Gli Ei Furono.Repertorio delle personalità illustri scomparse, sebbene viventi, svanite nell’arco di un anno. Dal 4 marzo 2018 al 4 marzo 2019.
Matteo Orfini
Statista
Come di Amintore Fanfani – leader della Democrazia Cristiana che fu – non resterà altra immagine che quella del pacco di giornali ai piedi per consentirgli di arrivare all’asta del microfono, così Orfini, ex dirigente del Partito Democratico, avrà uno scatto a garanzia dell’eterna memoria: attaccato al joystick della playstation per sentirsi coerente con lo Spirito del Tempo. In quella foto sta aspettando i risultati elettorali delle regionali 2015. Con lui, nell’epifania dei Titani, il suo diretto principale: Matteo Renzi, il mancato Fanfani del Pd che le cronache raccontano essere il mancato Mara Carfagna di Forza Italia.
Diego Della Valle
Imprenditore
I pallini alle suole delle sue celebri scarpe Tod’s furono, per l’Italia smart a cavallo tra l’epoca di Silvio Berlusconi e quella di Paolo Gentiloni, ciò che le ali ai piedi erano per Hermes, o Mercurio che dir si voglia, e propriamente nel senso del dio dei mercanti, degli estrosi venditori e sognatori partiti allegri con Forza Italia di Berlusconi e poi finiti cupi e tristi al fianco della mesta Scelta Civica di Mario Monti. Ambito ospite nei salotti tivù, è stato anche il contraltare marchigiano dell’albagia piemontese dei Gianni Agnelli. Tanto questi vestiva col gusto del gangster, con regolamentare orologio allacciato sopra la manica, quanto lui – adornato di ampi colletti e volant – ostenta al polso braccialetti, sonaglini e pendagli di varia foggia.
Rosario Crocetta
Rivoluzionario
Uomo che emana fascino, reclutatore di legalità a getto continuo, star nella scena internazionale per aver colorato con l’arcobaleno la mascolissima Sicilia coi baffi, Crocetta è sparito dai radar – dopo aver fatto costruire agli americani quello del Muos a Niscemi, quello che lui aveva promesso di non fare mai installare – per ritirarsi nel suo eremo ad Hammamet. Amico degli amici dell’antimafia, già presidente della Regione Siciliana, Rosario non è stato sostituito dal suo successore bensì direttamente da Gianfranco Micciché, l’uomo forte dell’isola. L’attuale presidente del parlamento regionale, in virtù dell’antico adagio borbonico – sopra il Re c’è sempre il Viceré – comanda e quindi alimenta l’inaspettata vampata di nostalgia, quella che fa dire a tutti i siciliani: “Torna, Crocetta, tutto ti è stato perdonato”.
Carlo Rossella
Lo chic & lo charme
Comunista di comprovata ortodossia, fedele alla linea di Armando Cossutta – il leader dell’ala sovietica del fu Pci – Rossella ha avuto cancellata la sua rubrica sul settimanale Chi e perciò cade vittima del pregiudizio russofobo tipico di questa stagione politica, stretta tra la padella europeista e la brace atlantista. Alfonso Signorini, togliendola, ha dovuto eseguire un ordine impartito dall’amministratore delegato di Mondadori e comunque Rossella – elegantissimo e informatissimo inviato di Esteri – funestato da questa prepotenza non ha accampato gli onori tributati ai perseguitati politici, anzi. Come l’uomo in frac, col cilindro per cappello, il diadema di cristallo e col candido gilet di seta blu ha detto addio a quel mondo ma non a Berlusconi: “È molto più a sinistra di tanta gente di sinistra”. Se non è Stalin, Silvio è comunque Breznev.
Chicco Testa
Ex fidanzato di A. Chirico
Squillante mente della classe dirigente che fu, manager d’azienda formatosi nella militanza del più grande partito comunista d’Occidente, Testa ha sbagliato i conti sul Ponte Morandi di Genova, ma per fortuna solo su Twitter da scatenato troll qual è del nostalgismo renzista. Già presidente del cda di Enel, membro di Wind, bello come pochi tra i reduci della Fgci dove comunque anche Walter Veltroni faceva la sua figura, Chicco che all’anagrafe è Enrico è anche un frequentatore di Capalbio. Tra i più charmant dell’irraggiungibile tribù degli abbienti dove c’è anche Luca Cordero di Montezemolo, altrettanto sparito, ma suo successore al fianco di Annalisa Chirico (praticamente spariscono tutti eccetto lei), Testa resta comunque l’ambientalista di sempre. Presidente di Fise-Assoambiente, ormai single punta su Greta Thunberg (aspettando, da gran signore qual è, che la ragazza compia la maggiore età).
Fabio Fazio
Bravo presentatore
Conduttore di Che tempo che fa su Rai1, ghostwriter di Carlo Cottarelli, preparatore atletico di Roberto Saviano, assistente di laboratorio del virologo Roberto Burioni, spalla di Luciana Littizzetto, primo tra i promoter di Matteo Salvini, Fazio è – di fatto – sparito. Quando Rosario Fiorello dal palco del Festival di Sanremo aveva scherzato con Mario Orfeo parlando del “periodo trolley” in vista del 4 marzo – “fatte le valigie?” – non si preparava solo l’addio del direttore generale della Rai; c’era anche il ciao-ciao dell’ilare Claudio Baglioni, dittatore artistico all’Ariston ma, soprattutto, il mai più rivederci (finché il gialloverde gialloverderà al governo) dello stesso Fazio e del suo cospicuo compenso, amorevolmente sparito nelle sue beate tasche.
Nanni Moretti
Regista
Si nota di più proprio ora che non c’è più nel paesaggio dell’Italia prima dei girotondi contro lo strapotere della destra. Finita la stagione del ceto medio riflessivo, esaurita la richiesta di far dire qualcosa di sinistra a D’Alema (che non è propriamente sparito, avendo scelto il palcoscenico del Vinitaly a Verona, con un suo superbo vino), Moretti è diventato afono e invisibile malgrado il suo ultimo docu-film su Pinochet, Santiago, Italia. Esercitandosi sul parallelismo distopico, quello tra il golpe sanguinario della Cia e l’attuale deriva populista dominata “da rigurgiti di intolleranza e di razzismo”, Moretti si sarebbe notato se fosse da qualche parte – o al Sacher, oppure al seguito di Marzullo – ma resta il fatto che l’unico a farsi notare di più senza esserci nella scena d’Italia non è più lui, ma Alessandro Di Battista.
Dudù
Canuzzo
Compagno di giochi di Vladimir Putin – ebbe a fargli il riporto di ben due palle, con elegante slalom sul parquet di casa Berlusconi – l’amorevole Dudù non s’è visto più. Protagonista della svolta Lgbt del Cavaliere – celebre fu il selfie con Wladimir Luxuria e Francesca Pascale – Dudù ha raccontato i giorni felici di Forza Italia meglio di un Samuel Beckett. E figurarsi cosa poteva fare un Empy, il cagnetto che Daria Bignardi, a suo tempo, propinò in diretta tivù a un attonito Mario Monti affinché aiutasse l’austero premier ad avere maggiore empatia coi suoi governati tartassati. L’unico che ha saputo tenergli testa è stato Aiace. Quest’ultimo è il cane di Massimo D’Alema – benemerito rosicchiatore dei polpacci di Alan Friedman, incauto intervistatore tra i vitigni del già citato vino – che comunque, non ha avuto la vita difficile del dimenticato Dudù.
Clemente Mastella
Neo dadaista
Il ricordo vivido e sempre attuale dei torroncini, il dono più dolce che la politica italiana abbia saputo concedere ai suoi narratori, è tributo perenne a Clemente Mastella, re di Ceppalonia. Ha sempre percorso gli scalini della clientela, e grazie al suo talento ha reso possibile una permanenza in Parlamento, in tv e negli uffici di vari ministeri per un quarantennio. Ha fondato e rifondato partiti, associazioni, sodalizi di variegate virtù, ha preteso per Sandra, sua diletta sposa, un impiego da senatrice. Non è detto che la sua compagna, accampata attualmente nei pressi di Forza Italia, non possa prossimamente valutare un trasferimento dalle parti della Lega, considerato che al Sud Salvini raccoglie entusiasmi e anche Mastella vuol bene al Mezzogiorno. Lui, cioè Clemente, si è accontentato di fare il sindaco in disgrazia di Benevento, giacché la città ha dichiarato fallimento. Le ultime più rilevanti e afflitte dichiarazioni (“Ho il conto in rosso e ho capito chi pensa al suicidio”) sono state ingiustamente censurate dal regime gialloverde. Si apre forse per lui un nuovo impegno, meno politico e più artistico: la rivisitazione concettuale del futurismo e anche del dadaismo.
Angelino Alfano
Avvocato d’affari
Resta quella parola, quel quid mancante, a tenere accesa la fiammella del dolore, e resta, come ricordo di un affetto che non scompare nei gorghi della politica, quel biglietto che il Cavalier Berlusconi fece recapitare al suo più fedele collaboratore. Farsi visitare subito dal tricologo e procedere con l’innesto. Purtroppo le incomprensioni hanno avuto il sopravvento e Angelino Alfano, senza partito, senza quid e anche senza capelli, ora ha scelto la via della lobby. Agevola i passi di un importante studio d’affari mentre ripensa a cosa è stato e cosa può ancora essere. Ci auguriamo che questo purgatorio sia solo pro tempore e domani, chissà, Alfano possa ritornare in scena, financo con Forza Italia. Magari con tanti capelli in testa e finalmente un quid in tasca.
Luca Lotti
L’organizzatore
I riccioli, quelli mancano più di ogni altra cosa. Di Luca Lotti si può pensare tutto il male possibile ma non essere addolorati della scomparsa dal panorama del potere di una testa così fortunatamente scapigliata. Luca è l’uno e il suo opposto. Esistono infatti due Lotti. Il primo, legato ai piaceri della comunella, al tiki taka nei campetti di calcio, al chiasso della periferia fiorentina. Il secondo invece, algido programmatore, geometrico misuratore di preferenze, voti e poteri. Il tramonto renziano conduce Lotti nel buio della penitenza e (forse) della irrilevanza. Al popolo mancheranno i suoi riccioli. E anche questo, volendo spaccare il capello in quattro, è un problema politico.
Niccolò Ghedini
Utilizzatore finale
C’è stato un tempo che l’avvocato Ghedini era così tanto indaffarato a seguire i processi berlusconiani e le attività di governo da non poter gioire dei pochi piaceri che si concedeva. Tra questi la guida delle auto d’epoca, ben sette nel suo garage padovano. Gli impegni si fecero così pressanti che Niccolò, per non rubare neanche un minuto agli affari di Stato, inventò un nuovo modello esperienziale per dare un po’ di pace alla sua anima. Si mise a fantasticare, al mattino presto, ma per non più di cinquanta secondi, se stesso alla guida di una delle sue meravigliose auto. Chiudeva gli occhi, e fingendo di essere al volante, sibilava: “Wrooom, wrooom”. Ogni bambino ha provato a correre con la spider dei sogni, e lui si faceva bambino e se ne rallegrava. Adesso, declinati il forzismo e l’agorà, si prende cura del grano, che coltiva in gran quantità, e dell’olio, di cui resta l’utilizzatore finale.
Fedez e Chiara Ferragni
Marito e moglie
Lo spirito del tempo ha interrotto la poetica del cantante e un po’ silenziato le scelte da influencer di Chiara. La coppia, poco sintonizzata sul grilloleghismo, ha scelto un periodo di sabbatico per riflettere bene su come dare senso al futuro che è lì che aspetta. Un tema sottaciuto ma ugualmente rilevante per Fedez e per noi che siamo suoi ammiratori è se proseguire con i tatuaggi oppure farla finita, così come è stato per X Factor.
Lele Mora e Emilio Fede
In attesa di redenzione
Il primo, meticoloso organizzatore di feste, il secondo, irraggiungibile pokerista e giornalista, sono sulla via della grazia. Fede ha intenzione di parlarne con Mattarella per via di una condanna al carcere che nell’ultimo tratto della vita appare sommamente ingiusta. C’è da dire che insieme hanno formato la coppia perfetta: speso e arraffato, goduto e sprecato. Anche un po’ bugiardi. Non resta che la grazia. Amen.