5S, alle urne meglio arrivare in piedi che in ginocchio

 

“Andremo avanti altri quattro mesi. Volevo dire anni”.

Matteo Salvini

 

Lasciamo stare il lapsus freudiano, espressione indiretta dell’inconscio, poiché con questi chiari di luna è molto, molto più probabile che si torni a votare nel prossimo ottobre piuttosto che nella primavera del 2023. Perché la mattina del 27 maggio la Lega, anche se non dovesse toccare la vetta del 37 per cento dell’ultimo Pagnoncelli, avrà comunque stravinto le elezioni europee. Balzando sul podio delle forze più votate del continente, seconda solo all’immarcescibile partito della Merkel. Perché poi, in quello stesso lunedì, i Cinque Stelle anche se dovessero raccogliere qualcosa di più del 23 per cento e rotti Ipsos sfileranno comunque da sconfitti in tutte le tv. Sotto il peso della domandona che tocca a tutti i secondi che erano primi, superati e distaccati dai primi che erano secondi: ci spiegate come diavolo avete fatto? Ora, sinceramente, si può davvero credere che quel giorno un megaSalvini, con divisa di Napoleone e fanfara al seguito, possa rivolgersi a un Di Maio piuttosto suonato con la stessa clemenza (dai non è successo niente) del post tragiche (per il M5S) elezioni in Abruzzo, Sardegna e Basilicata? O per Salvini non sarà piuttosto l’occasione per ristabilire, con la bilancia di Brenno, il nuovo rapporto di forze nella coalizione: vae victis. Allora la domandina è: per quale motivo i grillini dovrebbero accettare supinamente il ruolo di mosca nella strategia del ragno Matteo? Pensano davvero che al popolo adorante del ducetto del Viminale freghi qualcosa dei traffici eolici del Siri? Che gli elettori dio patria famiglia (meglio due) si sentano minimamente turbati dalla questione morale (risate)? Mentre sono i Cinque Stelle che dovrebbero cercare di rianimare la propria gente battendo tre colpi. Primo: trascorsa la Santa Pasqua, il premier Giuseppe Conte convochi il sottosegretario Siri e se costui non ci arriva da solo, lo dimetta. Secondo: comunichi al vicepremier leghista che il decreto Salva-Roma va approvato nell’interesse pubblico, fermo restando che non è sufficiente un comizio per cacciare un sindaco votata dal settanta per cento dei cittadini. Terzo: se davvero Di Maio intende proporre, era ora, una legge sul conflitto d’interessi, proceda senza indugio. Che Salvini si adombri pure tanto, quando gli farà più comodo, la crisi sarà lui ad aprirla con l’obiettivo delle elezioni anticipate. Meglio arrivarci in piedi che in ginocchio.

Antonio Padellaro

Buccinasco, acido contro la vicina: non sopportava i suoi cani

“I suoi cani avevano rotto i c…”. Questo il motivo per cui un uomo di 65 anni, a Buccinasco (nel milanese), venerdì pomeriggio ha lanciato l’acido contro la sua vicina di casa, una donna di 79 anni. Secondo il comandante della stazione di Buccinasco, i due litigavano in continuazione, soprattutto a causa dei rumori che i due meticci della donna causavano e dei peli che finivano spesso sul balcone dell’uomo. Che non ha mostrato alcun pentimento per il suo gesto, dicendosi anzi “orgoglioso” nel corso dell’udienza di direttissima. Avrebbe rovesciato un’intera bottiglia di acido muriatico da idraulico contro l’anziana, ma nonostante ciò non le ha causato lesioni gravi: una lesione alla cornea dell’occhio sinistro, che i medici dell’ospedale San Paolo hanno giudicato curabile in una quindicina di giorni. L’uomo, reo confesso, è stato arrestato. Aveva precedenti per droga, rapina e sequestro di persona, ma non aveva avuto problemi con la legge dal 1987.

I cani si sono salvati dall’attacco, e sono stati momentaneamente affidati a un altro vicino.

Arrivano i primi bagni per il terzo sesso: “È un modello che fa scuola”

Lei, lui e l’altro. Inteso come genere. Bagni gender free nel municipio di Reggio Emilia ma non solo.

Perché la città in cui è nato il tricolore diventa la prima, in Italia, a trattare la questione degli orientamenti sessuali anche sul piano amministrativo oltre che

istituzionale.

A breve quindi in municipio verranno aperti i bagni “neutrali”, ma il Comune ha peraltro deciso di inserire la terza opzione – oltre all’opzione maschio e femmina – in tutti i questionari e più in generale nella documentazione amministrativa.

In aggiunta “all’adozione di un linguaggio inclusivo” a Reggio Emilia hanno stabilito che i lavoratori di tutti gli enti della pubblica amministrazione possano utilizzare la dicitura “alias” durante l’intera fase di transizione sessuale. Stessa facoltà è prevista per gli studenti universitari rispetto ai loro libretti.

Tutto ciò passa attraverso il “protocollo operativo per il contrasto all’omotransnegatività per l’inclusione delle persone Lgbti”: un’assunzione di responsabilità visto che il documento è stato siglato da un insieme di realtà tra cui gli istituti penali, l’ufficio scolastico territoriale, l’Ateneo oltre all’Istituto scuole e nidi d’infanzia.

Dal palazzo di giustizia poi c’è l’impegno a comunicare annualmente il numero di procedure in corso che abbiano come oggetto discriminazioni sull’orientamento sessuale o l’identità di genere. L’intenzione è creare una banca dati e un archivio. Un anno fa Reggio Emilia aveva ospitato il gay pride e il protocollo è la prosecuzione di quella scelta fatta sempre dall’amministrazione locale.

A livello regionale, al contrario, è ferma la legge regionale contro tutte le discriminazioni Lgbti, stoppata per un emendamento che riguarda la maternità surrogata.

Ex operai Fca sul campanile per protesta: “Esclusi anche dal reddito di cittadinanza”

Ieri, durante il Sabato Santo, due uomini sono saliti sul campanile della chiesa del Carmine, a Napoli. Uno striscione srotolato lungo l’impalcatura recitava: “Reddito di cittadinanza per licenziati non c’è”. Sono ex operai dello stabilimento della Fca di Pomigliano d’Arco, licenziati cinque anni fa a causa delle loro proteste. Quando due loro colleghi del reparto-confino di Nola, dove erano stati trasferiti e messi in cassa integrazione a zero ore con altri trecento operai, si sono suicidati, loro hanno messo in atto diverse iniziative di lotta per denunciare la situazione. Ma per questo furono accusati di essere venuti meni all’ “obbligo di fedeltà” nei confronti dell’azienda. Questo ha portato a una sentenza della Corte d’Appello del 2016 che ha sancito il loro reintegro, smentito dalla Corte di Cassazione che nel 2018 li ha invece licenziati, obbligandoli anche a “restituire” gli stipendi percepiti in quegli ultimi due anni. E neanche il 2019 ha portato con sé un miglioramento delle condizioni per i due operai: adesso si ritrovano esclusi anche dal reddito di cittadinanza, perché non possiedono i requisiti necessari per presentare richiesta. E nella loro stessa situazione si ritrovano anche alcuni licenziati dalla ditta “Bruscino Ambiente spa”, che ieri pomeriggio li hanno sostenuti manifestando nella piazza sottostante il campanile. Edificio scelto non a caso: è uno dei punti più alti di Napoli, quindi ben visibile da ogni angolo della città. Quello che però potrebbe sfuggire a chi sta sotto è un dettaglio molto rilevante: i due operai hanno indossato due orecchie da coniglietto, che nascondono un’ulteriore protesta dietro la veste scherzosa. Il riferimento è alla vicenda di qualche giorno fa, che ha visto la pagina social dell’Inps per la famiglia rispondere in maniera tagliente ai commenti sotto i propri post, schernendo gli utenti che chiedevano informazioni sul reddito di cittadinanza e sulle modalità per accedervi. In particolar modo, il profilo registrato come “Candy Candy forza Napoli”, alla richiesta di aiuto per ottenere il codice Pin necessario a inoltrare la richiesta, ha ricevuto come risposta una frase che alludeva alla sua immagine del profilo: “Il Pin basta richiederlo a Poste o a Inps. Oppure è troppo impegnata a farsi i selfie con le orecchie da coniglio?”. “Dopo la presa in giro di un impiegato Inps rivolto agli utenti che chiedevano chiarimenti sull’accesso al reddito – spiegano i due operai sulla torre – le orecchiette da coniglio sono ormai diventate il negativo simbolo di questo reddito”. Concludono: “Come noi, altri licenziati con ancora cause pendenti ma che non percepiscono reddito da anni, non possono accedere al reddito di cittadinanza. Ma allora, ci chiediamo, a cosa serve?”. Nel tardo pomeriggio il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, ha telefonato ai due uomini promettendo che verrà trovata una soluzione attraverso “una procedura straordinaria che consenta l’erogazione, superando la difficoltà tecnica esistente”. Spiegando di aver anche fissato un appuntamento per martedì pomeriggio con il direttore dell’Inps dell’area metropolitana di Napoli. Ma la risposta degli operai è stata dura: “Solo se dall’Inps arriveranno soluzioni concrete, messe nero su bianco, scenderemo”.

Atp Finals, è (quasi) fatta: garanzie bancarie ok, Appendino avrà il torneo di tennis dal 2021

Sembrava fatta ad inizio marzo, quando il governo aveva stanziato 78 milioni di euro per l’evento. Dopo più di un mese di trattative, problemi e cavilli, adesso (forse) ci siamo davvero: Torino avrà le Atp Finals, il prestigioso torneo di tennis tra i migliori 8 giocatori al mondo, che negli ultimi anni si è svolto a Londra. Le ultime garanzie bancarie che chiedeva la società organizzatrice sono state trovate e inviate in Inghilterra. Alla riapertura degli uffici dopo Pasqua, se tutto andrà come previsto arriverà l’annuncio ufficiale. Va verso un lieto fine quello che prima era stato un caso politico, poi era diventato quasi un mistero. Sul finanziamento dell’evento, tanto prezioso per il M5S e la sindaca Appendino ma poco appoggiato dalla Lega e dal sottosegretario Giorgetti, il governo gialloverde era andato in fibrillazione. Poi, quando i soldi sono stati trovati, sono subentrati altri problemi: in sintesi, dopo le incertezze politiche sui contributi, il board Atp è diventato diffidente nei confronti dell’Italia, e ha fissato una serie di rigidi paletti contrattuali che hanno messo in difficoltà la FederTennis. Ad esempio, pretendendo una fideiussione di circa 200 milioni, da parte di una banca vera (non del Credito sportivo, come si pensava in origine). Di qui lo strano silenzio dell’ultimo mese, in cui non si erano avute più notizie. Anche gli ultimi ostacoli sembrano superati, grazie a una doppia fideiussione: la garanzia è firmata da Bnl, che è a sua volta garantita dal Credito sportivo, nei cui confronti la Federazione impegna i contributi governativi e altri crediti per la differenza. Condizioni previste dall’accordo quadro già sottoscritto dalla Federazione e rispettate. Ora manca solo l’ultimo ok di Atp e il sigillo sul contratto, che dovrebbe arrivare questa settimana insieme all’annuncio ufficiale. Per il n. 1 della Fit Angelo Binaghi e la sindaca Appendino sarebbe una soddisfazione: dal 2021 il grande tennis mondiale sarà a Torino.

Baci, palpeggiamenti e sesso: arrestati tre uomini che abusavano di due 13enni

Baci, palpeggiamenti ma anche rapporti completi con due ragazzine di 13 anni. Per questo venerdì, su mandato della Procura di Lucca, i carabinieri di Viareggio hanno arrestato tre uomini – 50, 53 e 60 anni – accusati di aver compiuto atti sessuali con due minori non ancora 14enni. A denunciarli sarebbero state le amiche delle due ragazzine, che avrebbero rilevato anche atteggiamenti morbosi da parte dei tre: le molestie avvenivano in pubblico e i rapporti sessuali nelle abitazioni e nelle auto degli uomini. L’inchiesta, che resta “riservata” perché coinvolge reati sessuali su minori, è partita grazie alle testimonianze delle compagne delle adolescenti che vivono in Versilia ed è stata portata avanti grazie agli appostamenti di uomini dell’arma: il giudice ha deciso di disporre l’arresto dei tre uomini perché c’era il pericolo concreto di reiterazione del reato anche nei confronti di altre minorenni. Nelle ordinanze di custodia cautelare firmate dal gip di Lucca Antonia Aracri vengono elencati gli atti sessuali commessi dai tre uomini nei confronti delle ragazzine: il 53enne è accusato di aver baciato e palpeggiato, tra il giugno 2018 e il gennaio 2019, due ragazzine di 13 anni anche contro la loro volontà, mentre nel caso degli altri due uomini indagati si sarebbero verificati dei veri e propri rapporti sessuali completi con le giovani. L’uomo di 53 anni non era nuovo ad atteggiamenti simili: durante le indagini era stato già arrestato in flagranza di reato perché sorpreso a molestare una 13enne e si trovava già agli arresti domiciliari. Secondo gli investigatori i tre uomini avrebbero sempre agito singolarmente, non avrebbero pagato per le prestazioni sessuali escludendo due casi in cui sarebbero stati fatti dei piccoli regali alle ragazzine. Il Tribunale dei minori di Firenze ha disposto il trasferimento delle due 13enni molestate, amiche tra loro, in una struttura protetta anche per allontanarle dal difficile contesto familiare in cui vivevano.

Post fascisti sui social: il ministro invia gli ispettori

Il ministrodell’Istruzione Marco Bussetti ha sollecitato una relazione e un’ispezione sulla vicenda del professore di un istituto alberghiero di Venezia che su Facebook aveva pubblicato post ingiuriosi contro la Costituzione e la frase “Segre sta bene in termovalorizzatore”, di riferimento fascista. In un post via social il capo del Dicastero di via Trastevere ha commentato: “Insegnare è un lavoro bellissimo, una missione da vivere tutti i giorni dando il meglio di sé per educare i nostri giovani. Sono orgoglioso del lavoro svolto da centinaia di migliaia di docenti di ruolo e precari nelle scuole italiane. Ma se qualcuno sale in cattedra per seminare odio e falsità evidentemente non si trova nel posto giusto. E va allontanato dalla scuola. Un concorso vinto non dà il lasciapassare per delirare e offendere”. Aggiungendo: “Leggo sugli organi di stampa di atteggiamenti e dichiarazioni inqualificabili da parte di un insegnante in Veneto che, se confermati, rappresenterebbero un fatto gravissimo, non conciliabile con il ruolo di docente. Non è possibile che un insegnante si esprima in questi termini. Accertati i fatti, assumeremo tutte le iniziative e le misure, anche sanzionatorie, per tutelare gli alunni e tutti i docenti”.

“Credevo che la mafia non ci riguardasse: quanto mi sbagliavo”

Una foto per immortalare una giornata in famiglia. È il 18 giugno 2017: sarà l’ultimo scatto che Arcangela ha con suo marito Luigi. Un mese e mezzo dopo, il 9 agosto, sotto una pioggia di proiettili, a San Marco in Lamis, quattro persone vengono uccise da un commando armato. L’obiettivo è il boss Mario Luciano Romito, 50 anni, a capo dell’omonimo clan che, negli ultimi anni, si è contrapposto al clan Li Bergolis, nella faida del Gargano. Con lui, c’è il cognato Matteo De Palma. Entrambi muoiono sul colpo. E non sono gli unici. Il commando insegue un furgoncino. A bordo tentano invano di fuggire due contadini, testimoni del duplice omicidio. Sono i fratelli Luigi e Aurelio Luciani, 47 e 43 anni, che vengono raggiunti e uccisi. Luigi è il marito di Arcangela.

Una strage, quella dell’agosto 2017, che ha acceso i riflettori sulla “quarta mafia”, che, indisturbata, è cresciuta nel corso di decenni. Ed è proprio alle indagini partite all’indomani di quel 9 agosto 2017 che si deve anche l’operazione di ieri.

Arcangela, che ricordo ha di quel 9 agosto 2017?

Quella mattina, ho ricevuto una telefonata. Poche parole, confuse. Ho capito solo che dovevo precipitarmi vicino alla stazione. Ho visto mio cognato a terra. Qualcuno mi ha detto che mio marito era accasciato vicino al suo fiorino bianco. Io continuavo a chiamarlo, sicura che sarebbe sceso dall’auto e che mi avrebbe detto che tutto era solo uno scherzo.

Che cosa accadde poi?

Il giorno dopo mi sono ritrovata a casa a cercare Luigi in ogni stanza. Ho continuato per settimane, per mesi. Per me era inaccettabile averlo perso in quel modo. Lo è tutt’oggi, dopo venti mesi.

Fino all’omicidio di suo marito, aveva mai sentito parlare di mafia foggiana?

Ho sempre pensato che la criminalità fosse diffusa, ma fuori da casa mia. Come fosse qualcosa che non mi riguardava, nella convinzione che “finché si sparano tra loro…”. Oggi questa frase che ho ripetuto tante volte mi fa orrore. Quando racconto la mia storia, ora, lo faccio per far capire che la mafia esiste e che uccide. Quella mattina, al posto di Luigi e Aurelio poteva esserci chiunque. Dobbiamo essere uniti: non solo noi cittadini, ma anche le istituzioni, lo Stato. Per fare qualcosa prima che altro sangue di innocenti venga sparso sulla nostra terra

Pensa che lo Stato stia facendo a sufficienza?

Non sono sufficienti le parole: i nostri giovani hanno bisogno di alternative. Bisogna fornire loro gli strumenti perché decidano da che parte stare. E soprattutto bisogna dare loro un lavoro onesto: in questo, le istituzioni hanno un ruolo fondamentale.

A ottobre scorso, sono stati arrestati due dei 5 colpevoli della mattanza di quel giorno. E l’operazione di polizia di ieri ha contribuito a decapitare i vertici storici dei gruppi criminali foggiani.

Devo ringraziare i carabinieri e i magistrati – i miei angeli custodi – che hanno lavorato e continuano a lavorare per dare un volto agli assassini di mio marito. Il 10 giugno prossimo inizia il processo per le due persone arrestate: ora mi aspetto giustizia nell’aula di tribunale. Attendo che tutti i responsabili siano arrestati. Io voglio guardarli in faccia uno per uno. Solo allora, sarà veramente fatta giustizia.

Lo scorso 16 aprile sono stati celebrati i funerali di Stato del maresciallo Vincenzo Di Gennaro, ucciso a Cagnano Varano, sempre in provincia di Foggia, da un pregiudicato. Anche il maresciallo Di Gennaro ha lasciato sola la sua fidanzata, Stefania Gualano.

In questi giorni sto rivivendo la mia tragedia. Ho riascoltato la stessa frase di allora: “La risposta dello Stato sarà dura”. Ma lo Stato dov’era prima del 13 aprile? Dov’era prima del 9 agosto del 2017, quando sono stati uccisi mio marito e mio cognato? Non basta partecipare ai funerali.

Di Gennaro era prossimo alle nozze, cosa si sente di dire alla sua compagna?

Avrei tanto voluto abbracciarla. Ma ho avuto paura di ritrovare nei suoi occhi il mio dolore. In questi giorni nessuna parola potrà consolarla. Lei attende ancora che il suo Vincenzo torni a casa dal lavoro. Solo con il tempo capirà che non tornerà mai più e potrà decidere se impegnarsi affinché non accada ad altri di vivere lo stesso dolore. Le auguro di trovare questa forza. La stessa, che mi fa andare avanti.

Foggia, il patto fra i clan per la droga: altri 10 arresti

Il Gargano e la provincia di Foggia. La mafia garganica e la “società foggiana”: due realtà differenti che, da un lato, lottano a colpi di arma da fuoco per la supremazia, dall’altro, hanno trovato un accordo: una vera e propria “joint venture”, dicono gli investigatori, per lo spaccio della droga. Un’organizzazione, a Vieste, importava marijuana dall’Albania; l’altra, a Foggia, si occupava prevalentemente di trafficare cocaina anche oltre i confini della regione, risalendo l’Adriatico fino a Pescara.

È quanto scoperto dagli agenti di polizia di Foggia e Bari e del Servizio centrale operativo diretto da Alessandro Giuliano, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari: arrestate dieci persone, indagate venti, con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.

L’indagine è partita, all’indomani dell’inchiesta sugli omicidi avvenuti nell’estate del 2017 sul Gargano – quando vennero uccisi alcuni pregiudicati, assieme a due agricoltori ammazzati per sbaglio, nella strage di San Marco in Lamis –, da due sequestri di marijuana messi a segno a Vieste il 3 marzo 2018 e poi, qualche mese dopo, a Peschici. Claudio Iannoli, 43enne di Vieste, elemento di spicco della criminalità garganica finito ieri in manette, era emerso come nuovo capo nella zona, approfittando del vuoto di potere e di una serie di conoscenze nel clan Sinesi-Francavilla e in quello dei Li Bergolis: aveva avviato un ingente traffico di stupefacenti tra Foggia, Manfredonia e Pescara.

I clan avrebbero quindi guardato oltre regione, verso Pescara, Montesilvano e Francavilla a Mare. Anello di congiunzione per la fornitura di droga in Abruzzo era Gaetano Renegaldo, che operava grazie all’aiuto della Società foggiana.

“Nell’ultimo anno sono una decina le operazioni che ha svolto la polizia, in collaborazione con la Procura di Foggia e la Dda di Bari – spiega al Fatto quotidiano il capo della squadra mobile di Foggia, Roberto Pititto. “Con le ultime indagini abbiamo dimostrato con i fatti quanto da tempo avevamo immaginato: la mafia garganica e la società foggiana hanno trovato un accordo per gestire i traffici illeciti. L’attività di contrasto condotta da magistratura e forze di polizia sta producendo nel tempo – prosegue Pititto – l’azzeramento dei vertici storici dei gruppi criminali foggiani. Occorre ora prestare grande attenzione alle nuove leve, che in questo momento storico potrebbero tentare la scalata al potere”.

L’operazione messa a segno, solo l’ultima di una serie, è per gli investigatori un’importante risposta a una realtà criminale che in tra anni – dal 2015 al 2018 – solo a Vieste ha determinato 9 omicidi, 1 lupara bianca e 6 tentati omicidi. Senza dimenticare che, in tutta la provincia di Foggia, dagli anni Ottanta a oggi, i fatti di sangue sono stati più di 300, di cui ben l’80 per cento impuniti.

Deutsche- Commerz, nozze più lontane Pronto il piano B

È sempre più in alto mare il progetto di fusione tra Deutsche Bank e Commerzbank. I contatti fra i due maggiori istituti tedeschi non si sono mai interrotti e vanno avanti in via riservata. Ma gli ostacoli si moltiplicano e mentre si cerca di capire se le parti siano intenzionate a intensificare le trattative o interromperle, dalle ultime indiscrezioni trapela un crescente scetticismo fra gli azionisti e anche all’interno dello stesso governo tedesco sulla effettiva fattibilità e bontà dell’operazione. Tanto che si inizia a parlare di un piano B che Deutsche Bank starebbe studiando per rimettersi in carreggiata ricorrendo a una cura draconiana e puntando anche sull’opzione di partnership con altre realtà. L’amministratore delegato di Deutsche Bank, Christian Sewing starebbe considerando due scenari proprio su richiesta degli azionisti di maggior peso che premono per soluzioni alternative alla luce delle difficoltà emerse per il progetto con Commerzbank. Sewing avrebbe in mente una revisione incentrata principalmente su un piano di taglio dei costi più incisivo e rapido.