Potrebbe essere stato un cortocircuito a devastare Notre-Dame. Una trentina di tecnici che lavoravano sul cantiere di restauro della guglia sono stati interrogati dagli inquirenti e l’impalcatura di 500 tonnellate montata sul fianco della chiesa è sotto accusa. In particolare, come ha detto una fonte della polizia a Le Parisien, lo sono i due ascensori che erano stati installati per raggiungere il tetto, uno per salire a 24 metri, l’altro a 54 metri. Un terzo doveva essere installato a breve per raggiungere la punta della guglia, a 95 metri. Sul cantiere lavoravano quattro aziende. Ieri i dirigenti della Le Bras Frères, che ha montato l’impalcatura, hanno assicurato in un comunicato che le “procedure sono state rispettate” e che “nessun lavoro di saldatura” era stato effettuato.
L’ultimo operaio ha “lasciato il cantiere alle 17.30” e a ha “tolto l’elettricità”. L’inchiesta prenderà molto tempo. Sessanta pompieri restano al lavoro, stanno mettendo in sicurezza gli elementi architettonici ancora fragili. Il rischio non è del tutto superato. I frontoni, che non poggiano più sul tetto, rischiano di crollare al minimo soffio del vento. Alcune statue che li appesantivano sono state ritirate. C’è da trasferire le ultime opere d’arte che restano nella chiesa e anche da tenere sotto controllo i rimanenti punti critici.
“Più il tempo passa e meno rischi ci sono che il fuoco riparta”, ha assicurato Gabriel Plus, portavoce dei pompieri di Parigi. Bisognerà presto smontare l’impalcatura che si è “deformata con le fiamme” e rischia di cedere e installare un “ombrello” per proteggere la chiesa, oggi a cielo aperto, dalle intemperie. Non è ancora chiaro quando il cantiere di ricostruzione potrà prendere il via, ma Emmanuel Macron vuole fare in fretta. Ha promesso di ricostruire Notre-Dame in 5 anni e per accelerare i tempi ha riunito ieri diversi esperti per porre le basi della ricostruzione. Il primo ministro Edouard Philippe ha annunciato che un progetto di legge sarà lanciato sin dalla settimana prossima per regolamentare la raccolta dei doni e un comitato ad hoc garantirà la “trasparenza” della gestione dei fondi. “Ogni euro versato per la ricostruzione di Notre Dame servirà a questo e non ad altro” ha detto. Per favorire le donazioni sono stati previsti sgravi fiscali: del 75% fino a 1.000 euro e del 66% al di sopra dei 1.000 euro. Lo Stato ha bisogno dei privati. La cattedrale non era assicurata. È una vecchia disposizione che risale alla fine del XIX secolo e che, sulla base del rapporto costi-benefici, permette allo Stato di “auto-finanziare” i suoi monumenti. Sono dunque la Francia e i francesi a doversi fare carico della spesa della ricostruzione. Le assicurazioni saranno chiamate a intervenire solo se l’inchiesta individuerà la responsabilità delle imprese coinvolte nel restauro. La gara di solidarietà che è partita sin dalla sera del rogo ha permesso già di raccogliere quasi un miliardo di euro. I grandi imprenditori di Francia hanno promesso milioni e più di 140 sono già stati raccolti dalla colletta della Fondation du Patrimoine. Ma è anche scoppiata la polemica. Ieri il leader della France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, che ha sospeso la campagna per le elezioni europee come gli altri esponenti politici, ha accusato i grandi gruppi di montare “una campagna di comunicazione” sul disastro. “Che qualcuno sia in grido di sbloccare 100 milioni di euro in un clic, mostra quanto sono profonde le disuguaglianze nel paese”, ha detto Philippe Martinez, segretario del sindacato CGT. La polemica cresce sul web anche dopo che il gilet giallo Ingrid Levavasseur ha accusato i grandi gruppi imprenditoriali di mobilitarsi per Notre-Dame ma di restare “inerti di fronte alla miseria sociale”. Per tenersi fuori la famiglia Pinault, che dona 100 milioni di euro, ha rinunciato ai vantaggi fiscali.
Un’altra polemica accompagna il cantiere di ricostruzione: cinque anni saranno sufficienti? La sindaca Anne Hidalgo, appoggia Macron: nel 2024 Parigi accoglierà le Olimpiadi e l’evento sportivo è una scadenza importante per la città poiché, stando a uno studio del 2016, potrebbe fruttare più di 10 miliardi di euro. È meno ottimista l’Unesco: “La fase di ispezione non è neanche finita, è prematuro fare previsioni”, ha spiegato Ernesto Ottone, vice-direttore Cultura dell’agenzia Onu. C’è chi teme la fretta. Alcuni specialisti ritengono che il cantiere non potrà durare meno di 10-15 anni. Ma per alcuni architetti la sfida è possibile. Per Jean-Michel Wilmotte, 5 anni bastano “se si usano materiali e tecniche moderne”. E per Stéphan Bern, il giornalista tv a cui Macron ha affidato alcuni mesi fa una missione di salvataggio del patrimonio storico francese, e che ieri era presente alla riunione all’Eliseo: “Velocità non vuol dire precipitazione”. Resta la questione di come ricostruire la cattedrale. Il premier Philippe ha annunciato il lancio di un concorso internazionale di architettura per la ricostruzione della guglia, che aveva fatto costruire Eugène Viollet-le-Duc nel 1859. “L’obiettivo – ha detto Philippe – sarà stabilire se e come bisognerà ricostruire la guglia: identica alla precedente o adatta alle tecniche e alle sfide della nostra epoca”.