Ieri ho scoperto di essere una brutta persona. Ho sfogliato i giornali, letto i siti, guardato i talk show, e nulla: quando ormai era l’imbrunire, a me quello di Notre-Dame continuava a sembrare solo un doloroso incidente. Un lutto. Un grosso dispiacere, per carità. Ma non riuscivo a scorgervi metafore, predizioni, simbologie.
Niente di niente. Mi sentivo strana, diversa, esclusa dall’abbagliante visione di un segnale di imminente sciagura o di profezia, come quando tutti vedono Gesù o un elefante in una nuvola, te lo indicano col dito dicendo “Lì, lì!” e tu vedi solo un cumulonembo grigiastro. Ieri è andata un po’ così. Ognuno nell’incendio della cattedrale ha visto quello che voleva.
Partiamo dal catastrofismo. Repubblica ha titolato a tutta prima pagina: “Notre-Dame non c’è più. Rogo distrugge la chiesa più visitata del pianeta”. A parte il far credere che Notre-Dame sia stata polverizzata, si è proprio utilizzata la parola “pianeta” per avvicinare ancora di più il concetto a una catastrofe spaziale tipo un meteorite che l’ha centrata in pieno. Tra l’altro, Notre-Dame non è affatto la chiesa più visitata del pianeta e nemmeno d’Europa, visto che la superano San Pietro, la basilica di Guadalupe e altre sudamericane. Il peccato diventa però veniale se si passa all’editoriale online di Francesco Merlo, “La Waterloo dell’idea di nazione”. “Il fuoco è cieco, è vero, ma nell’Europa che diventa sovranista con Notre-Dame sta bruciando l’idea di nazione. Quel tetto in fiamme è infatti il tetto che ci copriva tutti, non una rovina che va in rovina come Palmira o i Buddha dell’Afghanistan. (…) Alla fine, forse c’è un mistero che dà senso al fuoco cieco che forse è un avvertimento (…) forse queste fiamme illuminano l’epoca come una piccola Waterloo”. Quindi Palmira e i Buddha erano rovine che andavano in rovina, non patrimoni storici e culturali fatti saltare dall’Isis e dai talebani col tritolo. Ma soprattutto con Notre-Dame non sono bruciati un tetto e una guglia, ma l’idea di nazione. “Con lei si sgretola anche una parte della nostra identità di Europei. (…) Come un’aritmia del cuore che non si può controllare. Come un riflesso condizionato dell’anima”, aggiunge in un altro sobrio editoriale Marino Niola.
“Il Giornale” di Sallusti si spinge oltre, definendo l’incendio “L’11 settembre dell’Europa cristiana” (mancano solo 3 mila morti e due guerre). Ora, capisco che l’evento offra spunti meravigliosi per suggerire l’avanzata in Europa dei turchi a cavallo, ma un po’ di lucidità non guasterebbe.
Il ministro Salvini, in compenso, ci fa sapere con una foto su Instagram che lui non guardava gli speciali su Notre-Dame perché seguiva in tv Il Grande Fratello. Naturalmente era un messaggio subliminale di antipatia per la Francia, ma la notizia confortante è che non lo vedremo mai con una divisa da pompiere francese. Claudio Borghi si concentra sui nemici islamici e con l’ausilio del traduttore automatico di Twitter ci spiega quattro commenti in lingua araba su France 24 che parrebbero fare ironia sull’incendio, a dimostrarci che la Francia ha le serpi in seno. Del resto 4 commentatori sui 6 milioni di musulmani residenti in Francia rappresentano un campione statistico preoccupante. Per Borghi è pronta la Legion d’onore.
Nel frattempo su Huffington Post appare un articolo del quale mi limiterò a riportare un unico passaggio: “Pensieri irrefrenabili che affollano la mente di fronte a una tragedia del genere. Forse il fantasma di Quasimodo il Gobbo ha detto basta. Chissà. Era un rom come Esmeralda… lui la salvò dalle grinfie di Frollo, nascondendola a Notre-Dame dove avrebbe avuto diritto d’asilo”. Nazionalismo vs Europeismo in salsa Hugo/Disney.
Paola Ferrari twitta “Vera follia posizionare le impalcature infiammabili” e nel mezzo di una rissa virtuale, nell’ordine, le fanno notare che: a) le impalcature sono in acciaio; b) le uniche impalcature infiammabili sono le sue. Su Instagram va forte la foto della gita in V liceo davanti alla cattedrale e frasi addolorate perché JesuisNotreDame. Poi esce la vignetta di Charlie Hebdo e subito su vari siti di informazione: “Charlie Hebdo non si smentisce!”. E non si vede perché Charlie, mentre brucia Notre-Dame, dovrebbe passare dal black humour alle barzellette sui carabinieri.
C’è poi il filone mistico : girano le foto dell’interno della chiesa pressoché intatto con una croce sulla sfondo che diventa il simbolo del Cristianesimo che resiste all’Islam, dell’Occidente che non soccombe allo scintoismo, della supremazia del panino al prosciutto sulle spalmabili, del futuro che si arrende all’ineluttabile affidabilità del carretto trainato dal mulo tisico. Tutto brucia, tranne le metafore.
Su Rete4, infine, va in onda il vero scontro tra civiltà: Vittorio Sgarbi vs Alessandro Meluzzi, ospiti di Nicola Porro. Sgarbi spiega che non è accaduto nulla di irreparabile e non è bruciata alcuna opera di valore. Meluzzi lo contesta: “Questa è una catastrofe per la Cristianità!”. Sgarbi lo manda aulicamente a cagare vincendo la palma del personaggio più sobrio e lucido della giornata. E questo sì che è un segnale inquietante per l’Occidente.