Devono dare l’impressione di essere uniti perché hanno un vantaggio, quello dei numeri in Parlamento. E per di più hanno un candidato da contrapporre – almeno ufficialmente – a Mario Draghi che non ha alcuna intenzione di mollare dopo il passo in avanti del premier in conferenza stampa. Anzi. Silvio Berlusconi si vede già tra i corazzieri e i giardini del Quirinale: “In effetti hanno bisogno di una cura migliore, come quella di questa casa” ha detto ieri, tra il serio e il faceto, il leader azzurro ai suoi commensali indicando le bellezze naturali di villa Zeffirelli, sull’Appia antica. Il 10 gennaio, quando i leader del centrodestra si rivedranno, dovranno scoprire le carte e decidere: continuare a puntare su Berlusconi o, nel caso capissero che non ci sono le condizioni, intestarsi la candidatura di Draghi. Ma, è la condizione posta da Giorgia Meloni, bisogna decidere insieme. E le differenze non mancano. Tant’è che il comunicato congiunto si ferma al metodo (“saremo uniti ai prossimi appuntamenti istituzionali”) ma non si fanno nomi.
Il fatto da cui partire, però, è che il leader di Forza Italia si sente pienamente in partita. Ieri ha ricevuto a pranzo i leader del centrodestra e, tra un raviolo, un filetto di manzo e un babà, ha fatto capire espressamente che vuole scendere in campo. Lo farà a inizio gennaio, quando i giochi del Colle si faranno concreti. Davanti a Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Giovanni Toti, Maurizio Lupi e Lorenzo Cesa, Berlusconi spiega: “Non è ancora il momento di candidarmi ufficialmente ma sono convinto di potercela fare”. E ancora si è mostrato sicuro rispetto ai 50 voti che mancano per essere eletto al quarto scrutinio: “Voi pensate a garantirmi i voti di tutto il centrodestra – dice Berlusconi – poi agli altri ci penso io. Ho amici da tutti i lati: ho almeno 150 voti di margine, i franchi tiratori non saranno rilevanti”. Ai cronisti assiepati davanti a villa Grande fa sapere che deciderà a “gennaio” e che non può parlare delle “intenzioni di Draghi”, ma durante il vertice tutti i leader del centrodestra si sono detti “irritati” per la “fuga in avanti” del premier. Dalle parti di Arcore apprezzano anche il muro alzato dal M5S. A tavola, tutti si dicono disponibili a sostenere Berlusconi. Almeno a parole. Salvini spiega: “Se c’è Silvio in campo, siamo compatti”. Meloni gli fa eco: “Se c’è il presidente Berlusconi, noi lo voteremo”. Tutti annuiscono, nessuno però dà garanzie. Non si parla di piani B (Berlusconi non è ostile a Giuliano Amato).
Ma poi iniziano i distinguo. La più diretta è Meloni che, dopo aver strizzato l’occhio a Draghi, prende la parola e manda un messaggio a Salvini: “Per noi è facile appoggiare il candidato di centrodestra ma se Draghi vi chiede di votarlo, voi che fate?”. E ancora: “Qualunque ipotesi dovremo deciderla insieme”. Per questo Meloni ha chiesto una regia permanente che si aggiorni su tutte le novità in vista del Colle anche perché, ha concluso la leader di FdI, se andiamo divisi a questa partita “il centrodestra non ha futuro”. A partire dal “no” al Mattarella bis che è stata ipotizzata a tavola da Gianni Letta: “Visto il peggioramento della situazione covid non si può escludere che a gennaio vengano congelate le caselle di Chigi e del Colle” ha detto il gran visir di Arcore. Tutti i leader si sono opposti a questa soluzione.
Salvini invece risponde a Meloni con una formula che tiene aperte tutte le porte. Compresa quella di un sostegno a Draghi che il leader leghista ha incontrato ieri mattina a Palazzo Chigi “in piena sintonia” su bollette e Pnrr. “Serve un’elezione rapida e il più possibile condivisa, fermo restando che si dovrà fare i conti con una proposta di centrodestra”. Tattica pura, in attesa del nuovo anno.