Generazione camerieri, i vasetti di mirra e lo show del barbiere

E ora, per la serie “Ostilità urbana”, la posta della settimana.

Caro Daniele, perché non hai ancora dei figli? (Paola D’Eugenio, Massa Lubrense). Perché non so come si fa.

Che due coglioni questa pandemia! (Ezio Secchi, Reggio Emilia).

Io cerco di prenderne gli aspetti positivi. Per esempio prima della pandemia mi sentivo continuamente giudicato. Grazie al lockdown ho capito che mi sentivo così solo quando stavo con gli altri. Adesso che sto sempre da solo sto una favola. Non riesco a evitare tutte le seccature, però. La settimana scorsa la lavanderia mi ha perso una giacca. Ieri mi è arrivata la fattura. Telefono: “Perché la fattura?”. “Siamo sicuri che prima di perdergliela gliel’abbiamo pulita”. E non tutti hanno la mia indole allegra. Stamattina, al supermercato, pago e dico: “Buone feste”. La commessa zitta. Le dico: “Non mi dice buone feste?”. E lei: “C’è già scritto sullo scontrino”.

Chi è la tua modella italiana preferita? (Enrico Muglia, San Marino).

Raffaella Modugno. Finché avrò una faccia, lei avrà un posto per sedersi.

Fai ginnastica? (Nadia Colangeli, Crotone).

Non si vede? Ho cominciato a fare pesi tre anni fa. Ho quasi finito.

X-Factor non lo guardava più nessuno (Benedetta Del Bon, Genova).

Ovvio. A chi interessa vedere dei futuri camerieri?

Qual è il modo migliore per dire a un bambino di 5 anni che un parente è morto? (Mirella Squarciapino, Marsala).

Perché dirglielo, quando è facilissimo proteggerlo dalla dura realtà con una bugia innocente? “Dov’è il nonno?”. “È nel Congo belga”.

I cavalieri della tavola rotonda. L’ultima cena. Siamo noi, o le grandi cose accadono quando hai il tavolo e la sedia giusti? (Pubblicità Ikea).

Siete voi.

Guardando i talk in tv deduco facilmente che potrei condurne uno anch’io. Secondo te ho delle possibilità o devo continuare a fare il barbiere? (Nicola Ridolfi, Otranto).

Puoi farli entrambi: di giorno barbiere, di notte conduttore di talk-show. Come fa Vespa.

Qualche idea per i regali di Natale? (Luisa Leto, Roma).

A Natale regalo sempre vasetti di mirra. Se andava bene per il figlio di Dio, va bene anche per i miei parenti.

 

Gli conveniva di più fare solo il nonno

Domanda: ma quando nel febbraio scorso Mario Draghi accettò la chiamata di Sergio Mattarella per Palazzo Chigi, pensava davvero che l’incarico di premier gli avrebbe reso più agevole, un anno più tardi, la salita al Colle? Non sospettava che il percorso si sarebbe fatto più arduo? Non essendo nella testa del presidente del Consiglio, ci limiteremo a qualche supposizione basata sui pochi fatti conosciuti.

È un fatto che di Draghi successore naturale di Mattarella si parla da tempo, quotazioni che s’impennarono a partire dall’ottobre del 2019, termine del suo mandato al vertice della Bce. Non è un fatto, ma un’ipotesi fondata, che oggi la sua elezione al Quirinale, e in forma plebiscitaria, verrebbe considerata scontata, o quasi, se dopo Francoforte il Draghi medesimo avesse preferito trascorrere i due anni successivi tenendosi lontano dalla politica romana. Magari dividendosi tra il buen retiro

di Città della Pieve e l’ufficio di ex Governatore messogli a disposizione in Banca d’Italia. E, perché no, facendo soprattutto il nonno.

È un fatto che, dall’estate 2020, già circolavano le voci su Draghi successore di Giuseppe Conte. Messe in giro dagli stessi avvelenatori di pozzi che nell’inverno seguente avrebbero provveduto a sopprimere il governo giallorosa (con Matteo Renzi nella parte che più gli si addice). Il tutto opportunamente pompato dalla stampa amica. Il seguito lo conosciamo e si può anche comprendere che per Draghi quella di Mattarella fosse un’offerta che non si poteva rifiutare (anche se smentita fino all’ultimo). Ciò che non conosciamo (e che probabilmente non conosceremo) è il contenuto dei colloqui tra i due che precedettero il conferimento dell’incarico. Difficile non pensare che non si sia mai parlato della sovrapposizione temporale e istituzionale tra il Draghi a capo di un governo di (quasi) unità nazionale e il Draghi candidato al Quirinale. Così come ci sembra altamente improbabile che lo stesso Draghi non abbia informato Mattarella della sua convinta disponibilità a farsi eleggere, esplicitata nella conferenza stampa di mercoledì. Chissà che la sera di Capodanno, nell’ultimo messaggio del settennato, il capo dello Stato non ci faccia capire qualcosa di più dell’ingorgo di cui sopra. In fondo il Draghi uno e bino non lo ha voluto lui?

Il “paese dell’anno” senza una speranza sul futuro

L’Economist ha premiato l’Italia come “Paese dell’anno”. Abbiamo battuto in questa corsa Samoa, Moldova, Zambia e Lituania. Naturalmente non ci ha premiato come miglior Paese del mondo, sarebbe surreale, ma come quello che è migliorato di più nel 2021.

L’Economist attribuisce questo miglioramento a Mario Draghi. Io questo miglioramento non riesco a vederlo, in assoluto, ma tanto più se attribuito a Draghi. I 209 miliardi del Recovery Fund sono stati ottenuti dal governo Conte, non da Draghi, sia pur con l’aiuto importante di Angela Merkel che ha tacitato i cosiddetti “Paesi frugali”. A Draghi spetterà spenderli nel migliore dei modi. Ma per ora, secondo un monitoraggio di Sky Tg24, siamo in ritardo nella presentazione dei progetti alla Commissione Ue preceduti dai più importanti Paesi europei, non solo Francia e Germania ma anche la Spagna che ha presentato una prima bozza già a ottobre. Inoltre l’appoggio entusiasta dell’Economist a Draghi è peloso, risponde agli interessi dei mercati londinesi (già, i mercati) a mantenere Super Mario nella posizione di premier, lasciando libero il posto per la posizione di capo dello Stato a Silvio Berlusconi. E questo è un altro punto. Nel 2020 che un delinquente potesse diventare presidente della Repubblica italiana pareva solo una boutade , sia pur poco divertente, nel 2021, “Draghi imperans”, è una concreta possibilità appoggiata dai partiti e dai partitini che, a stare ai sondaggi, dopo le prossime elezioni politiche formeranno il governo.

Io non riesco a capacitarmi che la maggioranza dei cittadini italiani possa accettare che, scontando tutto il resto, un Tale che ha truffato per miliardi un’orfana minorenne possa salire al più alto Soglio dello Stato. Ma evidentemente è così. Perché la moralità pubblica, e anche privata, scende, Draghi o non Draghi, sempre più verso lo zero. E su questa base non si vede a quale “miglioramento”, etico, ma alla fine anche economico, l’Italia possa aspirare. Le sole forze in “miglioramento” sono, non solo le mafie tradizionali, camorra, ’ndrangheta, mafia propriamente detta, che sono fenomeni direi ancestrali del nostro Paese, ma anche quell’indecifrabile “mondo di mezzo” che pareva una caratteristica dell’ambiente politico-dirigenziale romano ma che adesso ha raggiunto anche Milano, l’ex “capitale morale”. E non mi pare che il governo Draghi abbia fatto nulla, ma proprio nulla, per cercare almeno di arginare questi fenomeni, ma sarebbe meglio chiamarli cancri, che fanno dell’Italia il Paese più corrotto del mondo (ci superano solo alcuni Stati africani che proprio noi abbiamo aiutato a corrompersi – vedi affaire Eni-Nigeria).

A Milano non c’è quasi locale di un certo livello che, all’apparenza illibato, non faccia parte del giro di riciclaggio della ’ndrangheta. Nel 2021, anno del “miglioramento”, la natalità rispetto al 2020 è scesa ulteriormente, in termini assoluti di 12.500 unità. L’Italia per fertilità (1,3 per donna) e per invecchiamento della popolazione è l’ultima al mondo, superata solo dal Giappone. Anche questo è un fenomeno di lunga data. Rispetto al baby boom dei primi anni Sessanta c’è stato un calo del 60 per cento. Il fenomeno è dovuto a una serie di circostanze, economiche, sociali, psicologiche, che ci è impossibile dettagliare nell’arco di un breve articolo e che ho analizzato in altre occasioni. Ma la denatalità è comunque indice di una scarsa fiducia nel futuro. E i giovani di oggi, nonostante tutta la retorica, ipocrita come ogni retorica, che si fa su di loro, stando ai dati, anche recenti e recentissimi, non hanno alcuna fiducia nel futuro. Draghi o non Draghi.

Draghi e Macron chiedono a Berlino meno “austerità”

Che Mario Draghi resti o no a Palazzo Chigi, lo scenario è talmente rischioso che ci si è portati avanti. Si parla della revisione delle regole fiscali europee in vista del loro ripristino nel 2023, dopo la parziale sospensione per la pandemia. Il tema è complesso, ma da questo scontro dipenderà il futuro dell’Eurozona, e cioè in ultima istanza del progetto europeo. Se si finisce tra i vinti, il destino è segnato.

Ieri Francia e Italia hanno fatto la prima mossa, studiata però da mesi e messa in atto a poche settimane dall’insediamento del nuovo governo tedesco di Olaf Scholz. Draghi ed Emmanuel Macron hanno pubblicato un lungo articolo ospitato dal Financial Times per proporre una revisione delle regole, archiviando di fatto il Fiscal compact. “La capacità di mettere in campo politiche di bilancio per proteggere i nostri cittadini e trasformare le nostre economie – scrivono i due leader – è e resta al centro della nostra strategia”. Già prima della pandemia le regole fiscali europee “avevano bisogno di essere riformate” perché “oscure e troppo complesse”. “Non c’è dubbio sulla necessità di ridurre il livello del nostro indebitamento – continuano i due – ma non possiamo pensare di farlo attraverso maggiori tasse o tagli insostenibili alla spesa sociale. La nostra strategia è mantenere sotto controllo la spesa pubblica attraverso riforme strutturali ragionevoli”. Insomma, serve “spazio di manovra e margini di spesa per prepararci al futuro” e “il debito per finanziare tali investimenti dovrà essere favorito dalle regole di bilancio”. No al ritorno della vecchia austerità di bilancio, insomma.

La mossa arriva alla vigilia del semestre di presidenza francese dell’Ue. Il fronte italiano l’ha accompagnata con un documento tecnico redatto dal consigliere economico di Draghi, Francesco Giavazzi insieme agli economisti Veronica Guerrieri, Guido Lorenzoni e Charles-Henri Weymuller, che propone di mutualizzare il debito creato per fronteggiare il Covid affidandolo a un’agenzia Ue per ridurre i costi rivedendo le regole fiscali in funzione pro-crescita. L’Eliseo ci ha tenuto a precisare che la l’uscita sul Ft è stata anticipata a Scholz. Tanta premura mostra che la sfida è in salita. Il governo tedesco, dove alle Finanze siede il falco liberale Christian Lindner, vorrebbe solo ripristinare le regole. Se accade, per l’Italia sono guai, con o senza Draghi.

Superbonus, Irpef e pensioni: cosa c’è nella manovra 2022

Ha rallentato il cammino della manovra, ma alla fine il pacchetto dei bonus edilizi è stato prorogato senza i paletti previsti dal governo. Nel maxi-emendamento alla manovra, il cui voto in Senato è slittato a ieri sera (il ddl sarà approvato in extremis dalla Camera entro il 31 dicembre), svettano la riforma Irpef, Quota 102 e le norme, alquanto annacquate, contro le delocalizzazioni selvagge. Sono in tutto 219 gli articoli che compongono la nuova legge di Bilancio che vale 32 miliardi in deficit, la meno discussa in Parlamento della storia. Vediamo le misure principali.

Superbonus. Prevista la maxi-detrazione del 110% per il 2022 anche per le villette unifamiliari sulle quali non ci sarà nessun tetto Isee. Anche i lavori all’interno delle case (come gli infissi) potranno essere scontati al 110%, così come gli impianti solari fotovoltaici. Il 110% si ottiene a patto che entro il prossimo 30 giugno sia stato realizzato almeno il 30% dei lavori. Per tutte le abitazioni situate nei Comuni colpiti da eventi sismici dal 2009, il Superbonus sarà del 110% fino al 2025. C’è poi la novità del bonus del 75% per abbattere le barriere architettoniche con detrazioni da scontare in 5 anni. Per i piccoli lavori non serviranno più asseverazione delle spese e visto di conformità per la cessione del credito o lo sconto in fattura.

Altri bonus casa. Restano invece i controlli per il bonus facciate che durerà solo per il 2022 con una detrazione al 60%. Dal 2023 per questi lavori ci sarà uno sconto del 50% ma con meno vincoli. Il tetto del bonus mobili scende, invece, da 16 a 10 mila euro. Confermato il bonus idrico.

Tasse. La riforma dell’Irpef, che vale 8 miliardi, cancella l’aliquota del 41% e rivede gli scaglioni: l’aliquota sarà del 15% per i redditi fino a 15mila euro, tra 15 e 28mila euro del 25%, tra 28mila e 50mila euro del 35% e del 43% sopra questa soglia. Il taglio Irpef premia in valore assoluto i redditi tra i 42 mila e 54 mila euro (765 euro), il 3,3% del totale (a cui va il 14,1% delle risorse). Secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio, se si considerano i nuclei familiari: il 50% di quelli in condizione economica meno favorevole prende un quarto delle risorse mentre il 10% più ricco più di un quinto delle risorse. La decontribuzione poi vale solo per il 2022. Cancellata anche l’Irap per 835mila autonomi.

Bollette. Contro un aumento dei costi di elettricità e gas stimato in 11 miliardi da Confcommercio, sono stati stanziati 3,8 miliardi che azzereranno per i primi tre mesi del 2022 le aliquote degli oneri generali di sistema della luce e di ridurre al 5% l’Iva degli oneri generali per il settore del gas. Poi si potenzia il bonus bollette, legato all’Isee, per 5 milioni di famiglie. Senza costi per lo Stato, si possono rateizzare le bollette per 10 mesi.

Cartelle. Ci sono 5 mesi in più, contro gli ordinari 60 giorni, per pagare senza interessi di mora, le cartelle notificate nei primi tre mesi dell’anno.

Delocalizzazioni. Il testo di agosto, scritto dopo la crisi della Gkn, s’è trasformato in una procedura obbligatoria da seguire per le aziende che vogliono chiudere o licenziare. Le imprese con più di 250 dipendenti devono dare preavviso almeno 90 giorni prima e predisporre un piano per mitigare gli effetti della decisione. Chi non rispetta la procedura vedrà raddoppiare il costo di finanziamento della Naspi. Se non si trova l’accordo con i sindacati, il contributo è moltiplicato di 1,5 volte.

Pensioni. Nel 2022 si potrà andare in pensione in anticipo rispetto ai requisiti fissati dalla legge Fornero, e con assegno ridotto, grazie a Quota 102 (64 anni di età e 38 anni di anzianità contributiva) che prenderà il posto di Quota 100. Operai edili, ceramisti, estetisti, magazzinieri e maestre anticipano l’uscita dal lavoro tramite l’Ape sociale con 63 anni di età e 32 anni di contributi.

Bonus tv. Rifinanziato con ulteriori 68 milioni il bonus tv e decoder. Gli over 70 (con massimo 20mila euro di pensione) possono ricevere tv e decoder direttamente in casa.

Immobili occupati . Stanziati 10 milioni per i proprietari delle case occupate abusivamente in vista della fine, il 31 dicembre, della proroga degli sfratti.

Tavolini all’aperto. Per i primi tre mesi del 2022 i proprietari di bar e ristoranti, ma anche i commercianti ambulanti, non pagheranno la tassa per tenere i tavolini all’aperto.

Gkn, fabbrica rilevata dall’advisor Borgomeo

L’azienda fiorentina Gkn Driveline, che nel luglio scorso aveva annunciato il licenziamento di 422 i dipendenti, passa di mano: il fondo Melrose, azionista della multinazionale inglese, ha ceduto il 100% del capitale, per una cifra simbolica, all’imprenditore Francesco Borgomeo, che negli ultimi anni ha conquistato fama di ristrutturatore d’aziende e che era stato incaricato dalla stessa Gkn di trovare investitori. Borgomeo ha rilevato, tramite la società QF spa (che sta per quattro Fiducia futuro fabbrica Firenze), tutti gli asset Gkn. Entro i prossimi sei mesi Borgomeo punta a trovare un nuovo investitore. In pista c’è un’azienda dell’industria meccanica applicata al settore farmaceutico e una applicata alle fonti rinnovabili.

Come funziona. Il 110% e le frodi, il blitz della gdf

Il superbonus 110 è una detrazione del 110% delle spese sostenute per l’efficientamento energetico e antisismico nonché per l’installazione di impianti fotovoltaici o delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici. Per ottenerlo i lavori devono assicurare il miglioramento di almeno 2 classi energetiche (o di una sola se non si può fare di più). Il credito è stato reso cedibile o scontabile in fattura.

La misura (costa circa 40 mld fino al 2036) è stata voluta dai 5Stelle ai tempi del governo Conte-2, ma ora è sostenuta da tutti i partiti. La manovra l’ha prorogata al 2023 per condomini e villette unifamiliari. Per queste ultime era stato messo un tetto Isee a 25mila euro per i proprietari, poi saltato sotto la pressione dei partiti.

Draghi ha spiegato di non essere favorevole alla misura, perché farebbe salire i costi dei lavori e incentiverebbe le truffe. Quelle scoperte dall’Agenzia delle Entrate, che comprendono tutte le cessioni di credito su bonus edilizi, ammontano a 4 mld. Ieri la Guardia di Finanza ha sequestrato oltre 1 miliardo di crediti frutto di presunte frodi.

E ora l’Italia va alla guerra del Superbonus

 

Contro. Giuseppe Pisauro. Upb

“Inefficiente e iniquo: non aiuta l’ambiente e favorisce i più ricchi”

Raramente una misura ha ricevuto il sostegno pressoché unanime delle forze politiche in Parlamento come nel caso del Superbonus o Ecobonus 110%. Le motivazioni avanzate sono varie. La più importante sembra essere il rinnovamento del patrimonio edilizio del Paese verso la transizione ecologica. In questa ottica, i dati mostrano che il Superbonus è semplicemente non sostenibile e distorsivo. A novembre una spesa di oltre 13 miliardi ha finanziato circa 70.000 interventi, lo 0,54% delle abitazioni unifamiliari e lo 0,87% dei condomini italiani. La cifra che occorrerebbe per coprire l’intero patrimonio viaggerebbe così verso i 2.000 miliardi. L’eccessiva generosità rende lo schema inefficiente, in quanto, eliminando ogni conflitto di interessi tra proprietari di immobili e imprese edili, induce un aumento del costo del risparmio energetico, come ha sottolineato il presidente del Consiglio mercoledì, quando ha ricordato “l’aumento straordinario dei prezzi delle componenti delle ristrutturazioni”. Un fenomeno noto agli economisti come terzo pagante.

In parte, l’aumento dei costi dipende anche dal fatto che lo schema è percepito come temporaneo, il che determina un volume di domanda che supera la capacità dell’offerta. Così, vi è chi invoca un Superbonus permanente, il virtuale raddoppio del debito pubblico. Un sussidio sovrabbondante, infine, è un potente incentivo a comportamenti illeciti: le ultime notizie raccontano di 4 miliardi di fatture bloccate per sospette frodi (per il complesso degli schemi di cessione del credito e sconto in fattura che comprendono il bonus facciate del 90% e altri).

Le agevolazioni per l’efficienza energetica rispondono certamente a un interesse pubblico. Dal punto di vista economico, le ristrutturazioni generano due tipi di benefici: uno per il proprietario (bolletta energetica più bassa) l’altro per la collettività (riduzione delle emissioni). Ha senso che lo Stato finanzi solo il costo del secondo tipo di beneficio. Bene, quindi, un contributo pubblico ma solo parziale. Una misura come quella del vecchio Ecobonus, 65%, pur già molto generosa, sarebbe più accettabile. In ogni caso, il volume delle risorse necessarie rende chiaro come nell’ottica di una effettiva transizione ecologica, sarebbe fondamentale mobilitare anche il risparmio privato. A questo obiettivo potrebbe contribuire anche la regolamentazione. Un esempio è lo schema facciate in Francia: a Parigi i proprietari devono rinnovare le facciate ogni dieci anni, con una detrazione immediata del 30% delle spese per l’efficienza energetica (altrimenti i lavori li fa la municipalità che poi va rimborsata).

Una seconda motivazione è il sostegno al settore dell’edilizia, cui spesso nel dibattito pubblico si accompagna la questione dell’emersione del sommerso. L’impressione è che misure come questa possano danneggiare il settore favorendo l’ingresso nel mercato di imprese inefficienti. Più in generale, il sostegno con agevolazioni fiscali alle costruzioni è una costante ormai dal 1998 (quando fu introdotta una detrazione temporanea del 41% per le ristrutturazioni). Un sostegno permanente droga il settore e ha ovvi effetti distorsivi (perché questo settore e non altri? Anzi, rimanendo in tema di transizione ecologica, perché non un bonus 110 per le auto elettriche?). Nei prossimi anni, il sostegno alle costruzioni verrà dallo straordinario volume di investimenti in infrastrutture attivato dal Pnrr, rispetto al quale non è chiaro se oggi il settore sia attrezzato (mancano migliaia di addetti). Riguardo al sommerso, basta osservare che se si esenta totalmente dall’imposta un tipo di spesa, l’emersione sarà totale ma naturalmente il costo per il fisco sarebbe ben superiore ai benefici.

Vi è poi la questione degli effetti distributivi. Già le vecchie detrazioni avvantaggiavano in misura sproporzionata i più ricchi: oltre la metà delle detrazioni per ristrutturazioni e risparmio energetico andava al 15% più ricco dei contribuenti (il top 1% otteneva il 10% delle risorse). È probabile che con il Superbonus la situazione peggiori. Le prime evidenze mostrano una concentrazione degli interventi nelle categorie catastali più elevate. A ciò si aggiunge la dimensione media del sussidio che non ha precedenti. I 70.000 interventi realizzati finora hanno un costo medio di 574.000 euro per i condomini e oltre 100.000 euro per gli edifici unifamiliari (cifre in aumento nelle rilevazioni mensili). Nei rapporti dell’Enea compare anche un castello in Piemonte, beneficiario di oltre un milione di euro. Insomma, come vincere una lotteria.

Nel 2019, prima dell’introduzione dei sussidi più generosi (Ecobonus 110 e Facciate 90%), il fisco restituiva ai proprietari con le detrazioni per ristrutturazioni e risparmio energetico quasi metà del gettito di Imu e Tasi (che vale circa 20 miliardi). È plausibile che con i nuovi schemi la restituzione diventerà completa. Nel frattempo, però, parlare di revisione del catasto resta un tabù.

*Presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) (Questo articolo sarò pubblicato anche su Lavoce.info)

 

 

Pro. Riccardo Fraccaro (5Stelle)

“Ha spinto la ripresa: falsità su costi e truffe”

Per la prima volta dopo decenni, l’Italia nel 2021 cresce a un ritmo superiore a quello della media europea: il tasso di crescita del Pil supera il 6%, un punto percentuale al di sopra di quello previsto per l’Unione europea nel suo insieme. Il dato deve molto al rimbalzo dell’economia rispetto alla caduta del 2020, ma è innegabile che il Superbonus 110% abbia trainato il settore delle costruzioni, dando così un impulso decisivo alla crescita registrata finora.
Secondo un recente studio del Cresme, presentato in audizione alla Commissione Ambiente della Camera, almeno un quarto della crescita del Pil è dovuto alla crescita dell’edilizia: senza le costruzioni, la nostra crescita nel 2021 sarebbe inferiore di 1,6 punti percentuali. Inoltre, gli occupati diretti e indiretti nel settore della riqualificazione edilizia sono passati da una media annua di 420mila unità nel 2016 a 765mila nel 2021. Secondo gli ultimi dati dell’Enea, il Superbonus ha attivato finora circa 11,9 miliardi di euro di investimenti ammessi a detrazione, che corrispondono a poco meno di 70.000 cantieri aperti in tutta Italia. E l’Istat mostra che a ottobre 2021 l’indice della produzione nelle costruzioni è cresciuto del 13,9% rispetto a ottobre 2020.
Sono numeri straordinari che mostrano come il Superbonus stia agendo come una vera e propria politica industriale. Una misura che, come mostrato da alcuni studi, è in grado di ripagare nel tempo l’investimento grazie ad un elevato effetto moltiplicatore. Inoltre, è amica dell’ambiente perché permette di ottenere una riduzione delle emissioni e garantisce risparmi alle famiglie, anche a quelle meno abbienti che, prima del Superbonus, non avevano liquidità sufficiente per utilizzare i bonus edilizi. Non a caso, il 15 dicembre la Commissaria europea all’energia Kadri Simson ha dichiarato che queste misure sono benvenute e rappresentano “guadagni significativi per i consumatori”. Bruxelles ha promosso a pieni voti il Superbonus, indicandolo come best practice a livello europeo, con la Strategia “A Renovation Wave for Europe”.
Nonostante questo, negli ultimi mesi il Superbonus è stato oggetto di critiche, in particolare per via del timore di un aumento delle frodi e dei prezzi in corso. Va ricordato, innanzitutto, che l’erogazione dei benefici fiscali del Superbonus è sottoposta a rigorosi controlli. Su questo punto sono state affermate numerose inesattezze, da ultimo proprio dal Presidente del Consiglio Mario Draghi, il quale ha dichiarato in conferenza stampa che l’Agenzia delle Entrate avrebbe bloccato ben 4 miliardi di euro di crediti fiscali relativi al Superbonus. La stessa Agenzia ha però precisato che questa cifra è riferita a tutti i bonus edilizi, compresi i bonus energetici e quelli relativi alle locazioni non abitative. Non è certo la presenza di alcune frodi, peraltro individuate dall’Agenzia, a minare la validità di questa misura: è fondamentale informare imprese e famiglie con dati corretti, onde evitare di bloccare gli investimenti.
Per quanto riguarda la crescita dei prezzi, va ricordato che da mesi è in atto un aumento dei prezzi delle materie prime a livello globale, dovuto alla loro difficoltà di reperimento. Ad esempio in Germania, a ottobre 2021, i prezzi delle materie prime hanno subito la più forte crescita annuale sin dalla crisi petrolifera del 1974: non può essere certo colpa del Superbonus italiano.
Dovremmo piuttosto chiederci che cosa sarebbe successo al comparto dell’edilizia, in piena crisi pandemica e con questo scenario internazionale, senza il Superbonus. Ciò non toglie che un attento monitoraggio dei prezzi per evitare fenomeni di abuso, anche attraverso la convocazione di un tavolo interministeriale, sia utile e auspicabile.
La difesa del Superbonus ottenuta dal Parlamento è un successo storico per il Paese. La compattezza delle forze politiche e della società civile nel sostegno a questa misura dimostra che l’Italia ha sviluppato un modello intelligente di transizione ecologica. Un modello in cui lo Stato non ostacola il mercato ma lo orienta, creando sviluppo e occupazione con benefici per l’ambiente.
*Senatore 5S, ex sottosegretario a Palazzo Chigi e ideatore del bonus

L’altro ‘lodo’, la farsa a Onna, poi l’abisso dei sexy-scandali

2008, 19 maggio. Il primo atto del governo Berlusconi-3 è il decreto Sicurezza del ministro dell’Interno Roberto Maroni. A cui subito viene agganciato, in Senato, l’emendamento Vizzini-Berselli che sospende per un anno tutti i processi per reati commessi prima del 2002: quanto basta per bloccare la sentenza ormai imminente sul caso Mills (e altri 100mila processi). Il Senato lo approva a giugno. Ma è solo un ricatto. La Ammazza-processi viene lasciata decadere alla Camera, in cambio però del via libera di Napolitano e della finta opposizione del Pd a un nuovo “lodo”: quello firmato dal ministro della Giustizia Angelino Alfano che sospende i processi alle prime quattro cariche dello Stato (escluso, stavolta, il presidente della Consulta) fino al termine del mandato. Così, con legge ordinaria, si scardina il principio costituzionale di eguaglianza, come già col “lodo” Maccanico-Schifani, bocciato proprio per questo dalla Consulta. A tappe forzate.

27 giugno. Il Consiglio dei ministri licenzia la legge Alfano.

10 luglio. La Camera lo approva.

22 luglio. Il Senato lo approva in via definitiva. A nulla valgono le proteste dei Girotondi, rinati in piazza Navona.

24 luglio. Napolitano firma la legge Alfano, sostenendo che soddisfa le osservazioni della Consulta sul Maccanico-Schifani. Ma è una bugia: la Corte costituzionale tornerà a bocciarlo, in quanto viola l’articolo 3. Intanto però il premier si libera per un po’ dei processi Mills e Mediaset (non delle altre indagini, che si bloccano solo un attimo prima del rinvio a giudizio). Nel processo Mills il Tribunale stralcia la sua posizione e procede contro il solo avvocato inglese, poi investe la Consulta dell’incostituzionalità del “lodo”. Veltroni esulta: “È una nostra vittoria, il premier non attaccherà più la magistratura”. Invece Berlusconi pretende subito dopo una legge-bavaglio contro la pubblicazione delle intercettazioni, terrorizzato dal rischio che emergano quelle captate dalla Procura di Napoli fra le ragazze che lui raccomandò a Saccà per Rai Fiction e le loro amiche. Ma poi l’allarme rientra quando i giudici di Napoli distruggono le conversazioni piccanti, in quanto penalmente irrilevanti. Così per qualche mese il premier può dedicarsi alle altre sue faccende private: salvare un’altra volta le frequenze di Rete 4, cedendo a Europa 7 (che ha finalmente vinto la sua battaglia davanti alla giustizia europea) una frequenza di Rai Uno; e colpire la concorrenza col raddoppio dell’Iva a Sky.

5 agosto. Entra in vigore il “pacchetto sicurezza” Maroni, cui ne seguiranno altri due: un coacervo di norme discriminatorie contro gli stranieri (che infatti la Consulta e la Corte europea cancelleranno in parte). Una consente alla Polizia di schedare i bambini rom. Una punisce più gravemente i reati se a commetterli è un immigrato senza documenti. Una autorizza i respingimenti dei clandestini in alto mare, senza poter distinguere eventuali profughi di guerra e rifugiati politici con diritto d’asilo. Una addirittura punisce come reato il semplice status di clandestinità (intasando i tribunali di decine di migliaia di fascicoli a carico di migranti senza identità certa). Altre norme “sicuritarie” di pura propaganda impiegano 3mila soldati per l’ordine pubblico urbano e autorizzano la creazione di “ronde” private per affiancare le forze dell’ordine nel controllo del territorio.

2009, 17 febbraio. Mills viene condannato a 4 anni e mezzo in primo grado come testimone corrotto da Berlusconi. Il corruttore invece s’è sfilato dal processo con la legge Alfano e dorme sonni tranquilli. Il suo governo vola nei sondaggi e l’opposizione ancora balbetta, tramortita dalla batosta elettorale, in un Paese ormai mitridatizzato agli scandali.

6 aprile. Anche il terremoto in Abruzzo, maldestramente gestito dalla Protezione civile di Guido Bertolaso (dopo sei mesi di “sciame sismico” non è stato neppure predisposto un piano di evacuazione, anzi la popolazione è stata rassicurata sul cessato allarme, col risultato di 300 morti e migliaia di feriti) diventa un’occasione di passerelle propagandistiche per Berlusconi&C.. Poco importa se, proprio alla vigilia del sisma, il Cavaliere ha annunciato il Piano Casa per consentire ai proprietari di ampliare appartamenti e capannoni fino al 20% del volume con procedure semplificate e leggi aggirate (anche le antisismiche).

25 aprile. Il premier si presenta nel comune abruzzese più devastato, Onna, col fazzoletto da partigiano al collo per celebrare la Liberazione (per la prima volta in vita sua) a favore di telecamera, elogiato come “statista” anche da Eugenio Scalfari e dal centrosinistra. E si accinge ad autocelebrarsi davanti ai grandi della Terra nel G8, trasferito all’ultimo momento dall’isola della Maddalena (dove Bertolaso ha buttato centinaia di milioni di euro in opere inutili) a L’Aquila. Il tutto alla vigilia delle elezioni europee e amministrative.

28 aprile. La moglie del premier, Veronica Lario, denuncia pubblicamente lo scandalo delle “veline” candidate dal marito nelle liste del Pdl per il Parlamento europeo, definendole “ciarpame senza pudore”. Berlusconi le “scandida” quasi tutte in extremis per salvare la quiete in famiglia.

29 aprile. Repubblica rivela che tre giorni prima, in un equivoco ristorante su un cavalcavia di Casoria (Napoli), il premier ha festeggiato i 18 anni di una sua giovanissima pupilla, Noemi Letizia, che lo chiama “Papi” e lo frequenta da quattro anni. La moglie Veronica chiede il divorzio e dichiara: “Mio marito è un uomo malato, frequenta minorenni, vergini che si offrono al drago”.

30 maggio. Il fotoreporter Antonello Zappadu immortala i festini a Villa Certosa (Porto Rotondo) con Berlusconi e decine di ragazze, in parte aviotrasportate da Roma su aerei di Stato. La Procura di Roma apre subito un’inchiesta per peculato, per poi farla archiviare a tempo di record. Il premier denuncia Zappadu.

17 giugno. Altro scandalo, svelato dal Corriere: Gianpaolo Tarantini, piccolo imprenditore barese coinvolto in tangenti nel settore della sanità e traffici di cocaina, è sotto inchiesta per un giro di prostituzione. Fra l’altro, ha procacciato alcune escort a Berlusconi, portandogliele a domicilio a Palazzo Grazioli e non solo. Era lui stesso a pagarle per ingraziarsi il premier ed entrare nel grande giro degli appalti della Protezione civile. I giornali e le tv (soprattutto straniere) si riempiono dei racconti di una delle squillo del Cavaliere: Patrizia D’Addario, che ha registrato gli incontri intimi e alcune telefonate con lui, ed è stata candidata alle Comunali di Bari in una lista alleata del Pdl e patrocinata dal ministro Raffaele Fitto. Il direttore del Tg1 Augusto Minzolini annuncia che il primo notiziario Rai non parlerà dello scandalo: è solo “gossip”.

(20 – continua)

Letta cerca la linea (e scappa da B.)

“Guarda, Enrico, che non si può mica uscire dall’Aula durante l’elezione del Presidente della Repubblica”. Sono stati Andrea Orlando e Dario Franceschini ad avvertire il segretario del Pd che la sua idea di abbandonare l’Aula del Parlamento, in caso si arrivi al voto su Silvio Berlusconi, non è praticabile. Idea che Enrico Letta aveva avuto perché nella sua strategia per il Quirinale al primo punto c’è “evitare B. al Colle”. Punto meno scontato di quel che sembra: perché i dem nel loro complesso hanno reagito malissimo all’autocandidatura di Draghi.

Il timore che il premier al Colle significhi elezioni anticipate e il dubbio che le urne non dispiacciano al segretario va per la maggiore in questi giorni. Tanto più dopo gli abboccamenti di Letta con Giorgia Meloni. E dunque c’è chi è pronto a scommettere che nel segreto dell’urna i dem voterebbero chiunque, pure Berlusconi, per evitare tale scenario. Al Nazareno vanno avanti per la loro strada: Letta sta cercando di costruire un percorso che tenga tutti dentro e preservi anche la figura di Draghi. Anche qui, la costruzione di una candidatura con la più larga maggioranza possibile è declinata in maniera diversa dal segretario e dai suoi ministri. Se Letta è pronto ad andare su Draghi prima di tutto, anche per far sì che torni un po’ di politica che gli consenta di ritagliarsi un ruolo per sé, Franceschini lo considera l’ultima opzione prima del disastro. Non solo e non tanto perché spera ancora nel Colle, ma per i rapporti pessimi che ha ormai con lui. Senza considerare che lui e Orlando hanno direttamente da perdere rispetto a un cambio di governo: non è mai il caso di dare per scontato che restino ministri.

Lorenzo Guerini, ministro della Difesa, in questo momento resta defilato. È uno di quelli che con Draghi va più d’accordo ed è dunque pronto ad aiutarlo nella salita al Colle. Ma deve fare i conti con la propria componente parlamentare: i deputati e senatori di Base Riformista non sono tanto di questa idea. Temono il ritorno alle urne, peraltro penalizzati dal taglio dei parlamentari. E poi c’è chi vorrebbe che Draghi rimanesse anche oltre il 2023, con l’idea di un sistema politico che cambia radicalmente.

Anche per questo, le chat dem improvvisamente sono risultate silenti. Se ne parla dopo Capodanno. Quando poi, magari, la candidatura di Giuliano Amato avrà preso ancora più forma. Nel frattempo, Letta continua a cercare di portare avanti l’asse con Giuseppe Conte. Altra nota dolente: il leader dei 5Stelle è sempre più ostile rispetto a Draghi al Quirinale. C’è una data cerchiata in rosso nel calendario: il 13 gennaio, quando Letta riunirà la direzione con i gruppi parlamentari. Tentativo di blindare la linea e impegnare tutti a mantenerla.