio che ha il compito di indagare su eventuali danni erariali. Ne ha dato notizia ieri Repubblica che si riferisce in particolare al “lussuoso bimotore Piaggio P-180 – ribattezzato la ‘Ferrari dei cieli’” e ritiene di aver “ individuato più di venti voli con mezzi della polizia e in un caso anche dei vigili del fuoco. Viaggi in cui iniziative di propaganda – 211 quelle a cui ha partecipato Salvini solo da gennaio – vengono agganciate a manifestazioni ufficiali”. La Procura contabile chiederà a breve la documentazione al Viminale. Salvini ha replicato con il consueto equilibrio istituzionale: “L’inchiesta sui voli di Stato fa ridere. Li uso ovviamente – ha proseguito il leader della Lega – quando vado in missione come ministro, non quando vado a sciare o a mangiare un panino. Dal suo staff aggiungono che Salvini in 11 mesi al governo ha viaggiato 45 volte: 19 su aerei della polizia, 22 su quelli del 31/o Stormo dell’Aeronautica Militare e per due volte (Roma-Tripoli andata e ritorno il 26 giugno scorso) su un C 27J militare.

“Mi hai chiesto un requisito della Madonna” “Fagli fare la domanda, ora faccio la rettifica”

C’è un amico commercialista da sistemare. Il vicesindaco forzista Maurizio Cozzi, arrestato ieri, si mette all’opera. Contatta il direttore generale di una municipalizzata di Legnano. “Uè – dice – va che non può presentarmi la domanda perché non ha i requisiti, mi hai messo un requisito della madonna”. Il dirigente lo tranquillizza: “Fagliela presentare, non ti preoccupare (…). Adesso faccio una rettifica che l’esperienza decennale è da intendersi in diritto privato come consulente professionale, in maniera tale che abbiamo un minimo di scrematura, perché se no mi arriva il ragazzino appena laureato”. Tutto bene, dunque. L’amico di Cozzi, però, è preoccupato, sa di non essere all’altezza. Rinuncerà. Cozzi commenta: “È un cagasotto”. Del resto il suo principio è chiaro: “Una volta che si individua, si individua la persona, basta! Fa la gara, finito!”.

Stessa lunghezza d’onda per Chiara Lazzarini, assessore forzista da ieri ai domiciliari, che commenta così chi si lamenta della nomina di Martina Guidi in Ala: “Adesso domani gliene diciamo quattro e diciamo, allora o fate quello che diciamo noi o andate a casa. Semplice”. E ancora più sintetica: “Bisogna pilotarla questa qua, bisogna prendere una che si conosce e che deve essere la vostra persona di estrema fìducia”. Spiega il giudice: “Per Cozzi la logica è prima si individua il candidato, poi si fa il bando! Cioè a dire l’esatto contrario delle previsioni normative di una corretta procedura selettiva pubblica”. Per questo nell’ordinanza si parla anche di “una elevata capacità impositiva e manipolatoria”.

E ancora: “La mancanza di percezione del disvalore (oltre che sociale) anche penale, si traduce in una sistematica violazione delle norme giuridiche, e in una propensione alla realizzazione dei propri interessi e ambizioni personali, in spregio alle finalità pubbliche del ruolo rivestito”. Del resto il sindaco Fratus, come Cozzi, punta agli amici. Nelle fasi iniziali delle indagini, scrive il giudice, contatta il consigliere regionale della Lega Riccardo Pase “per la nomina del commercialista Riccardo Fanelli nel collegio sindacale della società pubblica Amiacque srl”.

Le intercettazioni non lasciano dubbi secondo il giudice. Molte sono registrate con una microspia all’interno dell’ufficio di Cozzi. Qui i convenuti parlano a ruota libera. Per la nomina di un alto dirigente del Comune la Lazzarini consiglia “di sentire anche Giorgetti”, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. La persona sarà individuata in Enrico Barbarese, il quale però, intercettato, spiega: “Il vostro regolamento mi impedisce di tenere l’altro incarico (…) è un caso di incompatibilità assoluta di stampo veterocomunista, questo l’hanno messo quelli del Pd”. E aggiunge: “Così il sindaco rischia, rischiate tutti”. “Ma sollevato il problema – scrive il giudice – offre anche la soluzione”. Dice: “Ma mica abbiamo problemi di andare in galera, non è questo il problema. È non dare spazio a robe strumentali, capito? (…) Una letterina e vi sistemo tutto secondo me”. Barbarese sarà nominato nonostante abbia avuto, in passato, qualche inciampo giudiziario. La valutazione della sua candidatura, scrive il giudice, è “solo un mero simulacro in quanto mesi prima era stato già individuato (…) in totale violazione” delle leggi con una “manipolazione della procedura selettiva”. Dirà in proposito Cozzi: “A questo punto il bando è già pronto”.

E del resto, il comitato politico per ogni nomina impostava un percorso parallelo di colloqui con persone gradite. Dice Cozzi: “Adesso abbiamo fatto la gara per prendere un altro che ci ha segnalato questo qui”. La regia, dunque, è sempre in mano a Maurizio Cozzi. Tanto che, scrive il giudice, “Fratus” mostra “una personalità sottomessa al potere direttivo del vicesindaco”. Insomma “un mero esecutore delle direttive della coppia Cozzi-Lazzarini”.

“Se queste indagini salgono più in alto è un problema serio”

Ieri mattina, dopo aver letto dei nuovi arresti in Lombardia, ha subito inveito contro la “nuova Tangentopoli”. Ma ore dopo, con il Fatto, Luigi Di Maio riparte da altro: “Non sta tornando il fascismo, piuttosto c’è un innalzamento della tensione determinato da certe dichiarazioni, con piazze che sembrano quelle degli anni 70. Ma questa polemica destra-sinistra serve solo a Salvini e a Zingaretti, per polarizzare lo scontro. Noi Cinque Stelle siamo post-ideologici e rappresentiamo il buon senso e la ragionevolezza”.

Parlando di nuova Tangentopoli, lei indica un sistema e vi include anche la Lega. Come fa a governare con chi ne farebbe parte?

Io indico un’emergenza sulla corruzione. Tutti i partiti sono attraversati da scandali, e tutti fanno muro, tenendosi indagati e arrestati per corruzione. Ma noi 5Stelle continuiamo a chiedere di espellerli, subito.

Tutti, Carroccio compreso. Ripeto, perché restate assieme?

Se certe inchieste si stanno svolgendo è anche grazie alle nuove leggi che abbiamo votato assieme alla Lega. Dopodiché se alcune inchieste territoriali dovessero arrivare più in alto ci sarebbero dei problemi. Ma si può andare avanti con il contratto di governo, in cui sono previste le norme etiche che abbiamo applicato a Siri. E come M5S, essendo maggioranza in Consiglio dei ministri, le faremo sempre applicare.

A fine maggio arriverà la sentenza per il sottosegretario ai Trasporti Rixi. Se condannato dovrà andarsene?

Lo stabilisce il codice di comportamento previsto dal contratto. Gli auguro di risultare innocente, ma a lui si applicherà quanto abbiamo concordato. Comunque mi auguro che dopo il 26 maggio la Lega dismetta i panni dell’ultradestra e che si torni a ragionare con serenità.

Forse è proprio di ultradestra un partito il cui leader si affaccia da balconi davanti a cui impiccavano partigiani.

Nei primi mesi di governo era un’altra Lega, moderata.

Un leader che esultava urlando “chiudiamo i porti” era già di destra. E può valere anche per chi sostiene quelle politiche, come il M5S che avrebbe svoltato a sinistra.

Non c’è nessuna svolta. Ora ci associano al Pd, ma i dem non hanno alcuna credibilità. E quelle politiche migratorie le abbiamo condivise.

Politiche di destra.

Guardate quello che ha fatto Minniti prima di noi. Il tema non è di destra o sinistra, e ora il nodo non sono più gli sbarchi, quasi crollati, ma piuttosto i rimpatri e i ricollocamenti negli altri Paesi. E allearsi con Orbán o la Le Pen di certo non aiuta.

Avete attaccato la sindaca di Roma Raggi perché è andata a Casal Bruciato a sostenere un principio di legalità.

Le abbiamo espresso solidarietà: Virginia ha fatto bene a farlo.

Dire “prima i romani poi i rom” non è un sostegno.

In questi casi bisogna evitare di schierarsi da una parte o dall’altra. E ci sono tensioni sociali di cui dobbiamo tenere conto. Va cambiata la legge, perché chi aspetta la casa da 20 anni non può essere scavalcato da chi è qui da 5 o 6 anni. Detto questo, sono contento che Raggi oggi sia andata a trovare una signora italiana che rischia lo sfratto.

Sul Fatto Pietro Grasso sosteneva come sia un controsenso approvare la legge sul voto di scambio e poi proporre lo Sblocca cantieri che alza le soglie per i lavori senza gara. “Così si favorisce la mafia” ha detto. Ed è molto critico anche Raffaele Cantone dell’Anac.

Il decreto non è stato convertito, e stanno venendo presentati tanti emendamenti. Tutto quello che si può migliorare lo miglioreremo. Ma non penso che la corruzione si combatta facendo impazzire con mille norme gli imprenditori onesti. Noi abbiamo irrigidito i controlli, con la spazza-corrotti e il voto di scambio.

Che fine ha fatto la nomina come commissari alla spending review di Massimo Garavaglia e Laura Castelli? Avete fatto marcia indietro?

Al ministero dell’Economia alcuni si devono far passare la gelosia. I commissari ci servono e non si può perdere tempo. Bisogna cominciare tagliando gli enti inutili. Quindi vanno abolite le province.

Il premier Conte ha ricevuto il generale libico Haftar. Avete abbandonato il leader di Tripoli Al Sarraj perché il presidente americano Trump ora sostiene Haftar?

Noi abbiamo interloquito sempre con tutti gli attori in campo. Ci auguriamo l’avvio di un processo di riconciliazione nazionale, che sia inclusivo e intralibico. Quello che chiediamo a tutti è di non intervenire in Libia, e di arrivare a un accordo di pace.

Come ha scritto Repubblica avete esortato a dimettersi quattro vicedirettori dei Servizi segreti. Fretta di lottizzare?

La delega ai Servizi l’abbiamo affidata a Conte, che è una garanzia di equilibrio per tutto il governo.

Grillo non sarà al comizio finale del 24 maggio a Roma. È sempre più distante.

Non conosco ancora la scaletta ma con Beppe mi sono sentito anche oggi. E assieme lavoriamo per il M5S.

Arrestato il sindaco leghista “C’è un accordo con Matteo”

Dopo Milano e Varese, Legnano. Riparte da qui l’ultimo capitolo della nuova tangentopoli lombarda. Con una novità di peso: il coinvolgimento di un vertice provinciale della nuova Lega di Matteo Salvini. Si tratta di Giambattista Fratus sindaco di Legnano, salito sulla poltrona di primo cittadino grazie anche a un travaso di voti che, stando alle intercettazioni, è stato pianificato dai livelli nazionali del Carroccio e di Forza Italia. Un travaso dietro al quale si cela una corruzione elettorale. Con lui sono coinvolte altre dieci persone. Tra queste il vicesindaco Maurizio Cozzi di Forza Italia e l’assessore all’Urbanistica Chiara Lazzarini, anche coordinatrice locale azzurra, nonché nel Cda di Afol l’agenzia della Città metropolitana coinvolta nell’indagine dell’antimafia milanese e protagonista di una generosa consulenza (38 mila euro) a una società riconducibile all’eurodeputata di FI, Lara Comi, accusata di finanziamento illecito per un’altra vicenda che coinvolge anche il presidente di Confindustria Lombardia.

Insomma, la carne al fuoco è molta. L’ultimo fronte è però quello aperto ieri dalla Procura di Busto Arsizio che ha eseguito tre misure cautelari nei confronti di Fratus, Cozzi e Lazzarini. In elenco, tre nomine pubbliche pilotate e l’accusa di corruzione elettorale per il solo sindaco. E in via generale, scrive il giudice, “una gestione” della cosa pubblica “inspirata alla collocazione nei vari settori di persone gradite e manovrabili in quanto asservite alle loro direttive, e riconoscenti in futuro”. Risultato: Comune commissariato. Il comitato di potere prende forma quando Fratus diventa sindaco nel giugno 2017. Corsa elettorale taroccata, secondo i pm, da una corruzione pianificata a tavolino. Il primo turno consegna al leghista 9.196 voti mentre Alberto Centinaio del Pd si ferma a quota 7.717. Terzo incomodo è Luciano Guidi, ex FI e candidato nella lista Alternativa Popolare (il partito fondato da Angelino Alfano) e lista civica Giovani popolari. Guidi incassa 1.046 voti. Si va al ballottaggio. Ed è qui che si consuma il presunto accordo corruttivo ricostruito un anno dopo nelle intercettazioni. In sostanza Fratus promette a Guidi una nomina nel Cda di una partecipata del comune in cambio dei suoi voti. Sarà scelta la figlia di Guidi. Martina Guidi finisce così nel Cda della municipalizzata Ala che si occupa di ambiente.

Per assumerla Fratus fa dimettere un consigliere. L’incarico, però, non è facile. Tanto che la ragazza ne parla con Chiara Lazzarini: “Volevo chiederti una serie di cose perché io non le capisco, ho provato a leggerle ma non mi è chiara la tempistica (…). Ho sempre paura di dire delle cazzate”. Lazzarini spiega: “Prima si fa il Cda, il Cda delibera poi sottopone all’assemblea per l’approvazione”. Lazzarini dice poi a Max Roveda consigliere di Amga (altra municipalizzata): “Quello lì è un accordo politico che aveva preso Gianbattista con Guidi per il ballottaggio”. Della nomina si lamenta anche il direttore generale di Amga: “’sta ragazzetta, mi dice: è avvocato. Si è avvocato dei miei coglioni”.

Torniamo all’accordo politico al quale partecipano più persone, tra queste anche il vicepremier Matteo Salvini. Ne parlano al telefono Chiara Lazzarini e un assessore. La donna riporta le parole di Fratus: “Ha detto: io siccome negli accordi elettorali che ho preso con Guidi per il ballottaggio (…) accordi che ha preso a livello regionale con Guidi, Alli (…) come si chiama Musella, Salvini”. E ancora: “Prima del ballottaggio a livello regionale, io ho fatto un accordo con Paolo Alli, Salvini e quell’altro provinciale loro della Lega (…) Paolo Alli e Guidi hanno detto che mi avrebbero appoggiato al ballottaggio e che io in cambio gli avrei dato un posto”. Paolo Alli, già nella segreteria dell’ex governatore Roberto Formigoni, oggi è il presidente nazionale di Alternativa Popolare, mentre Graziano Musella è un deputato di FI.

Durante l’indagine sono state diverse le intercettazioni con i vertici nazionali del Carroccio. Le telefonate al momento però non sono state inserite nei nove faldoni dell’indagine. Salvini dunque sapeva dell’accordo politico ma non vi è evidenza che conoscesse la contropartita corruttiva. Di certo la candidatura di Giambattista Fratus viene paracadutata dai vertici nazionali della Lega. Prova ne sia che nessuno dei 33 iscritti alla sezione del Carroccio a Legnano darà la preferenza a Fratus. Sarà, invece, il segretario federale Paolo Grimoldi a imporlo come figura di raccordo tra Fi e Lega. E ancora, spiega una fonte interna al Comune di Legnano, quando, il 26-27 marzo, la maggioranza in consiglio viene a mancare per la dimissione di 12 consiglieri (2 della Lega), in Prefettura arriveranno pressioni dal ministero per evitare il commissariamento.

Nel frattempo il cagnolino di un consigliere dimissionario viene ucciso. Si tratta di una ritorsione? Il caso resta aperto. L’autopsia conferma la morte violenta. Fratus resta comunque un sindaco eterodiretto dall’alto. Il braccio della Lega per l’Alto Ticinese. Che il 29 febbraio, in vista delle Comunali, si attiva per tagliare fuori “alcuni soggetti” che “contestano le politiche della Lega come il gruppo di ‘Gente di…’”. È la lista civica creata da Marco Tizzoni, ex consigliere regionale che con un suo esposto ha fatto aprire un’inchiesta sui fondi di due associazioni riconducibili al Carroccio e per la quale è indagato un assessore regionale della giunta di Attilio Fontana, il governatore indagato per abuso d’ufficio nell’indagine della Dda.

Tafazzetti

Prima o poi bisognerà istituire il premio all’Elettore Ignoto. E non mi riferisco a quell’elettorato flottante, liquido, incostante, disincantato che passa da sinistra ai 5Stelle o addirittura alla Lega. Ma all’elettore fisso, stabile, irremovibile del Pd. Ne conosciamo tanti e sono perlopiù bravissime persone che credono sinceramente nei valori della legalità, della trasparenza, della Costituzione, dell’antifascismo, dell’accoglienza, della solidarietà. Votano Pd perché pensano a Berlinguer (se vengono dal Pci) o a De Gasperi e a Moro (se vengono dal mondo cattolico). Sotto sotto, invidiano chi riesce a cambiare partito, a dare fiducia a quell’armata brancaleone dei 5Stelle o a qualche formazione della sinistra-sinistra, ma alla fine resistono a ogni tentazione e disciplinatamente si recano ogni volta alle urne a fare quello che considerano il proprio dovere. In questi 25 anni, dopo la breve parentesi di Prodi subito fiaccata dagli astuti “professionisti della politica”, sono stati sottoposti alle prove più dure, roba che avrebbe fiaccato una mandria di bisonti: gli inciuci machiavellici di D’Alema, i consociativismi di Napolitano, i cattivissimi buonismi di Veltroni. Nel 2013, dopo il dissanguamento appresso a Monti&Fornero, pensavano di aver visto tutto con la rielezione di re Giorgio contro il loro amato Rodotà e per le larghe intese con B. Invece nel 2014 arrivò Renzi, l’Attila della sinistra.

Eppure, nel 2018, questi eroi dei nostri tempi tributarono al Pd un 18,7% dei voti, che pareva una sconfitta ma a ben vedere, dopo il passaggio del rottamatore-sterminatore, era quasi un miracolo. In fondo il Pd restava il secondo partito italiano e il centrosinistra nel suo complesso, con le altre liste fiancheggiatrici e quella di LeU, toccava il 26,2%. Un voto su quattro. Che ora, alle Europee, complice lo sbarramento del 4%, potrebbe ridursi a un voto su cinque. Dopo un anno trascorso a strillare contro il “peggior governo della storia repubblicana” (invece i tre di Berlusconi, per tacer di altri, erano meravigliosi) che avevano fatto di tutto per rendere inevitabile a furia di Aventino e pop corn. L’elezione di Nicola Zingaretti a segretario aveva fatto ben sperare quel popolo, che ancora una volta si era trascinato alle primarie, persino nel gazebo dove c’era Calenda. Zinga è anche lui un brav’uomo che l’estate scorsa aveva addirittura osato lanciare uno slogan ragionevole: “Meno Macron e più sinistra”. E tanto era bastato per farlo amare da chi non ne poteva più di vedere Renzi abbracciato ai peggiori nemici dell’Italia, della sinistra e della legalità.

E masticava amaro dinanzi ai 5Stelle che rubavano alla sinistra, l’una dopo l’altra, tutte le sue bandiere storiche: la lotta al precariato, alla povertà, ai salari e alle pensioni da fame, alla corruzione, alla prescrizione, alla privatizzazione dell’acqua, alle grandi opere inutili e inquinanti come il Tav, ai vitalizi e agli altri privilegi della casta. Poi, purtroppo, l’Era Zingaretti è cominciata. E per l’Elettore Ignoto è ricominciato il calvario. Zanda “nuovo” tesoriere, che propone subito di aumentare lo stipendio ai parlamentari e di ripristinare il finanziamento pubblico diretto ai partiti (poi ritirati, ma solo per finta). L’ex lettiana e poi renziana De Micheli vicesegretaria. L’ex renziana Serracchiani vicepresidente. I renziani Delrio e Marcucci confermati capigruppo. Le marcette Pro Tav a braccetto con FI e Lega. Le candidature in Europa di vecchi dinosauri come Toia, Cozzolino, Bresso, di pasionarie turborenziane come la Bonafè e la Picierno, di personaggi incompatibili come Pisapia e Calenda. Per non parlare della strepitosa accoppiata in Campania fra l’ex pm Roberti alle Europee e dell’indagato Alfieri “Mr Fritture” alle Comunali. E poi l’accordo con Miccichè in Sicilia, da Gela a Mazara del Vallo. L’abbraccio con Cirino Pomicino. Lo scandalo del marchettificio sanitario in Umbria, con le dimissioni retrattili della Marini. L’ennesima indagine sui ras calabresi Oliverio, Adamo e Bruno Bossio, che non si dimettono neanche per finta. La nomina dell’ex magistrato berlusconiano Arcibaldo Miller a capo dell’Ipab del Lazio. L’arruolamento di Moscovici come testimonial per far perdere qualche altro voto.

E poi l’ideona di candidare come futuro premier (ma di quale maggioranza?) il sindaco milanese Beppe Sala alla vigilia della richiesta di condanna a 13 mesi di carcere per falso documentale. L’assenza in luoghi e momenti cruciali, come l’assalto fascista ai rom di Casal Bruciato, con gli applausi postumi e imbarazzati all’arcinemica Virginia Raggi, sola e unica a metterci la faccia. L’incredibile battaglia parlamentare contro la riforma, finalmente efficace, del voto di scambio politico-mafioso, votata da M5S, Lega, FdI e LeU e avversata da Pd e Forza Italia. L’assurda ostilità alla proposta di salario minimo lanciata da Di Maio e molto vicina a quella dei sindacati. E il mantra quotidiano “Mai con i 5Stelle” che risponde a una domanda al momento insensata (in questa legislatura non c’è spazio per maggioranze diverse) e serve solo a rafforzare Salvini (lui un’alternativa alla coalizione giallo-verde ce l’ha). Insomma, una raffica di martellate sulle palle (degli elettori superstiti), al cui confronto Tafazzi è un dilettante allo sbaraglio. Intanto, come ai tempi del Popolo dei Fax e dei Girotondi, la società civile progressista organizza l’opposizione (soprattutto a Salvini) per conto suo: la rivolta degli striscioni del Popolo dei Balconi è nata a prescindere da quel che accade al Nazareno. Come se il Pd non esistesse. Ma esiste ancora, il Pd? E quali peccati atavici devono ancora espiare i suoi elettori?