Dieci anni dopo il mussoliniano Vincere, Marco Bellocchio torna in Concorso al Festival di Cannes con Il Traditore, ovvero un altro protagonista della storia patria: Tommaso Buscetta, mafioso e collaboratore di giustizia. Due anni fa, presentando il progetto proprio sulla Croisette, sostenne che “tradire non sempre è un’infamia”, oggi – ieri, Giovedì Santo, quello del tradimento di Cristo – si appoggia al Giuda di Amos Oz e calibra il tiro: “Il mio Buscetta è assai complesso, né altarino né condanna per lui, la sfida era fare un film, come si diceva una volta, aperto”. A incarnare il “boss dei due mondi” è Pierfrancesco Favino, ma a differenza del Bettino Craxi che sta interpretando in Hammamet di Gianni Amelio la rassomiglianza fisica non è prioritaria, Il Traditore non cerca il calco bensì la trasfigurazione, “assomiglia un po’ a Buongiorno, notte, perché i personaggi si chiamano coi loro veri nomi, ma lo sguardo è più esposto, all’esterno”.
Non aderendo d’abitudine a un genere, nel caso il mafia-movie, e rimanendo fedele alla propria poetica, l’altra sfida per Bellocchio sarà rendersi appetibile sia per chi conosce Buscetta sia per quanti, a partire dalla platea internazionale di Cannes, lo ignorano: il compromesso potrebbe risiedere nella intenzionale elusione “dei tempi psicologici, quelle nevrosi e psicosi ‘borghesi’ che sono state spesso la materia prima di molti lavori che ho fatto in passato”. E poi, certo, ci si riallaccerà alla tradizione d’impegno del nostro cinema, così celebrata all’estero: “È anche un film civile (o di denuncia sociale come si diceva una volta), evitando però ogni retorica e ideologia”.
Il primo grande pentito di mafia, dunque, troverà residenza immaginifica in “un’opera misteriosa, personalissima e insieme oggettiva, su una materia che ho imparato a conoscere anche attraverso le testimonianze di chi vi ha vissuto vicino e dei grandi esponenti delle istituzioni, quali Saverio Lodato, Francesco La Licata e Gianni De Gennaro”. Una lunga teoria di violenze e drammi – “Quel che vedrete non mi è mai accaduto in vita, penso alle sparatorie” – che inizia con l’arresto in Brasile e l’estradizione in Italia, passando per l’amicizia con il giudice Falcone e i silenzi del Maxiprocesso: “Abbiamo girato proprio nell’aula bunker, trovando qualche sorpresa di rappresentazione”. Quando scoppia la bomba a Capaci, Buscetta fa il nome di Andreotti e – dispone la sceneggiatura firmata da Bellocchio con Ludovica Rampoldi, Valia Santella e Francesco Piccolo, in collaborazione con La Licata – sarà un tragico boomerang che lo costringerà a fuggire dall’Italia per sempre. Con attenzione ai “preziosissimi piccoli dettagli”, un utilizzo “non caricaturale” della lingua siciliana e l’accento sulla “duplicità e triplicità del tradimento”, arriverà sui nostri schermi il 23 maggio, nel ventisettesimo anniversario della strage di Capaci. Giorno più, giorno meno, passerà anche a Cannes, che dal 14 al 25 maggio celebra la settantaduesima edizione: per ora Bellocchio – parziale eccezione l’italoamericano Abel Ferrara con Tommaso a Special Screenings – è l’unica presenza tricolore, ma la Selezione ufficiale è da completare e ancora da annunciare sono i cartelloni di Semaine de la Critique e Quinzaine des Réalisateurs, sicché da Pietro Marcello (Martin Eden) a Mimmo Calopresti (Aspromonte, la terra degli ultimi), da Igort (5 è il numero perfetto) a Lorenzo Mattotti (La famosa invasione degli orsi in Sicilia) e Giorgio Diritti (Ligabue) potrebbe avere compagnia. A meno che anche da Trieste in giù non si preferisca puntare sulla Mostra di Venezia, cui l’autorevole The Hollywood Reporter già accredita “un altro grande anno” e, implicitamente, una pletora di star sul tappeto. Al festival francese, diretto da Thierry Fremaux, non difettano gli aficionados, da Jim Jarmusch (The Dead Don’t Die, film d’apertura con cast stellare: Iggy Pop, Tom Waits, Selena Gomez) a Terrence Malick (A Hidden Life), da Pedro Almodóvar (Dolor y gloria) ai fratelli Dardenne (Le jeune Ahmed), da Ken Loach (Sorry We Missed) a Xavier Dolan (Matthias et Maxime), però le assenze si fanno sentire, e una potrebbe marchiare a fuoco l’intera edizione: C’era una volta a Hollywood di Quentin Tarantino, con Brad Pitt e Leo DiCaprio, rischia di non essere pronto, per i tempi di lavorazione in pellicola.
Stante il mancato accordo tra Cannes e Netflix, The Irishman di Martin Scorsese, in predicato per il Lido, The Laundromat con Meryl Streep e The King di Noah Baumbach non vedranno la Costa Azzurra, ma a marcar visita, a oggi, sono pure titoli dati per certi, quali Ad Astra di James Gray, sempre con Pitt, The Truth del giapponese Hirokazu Kore-eda, Ema di Pablo Larraín. La coppa di champagne mezza piena, viceversa, conta su Elton John, atteso per il suo biopic Rocket Man diretto da Dexter Fletcher e interpretato da Taron Egerton, e Diego Armando, ovvero il Maradona documentario di Asif Kapadia, quello bravo di Senna e Amy (Winehouse).