Libri da ardere il cuore: romanzi come schegge impazzite in un Medio Oriente altrettanto impazzito; aforismi filosofici di irresistibile humour nero; Pasolini come bussola; inchieste puntute della ex direttrice del New York Times; storie di incolpevole felicità; scrittori sull’orlo di una crisi di nervi… Ecco i nostri consigli di lettura – ma anche di regalo – per le feste di fine anno, che non si annunciano di certo allegre. Un antidoto alla tristezza? Le battute di Cioran, il grand tour di Simenon o lo Yoga di Carrère, mica sul serio. Un libro-mondo? Quello di McCann o di Labatut o di Piperno, tornato in grande spolvero. Una storia d’amore con le ali? Citofonare agli antifascisti. Teoria e tecnica della rivoluzione? Telefonare a Marx. Come diventare ricchi? Chiedere a Martin Eden – alias Jack London – che riuscì nella memorabile impresa di fare soldi, scalare la società e sposare una ereditiera col “semplice” mestiere di scrittore. Incredibile. Che scherzi gioca la letteratura.
I Consigli delle nostre firme
Maddalena Oliva Perché il buon giornalismo (slow) non morirà
“Il tatuaggio resta con me, dirigere il NYTimes è stato l’onore della mia vita” ha detto Jill Abramson in una delle sue lezioni per giovani reporter. Era il 2014: la prima donna a capo del più influente quotidiano del pianeta era stata da poco licenziata, non senza polemiche di genere. Il sistema dell’informazione è in guerra con se stesso da 20 anni. E nell’inchiesta di Abramson – 800 pagine scritte come solo una grande giornalista può fare – i fattori di crisi ci sono tutti (dal calo di diffusione allo strapotere dei social come fonti di notizie). C’è la cronaca pungente dello star system delle firme, il dramma dei tagli, le incertezze degli editori, l’ossessione per i risparmi, la difficile transizione digitale. Per i media sarà comunque la fine di un’epoca. Per scoprire quali sopravviveranno, leggete. C’è, nonostante tutto, dell’ottimismo.
Salvatore Cannavò Le immagini nascoste della rivoluzione
Non è la storia lineare delle tanti rivoluzioni che hanno trafitto la Storia, ma uno sguardo orizzontale, trasversale agli stessi accadimenti per coglierne i punti di forza e di debolezza. Senza pregiudiziali ideologiche. Certo, a guidare il viaggio c’è Marx, ma c’è soprattutto Walter Benjamin, la sua cura per la storia dei vinti, la rivoluzione come un “freno di emergenza” contro il dirupo cui conduce il mito di progresso. Un libro da gustare in saporiti bocconi, senza fretta, in cui il passato rivoluzionario è composto di “locomotive, corpi, statue, colonne, barricate, bandiere, luoghi, dipinti, poster, date, vite individuali”. Una collezione di “immagini dialettiche” che restituiscono un quadro degno del Louvre. Enzo Traverso è uno degli storici più apprezzati nel mondo, insegna a New York, peccato non averlo a portata di mano. E di parola.
Antonello Caporale Il perfetto compagno di strada è cioran
Nel tempo dell’incertezza e della solitudine vagheggiata oppure ingiunta per motivi sanitari, Emile Cioran è il perfetto compagno di strada, il maestro che potrà spiegarvi la nostra misteriosa e fragile vita. È l’unico infatti che parla della morte come fosse sua sorella. La invidia, l’aspetta, la cerca, la spiega come segno di vitalità, per poi allontanarla, felice di aver però trovato il suo filo. Cioran è un filosofo del corpo, della nostra carne, della nostra mente. Perciò vi consiglio, ora che non c’è più, di scovare nella vostra libreria uno dei suoi libri (mi auguro che l’abbiate, perdinci!), e di leggerne qualche pagina.
Cioran è fatto apposta per questo tempo di facili e stupide certezze. Insegna al dubbio. In una sua bellissima poesia ripete che il dubbio è la sua droga, “tutto ciò che mi tiene in vita. Datemi dubbi e ancora dubbi”.
Gad Lerner Le schegge impazzite che raccontano il Medio Oriente
Geniale è la tecnica di montaggio con cui Colum McCann ha frantumato la nostra idea di romanzo per rimontarla in 1001 pezzetti, 500 schegge in salita e altrettante in discesa, inchiodando la nostra attenzione alla trama scomposta del mosaico, come succede nelle serie tv. Poesia pura è lasciarsi prendere per mano dalle sue apparenti divagazioni, fiduciosi che ci torneranno buone, non solo per commuoverci, ma per capire. È dovuto venire uno scrittore da fuori per narrarci le verità profonde del conflitto mediorientale, le storie intrecciate di Rami Elhanan che ha perso la figlia Smadar e di Bassam Aramin che ha perso la figlia Abir. Nulla ci risparmia, surclassando in precisione il giornalismo e traendone una sinfonia. Deve averlo aiutato il suo essere irlandese. Fatto sta che per me Apeirogon resterà una pietra miliare della letteratura.
Massimo Fini Nel cielo di London, che fatica diventare scrittori
Martin Eden è un romanzo di Jack London del 1908. Non è quindi attuale. Non è nemmeno originale perché è una storia d’amore fra un uomo dalle basse origini sociali e una ragazza dell’high class. Non è originale neppure per il razzismo sociale che si respirava nell’800; è invece interessante per chi oggi la pretenda a scrittore. Martin vuole conquistare la fama letteraria per poter sposare Ruth. E scrive, scrive, scrive, racconti, poesie, saggi che manda alle riviste che regolarmente glieli respingono. Finché arriverà il libro che gli darà fama internazionale: La vergogna del sole nel romanzo, Il richiamo della foresta nella realtà. Perché Martin Eden è una sorta di biografia di London che patì le stesse disillusioni. È una pedagogia dello scrivere, della sua fatica: dovrebbe essere ficcato in testa a martellate a chi oggi si illude di essere uno scrittore.
Ettore Boffano Il viaggio intorno al mondo di Simenon vale Maigret
Per gli eterni duellanti tra il Simenon di Maigret e quello “degli altri gialli” (senza il commissario del Quai des Orfèvres), può segnare a tratti una piacevole tregua; qualche volta offrire addirittura l’occasione per un reciproco “tradimento”. Favorito da Adelphi che, dopo Mediterraneo in barca ed Europa 33, manda in libreria la terza raccolta dei reportage dello scrittore belga, accompagnati dalle fotografie che lui stesso scattava: A margine dei Meridiani. Il suo giro del mondo avviene nel 1935 e scorre dalla Lapponia sino a Tahiti. Con un filo conduttore amaro e pessimista, tratteggiato dalle parole che precedono lo sbarco a Bombay: “…Produciamo scarpe, camicie e bibbie per i selvaggi, quando sono selvaggi che possono servire a qualcosa. Altrimenti, come in Australia, li lasciamo crepare, e anzi li aiutiamo un pochino…”.
Silvia Truzzi Le lettere di PPP: 300 missive di vita, cultura, tenerezza
Si chiama semplicemente Le lettere ed è l’imponente opera uscita a novembre per Garzanti che raccoglie l’intero epistolario di Pier Paolo Pasolini dal 1940 al 1975, curato da Antonella Giordano e Nico Naldini. Il volume raccoglie oltre 300 missive inedite, ritrovate dai curatori negli archivi di fondazioni, biblioteche, oltre che dei destinatari e dei loro eredi. Ne ha scritto sul Fatto una bella recensione Furio Colombo, ma lo segnaliamo di nuovo perché se esiste un ideale di strenna è proprio l’epistolario pasoliniano. Ci troverete molto della vita culturale del 900 nei dialoghi di PPP con Gianfranco Contini, Paolo Volponi, Elsa Morante, Giuseppe Ungaretti, Aldo Palazzeschi (a cui nel ’68 chiede un voto per lo Strega!). E alcune tenerissime pagine personali (“Carissima mammetta, ho ricevuto le tue cartoline e le ho baciate mille volte”).
Gianni Barbacetto La memoria del 900, il presente di Stajano
La narrazione parte dalla visione di una donna alta, secca, con indosso una lunga tunica nera. E termina con un verso su una bottiglia “finora non arrivata dal mare”. Tra il presente della pandemia e il passato della poesia, il filo corre continuo, s’ingarbuglia e s’addipana, in gomitolo (o forse gnommero). Anche quest’ultimo libro di Corrado Stajano, Sconfitti, racconta l’Italia di oggi, dunque di ieri. La pandemia è marcata da un ottuso semaforo, nel buio deserto di via Boccaccio a Milano. Poi Stajano ci trascina nella Palermo dove muore Carlo Alberto dalla Chiesa, nella Cuneo delle brigate partigiane, nel Varesotto di Giovanni Borghi, quello delle lavatrici. Nella Roma dei preti, e nel salone della banca di piazza Fontana, poco dopo l’esplosione… Il romanzo di un “Bel Paese che a 160 anni dall’unità non sembra possedere ancora un’idea di nazione”.
Fabrizio d’Esposito Un amore antifascista in volo su roma
Una storia d’amore e di antifascismo, in cui lui, Lauro de Bosis, dice: “Io credo che la questione del fascismo sia essenzialmente una questione morale, che riguarda la coscienza degli italiani”. L’epopea di de Bosis raggiunse l’apice il 3 ottobre 1931: un volo “dannunziano” su Roma per lanciare 400mila volantini contro la dittatura di Mussolini. Era sabato sera e il suo minuscolo monoplano si perse poi nel Tirreno. Il corpo non venne mai trovato. Ed era il 1928, sempre a Roma, quando de Bosis, poeta e dandy e antifascista liberale in seguito “allievo” di Salvemini e don Sturzo, s’innamorò di Ruth Draper, attrice americana. Lauro aveva 27 anni, Ruth 44. Il loro amore, cresciuto nel culto per la libertà e drammaticamente breve, è raccontato da Giovanni Grasso, consigliere per la stampa e la comunicazione di Sergio Mattarella, nel suo ultimo romanzo.
Daniela Ranieri Tra genio e furia, Dio e nazisti, si dibatte l’umanità
Se come dice la Bibbia la Sapienza è riflesso della luce perenne, Quando abbiamo smesso di capire il mondo è un libro illuminato. È un arazzo sapiente di casi e biografie le cui trame sembrano obbedire a una legge superiore, beffarda o sublime.Ad esempio, il cianuro che i nazisti useranno per suicidarsi nel ’45 è alla base del blu di Prussia delle Crocifissioni di Cristo dei fiamminghi. E Fritz Haber, creatore del gas usato dai tedeschi nel 1915 nel primo attacco chimico della Storia, inventò un fertilizzante che salvò milioni di vite dalla carestia, ma anche, nel 1920, lo Zyklon B, un pesticida a base di cianuro che Hitler userà per sterminare gli ebrei, tra cui i parenti di Haber. In questo libro ipnotico Benjamín Labatut dimostra che furia di morte, poesia, genio convivono dentro lo stesso spazio psichico, quello dell’umanità.
Alessandro Ferrucci Piperno ha creato una magia senza colpa
È bello oltre i suoi (presunti) difetti. Di chi è la colpa di Alessandro Piperno può risultare verboso, è vero, e lo stesso Gad Lerner, proprio sul Fatto, lo ha messo in evidenza, ma dopo averlo lui stesso apprezzato. Ha delle piccole incongruenze temporali, quelle che in un giallo distruggerebbero l’architettura della storia; è più profonda, “tonda” ed equilibrata la prima metà, ma si nota solo perché si passa dalla magia alla grandezza: è come bere un super rosso (Barolo? Brunello? Amarone?), talmente grande e pieno da non avere più il palato adatto per assaporare nessun gradino sotto. Bene, nonostante questo, il romanzo di Piperno è uno dei migliori dell’anno, così denso e ricco da creare, per chi legge, quell’universo parallelo che ti avvolge e permette di vivere altrove per tutte le pagine.
Camilla Tagliabue C’è più verità in Carrère che nel Dalai Lama
Emmanuel Carrère è un fingitore: possibile che la sua storia si intrecci sempre con la Storia, che la sua vita spicciola sia sempre imbrigliata agli eventi epocali, come l’attentato a Charlie Hebdo che guasta il suo seminario di meditazione Vipassana nella foresta? La vita come un romanzo. Russo o no: bisogna farci i conti col sornione scrittore, che anche con Yoga rasenta il capolavoro. In soldoni, tra una pratica e l’altra, Carrère scopre – o meglio, si convince – che c’è più verità in Dostoevskij che nel Dalai Lama, più efficacia nell’elettroshock che nella psicoanalisi, più bellezza negli amplessi rubati in albergo che nelle stanze nuziali. Ma questa era facile: il difficile è tenere insieme – come fa lui – la sofferenza di giovani afghani profughi e la sofferenza di un adulto francese bipolare. Profugo sì, ma di se stesso, la cui unica fuga resta quella musicale.