Greta-show: “Notre-Dame la ricostruiranno subito, intanto la nostra casa crolla”

Vista da vicino, la 16enne Greta Thunberg sembra ancor più piccola. Un essere tanto fragile quanto determinato, che pare dover resistere all’assalto di quei media che l’hanno innalzata a icona della battaglia contro il cambiamento climatico. “La cattedrale di Notre Dame verrà pure ricostruita”, esordisce ne discorso agli eurodeputati, avvenuto in una delle sale delle commissioni, non nell’aula principale che le sarebbe stata negata dal Ppe. “Ma intanto il nostro pianeta sta per andare in fiamme”. “Se la nostra casa fosse distrutta” scandisce, “noi non staremmo a parlare d’altro”. La giovane svedese critica anche l’Ue, quando “convoca tre emergency summit su Brexit, mentre non spende una parola sulla vera crisi, quella climatica”. “Tutto questo accade quando siamo sul punto dell’estinzione di massa”, affonda la giovane svedese davanti all’aula gremita e che la applaude a ripetizione, nonostante le parole sferzanti – o forse proprio per quello.

Greta si è mossa in treno dalla Svezia a Strasburgo. Lo stesso mezzo di trasporto ecologico con cui raggiungerà anche Roma, dove incontrerà il Papa e sarà ospite della presidente del Senato Casellati, prima di partecipare alla grande marcia ambientalista dei giovani, che si terrà sempre nella capitale venerdì.

Come ha ripetuto più volte, il tempo rimasto per salvare il pianeta è poco: secondo il più recente rapporto Onu, i prossimi 12 anni saranno fondamentali per invertire la tendenza al riscaldamento globale. “Ho 16 anni, io e gli altri della mia età non possiamo votare. Siete voi che dovete farlo, per i vostri figli e i vostri nipoti”.

Il Parlamento Ue saluta con il regalo per Assange&C.

Uno spettro s’aggira per l’Europa, stavolta quello di Julian Assange. Un po’ come ai tempi del buon vecchio Marx – quando da esule tedesco l’economista scriveva a Londra Il Manifesto dei Comunisti e Il Capitale – è il vento che soffia dal Regno Unito a portare scompiglio sul continente.

Il caso dell’arresto del fondatore di Wikileaks nella Capitale britannica sembra infatti calzare come un guanto sull’attività legislativa dell’Unione europea. Ieri l’Europarlamento si è riunito nella città alsaziana per l’ultima volta in 5 anni prima dell’appuntamento elettorale di maggio, licenziando dopo circa un anno dall’iniziale proposta della Commissione la direttiva per la protezione degli informatori (whistleblower in inglese). Il provvedimento è stato approvato a maggioranza larghissima e trasversale: 591 favorevoli, 23 i contrari (tra cui gli il Fratelli d’Italia Maullu nel gruppo Ecr e il forzista Martusciello nel Ppe ) e 33 gli astenuti.

“Si tratta di un segnale positivo che arriva dall’Ue”, commenta l’europarlamentare M5S Laura Ferrara. “Importante l’aver garantito, come chiedevamo anche noi con un emendamento, sia canali esterni che interni. Con quelli esterni si evitano insabbiamenti di notizie o che possano arrivare a persone interne sbagliate”. Proprio il canale esterno ha rappresentato uno dei temi controversi in sede di Consiglio Ue, dove l’Austria e la Germania, avevano espresso dubbi.

“È un passo fondamentale e segna una vittoria importante, anche per l’Intergruppo su Integrità, Trasparenza, Anti-Corruzione e Antimafia che ho avuto l’onore di presiedere”, aggiunge l’eurodeputata Elly Schlein (Possibile–S&D). Schlein sottolinea di aver chiesto dall’inizio del mandato una direttiva che fissasse standard minimi di tutela dei whistleblower in tutti i Paesi europei.

“È assurdo che ad oggi solo 8 Stati su 28 (tra cui l’Italia) abbiano una normativa a loro tutela, tra l’altro non sempre completa”.

Solo grazie ai whistleblowers sono emersi scandali del calibro di LuxLeaks o Panama Papers, che hanno coinvolto imprenditori e politici, come lo stesso attuale presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker nella sua veste di ex primo ministro del Lussemburgo.

Nulla, però, sarebbe stato possibile senza Wikileaks. Infatti il suo fondatore, Julian Assange, è il convitato di pietra dell’aula di Strasburgo. Il dibattito sull’arresto dopo 7 anni trascorsi nell’ambasciata ecuadoriana di Londra, è stato richiesto da sinistra radicale (Gue) e Verdi e si è tenuto in aula, anche se nella notte e separatamente dal voto sulla direttiva di protezione degli informatori.

Durante la conferenza stampa seguita all’approvazione, la relatrice del provvedimento, la socialista francese Viriginie Rozière, chiarisce che – come è ovvio – la norma non può avere ha effetto retroattivo. Ma ammette che il rischio estradizione verso gli Usa è presente e che, nello spirito di questa norma, “Assange dovrebbe essere protetto, solo che non può farlo l’Ue in quanto tale”. Ci vorrebbe, conclude, l’azione di un Paese europeo. Magari sostenuto da tutti gli altri.

“Nel ricostruirla si rispetti l’anima gotica”

“Non conta il progetto originale della cattedrale, conta ripristinare lo spirito di quel tempo”. Il giorno dopo l’incendio a Notre-Dame sembra esserci una certezza, già espressa da Emmanuel Macron e dagli esperti d’arte: l’opera verrà ricostruita. Ma come? Barbara Frale, storica e medioevista, autrice de I sotterranei di Notre-Dame (Newton Compton) ha le idee chiare: meglio lasciar perdere la fedeltà a ciò che c’era prima e concentrarsi sullo Zeitgeist gotico, l’anima culturale, artistica e sociale di quegli anni. Così Notre-Dame avrà nuova luce.

Barbara Frale, tutti danno per possibile una ricostruzione.

Credo anche io. Le cattedrali gotiche sono un po’ come le fenici, hanno il potere misterioso di risorgere dalle loro ceneri.

Ma come sarebbe meglio intervenire?

Rifarei tutto, anche se i danni più grandi sembrano essere limitati al tetto e alle guglie. Ma non bisogna aver paura di discostarsi dalla Cattedrale che siamo abituati a vedere, sarebbe molto meglio una ricostruzione rispettosa non della vecchia Notre-Dame, ma dello spirito del tempo medioevale.

In che senso?

Prendiamo i gargoyle: non fanno parte del progetto originale, ma sono stati aggiunti nell’800 durante il restauro di Viollet-le-Duc. Eppure esprimono a pieno l’anima medioevale, lo spirito decorativo gotico, ci sembrano del tutto coerenti. Quella è la strada per ricostruire.

Vale anche per gli interni?

Le vetrate di Notre-Dame erano molto particolari, ma a dire il vero delle originali era rimasto già ben poco. Il vetro è fragile e deperibile per natura, dunque anche in questo caso si tratterebbe di ricostruire in coerenza con lo spirito gotico.

Uno spirito che, nel caso di Notre-Dame, non si limita all’estetica.

Affatto, tanto è vero che si prestava alla perfezione all’ambientazione di un romanzo storico come il mio. Ci sono scene legate a dei sotterranei che si immaginano pieni di cunicoli e ambienti segreti, come fossero detentori di un sapere oscuro, non accettato. D’altra parte l’intera Cattedrale è cosparsa di simboli criptici.

Cosa ci deve suggerire la storia della Cattedrale?

Testimonia la capacità di rinascere dalla devastazione, come in occasione della Rivoluzione Francese.

La distruzione di quegli anni è paragonabile a quella di oggi?

Fu persino peggiore. Notre-Dame subì danni enormi, in un periodo in cui tutto ciò che rimandava alla Chiesa o alla nobiltà era preso di mira, pensiamo per esempio alla profanazione delle tombe dei sovrani nella basilica di Saint-Denis. Notre-Dame fu vandalizzata e si parlò addirittura di venderla a Henri de Saint-Simon, che aveva in mentre di raderla al suolo prima che il buon senso prevalesse.

Buone ragioni per essere ottimisti?

Senza dubbio. Anche per chi, come me, ha sofferto come avrebbe sofferto un uomo del Medioevo.

Sta’ a vedere che l’han bruciata i sovranisti. Anzi, i musulmani

Ieri ho scoperto di essere una brutta persona. Ho sfogliato i giornali, letto i siti, guardato i talk show, e nulla: quando ormai era l’imbrunire, a me quello di Notre-Dame continuava a sembrare solo un doloroso incidente. Un lutto. Un grosso dispiacere, per carità. Ma non riuscivo a scorgervi metafore, predizioni, simbologie.

Niente di niente. Mi sentivo strana, diversa, esclusa dall’abbagliante visione di un segnale di imminente sciagura o di profezia, come quando tutti vedono Gesù o un elefante in una nuvola, te lo indicano col dito dicendo “Lì, lì!” e tu vedi solo un cumulonembo grigiastro. Ieri è andata un po’ così. Ognuno nell’incendio della cattedrale ha visto quello che voleva.

Partiamo dal catastrofismo. Repubblica ha titolato a tutta prima pagina: “Notre-Dame non c’è più. Rogo distrugge la chiesa più visitata del pianeta”. A parte il far credere che Notre-Dame sia stata polverizzata, si è proprio utilizzata la parola “pianeta” per avvicinare ancora di più il concetto a una catastrofe spaziale tipo un meteorite che l’ha centrata in pieno. Tra l’altro, Notre-Dame non è affatto la chiesa più visitata del pianeta e nemmeno d’Europa, visto che la superano San Pietro, la basilica di Guadalupe e altre sudamericane. Il peccato diventa però veniale se si passa all’editoriale online di Francesco Merlo, “La Waterloo dell’idea di nazione”. “Il fuoco è cieco, è vero, ma nell’Europa che diventa sovranista con Notre-Dame sta bruciando l’idea di nazione. Quel tetto in fiamme è infatti il tetto che ci copriva tutti, non una rovina che va in rovina come Palmira o i Buddha dell’Afghanistan. (…) Alla fine, forse c’è un mistero che dà senso al fuoco cieco che forse è un avvertimento (…) forse queste fiamme illuminano l’epoca come una piccola Waterloo”. Quindi Palmira e i Buddha erano rovine che andavano in rovina, non patrimoni storici e culturali fatti saltare dall’Isis e dai talebani col tritolo. Ma soprattutto con Notre-Dame non sono bruciati un tetto e una guglia, ma l’idea di nazione. “Con lei si sgretola anche una parte della nostra identità di Europei. (…) Come un’aritmia del cuore che non si può controllare. Come un riflesso condizionato dell’anima”, aggiunge in un altro sobrio editoriale Marino Niola.

“Il Giornale” di Sallusti si spinge oltre, definendo l’incendio “L’11 settembre dell’Europa cristiana” (mancano solo 3 mila morti e due guerre). Ora, capisco che l’evento offra spunti meravigliosi per suggerire l’avanzata in Europa dei turchi a cavallo, ma un po’ di lucidità non guasterebbe.

Il ministro Salvini, in compenso, ci fa sapere con una foto su Instagram che lui non guardava gli speciali su Notre-Dame perché seguiva in tv Il Grande Fratello. Naturalmente era un messaggio subliminale di antipatia per la Francia, ma la notizia confortante è che non lo vedremo mai con una divisa da pompiere francese. Claudio Borghi si concentra sui nemici islamici e con l’ausilio del traduttore automatico di Twitter ci spiega quattro commenti in lingua araba su France 24 che parrebbero fare ironia sull’incendio, a dimostrarci che la Francia ha le serpi in seno. Del resto 4 commentatori sui 6 milioni di musulmani residenti in Francia rappresentano un campione statistico preoccupante. Per Borghi è pronta la Legion d’onore.

Nel frattempo su Huffington Post appare un articolo del quale mi limiterò a riportare un unico passaggio: “Pensieri irrefrenabili che affollano la mente di fronte a una tragedia del genere. Forse il fantasma di Quasimodo il Gobbo ha detto basta. Chissà. Era un rom come Esmeralda… lui la salvò dalle grinfie di Frollo, nascondendola a Notre-Dame dove avrebbe avuto diritto d’asilo”. Nazionalismo vs Europeismo in salsa Hugo/Disney.

Paola Ferrari twitta “Vera follia posizionare le impalcature infiammabili” e nel mezzo di una rissa virtuale, nell’ordine, le fanno notare che: a) le impalcature sono in acciaio; b) le uniche impalcature infiammabili sono le sue. Su Instagram va forte la foto della gita in V liceo davanti alla cattedrale e frasi addolorate perché JesuisNotreDame. Poi esce la vignetta di Charlie Hebdo e subito su vari siti di informazione: “Charlie Hebdo non si smentisce!”. E non si vede perché Charlie, mentre brucia Notre-Dame, dovrebbe passare dal black humour alle barzellette sui carabinieri.

C’è poi il filone mistico : girano le foto dell’interno della chiesa pressoché intatto con una croce sulla sfondo che diventa il simbolo del Cristianesimo che resiste all’Islam, dell’Occidente che non soccombe allo scintoismo, della supremazia del panino al prosciutto sulle spalmabili, del futuro che si arrende all’ineluttabile affidabilità del carretto trainato dal mulo tisico. Tutto brucia, tranne le metafore.

Su Rete4, infine, va in onda il vero scontro tra civiltà: Vittorio Sgarbi vs Alessandro Meluzzi, ospiti di Nicola Porro. Sgarbi spiega che non è accaduto nulla di irreparabile e non è bruciata alcuna opera di valore. Meluzzi lo contesta: “Questa è una catastrofe per la Cristianità!”. Sgarbi lo manda aulicamente a cagare vincendo la palma del personaggio più sobrio e lucido della giornata. E questo sì che è un segnale inquietante per l’Occidente.

“San Pietro non teme le fiamme, ma un sisma”

Luca Virgilio è l’architetto del grande restauro della Basilica di San Pietro, durato 10 anni e “mai terminato” per assonanza con Michelangelo, nonché responsabile dell’ufficio tecnico della Fabbrica di San Pietro.

Guardando le immagini dell’incendio di Notre-Dame ci preoccupiamo subito per San Pietro: è in sicurezza?

È un tema complesso e non posso esprimermi su questioni che non riguardano solo la Basilica, ma certamente dall’ufficio tecnico facciamo di tutto perché sia in sicurezza. Ci siamo occupati del restauro degli elementi esterni e interni. Ciò che possiamo dire è che il carico d’incendio su San Pietro non sarebbe paragonabile a quello su Notre-Dame.

Perché?

Perché la Basilica è costituita esternamente da travertino e internamenti da stucchi, marmo e mosaici, quindi quasi non infiammabili.

Quindi se ci fosse un incendio a San Pietro non assisteremmo alle immagini che abbiamo visto a Parigi?

Non bisogna neanche pensarci.

Ciò che è successo in Francia ci fa riflettere sulla fragilità delle opere d’arte rispetto agli eventi naturali.

Certo, ad esempio mettere a norma antisismica la Basilica di San Pietro non le nego che sarebbe quasi umanamente improponibile. Anche se la struttura è forte e imponente e ha resistito dal 1500 a oggi a diversi terremoti di riflesso, se ci fosse un sisma molto forte, dovremmo saggiarne la reazione.

Ecco, se avvenisse una catastrofe del genere, economicamente, di che cifra parleremmo per la ricostruzione?

In questo caso i danni non sarebbero quantificabili. Non abbiamo mai fatto un restauro o un lavoro di questo tipo. Ho eseguito finora restauri parziali e non mi occupo di questioni economiche. Ma, essendo la Fabbrica di San Pietro a farsi carico dei costi, insieme a sponsor pubblici e privati, dobbiamo stare sempre molto attenti alle spese.

Se domani dovesse ricostruire Notre-Dame da dove inizierebbe?

Bisogna vedere innanzitutto se i tecnici hanno a disposizione rilievi precisi su cui basare la ricostruzione. Poi, appena sarà possibile avere chiara l’entità del danno, c’è da valutare cosa ricostruire e come. Non conosco i manufatti della cattedrale francese, conosco i miei. Sicuramente è ancora presto per saperlo.

Lei conosceva lo stato di conservazione di Notre-Dame?

Non so in che stato fosse e non vorrei fare un torto ai colleghi parlandone. È stata una fortuna che ci fosse un’impalcatura e che sia rimasta in piedi, impedendo così il crollo di altri elementi. Per San Pietro è diverso, parliamo di tutt’altre dimensioni. Noi facciamo tutto il possibile per conservare al meglio il nostro patrimonio per le generazioni future.

“Miliardi per le Olimpiadi e la Cattedrale cadeva a pezzi”: l’accusa degli storici dell’arte

La prima riunione per preparare il “piano di ricostruzione” di Notre-Dame si è tenuta ieri mattina alle 11. E già dalla sera prima, mentre i pompieri si battevano contro le ultime fiamme che mangiavano la cattedrale, Emmanuel Macron ha promesso: “La ricostruiremo”. Ma specialisti e esperti d’arte sono furiosi.

“È tempo che lo Stato si faccia carico del suo patrimonio”, ha reagito Didier Rykner, caporedattore di La Tribune de l’Art. L’annuncio che lo Stato, tramite la Fondation du Patrimoine, avrebbe lanciato subito una raccolta di fondi privati lo ha mandato su tutte le furie. “Si stanno per spendere miliardi per le Olimpiadi, e non ce n’erano per restaurare Notre-Dame?”. “Il destino sta presentando allo Stato la fattura delle sue politica culturale – ha detto a sua volta lo storico dell’arte Alexandre Gady –. Gran parte delle cattedrali di Francia sono in pessime condizioni. Da anni denunciamo il budget dei monumenti storici che non è all’altezza del nostro Paese”. Didier Rykner è tra gli esperti che già da anni allerta le autorità sulle condizioni di Notre-Dame e di altre chiese di Parigi. Poi, il 28 aprile 2017, un blocco di pietra di 3,5 chili è caduto dal campanile della chiesa dell’Ile-Saint-Louis, costruita dal 1624 al 1726, sulla via centrale e iper-turistica dell’isola sulla Senna. Per fortuna senza ferire nessuno. Delle reti di protezione erano state messe per evitare nuovi crolli. Quell’incidente non era stato il primo. Bastava alzare lo sguardo per vedere reti e teloni per proteggere le chiese della città. Il comune aveva alla fine lanciato un “piano d’urgenza” e sbloccato 80 milioni su 5 anni (cui si aggiungevano 11 milioni su 6 anni dello Stato).

Una cifra insufficiente per gli esperti. Una mappa di 20 edifici a rischio era stata tracciata. Vi comparivano le chiese di Saint-Germain-des-Près e Saint-Eustache, ora in restauro. Nessun accenno a Notre-Dame. Per finanziare il recupero della cattedrale, nell’estate 2017, era nata invece la Friends of Notre-Dame de Paris, una fondazione di diritto americano che doveva partire negli Usa alla ricerca di generosi mecenati. Pochi mesi prima, lo Stato e la Fondation Avenir du Patrimoine à Paris (creata nel 2013 per raccogliere fondi destinate al recupero delle chiese parigine) avevano firmato un accordo per un piano di restauro su 10 anni di tutta l’abside. Lo Stato si era impegnato a stanziare 2 milioni di euro all’anno e a versare un euro di sovvenzioni supplementari per ogni euro raccolto da privati, fissando un tetto massimo a 60 milioni. Di qui la corsa ai mecenati privati.

Legno addio, il telaio sarà in metallo o cemento

Già durante la notte di lunedì è arrivato l’annuncio della famiglia Pinault: per la ricostruzione della cattedrale il gruppo di lusso Kering dona 100 milioni di euro. “Questa tragedia colpisce i francesi. Tutti abbiamo voglia di partecipare”, ha detto François-Henri Pinault presidente della holding di famiglia. Poche ore dopo Bernard Arnault, patron del gruppo LVMH, annuncia un dono di 200 milioni di euro. La sfida tra i due big del lusso francese e eterni rivali era partita quando Notre-Dame bruciava ancora.

In questa gara alla solidarietà solo ieri almeno 800 milioni di euro sono già stati raccolti: 100 milioni sono stati annunciati da Total, dal gruppo L’Oréal e dalla Fondation Bettencourt Schueller, 10 da Bouygues e dalla Société Générale. I doni arrivano anche dall’estero. Tim Cook, il ceo di Apple, farà la sua parte. Air France assicurerà “il trasporto gratuito a tutti gli attori che parteciperanno alla ricostruzione”. Collette sono state avviate sul web. La Fondation du Patrimoine ha lanciato sin da ieri una raccolta fondi dal titolo Sauvons Notre-Dame: in serata si sfioravano già i 5 milioni di euro. “Per Notre-Dame i soldi non mancheranno”, diceva ieri Stéphan Bern, un giornalista televisivo molto popolare al quale di recente il presidente Macron ha assegnato la missione di stilare la lista dei monumenti “a rischio” in Francia.

È stata sua l’idea del primo Loto du Patrimoine, sulla falsa riga del Lotto per la Cultura. “La ricostruzione richiederà tempo. Forse dieci, vent’anni. Per la cattedrale di Reims ci sono voluti 40 anni – ha aggiunto Bern –. In Francia abbiamo marmisti e artigiani con la necessaria preparazione. Bisognerà ricostruire in modo identico, rispettare i costruttori della cattedrali”.

Il problema di come bisognerà ricostruire è già aperto. Che materiali usare per il telaio, per esempio, che era interamente in legno di quercia? Il cemento, il metallo? Per Frédéric Létoffé, presidente del Groupement des entreprises de restauration des monuments historiques, un tempo “tra dieci e quindici anni” per realizzare i lavori appare “ragionevole”. Per Jack Lang, ex ministro della Cultura, Parigi non può aspettare tanto, ma massimo tre anni. Stando a Franck Riester, l’attuale ministro della Cultura, invece è troppo presto “per valutare tempi e costi del cantiere”. “Lo Stato si assumerà le sue responsabilità”, ha detto. Proprietario della cattedrale di Parigi, così come altre 86 cattedrali in tutta la Francia, è di fatto lo Stato, e non la chiesa. E questo dalla legge sulla laicità del 1905. Da anni ormai l’edificio, come altri monumenti nazionali, non è più assicurato da enti privati, ma si “auto-assicura” sul budget destinato ai monumenti storici (circa 300 milioni di euro). La regione Ile-de-France ha già stanziato 10 milioni, il comune di Parigi 50. Per ora dunque si sa solo davvero quello che era previsto prima dell’incendio. Il cantiere, appena avviato dopo l’installazione dell’impalcatura, era stimato a 100 milioni di euro. 30 milioni solo per il coro e 21 per la navata. La cattedrale gotica, che nel 2018 ha accolto 12 milioni di persone, soffriva del tempo che passa. Le piogge acide e l’inquinamento hanno rovinato la pietra. Le grondaie, i famosi Gargoyle, si sbriciolavano, le facce dei mostri si consumavano. A guardarla dal sagrato non ci si rendeva conto.

L’ultimo intervento sulla facciata e sulle torri era recente, risaliva alla fine degli anni 90-inizio 2000. Gli esperti però ritenevano che bisognava intervenire in fretta sulle coperture dell’abside e gli archi rampanti, che bisognava smontare e ripulire le vetrate. Ma era proprio sulla guglia di Viollet-Le-Duc, che svettava a 95 metri, che bisognava intervenire con più urgenza (per un costo di 9,5 milioni di euro). Erano stati previsti 20 anni di lavori. “È chiaro ormai che il budget sarà tre o quattro volte più elevato”, ha detto al limite delle lacrime Michel Picaud, presidente della Friends of Notre-Dame de Paris, l’associazione che ha la missione di raccogliere fondi privati.

Notre-Dame, il primo allarme è stato ignorato

L’incendio che ha devastato la cattedrale di Notre-Dame è stato domato solo alle prime luci dell’alba di ieri. Per tutta la notte, i cannoni dei pompieri hanno continuato a sparare acqua sul monumento per spegnere gli ultimi focolai.

L’allarme anti-incendio è scattato due volte lunedì. La prima alle 18.20. “Ma l’ispezione non ha permesso di trovare del fuoco”, ha spiegato il procuratore Rémy Heitz. Il secondo allarme, alle 18.43, è stato decisivo. Le fiamme hanno preso in fretta nella struttura di legno del tetto. Alle 19.50 la guglia, con le sue 250 tonnellate di piombo, crollava davanti a centinaia di persone e in diretta tv. Circa 500 pompieri si battevano contro il fuoco. Le prime immagini di ieri dell’interno della chiesa erano impressionanti. Notre-Dame stamattina si è ritrovata a cielo aperto. Una parte della volta è crollata sotto il preso della guglia, che ha lasciato un buco nella volta.

Le cause. “Non c’è nulla che faccia pensare a un gesto volontario”, ha detto ieri il procuratore Rémy Heitz. Un’inchiesta per “disastro colposo” è stata aperta sin lunedì sera. Sulle cause dell’incendio ancora non è stata fatta luce. “Il lavoro si annuncia lungo, complesso e tecnico”, diceva ieri una fonte della polizia alla stampa francese. Smentita almeno per ora che la scintilla sia partita dal telaio, la “foresta”, un intreccio di travi in legno di quercia. Già durante la notte una decina di operai che lavorano con le cinque imprese impegnate sul cantiere sono stati interrogati. Al momento dell’incendio, il cantiere era vuoto. Gli operai lo avevano lasciato alle 17.30.

La cattedrale era protetta? Il responsabile della comunicazione di Notre-Dame, André Finot, ieri ha assicurato che il sistema anti-incendio ha funzionato bene. Ha anche segnalato che qualche giorno fa i pompieri avevano fatto un’esercitazione anti-incendio e che erano pronti. Allora perché il primo allarme è stato ignorato? Sul piano tecnico è però “molto complicato e costoso – ha detto ancora Finot – attrezzare questi edifici antichi con dispositivi automatici di spegnimento del fuoco”. Vi sarebbero problemi “architettonici”.

Notre-Dame è salva. “La priorità era di salvare le due torri. Se il fuoco avesse fragilizzato il telaio delle torri, sarebbero crollate le campane”, ha spiegato ieri il colonnello Gabriel Plus, portavoce dei pompieri di Parigi. Quando il fuoco ha preso nella torre sud il rischio era di perdere tutta la cattedrale. A quel punto, ha raccontato Laurent Nunez, il sottosegretario all’Interno, 20 pompieri sono entrati nella torre per affrontare il fuoco. “Si è giocato tutto in 15 minuti”, ha detto. Ieri la struttura della cattedrale era considerata salva. Delle zone di fragilità però sono state osservate, a livello del transetto nord e della volta. Serviranno 48 ore per mettere in sicurezza l’edificio. Alcune opere del “tesoro” di Notre-Dame erano state messe in salvo dai pompieri. La corona di spine, un frammento della Croce e la tunica di Saint Louis avevano trovato rifugio nel vicino Hotel de Ville. Solo dopo la messa in sicurezza dell’edificio, sarà possibile entrare per portare via le opere rimaste all’interno. Per ora sembra che le vetrate non abbiano subito danni. L’altare è intatto e il grande organo non presenta danni preoccupanti. I grandi dipinti del XVII e XVIII secolo, anneriti, danneggiati dall’acqua, saranno trasferiti e restaurati al Louvre.

Solo 5 anni. Questi i tempi della ricostruzione promessi ieri sera dal presidente Macron che ha rinviato gli altri impegni e gli annunci attesi per risolvere la crisi dei Gilet gialli a un altro momento (anche se alcune misure che si preparano sono filtrate ieri). Anche la campagna per le europee è stata sospesa. Ieri sera ha preso la parola in tv per un breve intervento di soli sei minuti. “L’incendio di Notre-Dame ci ricorda che la nostra storia non si ferma mai, che ci saranno sempre prove da superare. Ve lo dico con forza – ha detto – siamo un popolo di costruttori”.

Pizzarotti e Bonino capilista con +Europa. C’è anche Daverio

La lista di centrosinistra per le elezioni europee formata dalla collaborazione tra +Europa, Italia in Comune (il movimento di Federico Pizzarotti) e i socialisti ha presentato ieri i suoi candidati. I capilista saranno Benedetto della Vedova al Nord Ovest, Pizzarotti al Nord Est, Emma Bonino al Centro, Raimondo Pasquino al Sud e Fabrizio Ferrandelli nelle Isole. L’obiettivo è raggiungere la soglia del 4% e far eleggere almeno un rappresentante italiano da aggiungere alla famiglia politica europea dei liberali (l’Alde). Della Vedova, segretario di +Europa, è molto fiducioso: “Siamo sicuri di farcela, guardiamo quella soglia dall’alto al basso”. Pizzarotti ha aggiunto: “Ogni voto a Italia in Comune e +Europa è per un’Europa più forte, e un voto tolto ai seguaci di Orban”. Tra i candidati c’è anche lo storico e saggista Philippe Daverio, che si candida nella stessa circoscrizione di Pizzarotti. Nelle liste del cartello c’è anche Daniela Aiuto, un’altra europarlamentare uscente dei Cinque Stelle, oltre alla docente universitaria Costanza Hermanin e ai radicali Marco Taradash e Silvja Manzi.

M5S, espulsa Cunial Tre candidati al Sud cancellati dalla lista

La deputata anti-vaccini verrà espulsa, e tre candidati votati sulla piattaforma web Rousseau verranno tolti dalla lista. Un giorno di tagliole, quello dei 5Stelle, che ieri sera hanno annunciato l’avvio della procedura di espulsione per la deputata veneta Sara Cunial, che a gennaio aveva organizzato alla Camera una conferenza stampa assieme ad associazioni no vax, all’insaputa del Movimento. E ieri lo scontro è deflagrato, quando Cunial ha presentato emendamenti in dissenso dal gruppo, attaccando in Aula i 5Stelle. “Nell’esprimere la sua contrarietà al provvedimento sull’agricoltura, ha detto che favoriamo le agromafie, e questo è inaccettabile” afferma il capogruppo Francesco D’Uva, secondo cui “la misura è colma”. E la misura è colma anche per Davide Casaleggio e Luigi Di Maio, che ieri hanno cancellato dalle lista nel collegio Sud per le europee tre candidati campani, per anomalie nelle votazioni. Il 4 aprile scorso lo stesso Casaleggio aveva presentato un esposto in Procura a Roma contro alcuni profili “clone”, creati con i dati di iscritti inconsapevoli per avere più voti sul web. E in attesa delle verifiche dei magistrati ieri sono stati cancellati tre candidati.