“Il Parlamento condanna a morte 11 milioni di ulivi della Puglia”. Così ieri in Senato Lello Ciampolillo (M5S) ha salutato l’approvazione definitiva del decreto Emergenza, che prevede la distruzione degli ulivi, anche millenari, in deroga a ogni legge. I proprietari potranno espiantarli tutti. “Il premier Conte ha pure invitato il governatore Emiliano al taglio degli ulivi. Un comportamento oltraggioso”, ha aggiunto Ciampolillo. È l’esito della forte accelerazione a favore degli espianti nella zona infetta, dopo il ritrovamento di un ulivo positivo a Xylella lo scorso gennaio a Monopoli, nel barese (zona considerata non contaminata dal batterio). L’ulivo era diventato il simbolo dell’espansione di Xylella a nord. Ma le analisi si sono rivelate sbagliate.
La Procura di Bari ha sequestrato l’ulivo dopo le analisi positive di gennaio, nell’ambito dell’inchiesta tuttora in corso e lo ha dissequestrato il 10 aprile. A quel punto l’Osservatorio Fitosanitario pugliese dispone nuove analisi che, però, danno esito negativo. Niente Xylella, l’ulivo non si taglia più, e nessuna espansione a nord almeno finora.
Il problema è che quattro anni fa la Regione aveva avviato un campionamento anti-Xylella su 350 mila piante per anno. Sulla base dei monitoraggi, sono state abbattute le piante risultate infette nelle zona di contenimento a nord del Salento e, per la zona cuscinetto, anche di quelle nel raggio di 100 metri. Il monitoraggio è gestito da un’unica rete di 6 laboratori di ricerca pubblici pugliesi (la Selge) coordinata dall’Università di Bari. L’ulivo di Monopoli si è salvato grazie al sequestro, ma quante piante potrebbero essere state abbattute sulla base di analisi sbagliate? Nessun altro laboratorio, oltre ai Selge, può infatti effettuare analisi prima di abbattere perché è vietato per legge. L’Osservatorio non ha risposto alle domande del Fatto.
È il secondo colpo alla credibilità scientifica degli istituti baresi che dal 2013 hanno gestito le ricerche su Xylella, i fondi europei (30 milioni) e i campionamenti. La Procura di Lecce ha appena archiviato le accuse di inquinamento ambientale a carico di dieci tra funzionari della Regione e ricercatori dell’Università di Bari, Cnr, del Centro di Ricerca Basile Caramia (i Selge) e Iam, tutti nel barese. Ma nel decreto di archiviazione delinea un quadro scientifico di “irregolarità, pressapochismo e negligenza” anche nelle operazioni di campionamento “ad onta della asserita scientificità dei metodi utilizzati”. Dal 2013 gli istituti hanno gestito l’emergenza “in regime di monopolio”, con “preponderanza dell’interesse economico ovvero la prospettiva di ottenere finanziamenti, rispetto alle finalità della ricerca”.
Intanto ieri l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare Efsa ha emesso una nuova valutazione del rischio Xylella salentina per l’Europa che valuta anche l’approccio alla cura di Marco Scortichini, batteriologo e Dirigente dell’Istituto di ricerca Crea. Dopo 3 anni di sperimentazione e due pubblicazioni, una miscela di rame, zinco e acido citrico spruzzata su 20 piante disseccate le ha fatte tornare verdi. Quelle non trattate sono invece morte. Efsa ammette che il trattamento riduce i sintomi della malattia dell’ulivo, ma che non è una cura perché “non elimina completamente il batterio” e non si conoscono gli effetti del trattamento a lungo termine. Ma come si potrebbero conoscere, se la malattia stessa è stata scoperta pochi anni fa?
Nelle malattie delle piante è raro che gli scienziati si pongano l’obiettivo di eliminare completamente l’agente patogeno in aree molto grandi dove è diffuso da anni. “Non è lo scopo del nostra studio – spiega Scortichini al Fatto. – Ma ridurre la carica batterica così che la pianta torni a produrre. È impossibile eradicare un batterio da un’area vasta e dopo anni in cui è presente. Xylella non si potrà più eliminare in Salento”. Espiantare gli ulivi nella zona infetta è inefficace, “perché la Xylella infetta anche una trentina di erbe che si trovano nei campi e nei fossi in Salento”. Scortichini è anche co-autore di una pubblicazione appena uscita sulla rivista Applied Biosafety proprio sui dati dei campionamenti in Puglia negli ultimi due anni. Rivela che su 3.300 piante con i sintomi del disseccamento campionate nella zone cuscinetto e contenimento nel 2017 e 2018 non è stata trovata Xylella. E circa 1.300 senza sintomi sono invece positive a Xylella. “Non tutte le piante sintomatiche hanno Xylella, quindi non necessariamente vanno eradicate.” Il decreto prevede che i proprietari nella zona infetta possono estirpare ulivi sani o malati, senza analisi, per 7 anni, senza vincoli ambientali.