Francia, il male dei “flic”. Il lavoro che ti ammazza: poliziotti, troppi suicidi

Quando alle 9 del 18 aprile gli agenti del commissariato centrale di Montpellier sono entrati nell’ufficio del capitano della polizia dipartimentale, hanno trovato la loro collega Elisabeth, 48 anni, madre di due bimbe, morta: si era sparata con l’arma d’ordinanza. Lo stesso giorno, un altro poliziotto, 25 anni, è stato ritrovato a casa sua, a Villejuif, nella periferia di Parigi., anche lui si era tolto la vita con la sua pistola. Sono 28 i poliziotti che dall’inizio dell’anno si sono suicidati in Francia. I dati dei sindacati della polizia concordano con quelli della Mobilisation des policiers en colère: un’associazione nata nel 2016.

Da allora i “poliziotti arrabbiati” denunciano le condizioni del loro lavoro e chiedono più mezzi e personale (dopo i tagli voluti da Nicolas Sarkozy). Ma anche la fondatrice dell’associazione, Maggy Biskupski, 36 anni, si è tolta la vita due anni dopo sparandosi con la sua pistola. In Francia, nel 2018, si sono registrati 35 casi di suicidio nella polizia. Il Syndicat général de police teme che di questo passo nel 2019 si superi il tetto di 70 suicidi del 1996, quello che i poliziotti chiamano “l’anno nero”.

Il 19 aprile ci sono state proteste davanti ai commissariati di polizia. La settimana prima il ministro Christophe Castaner era andato in visita all’Hôpital des gardiens de la paix, sul boulevard Saint-Marcel, a Parigi, un’istituzione centenaria che propone un servizio di pschiatria e accompagnamento psicologico per gli agenti “in condizioni di fragilità”. In questa occasione aveva annunciato la creazione di una “unità prevenzione suicidio” aperta 24 ore su 24. Sarà attiva da domani. Stando a un rapporto del 2018 sul “malessere dei poliziotti”, il tasso di suicidi è superiore del 36% a quello del resto della popolazione. Per lo stesso rapporto, i poliziotti che arrivano all’atto estremo hanno in media 40-45 anni.

Nel rapporto si precisa: “Le difficoltà proprie alle forze di sicurezza interna, come la vicinanza con la morte, i ritmi di lavoro sfasati, e il peso della gerarchia, costituiscono senza alcun dubbio dei fattori aggravanti”. Per Frédéric Galéa, delegato nazionale del sindacato della polizia Alliance, quello annunciato da Castaner è solo “l’ennesimo piano”: “Dei dispositivi esistono già. Altri piani sono stati avviati nel 2010, 2015, 2018, ogni volta con nuove misure per accompagnare meglio il personale sul piano sociale, amministrativo e medico – ha detto alla radio France Info – prendiamo atto della buona volontà, ma ora chiediamo che venga ristabilita umanità nel lavoro. Una gerarchia troppo pressante può mettere in condizioni di sofferenza un’intera unità di polizia”. I piani messi in atto finora dai precedessori di Castaner, nel 2015 da Bernard Cazeneuve e nel 2018 da Gérard Collomb, puntavano in particolare sull’accompagnamento psicologico. Nel 2016 Cazeneuve, di fronte alle proteste dei poliziotti sotto tensione per il terrorismo e le aggressioni subite, aveva anche promesso 250 milioni da investire in giubbotti anti-proiettile, veicoli moderni e armi. Per Galéa è però necessario “intervenire a monte, sulle condizioni e l’organizzazione del lavoro facendo in modo di riconciliare vita privata e professione”. Le forze dell’ordine in Francia sono bersaglio dei terroristi dall’attentato a Tolosa di Mohammed Merah, nel 2012. Dei collettivi di poliziotti insistono sulla “iper-mobilitazione” delle forze dell’ordine nell’ultimo anno e in particolare da novembre con la protesta dei Gilet gialli. Secondo il Syndicat des cadres de la sécurité intérieur “la stanchezza accumulata mette in ginocchio quelli tra noi più fragili”. Decine di ore di straordinari non sono mai state remunerate. Da novembre le forze dell’ordine si devono confrontare con i black bloc. Negli ultimi sabati di protesta dei Gilet gialli sono emersi brutti slogan verso gli agenti: “Suicidatevi”.

Cronache dall’età vittoriana/2: Kering, chi era costui?

Quant’è bella la solidarietà! Come allarga il cuore la generosità! Questa nuova società in cui il welfare e persino la cura del patrimonio pubblico sono basati sul gentile percolare della ricchezza privata non ha ancora trovato il suo Dickens a intenerirla di critiche, ma aspettiamo: l’Ottocento di ritorno è solo all’inizio. Di materia da romanzo, comunque, ce n’è assai. No, non parliamo di quelli che non lasciano la mancia ai rider (d’altronde “percolare” è atto unilaterale), ma di quelli che ricostruiscono le cattedrali. Per la nuova Notre-Dame, si sa, una marea di ricchi ha già promesso oltre un miliardo di euro. Dove abbiamo già sentito questa cifra? Ah, è la stessa che il gruppo Kering (lusso) di Francois-Henry Pinault sta per pagare al fisco italiano per chiudere una contestata evasione da 1,4 miliardi. E sì: Pinault ha promesso 100 milioni per Notre-Dame e dichiarato che rinuncerà al relativo sgravio fiscale al 60% previsto dalla legge francese (ma solo dopo che il suo consigliere Aillagon ha chiesto che salisse al 90%). Questa storia degli sgravi ha agitato un altro magnate del lusso, Bernard Arnault (Lhvm): “Mi rattrista essere criticato per una donazione”. E ha ragione, i 200 milioni promessi non sono spicci, ma la metà della multa che gli fece il fisco d’Oltralpe nel 2016. Non vedete la connessione? Nessun problema, nell’Ottocento di ritorno i soldi sanano tutto e lo Stato si limita a dirigere il traffico delle donazioni e delle rapine: se non c’è Dickens, figurarsi un Brecht che si domandi “cos’è rapinare una banca a paragone del fondarla?”.

Le ultime amenità sulle Ferrovie che salvano l’Alitalia

Desta crescente curiosità tra le persone normali il fatto che il capo delle Fs Gianfranco Battisti abbia tempo per occuparsi del salvataggio dell’Alitalia. Sarebbe un caso da studiare nei corsi di management. È pur vero che – come ha scritto ieri su Facebook il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, altro esperto di trasporto aereo – non si tratta di salvataggio ma di “giusto rilancio”. Ma rimane il fatto che il “giusto rilancio” (qualunque cosa voglia dire) di una compagnia aerea sembrerebbe sfida impegnativa per chiunque. Invece Battisti può occuparsene a tempo perso, perché nel frattempo dovrebbe mandare avanti le Ferrovie.

I risultati arriveranno: si butteranno altri miliardi di euro pubblici e non si salveranno i posti di lavoro, ma si miglioreranno sensibilmente le condizioni di vita di alcune famiglie, in particolare quelle di avvocati e consulenti ammessi alla greppia e di alcuni fortunati banchieri. Nel frattempo assistiamo nuovamente al consueto, deprimente spettacolo di una classe dirigente di impostori, finti competenti che credono di salvare la faccia non occupandosi mai di quello per cui sono pagati ma pensando ad altro, in modo da poter oggi o domani confondere le acque con il gioco delle tre carte. Di Maio ha imparato presto. Anziché occuparsi di dare una politica industriale al Paese, rifonda il ministero delle Partecipazioni statali e promulga una nuova teoria economica secondo la quale il cancro Alitalia, dopo “decenni di scelte politiche folli e di accozzaglie che hanno spolpato la nostra compagnia di bandiera”, verrà estirpato “da una presenza massiccia dello Stato nella newco come garanzia affinché il piano industriale sia coerente e competitivo”. Certo, presenza massiccia dello Stato, ma l’operazione “rimane di mercato”, tanto che “stanno arrivando le offerte di altri privati… di cui apprendiamo per ora solo a mezzo stampa”. Quindi Di Maio il sabato ha tempo di fare ai cittadini la rassegna stampa, perché le offerte mica arrivano a lui. Arrivano a Battisti che non gli dice niente. Anzi, non arrivano neppure a Battisti perché “non sono state ancora formalizzate”.

Battisti però deve aver nel frattempo risolto il problema dei pendolari trattati come bestie, perché al centro dei suoi pensieri c’è, come ci spiega il suo dante causa Di Maio, “un vettore dei trasporti gomma/rotaia/aereo che sarebbe un unicum e un’eccellenza a livello internazionale”. Non è mica uno scherzo. L’Italia ha una qualità del servizio ferroviario, tolta la tratta Roma-Milano, imbarazzante. È l’unico Paese civile che è riuscito far fallire tre volte in dieci anni quella che Di Maio chiama “compagnia di bandiera” – portandosi commosso la mano sul cuore, perché un po’ di sciovinismo oggi sta bene su tutto come il beige– e fingendo di non sapere che è un’espressione ormai priva di significato. Ha una rete stradale e autostradale che, a detta dello stesso governo, è la prosecuzione del ponte Morandi con altri mezzi. E con questo biglietto da visita ecco che andiamo a insegnare al mondo come si gestiscono treni, ferrovie e strade: impastandole nel grande mischione. Hai una compagnia aerea che fa schifo? Integrala con una rete ferroviaria che faccia altrettanto schifo. Colpisce che nessuna delle 230 compagnie aeree aderenti alla Iata ci abbia pensato prima. Naturalmente l’obiettivo del “piano coerente e competitivo” è lo stesso fissato da Silvio Berlusconi nel 2008: “Questa compagnia dovrà essere la grande occasione per portare turisti in Italia a vedere il Paese più bello del mondo”. È una fesseria oggi come allora. Però B. ci aveva risparmiato l’invasione della Cina con le arance siciliane.

 

Il cammino di Tommaso dal dubbio alla fede sia d’esempio per tutti

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: Pace a voi! Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi. Detto questo, soffiò e disse loro: Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati.

Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: Abbiamo visto il Signore! Ma egli disse loro: Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo. Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: Pace a voi! Poi disse a Tommaso: Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente! Gli rispose Tommaso: Mio Signore e mio Dio! Gesù gli disse: Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto. Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome (Giovanni 20,19-31).

San Giovanni Paolo II volle denominare questa seconda domenica di Pasqua con il titolo della divina misericordia. Solo la misericordia sconfigge le paure di cui parlano le letture dell’odierna liturgia. Infatti, nessuno osava associarsi ai primi cristiani riuniti nel tempio sotto il portico di Salomone per pregare. Giovanni racconta di cadere tramortito di fronte a una visione. Gli apostoli, la sera di Pasqua e otto giorni dopo, si chiudono in casa temendo la reazione dei Giudei. Paura dell’imprevedibile, difesa dalla persecuzione, amarezza per la delusione: avevano sperato in Gesù e ora non è più con loro. Timore e incredulità si fronteggiano, ma Gesù le mette in fuga e tutti incoraggia con la sua promessa: Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto! Le situazioni cambiano! Il Signore Risorto si presenta alla comunità dei discepoli riuniti otto giorni dopo, sebbene manchi Tommaso. Il Signore è fedele ai suoi e poiché lo hanno abbandonato ritorna in mezzo a loro per costituirli Chiesa, comunità della fede, donatrice del perdono e testimone della pace. Per questa ragione, il cammino che Tommaso deve percorrere diventa paradigmatico per tutti noi: si tratta di passare dall’incredulità alla fede.

L’Apocalisse ci descrive la conversione di Giovanni: Fui preso dallo Spirito nel giorno del Signore (in dominica die), mi voltai per vedere la voce che parlava con me e voltato: vidi! (Ap 1,12-13). Per avere la piena e completa visione del Risorto, bisogna voltarsi, cambiare modo di guardare la realtà e punto di osservazione: convertirsi. Proprio come Gesù, all’ultima cena, rivolto a Pietro: E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli (Lc 22,32).

Alla rivelazione del mistero di Dio deve corrispondere la maturazione dell’opzione personale del credente, il quale viene cambiato da Gesù Cristo. Comprende pienamente le Scritture, condivide l’Eucaristia nella comunità dei discepoli, vive nella carità fraterna, si mette a servizio dei poveri, diffonde nel mondo la buona Notizia. È l’itinerario paradigmatico di Tommaso apostolo che passa dall’incredulità dei sensi al dono della libertà di fidarsi di Gesù Cristo. Cammino stupendo che ogni donna e uomo, di tutti i tempi e per sempre, con il cuore pieno di fragilità e di aspettative, è chiamato a compiere per incontrare Gesù, il crocifisso e risorto, per gridarGli: Mio Signore e mio Dio!

 

Autentico o no, ma è sempre fascismo

La diffidenza e anzi l’irritazione di numerosi intellettuali italiani per “il fascismo che torna” (frase, dicono, da smentire subito, nessuno va in giro in orbace come Tognazzi ne Il federale) sta creando un problema prima di tutto a coloro che credono di essere i protagonisti della nuova e cupa avventura italiana.

Che cosa deve fare un ministro dell’Interno che va in giro con la giacca della polizia, definisce ladri e delinquenti i cittadini stranieri rifugiati in Italia, ha detto a gente che vive per la strada “è finita la pacchia” e, a ogni obiezione, risponde “me ne frego”? Che cosa deve fare per essere considerato uno che politicamente fa sul serio e che ha le idee chiare su come si impianta un regime? Ma che cosa devono fare, per essere riconosciuti fascisti, gruppi che ti entrano in casa e ti obbligano ad ascoltare una dichiarazione fascista? Di altri, che spadroneggiano coi più deboli, tu sai che ciascuno di loro ha autorità per decidere il destino anche di una sola famiglia rom, assegnataria legittima di una casa popolare. La respingono, la insultano, cambiano la serratura, le fanno trovare la casa già occupata da altri fascisti debitamente mobilitati e ci sono “talpe” negli uffici giusti (con la affiliazione giusta, dove si conquistano gradi e benefici giusti) che fanno sapere a mano a mano quali sono le case che si rendono libere, un potere grandissimo.

Pensate alle innumerevoli scene di uomini robusti che si identificano come CasaPound e Forza Nuova, cantano e recitano quel che sanno del fascismo e del razzismo, sanno che la folla che ancora non si vede tra poco sarà in strada (vedi gli applausi a Salvini sugli aerei) e giustamente disprezzano la cultura perché la cultura rifiuta di considerarli il fascismo che torna, anche se negano l’acqua da bere agli immigrati bloccati a Ventimiglia, rifiutano l’ingresso in certi quartieri (“zone rosse”) delle città in modo che non possano né sedere né camminare né sostare in piedi né mangiare qualcosa (il cibo etnico è proibito) e comunque danneggiano il decoro urbano.

C’è chi, con dovuta autorità accademica, ti avverte che il razzismo c’era anche prima, molto prima del fascismo. È vero, ma forse è importante notare che la storia europea è spaccata in due parti dalla Shoah. Il razzismo sistematico, popolare e governativo, dopo la Shoah è immensamente più grave perché non è più possibile fingersi indifferenti al modo inevitabile in cui il razzismo si evolve verso la morte nelle sue forme più inimmaginabili e inattese. Qualcuno in Germania, per antisemita che fosse, aveva immaginato Birkenau e i forni? Qualcuno può fingere adesso di non sapere dove conduce la strada che prima si chiama populismo, poi sovranismo, poi suprematismo ? Purtroppo sappiamo dove conduce, tra linciaggio e camere a gas. Certi gesti di estrema cattiveria urbana (giovani contro anziani, sadismo sui disabili, massacri in famiglia, papà uccide mamma, mamma uccide bambino) mostrano una slabbratura pericolosa e contagiosa nella vita quotidiana, dove niente ha più valore. A questo mondo deforme, la politica con le sue leggi cattive (quella sulla sparatoria libera in casa) fa gran cenni di incoraggiamento. Essere buoni perché? Forse siamo più stupidi degli altri sovranisti? Ma forse sono utili alcune domande.

1. Conta distinguere, con perizia filologica tra fascismo vero e similfascismo? Una volta che la gente muore in mare o viene abbandonata allo schiavismo della raccolta di pomodori nel Sud italiano, qual è la differenza?

2. La Polonia di Kaczynski e l’Ungheria di Orbán sono certamente e orgogliosamente fascisti. Conta la nostra amicizia con loro?

3. Il grande amico e misterioso messaggero Steve Bannon è o non è un solido legame con l’idea fascista di governo? È una sua affermazione. Ma è anche il miglior amico e suggeritore di governanti italiani.

4. Si sta creando una nuova religiosità (Kerigma) in cui non c’è vie d’uscita fra Apocalisse e regime autoritario, mentre si moltiplicano forti attacchi e si fabbricano dubbi sul papa, che ha denunciato il sovranismo in espansione come altri papi non hanno fatto col fascismo.

5. Lo striscione di piazzale Loreto nel giorno della Liberazione sembrava una descrizione di Lussu all’inizio di Marcia su Roma e dintorni: poca gente fanatica che sa di parlare a molti che saranno in piazza fra poco. A questo punto basterà rassicurarli sui sacri confini e sulla caccia allo straniero.

Mail box

 

Bisogna sovvenzionare solo la stampa davvero libera

Travaglio ha ragione e mi viene da ridere, ci prendono per stupidi: a che serve sovvenzionare un servizio inutile come Radio Radicale che, da antipartitocratico con notizie interessanti, si è consegnato alla partitocrazia? Così come un guardamacchine abusivo dopo aver preso il denaro se ne va prima del tempo stabilito. L’abbrivio acquisito dall’informazione durante i passati governi che hanno rovinato l’Italia con il loro silenzio non vuole rallentare. Il rimbombante battage della stampa aiuta l’opposizione nel chiedere dove il nuovo governo troverà il denaro per mantenere le promesse fatte in campagna elettorale. Se si smantella l’impalcatura anticostituzionale che sosteneva a pagamento i governi di destra e di sinistra, cominciando dalla stampa e dall’informazione, sempre liberi di dirci ciò che vogliono ma pagati da chi ci crede, finendo con lobby e fondazioni, si troverebbe il denaro per mantenere le promesse e le poltrone, e una legislatura onesta.

Omero Muzzu

 

I partiti saggi non devono essere schiavi dei loro leader

Credo sia controproducente chiamare “coglione” il popolo che non sa votare e contemporaneamente lodare il diritto di voto per tutti. Lenin disse che “Il capitalismo decadente porta al fascismo”. Inoltre tra l’anarchia e il fascismo, il popolo sceglie il fascismo. Il Pd è nell’anarchia più assoluta. Inoltre il teorema di Bauman (riassunto liberamente da me) recita: nella società liquida si sono liquefatti tutti i riferimenti politici, religiosi ed etici. Di conseguenza il popolo si ritrova intorno a un leader. I teorici del Pd non hanno ancora fatto proprio questo teorema, nonostante il teorema stesso sia stato verificato in tutti i paesi democratici. Il Pd non deve combattere il leader a prescindere: deve imparare a selezionarlo, a proteggerlo e a proteggersi da lui in caso di eccessi. Il Movimento con tutte le sue strutture ha una struttura di questo tipo. Forse anche la Lega, ma deve ancora dimostrarlo. La dimostrazione consisterà nel liberarsi di Salvini.

Benedetto Altieri

 

Greta Thunberg ci serve di più della “Via della Seta”

La “Via della Seta” non è altro che una tappa di quel fenomeno in atto che si chiama globalizzazione, che tutti giudicano inevitabile ma forse è meglio cercare di ridimensionare. Rendere più facile il commercio tra Cina e Europa non riduce certo la nostra sovranità, ma immetterànel mercato europeo merci a basso costo capaci di far chiudere i battenti a molte delle nostre imprese. E non credo che treni e navi che torneranno in Cina saranno pieni di merci europee di pari entità e valore. Economia e politica (con la prima che ha messo a libro paga la seconda) non tengono conto che il sistema produttivo e distributivo, che ha ridotto il mondo in un formicaio impazzito, tremendamente energivoro e inquinante, sta alterando a vista d’occhio gli equilibri ecologici del Pianeta, e la novità è che ora se ne stanno accorgendo tutti. Soprattutto i giovani. Se una ragazza di 16 anni in poche settimane ha coinvolto milioni di suoi coetanei in tutto il mondo, vuol dire che il problema è sentito da chi vede il proprio futuro in pericolo, e ciò che li lega è la consapevolezza che è necessario lasciare i fossili (carbone, petrolio e gas) sotto terra e sostituirli al più presto con fonti rinnovabili, “carbon free”, come si leggeva nei cartelli delle mille manifestazioni organizzate ovunque. Sono 30 anni che gli scienziati ci parlano di surriscaldamento globale, dell’insostenibilità di questo sviluppo distruttivo, e la risposta della politica è stata una presa in giro: grandi impegni per ridurre le emissioni nei convegni internazionali, ma nessun risultato in pratica, soprattutto per la Cina e gli Usa che detengono il primato di emissioni. Chiedere di iniziare una riconversione energetica significa dare una prospettiva di vita ai giovani di tutto il mondo.

Paolo De Gregorio

 

L’amore di una madre, anche surrogata, non si discute

L’amore di una madre non conosce confini. L’ennesima dimostrazione si è avuta a Omaha, nel Nebraska. Matthew ed Elliott sono due gay, regolarmente sposati. Il loro grande desiderio era avere un figlio, e in questo le loro famiglie li hanno sostenuti, non solo ideologicamente. La mamma di Matthew infatti, la 61enne Cecile Eledge, si è offerta come madre surrogata per portare a termine la gravidanza di una bimba concepita in vitro. Donna che, nonostante l’età e la menopausa, è stata ritenuta idonea. L’ovulo è stato donato dalla sorella di Elliott, Lea Yribe, fecondato con lo sperma di Matthew. Alla fine tutto è andato nel migliore dei modi e la bimba è nata. Una pioggia di critiche è giunta puntualmente sui social. Ma rispetto delle scelte altrui e reputo queste stesse critiche inutili. Certo è che la faccenda è intricata, ma dopo una tale dimostrazione credo che alla nascitura non mancherà certo l’amore della famiglia. Ma il tema rimane delicatissimo, e non prendo posizione. L’unica cosa che mi sento di dire è che si dovrà proteggere la bambina dai pregiudizi, soprattutto in ambiente scolastico. Si potrebbe dire che un bambino ha bisogno della figura paterna e materna, ma credo che alla fine conta solamente la qualità di educazione che i genitori possono trasmettergli.

Cristian Carbognani

La Resistenza batte Salvini (e ringrazia per gli autogol)

“Il 25 aprile? Non m’interessa il derby fascisti-comunisti”. Matteo Salvini

 

A Festa della Liberazione conclusa possiamo dire, fatti alla mano, che per Matteo Salvini è stata una completa catastrofe.

1. Con le sue improvvide dichiarazioni sul “derby” rossi contro neri il vicepremier ha riacceso un faro, anzi un’illuminazione da stadio, su una ricorrenza che nel corso del tempo si era trasformata in stanca liturgia. Ed ecco che da Milano a Roma a Napoli a Palermo le piazze italiane vengono attraversate da festose folle imbandierate. Con la parola antifascismo che riacquista forza e significato. Con tanti giovani incuriositi da una data apparsa loro improvvisamente interessante. Con giornali e talk show che eccitati dalla polemica non parlano d’altro. La Resistenza sentitamente ringrazia Salvini. Per non essersi cucita la bocca.

2. Per la serie quando la iella è nera, in soccorso del Capitano in fuga dal 25 aprile, piomba la fascisteria degli ultrà laziali con il tristo striscione milanese in onore del sor Benito. Più il solito deprimente festival di svastiche e lapidi bruciate. Ovvero: la sputtanata del camerata.

3. Contro chi vorrebbe fare di tutta la Lega un fascio il governatore veneto Luca Zaia celebra, di fronte al capo dello Stato, la “sacralità della ricorrenza” e si dice orgoglioso di essere conterraneo della staffetta partigiana Tina Anselmi. Applausi anche al sindaco di Montebelluna, Marzio Favero, che intona a Radio Capital Bella ciao. Anzi, bello ciao.

4. “La libertà non si baratta con l’ordine”, dichiara Sergio Mattarella, e al ministro che ama imbracciare il mitra saranno fischiate le orecchie.

5. Da Di Maio a Fico alla Raggi, i Cinque Stelle onorano il 25 Aprile. In sintonia con i valori più profondi del Paese. La loro Liberazione da Salvini potrebbe, finalmente, cominciare qui. Ma su certi temi non sono più ammesse ambiguità e opportunismi.

6. È stato a Corleone che il leader nutellato ha subìto l’umiliazione più cocente. Tormentato da richieste di condanna dell’Olocausto come un negazionista qualsiasi. Alla fine, stremato, è costretto ad ammettere che sì l’antifascismo e un valore fondante della Repubblica. Aveva l’espressione di uno a cui hanno appena cavato un dente senza anestesia.

In definitiva, questo è uno strano Paese che può anche dare corda a demagogia e qualunquismo, ma che a un certo punto si stufa. Da Mussolini a Berlusconi, a Renzi (con le dovute proporzioni) c’è un momento in cui la corda si spezza. Scherza coi fanti e lascia stare i santi, ammonisce il proverbio che un vicepremier ebbro di sé ha trascurato. Ignorando che anche quegli italiani che non credono al Bambinello festeggiano ugualmente il Natale. Vale lo stesso per le ricorrenze laiche che vivono, pur nelle differenze, nelle vene profonde della Nazione. Per tutto questo: 25 Aprile batte Salvini sei a zero.

Maggio Fiorentino, accuse contabili all’ex commissario

Un danno da 1 milione e 600 mila euro per aver pagato indennità e premi ai dipendenti del Maggio Fiorentino nonostante i conti in rosso. È questa la contestazione che la Corte dei Conti muove all’ex commissario Francesco Bianchi, fratello del renzianissimo Alberto e presidente della fondazione Big Bang di Matteo Renzi, che ha guidato la fondazione lirica dal 2014 al 2017. Tra il 2013 e il 2014, infatti, sarebbero stati erogati premi di “produzione”, “risultato” e “aziendale variabile” in maniera irregolare e anche una serie di indennità accumulatesi nel corso degli anni e “superiori ai limiti di legge”. Nel mirino dei giudici contabili sono finiti anche alcuni incarichi di collaborazione esterni affidati “senza procedure comparative”. Tutto questo mentre la fondazione rischiava lo scioglimento tra scioperi e scontri con i sindacati. Oltre a Bianchi, nominato sovrintendente dall’allora ministro Franceschini e a cui è subentrato Cristiano Chiarot nel 2017, la Corte dei Conti contesta i danni anche all’ex direttore generale Alberto Triola e all’ex direttore degli Affari legali Francesca Tartarotti. Adesso i tre potranno presentare le loro controdeduzioni.

Radio Padania promuove il libro di Lady Vallanzasca

Matteo Salvini aveva vietato la presentazione del libro La Casalese – l’operazione Spartacus e dell’omonimo film, prodotto dal nipote del patriarca dei Casalesi, ma il 17 aprile scorso, Radio Padania Libera, media ufficiale della Lega, lo ha promosso durante la trasmissione Potere al popolo condotta da Sammy Varin.

Il Viminale, su sollecitazione della Prefettura di Latina e del presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra, aveva bloccato la presentazione prevista il 26 marzo a Spigno Saturnia (Latina). Una decisione dovuta al fatto che l’autrice del libro è Antonella D’Agostino, meglio conosciuta come lady Vallanzasca, sposata per 10 anni con il bandito più famoso d’Italia (Renato Vallanzasca) e arrestata nel 2013 (poi scarcerata) in un’operazione anticamorra. Il produttore del film, invece, è Angelo Bardellino, nipote di Antonio, il fondatore del clan dei Casalesi, ucciso nel 1988 durante la guerra con gli Schiavone. Bardellino, proprietario della “Roxyl Music&Film” che ha realizzato il lungometraggio tratto dal libro, nel settembre 2017 è stato condannato in appello a 7 anni e 5 mesi per concorso in estorsione insieme ad altri imputati, a seguito dell’inchiesta “Formia Connection”. Motivi sufficienti per vietare la presentazione che, sfidando lo Stato, si è comunque svolta in un’altra location, allo Yacht Club di Gaeta. La vicenda però sembra non aver impressionato la radio della Lega che per molti anni è stata diretta dallo stesso Salvini. Il conduttore del programma ha dato ampio spazio alla promozione, intervistando l’autrice del libro che ha dichiarato anche di aver girato alcune scene in caserme dei carabinieri e si è congedata dicendo “salutami il grande capo”. Si riferiva per caso a Salvini?

Giovanni De Martino, “sindaco del mattone” uscente ci riprova (ma questa volta da consigliere)

Non si ricandidaa sindaco di Capri ma a consigliere comunale l’ingegnere Giovanni De Martino, primo cittadino tuttora in carica, che ha continuato ad assumere incarichi professionali nell’isola durante il mandato. La circostanza è uno dei pilastri dell’inchiesta dei carabinieri che vede accusato De Martino insieme ad altre nove persone di associazione a delinquere finalizzata alle ‘licenze edilizie facili’, in barba ai vincoli. Nel mirino ci sono cinque prestazioni professionali che De Martino ha compiuto tramite lo studio tecnico del coindagato Giuseppe Aprea, componente della commissione edilizia comunale. Sono tutti incarichi di collaudatore di denuncia per deposito sismico. Uno è stato svolto per la ristrutturazione della storica Villa Settanni, di fronte ai Faraglioni, gli altri quattro sono stati eseguiti tra l’ottobre 2014 e il febbraio 2016. Hanno riguardato due immobili residenziali e due negozi, un paio dei quali lungo la passeggiata del lusso di via Camerelle. Per gli investigatori queste prestazioni sono la pistola fumante di una violazione deontologica e di un obbligo di legge, che imporrebbe l’astensione dall’esercizio di attività nell’edilizia pubblica e privata. Insinuando un dubbio tradotto in un’ipotesi all’attenzione del pm di Napoli Catello Maresca: ovvero che a Capri si fosse sparsa la voce che la via più breve ed efficace per ottenere i permessi fosse quella di passare per gli studi tecnici “giusti”. Come quello dove lavorava il primo cittadino. Che proprio ieri ha mantenuto la parola data nel 2014: non si è ricandidato. Proverà però a rimanere in consiglio comunale. A mezzogiorno sono state depositate le liste per il voto del 26 maggio e De Martino è al numero uno di “Capri Vera – Costantino sindaco”. Si tratta di Costantino Federico, 74 anni, un precursore del berlusconismo: da editore di Telecapri, fu sindaco per la prima volta nel 1980, 14 anni prima della discesa in campo di Berlusconi.