Tempo di primi bilanci per la XVIII legislatura che entrava nel vivo giusto un annetto fa. La prima seduta fu, infatti, il 23 marzo 2018 ma – visto che non si riusciva a formare il governo – il Parlamento restò fermo per settimane. Fu proprio tra aprile e maggio che arrivò alle Camere il primo atto di rilievo, esaminato dalle commissioni speciali visto che non erano ancora costituite quelle “normali”, vale a dire il Documento di economia e finanza del governo Gentiloni.
E dunque, anche se l’attività entrò nel vivo solo in estate, un anno di lavori parlamentari. Un dato balza agli occhi: le leggi approvate sono la metà rispetto a un periodo analogo della XVII legislatura, il che ovviamente non vuol dire nulla (l’unica cosa che non manca di certo in Italia sono le leggi): dal 15 marzo al 31 dicembre 2013 infatti, quindi in circa nove mesi di lavoro, il Parlamento che aveva dato la fiducia al governo di Enrico Letta (ma gliel’avrebbe tolta a breve) sfornò 98 leggi tra ordinarie (49), decreti legge (43) e ddl inerenti il bilancio dello Stato (6), quelli di iniziativa parlamentare furono 14 cioè poco più del 14,2% dell’intera.
Come detto, la performance numerica della legislatura in corso è assai peggiore, che però – e questo è un dato positivo in una Repubblica parlamentare – vede crescere il peso dell’iniziativa parlamentare: dall’inizio della legislatura sono state infatti approvate “solo” 43 leggi (quelle ordinarie sono 25, le conversioni di decreti legge 15, i ddl inerenti il bilancio dello Stato 3), di cui 13 di iniziativa parlamentare e una mista, oltre il 30% del totale. Insomma, se il numero delle leggi si dimezza, la percentuale di quelle proposte dalle Camere raddoppia.
Cala – sempre in rapporto all’inizio della legislatura scorsa (e sensibilimente se il paragone è col precedente governo Monti) – il ricorso al voto di fiducia: l’esecutivo Letta, tra aprile e dicembre 2013 (otto mesi e qualche giorno), incassò il via libera del Parlamento 14 volte, Conte e soci in 11 mesi l’hanno chiesta invece 10 volte (ovviamente, essendo scesa drasticamente l’attività legislativa, aumenta però la percentuale sul totale dei provvedimenti).
Non solo questa legislatura ha approvato poche leggi, ma anche pochi emendamenti: 989 modifiche in totale nelle 43 leggi approvate (cioè 23 a provvedimento), 218 dei quali proposti da parlamentari dell’opposizione e 13 bipartisan.
Come al solito va invece a rilento l’attività di legislazione secondaria, questa di competenza principalmente del governo. Funziona così: le leggi approvate in molti casi rinviano a regolamenti o normative di dettaglio da adottare in seguito e Giuseppe Conte e i gialloverdi non hanno fatto eccezione.
Le leggi fin qui approvate prevedono288provvedimenti attuativi di rango non legislativo (escluse, dunque, le deleghe al governo): in particolare si tratta di 4 decreti del Presidente della Repubblica, 45 Dpcm, 158 decreti ministeriali e 81 atti di altra natura. Secondo il conto che tiene lo stesso governo, ad oggi risultano realizzati solo 48 di questi adempimenti, vale a dire il 16,6% del totale. Nulla di nuovo sotto il sole. Basti dire che, ad oggi, mancano ancora 12 provvedimenti attuativi del governo Letta (326 totali), 139 del governo Renzi (su 946) e ben 279 del governo Gentiloni (su 541).