Pecorella gli abroga l’appello. Poi il “liberi tutti” di Mastella

2006, 1 gennaio. L’anno si apre, a tre mesi dalle elezioni, con lo scoop del Giornale, che a San Silvestro ha pubblicato una telefonata segretata e non depositata dai pm di Milano agli atti dell’inchiesta sulle scalate bancarie perché penalmente irrilevante. È quella della primavera del 2005 fra il patron di Unipol Giovanni Consorte e il leader Ds Piero Fassino, che gli domanda a proposito di Bnl: “E allora siamo padroni di una banca?”. Il contraccolpo politico-mediatico contribuirà a ridurre il vantaggio del centrosinistra sul centrodestra, insieme a quello per lo scandalo dei buchi e dei derivati di un’altra banca vicina ai Ds: il Monte dei Paschi di Siena e alle calunnie lanciate a Romano Prodi (su fantomatici rapporti con il Kgb) dal “supertestimone” farlocco Mario Scaramella nella commissione Mitrokhin presieduta dal forzista Paolo Guzzanti. Si scoprirà poi che l’intercettazione Fassino-Consorte è stata trafugata da un dirigente della società privata che l’ha captata per conto della Procura, il quale l’ha portata in dono prima a Paolo Berlusconi e poi a Silvio, e di lì è finita sul Giornale di famiglia. I due fratelli Berlusconi verranno condannati in primo grado per violazione del segreto e poi salvati in appello dalla prescrizione.

11 gennaio. Berlusconi e i suoi approfittano degli ultimi giorni di legislatura per sistemare gli ultimi impicci del premier, prima dello scioglimento delle Camere fissato il 29 gennaio. FI blocca un ddl di An, appoggiato da tutti gli altri partiti di maggioranza e opposizione, per la vendita collettiva dei diritti televisivi delle partite di calcio: così il grosso della torta seguiteranno ad accaparrarselo i soliti big (Juventus, Milan e Inter) a scapito di tutti gli altri.

12 gennaio. Il Parlamento approva definitivamente, a tempo di record, la legge Pecorella che vieta al pm e alle parti civili di appellare le assoluzioni e i proscioglimenti di primo grado; per le condanne, invece, l’imputato potrà seguitare a ricorrere in appello. Il tutto in barba alla parità fra accusa e difesa sancita dalla Costituzione. Guardacaso Berlusconi è in attesa del verdetto d’appello del processo Sme-Ariosto, in cui il pm di Milano ha impugnato la sua assoluzione e la sua prescrizione di primo grado. Processo che ora viene abolito da una legge imposta dall’imputato e firmata dal suo avvocato.

20 gennaio. Ciampi boccia la legge Pecorella perché “palesemente incostituzionale”. E in nove giorni non si fa più in tempo a modificarla e riapprovarla. Berlusconi sfida il Quirinale: la ripresenta pressoché identica e minaccia di spostare le elezioni a maggio-giugno. Il capo dello Stato si piega al ricatto: rinvia lo scioglimento delle Camere di due settimane e firma la Pecorella-2, addirittura peggiore della prima versione (un emendamento dell’Udc l’ha estesa ai processi d’appello che tornano indietro dalla Cassazione dopo l’annullamento con rinvio: è il caso del processo a Mannino, parlamentare dell’Udc). Nel gennaio 2007 la Corte costituzionale cancellerà la Pecorella: tutti i processi d’appello da essa aboliti riprenderanno vita. Compreso quello al Cavaliere per l’affare Sme-Ariosto.

10 aprile. Dopo una notte di drammatica incertezza, l’Unione di centrosinistra guidata da Prodi vince per un soffio le elezioni politiche. Berlusconi grida ai “brogli”, si proclama il vero vincitore e invoca il ricalcolo delle schede (che gli darà torto), rifiutando per un mese di lasciare Palazzo Chigi e riconoscere la sconfitta. La beffa peggiore, per lui, è la scoperta che col vecchio Mattarellum avrebbe rivinto il centrodestra: è stato il suo Porcellum, grazie al voto degli italiani all’estero, a propiziare la vittoria dell’Unione per sole 25mila schede. Il governo Prodi-2 si regge al Senato su una maggioranza di appena 3 seggi. E presto si ritroverà contro anche il neopresidente della Repubblica Giorgio Napolitano, grande fan delle larghe intese. Berlusconi inizia una forsennata campagna acquisti fra i senatori del centrosinistra per ribaltare le elezioni e rovesciare l’esecutivo.

11 aprile. All’indomani del voto, in una masseria presso Corleone, la Polizia arresta Bernardo Provenzano.

4 maggio. La Cassazione conferma la condanna del neo-rieletto deputato Cesare Previti a 6 anni per la corruzione giudiziaria Imi-Sir.

5 maggio. Previti si consegna al carcere di Rebibbia, per evitare che i carabinieri lo portino a San Vittore sotto il controllo dei giudici di Milano.

10 maggio. Dopo soli quattro giorni e mezzo di detenzione, Previti ottiene dal rapidissimo Tribunale di sorveglianza di Roma gli arresti domiciliari, previsti dall’apposita ex Cirielli per gli ultrasettantenni come lui. Però dovrà lasciare il Parlamento, essendo stato interdetto in perpetuo dai pubblici uffici, e restare chiuso per sei anni nella sua casa di piazza Farnese, a meno che il Parlamento non vari un provvedimento di clemenza. Da quel giorno, nell’agenda sovraffollata di inizio legislatura, irrompe da destra, dal centro e da sinistra una irrefrenabile priorità che nessuno aveva annunciato in campagna elettorale: l’indulto.

15 maggio. Giorgio Napolitano viene eletto presidente della Repubblica al posto di Carlo Azeglio Ciampi.

25-26 giugno. Il centrodestra perde rovinosamente il referendum costituzionale sulla controriforma della “devolution”: 61,3% di No e 38,7 di Sì.

27-29 luglio. Mentre Berlusconi fa shopping nelle sue file, l’Unione regala a lui, a Previti e agli altri coimputati un indulto extralarge di tre anni firmato dal nuovo ministro della Giustizia Clemente Mastella e votato da tutti i partiti tranne Idv, Pdci e Lega, a tappe forzate. La Camera lo approva il 27 e il Senato il 29. La scusa è la solita: il sovraffollamento delle carceri. Ma il “liberi tutti” – che in pochi mesi farà uscire 30mila criminali e non ne farà più entrare almeno il doppio – è esteso ai reati finanziari e fiscali, alla concussione e alla corruzione, che sulla popolazione detenuta incidono zero. E persino a delitti di mafia come estorsione e voto di scambio. Così i 6 anni che deve scontare Previti in carcere (cui presto si aggiungeranno 18 mesi per la Mondadori) diventano una burletta: in cella ha trascorso solo cinque giorni, grazie all’ex Cirielli; ma dovrebbe almeno restare ai domiciliari per 3 anni prima di ottenere l’affidamento ai servizi sociali. Invece quei 3 anni gli vengono abbuonati dall’indulto e così nel febbraio 2007 verrà affidato a una comunità antidroga per qualche visita, tornando di fatto completamente libero, appena 8 mesi dopo l’arresto. Berlusconi invece intasca un bonus di impunità triennale da spendere alla prima condanna definitiva. Già che c’è, in piena sindrome di Stoccolma, l’Unione lo salva anche dall’ineleggibilità, calpestando per la seconda volta (come già nel 1996) la legge 361/ 1957 sui concessionari pubblici, col solito trucco di dichiarare ineleggibile Confalonieri al posto suo.

(17 -Continua)

Il piano di Berlusconi: farsi grande elettore e poi votare se stesso

Il sogno è quello di tornare, anche se per pochi giorni, a calcare il palcoscenico del Transatlantico. Lo aveva già fatto a febbraio (anche se nella sala della Lupa) per partecipare di persona alle consultazioni con Mario Draghi e già in quell’occasione tutti gli occhi erano puntati su di lui. Il grande ritorno dopo l’estromissione dal Parlamento del 2013, causa condanna per frode fiscale. Ma stavolta Silvio Berlusconi tornerebbe alla Camera in una veste diversa: da grande elettore del prossimo presidente della Repubblica. Di più: da grande elettore di se stesso. Perché in caso contrario, se il leader di Forza Italia dovesse capire che la sua candidatura non avrebbe speranza, rimarrebbe a gestire le manovre per il Quirinale da fuori. Da Arcore o, più probabilmente, dalla sua residenza romana di villa Grande.

Perché l’idea c’è e Berlusconi l’ha riferita a un paio di parlamentari di sua stretta fiducia: se a gennaio capirà che ci sono le condizioni per essere eletto al Colle, potrebbe farsi eleggere grande elettore da una delle Regioni a maggioranza di centrodestra. La Lombardia è la prima indiziata. Tra i 1007 grandi elettori che eleggeranno il prossimo capo dello Stato, infatti, ci sono 58 delegati regionali, indicati dai consigli regionali. In tutto tre per ogni Regione: due della maggioranza e uno dell’opposizione. Secondo questo schema il centrodestra dovrebbe averne 33 e il centrosinistra 24 (più uno della Valle d’Aosta). Ma la legge non esclude che i parlamentini locali possano eleggere anche una figura esterna. Per esempio un sindaco, come chiede l’Anci. Proprio come chiedeva già nel 2013, alla vigilia del voto per eleggere il successore di Giorgio Napolitano, l’allora primo cittadino di Firenze, Matteo Renzi, che avrebbe voluto guidare la sua truppa del Pd direttamente dall’Aula. Poi il consiglio regionale toscano fece una scelta diversa, ma il rampante “rottamatore” riuscì comunque a manovrare la sua corrente da fuori impallinando prima Franco Marini e poi Romano Prodi.

Dopo la convocazione delle Camere su cui si pronuncerà Roberto Fico il 4 gennaio, i consigli regionali saranno chiamati a votare per eleggere i delegati regionali nella settimana che inizia il 10. A quel punto Berlusconi capirà se ci sono le condizioni per scendere in campo in prima persona. Se il centrodestra gli garantirà il sostegno unitario, lo scouting nel Gruppo Misto avrà dato i suoi frutti e capirà di poter arrivare a 505 voti al quarto scrutinio, l’ex premier potrebbe farsi eleggere grande elettore. Non lo farà, è il ragionamento che ha fatto con alcuni fedelissimi, se capirà che il centrodestra si sta spostando su un altro nome. Berlusconi non potrebbe mai eleggere un suo nemico interno come Pier Ferdinando Casini o Marcello Pera. Se invece il centrodestra dovesse andare su di lui, l’ex premier vuole essere della partita. Non si ricordano precedenti di europarlamentari grandi elettori e dallo staff di Berlusconi – per tenere bassi i toni sulla sua corsa al Colle – negano che se ne sia mai parlato. Ma l’idea c’è.

Intanto, mentre Gianfranco Miccichè dalla Sicilia conferma che Renzi gli avrebbe confessato di poter votare Berlusconi al Colle e chiede a Meloni di allargare la coalizione anche al capo di Iv, giovedì si terrà il vertice dei leader del centrodestra a villa Grande (Berlusconi sbarcherà a Roma tra oggi e domani). Ufficialmente si parlerà di manovra, ma il vero piatto forte è il Colle. Matteo Salvini e Giorgia Meloni chiederanno a Berlusconi che intenzioni ha e lui risponderà che ci sta “pensando” ma che è presto per candidarsi ufficialmente. In compenso, però, il leader di FI stopperà qualunque ragionamento sul nascere su un possibile piano “B”, ovvero su un altro nome del centrodestra. “O me o Draghi” sarà il ragionamento di Berlusconi. Bloccando sul nascere qualunque altra mossa dei suoi alleati, che nel frattempo si muovono in parallelo (Meloni ha visto Letizia Moratti e Marcello Pera, Salvini li ha sentiti e tifa anche per Casini). E se il premier scenderà in campo, Berlusconi è pronto a tirarsi indietro. Provando a intestarsi la sua elezione.

“Avanti con i costruttori”, a prescindere da Draghi

Il presidente della Repubblica fa per l’ultima volta gli auguri ai rappresentanti di istituzioni, partiti e società civile e la sostanza politica arriva alla fine, a mo’ di sigillo in vista della competizione per il Colle: “L’augurio che rivolgo a voi e al nostro amato Paese – per il futuro – è che lo spirito costruttivo e collaborativo, reciprocamente rispettoso, possa divenire un tratto stabile dei rapporti istituzionali. È questo lo spirito che ha costruito la Repubblica, che ne alimenta la vita, che rafforza tutte le istituzioni, che conferisce autorevolezza e che alimenta la fiducia nell’Italia”.

Quello di Sergio Mattarella è un memento ai partiti (“s’impone un’esigenza di chiarezza e di lealtà”) affinché a prescindere dalla soluzione del rebus Draghi (Colle sì, Colle no), l’unità nazionale avviata dieci mesi fa con l’esecutivo dei Migliori vada avanti in questa emergenza pandemica. Partiti, peraltro, che il capo dello Stato ringrazia in un altro passaggio denso di significati: “Credo che si possa riconoscere come in Italia si sia affermata una sostanziale unità. Unità di intenti di fronte alla pandemia. E unità di sforzi per gettare le basi di un nuovo inizio. Il tempo dei costruttori si è realizzato in questa consapevolezza. Non era scontato. Voglio per questo esprimere un riconoscimento all’impegno delle forze politiche”. E per supportare l’auspicio che questo “spirito costruttivo” diventi “un tratto stabile”, Mattarella traccia un bilancio positivo di quest’ultimo anno, sia sul fronte sanitario e scientifico (ai no-vax è stato concesso “uno sproporzionato risalto mediatico”) sia su quello della ripresa. Consapevoli, comunque, che anche quando tornerà la normalità non sarà più il “mondo di prima”. In ogni caso una nota critica c’è. Pur elogiando le politiche espansive determinate dalla svolta dell’Ue e notando il tasso di crescita del Pil, il capo dello Stato non dimentica la questione sociale: tasso di occupazione basso, morti sul lavoro (“scandalosamente gravi”), squilibri territoriali. Senza dimenticare l’evasione fiscale, lo sfruttamento del lavoro precario e l’incuria del Belpaese che provoca catastrofi.

L’appello di Mattarella incrocia l’endorsement del Financial Times per Mario Draghi al Colle. Si tratta di un ripensamento, visto che il quotidiano britannico aveva scritto un paio di settimane fa che temeva per l’addio del Migliore a Palazzo Chigi. Adesso invece è il momento della “soluzione imperfetta ma migliore”: l’elezione di Draghi al Quirinale.

Sale l’ipotesi cartabia come nuovo premier

Marta Cartabia come nuovo premier, per portare avanti la legislatura e così tranquillizzare i partiti, che temono il voto anticipato. È la carta di Mario Draghi per facilitare la sua elezione al Colle, stando a forti voci in ambito parlamentare. Nell’attesa, la ministra della Giustizia spinge per portare la riforma del Csm nel prossimo Consiglio dei ministri

“Violenza su pazienti”. In cella medico di base

È accusatodi violenza sessuale aggravata sulle sue pazienti. Per questo un medico di base di 64 anni è stato arrestato dagli investigatori della Squadra Mobile di Torino. Le indagini sono partite dopo che la vittima ha denunciato le violenze avvenute a gennaio durante una visita nello studio medico, nel quartiere torinese Barriera di Milano. Dall’inchiesta è emerso però che altre cinque pazienti, dal 2013 a oggi, sempre durante le visite, erano state costrette a subire abusi sessuali a opera del medico. Il professionista già nel 2009 aveva riportato una condanna per condotte simili. All’esito delle attività svolte dalla polizia, l’uomo è stato portato presso la Casa Circondariale “Lo Russo e Cotugno” del capoluogo piemontese.

Morta nel camper, l’amico accusato per l’omicidio

Èaccusato di omicidio aggravato Henrique Cappellari, 29enne compagno di Giulia Rigon, 31 anni di Asiago, trovata morta domenica mattina in un camper parcheggiato in via Capitelvecchio a Bassano del Grappa (Vicenza). Gli investigatori coordinati dalla Procura di Vicenza non hanno formalizzato misure nei suoi confronti e l’uomo è libero dopo aver passato la notte in una comunità parrocchiale di Bassano al termine di un lunghissimo interrogatorio davanti al pm Serena Chimichi.

Il giovane ha parlato di una caduta accidentale della 31enne sull’asfalto del parcheggio dopo una discussione. Altre ferite sarebbero riconducibili a un suo tentativo di trasferire il corpo nel camper. Ma gli inquirenti restano scettici.

Secondo i rilievi del medico legale, la vittima presenta ferite lacero-contuse alla testa e in altre parti del corpo con altri segni tra cui ecchimosi ed escoriazioni. Tracce di sangue sono poi state rinvenute sia all’interno del camper che sull’asfalto del parcheggio. Ora sul corpo della vittima si attendono gli esiti dell’autopsia.

“I soldi alla Lega? Centemero disse: dateli a Più Voci”

Un contributo, un’erogazione liberale “pianificati”, secondo la Procura, prima del bonifico: chi paga, privato, e chi, politico, riceve. Denaro che per l’accusa servirà a finanziare “illegalmente” la Lega e nel giugno 2016 un evento politico al centro congressi Paganini di Parma con ospite Matteo Salvini. È questa la novità nel processo milanese (prescrizione 2024) con il tesoriere del Carroccio Giulio Centemero solo imputato per finanziamento illecito rispetto a 40mila euro pagati da Esselunga all’associazione bergamasca “Più Voci” di cui all’epoca Centemero era presidente. Parte di quel denaro, 30mila euro, finirà a una società controllata dalla Lega. Da qui altri 23mila andranno a pagare l’evento parmense “di natura politica”. L’indagine nasce a Roma sull’imprenditore Luca Parnasi. Ora è a Milano. Ieri in aula l’ex direttore degli Affari generali con delega ai “rapporti istituzionali” di Esselunga, Marco Zambelli, da testimone ha spiegato gli incontri col parlamentare leghista. “Centemero – ha detto interrogato dal pm Stefano Civardi – l’ho visto due volte in via Bellerio. La richiesta di aiutare la Lega nasce dal presidente Caprotti (deceduto il 30.9.2016, ndr). Centemero mi disse: se siete disposti ad aiutarci possiamo fare un contributo a Radio Padania”. L’idea iniziale, come spiegato in aula anche dall’ex ad di Esselunga, Carlo Salza (ora vicepresidente del colosso alimentare), era di 150mila, poi ridotti a 40mila “perché (…) era il valore della pubblicità” . “In un secondo incontro – ancora Zambelli – Centemero mi disse di fare la donazione a Più voci”. Degli incontri con il tesoriere, per Zambelli, sapevano i vertici. “Ho riportato a Caprotti le esigenze di Centemero”. A giugno 2016, dopo un carteggio con l’ex dirigente Stefano Ciolli viene formalizzato il bonifico poi firmato dal’ex ad e che doveva essere di 150mila euro (a Radio Padania) “distribuiti in tre annualità da 50mila”. Per l’accusa, “Più Voci” era “un’articolazione del partito”. I suoi fondatori, oltre a Centemero, erano il leghista viceministro alle Infrastrutture Alessandro Morelli, i due ex contabili della Lega Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba (condannati in primo grado per Lfc) e il parlamentare Alessandro Panza. Sul punto Ciolli sentito in aula: “Zambelli mi diede lo statuto Più Voci”. E visto che Centemero aveva ruoli di vertice in Radio Padania e nell’associazione, dice Ciolli: “Le abbiamo ritenute collegate”. Panza, ha spiegato la Gdf, prese contatti per l’evento politico negli spazi Ipogei del centro Paganini. L’evento, per l’accusa organizzato in periodi elettorali, sarà pagato 23mila euro dalla “Mc srl”, società controllata dalla Lega, attraverso “Pontida Fin”. Per il pm, i 23mila fanno parte dei 40mila pagati da Esselunga il 13 giugno 2016 a “Più Voci” e girati a “Mc” che li ha distribuiti ad alcuni organizzatori (non indagati) dell’evento di Parma con Salvini. Stando agli atti depositati dall’accusa ci sarebbe un legame tra il processo di oggi e le indagini sui soldi della Lega nate da Lfc: ottobre 2017, Centemero invia mail (agli atti). Oggetto “Veicolo (…) Salvini Premier”. Tra i destinatari Luca Morisi, ex dominus della Bestia. Si legge: “Il veicolo (…) per le elezioni è l’associazione (…). Una fondazione ha profili di rischio (…)”. Bisogna “escludere dai fondatori chi ricopre cariche in Lega o chi è identificabile come parlamentare”.

Renzi, in un’inchiesta a Firenze i rapporti con la Soka Gakkai

L’ex premier Matteo Renzi e la Soka Gakkai, uno dei principali istituti buddisti in Italia, sono i protagonisti di un racconto finito agli atti di una nuova indagine giudiziaria aperta nel 2020 dalla Procura di Firenze. Al momento il fascicolo non ipotizza reati né ha indagati, ma a oltre un anno dall’inizio è ancora aperto. Per quanto abbiamo potuto ricostruire, il fatto certo è che nell’ambito di questo procedimento sono state sentite come informate sui fatti due persone: due uomini che si definiscono vittime della Soka Gakkai, organizzazione internazionale buddista di origine giapponese, che ha scelto come base italiana Firenze. I due hanno messo in fila una serie di avvenimenti che, letti insieme, restituiscono la fotografia di un rapporto strettissimo tra l’ex premier e i seguaci del Sutra del Loto, 12 milioni nel mondo, 87mila in Italia. Un rapporto politico e finanziario, secondo il racconto fatto alla Procura, che avrebbe avuto il suo apice in uno scambio da diversi zeri.

Le due persone sono state sentite quest’estate dalla Guardia di finanza di Firenze su delega del procuratore aggiunto Luca Turco. Francesco Brunori e Antonio Occhiello, presidente ed ex presidente di Aivs, Associazione italiana vittima delle sette, si considerano danneggiati dalla Soka Gakkai, hanno criticato pubblicamente i metodi dell’organizzazione, oggi sono in causa con quest’ultima, che li accusa di averle fatto cattiva pubblicità dopo la loro fuoriuscita dalla stessa. La Soka è uno dei 12 istituti religiosi a cui lo Stato italiano concede, da quasi 6 anni, la possibilità di raccogliere fondi attraverso le dichiarazioni dei redditi. Per chi fa parte dell’elenco, il vantaggio è che oltre ai soldi di chi sceglie di donare, arrivano in quota parte anche quelli di tutti coloro che non decidono a chi destinare l’obolo. Anche grazie a questo meccanismo, con l’8 x 1000 l’anno scorso la Soka Gakkai ha incassato 4 milioni di euro. La legge che l’ha fatta entrare nel club è stata varata dal governo Renzi nel 2016.

Nella loro ricostruzione, Occhiello e Brunori mettono in evidenza alcune coincidenze. Il 27 giugno 2015 Renzi e Tamotsu Nakajima, all’epoca presidente dell’istituto in Italia, firmano il protocollo d’intesa per l’ingresso nel club dell’8 x 1000. Per avere effetto, l’intesa deve essere recepita da una legge, che la Soka aspetta da 20 anni. I due uomini sentiti dagli investigatori hanno fatto notare che Renzi è stato un fulmine a far passare quella legge. A marzo la propone a suo nome, in meno di 100 giorni è sulla Gazzetta ufficiale. Ad agosto Renzi fa un viaggio lampo a Tokyo. Durante le 48 ore trascorse nella Capitale incontra il figlio di Daisaku Ikeda, guru e fondatore della Soka Gakkai. L’evento non viene riportato dalla stampa italiana, ma finisce sulla prima pagina dal Seiky Shimbun, terzo quotidiano giapponese.

In quel periodo, secondo i due ex sokani, c’è un altro fatto in cui le strade di Renzi e dell’organizzazione buddista s’incrociano. A settembre del 2016, con il decreto Trivelle, il governo autorizza dopo anni il giacimento petrolifero di Tempa Rossa, in Basilicata. La giapponese Mitsui, azionista al 25% della concessione, secondo le due persone sentite è una società della quale Soka Gakkai è azionista. Le informazioni pubbliche di Mitsui dicono solo che gli azionisti principali sono banche e fondi d’investimento, Soka Gakkai non ha mai detto di avere azioni Mitsui, ma Occhiello e Brunori hanno riferito agli investigatori che Mitsui è partecipata dalla Soka Gakkai. Non solo. Durante quel viaggio a Tokyo, fatto a cavallo tra la legge sull’8 x 1000 alla Soka Gakkai e il via libera a Tempa Rossa, Renzi non avrebbe ricevuto in regalo solo un libro dal figlio del fondatore Daisaku Ikeda, ma anche un ricco pacchetto di azioni privilegiate che poco dopo avrebbero acquisito valore grazie al via libera su Tempa Rossa. Titoli Mitsui. A raccontarlo a loro, hanno detto i due uomini sentiti dalla Procura, è stato Orlando Trama, un ex responsabile della Soka Gakkai di Sesto Fiorentino. Trama è venuto a mancare nel febbraio del 2020 a causa di una malattia.

A una richiesta di commento, lo staff di Renzi “smentisce nel modo più categorico ogni relazione finanziaria con Mitsui: in tutta la sua carriera politica il senatore non ha mai avuto titoli in società quotate”. Alla domanda che abbiamo inviato ieri sui presunti interessi finanziari nel gruppo Mitsui, la Soka Gakkai non ha risposto.

È positiva: le arriva subito il certificato di guarigione

Il 15 dicembre a Comacchio la Ausl di Ferrara fa un tampone molecolare a una signora che abita lì vicino, che era positiva all’antigenico dal giorno 7 con febbre tosse, catarro, “dolore ai polmoni come una bronchite acuta” e saturazione a 96. Il 16 c’è il risultato: “Il suo tampone ha dato esito positivo”, scrive la dottoressa dell’Ausl, “si dispone immediato isolamento”. La donna, che chiameremo Maria, si era già isolata da sola, allontanando anche il marito, risultato poi negativo.

Ventiquattr’ore dopo, il 17, il ministero della Salute le manda per email un “certificato di guarigione”. Sì, avete capito. Di guarigione. Quello che serve a scaricare un nuovo Green pass, anzi un Super green pass con cui andare in giro per altri sei mesi. Mentre lei è positiva. Ed è già in possesso di un altro certificato, che in realtà doveva essere ritirato fin dalla prima positività, il 7 dicembre, ma insomma almeno il 16, dopo la conferma del molecolare. Invece no, le fanno addirittura un secondo lasciapassare.

Ma come è possibile? Il ministero ha avviato le verifiche con la Regione Emilia-Romagna. “Potrebbe trattarsi di un errore umano”, dicono. “È successo anche a una mia amica – dice Maria –. Tampone positivo e il giorno dopo arriva il certificato di guarigione, poi un altro dopo il tampone negativo”. Sarebbero due errori umani, sempre nel Ferrarese. Li correggeranno. Le regole ovviamente sono chiare, anche a livello europeo: “I certificati di guarigione – si legge all’articolo 7 del Regolamento Ue 2021/953 sulle certificazioni verdi – sono rilasciati non prima di 11 giorni dopo la data in cui l’interessato è risultato per la prima volta positivo a un test Naat”, cioè il molecolare.

Maria racconta la solitudine del malato di Covid: “Il tampone molecolare me l’hanno fatto solo dopo che ho scritto una mail dicendo che li ritenevo responsabili. Avevo chiamato la guardia medica perché il 7 dicembre era prefestivo: mi ha suggerito di mangiare aglio e cipolla… Il mio medico mi ha consigliato la Tachipirina che stavo già prendendo e mi ha detto che non poteva fare altro. Ho provato tutti i numeri verdi. Un altro medico, amico di famiglia, mi ha dato un antibiotico, ma non funziona. Qui non c’è un medico che si occupi del Covid, anzi ce n’è uno ma mi hanno detto che è no vax… – dice sconsolata Maria –. Il mio invece ora mi dice che con il certificato di guarigione del ministero non mi può certificare la malattia da Covid per il lavoro. Gli chiedo di venire a visitarmi e mi risponde: ‘Scherzi? Hai il Covid’. Possibile che dopo due anni non abbiano ancora dei protocolli sensati? Così ci fanno diventare no vax…”.

Nella email che confermava la positività di Maria l’Ausl scriveva: “Sarà contattato telefonicamente a breve per il tracciamento dei contatti”. “Ma non si è più fatto vivo nessuno, non so nemmeno quando mi faranno un altro tampone – spiega la signora –. Il tracciamento non l’hanno fatto. L’ho fatto da sola. Ho detto a mio marito di farsi il tampone e ho avvisato chi potevo”. La Ausl di Ferrara ieri non ci ha risposto.

Omicron, l’efficacia anche col booster scende fino al 70%

Anche i vaccinati con tre dosi possono trasmettere Omicron, la variante sudafricana del virus Covid-19. Ad affermarlo, in una intervista a Le Monde, è Ugur Sahin, uno dei due cofondatori dell’azienda tedesca Biontech, che insieme a Pfizer ha sviluppato il vaccino Comirnaty basato sulla tecnologia a mRna. “I dati reali provenienti da Regno Unito e Sudafrica – ha detto Sahin –, ci forniscono informazioni rassicuranti, ma dobbiamo essere consapevoli che anche le persone vaccinate con tre dosi possono trasmettere la malattia”.

Sulla nuova variante, già presente in 80 Paesi (in Italia da novembre), sono in corso gli studi scientifici per determinarne con esattezza capacità di trasmissione e grado di virulenza. “Dati preliminari che arrivano dal Regno Unito hanno indicato una efficacia di circa il 70% dopo la terza dose e di circa il 20-40% dopo la seconda dose”, ha spiegato Sahin. Poi ci sono gli studi che provengono da Discovery Health, la principale compagnia di assicurazione medica privata del Sudafrica. E i sudafricani, spiega l’amministratore delegato di Biontech, “fanno osservazioni simili; i loro dati mostrano anche che la protezione contro le forme gravi dopo due dosi sarebbe del 70%, percentuale che penso possa essere un po’ sottovalutata. Sto aspettando i prossimi dati reali dal Regno Unito”.

Ma qual è la situazione in Italia dove Omicron è salita in cinque giorni dallo 0,5 all’1,1% e dove siamo in attesa degli ultimi dati sul sequenziamento che dovrebbero restituirci una fotografia un po’ meno datata e più reale del Paese? In base all’ultimo bollettino dell’Iss negli ultimi 30 giorni (fino al 16 dicembre), i casi di contagio dopo la somministrazione della terza dose (il cosiddetto booster) sono stati 4.219, non sappiamo con precisione quanti tra questi i casi di Omicron. Questo, però, a fronte di poco più di 3 milioni di persone che hanno ricevuto il booster (sempre alla data del 16 dicembre). L’incidenza è, quindi, irrisoria, pari ad appena lo 0,14 %. La campagna per il richiamo con le terze dosi è iniziata alla metà di settembre, rivolta, in prima battuta, agli operatori sanitari e sociosanitari e agli over 80, che sono stati i primi a essere vaccinati all’inizio dell’anno. L’Iss non ha spacchettato i dati dei contagi. E non sappiamo quanti, tra i professionisti della salute – per i quali è da poco scattato l’obbligo della terza dose –, si siano infettati anche dopo la somministrazione del booster. Complessivamente però, negli ultimi 30 giorni, gli operatori che hanno contratto il virus sono stati 4.684.

Dall’Iss confermano al Fatto: la soglia di protezione dalla variante con la terza dose arriva a circa il 75%. Dati che corrispondono a quanto dichiarato dal numero uno di Biontech al quotidiano francese. “È ovvio che siamo lontani dall’efficacia al 95% contro il virus che avevamo raggiunto all’inizio – ha precisato Sahin –. Tuttavia dopo la terza iniezione il nostro vaccino sembra fornire una protezione del 70-75% contro qualsiasi tipo di malattia, che è comunque un buon risultato per un vaccino in generale e penso che andremo ben oltre per le forme gravi”. Difficile per ora stabilire quanto potrà durare questa protezione. Per l’ad dell’azienda tedesca, “ci sarà una perdita di efficacia contro Omicron nel tempo, anche se è ancora da misurare quanto velocemente”, ma per fare previsioni servono “dati reali”. E anche l’Oms certifica: “Omicron può infettare o reinfettare anche vaccinati e guariti”.

Draghi vuole aspettare i numeri della variante per le chiusure

Nel borsino delle previsioni sulle misure che il governo adotterà contro il Covid salgono un po’ le quotazioni del taglio della durata del Green pass, a sei o sette mesi dagli attuali nove, magari accompagnato dalla possibilità di fare la terza dose a tre mesi e non più cinque dalla prima, almeno per gli over 60. Sale anche l’obbligo generalizzato di mascherina all’aperto. Scendono invece le quotazioni dei tamponi obbligatori anche per i vaccinati per gli eventi che provocano assembramenti, le discoteche, magari gli stadi, meno probabilmente cinema e teatri dove per lo più si usano le mascherine ma potrebbe essere vietata la consumazione di cibo, specie i pop-corn, nelle sale.

Mario Draghi ieri ha confermato la cabina di regia di giovedì 23, antivigilia di Natale, ma “nulla – ha chiarito – è ancora deciso, decideremo sulla base dei dati dell’ultimo sequenziamento”, cioè della velocità con cui si diffonde la variante Omicron considerata all’origine della crescita dei contagi che sta mettendo in difficoltà la Gran Bretagna. In realtà giovedì Draghi non avrà ancora i nuovi dati della flash survey in corso sulle varianti, fino alla prossima settimana su Omicron ci saranno solo indicazioni molto parziali.

Obbligare i vaccinati al tampone (e quali poi? Anche i triplovaccinati o chi è fermo alle prime due dosi?) significa da un lato colpire ancora la credibilità dei vaccini, di cui purtroppo è già stata sopravvalutata l’efficacia nei mesi scorsi per indurre la popolazione a immunizzarsi; dall’altro danneggiare categorie come i gestori dei locali che si riempiranno a Capodanno, i signori del calcio e l’industria culturale difesa dal ministro Enrico Franceschini. Peraltro i partiti della maggioranza sono scettici. E Draghi non intende procedere a chiusure dopo aver annunciato urbi et orbi un Natale “sereno per i vaccinati”. Semmai lascia questi interventi alle Regioni e ai Comuni, che già si sono impegnati sulle mascherine all’aperto nelle zone bianche, hanno annullato molte feste di fine anno in piazza e potrebbero seguire il campano Vincenzo De Luca sul divieto di festeggiamenti nelle discoteche e nei locali al chiuso. Ma le Regioni sono contrarie al tampone per i vaccinati. Draghi preferisce puntare sulle terze dosi, meglio dette booster, e la riduzione della durata del pass va in quella direzione, però bisogna anche evitare di ingolfare i centri vaccinali e di penalizzare chi sceglie il booster con scadenze troppo ravvicinate del lasciapassare. Non sembra all’ordine del giorno l’obbligo vaccinale, neppure sotto forma di estensione del super green pass ai mezzi di trasporto. Si ipotizza invece il green pass base per i centri commerciali e questa misura non piacerà alla Lega e ai cosiddetti aperturisti.

Siamo di nuovo al dibattito sulle restrizioni, privo però di dati certi sui luoghi del contagio in un Paese che ha puntato solo sui vaccini e abbandonato, in sostanza, tracciamento e sorveglianza sanitaria. Andrea Crisanti, il direttore della Microbiologia di Padova, suggerisce l’uso obbligatorio delle mascherine Ffp2 e l’eliminazione dei tamponi rapidi che producono un eccesso di falsi negativi, pericoloso quando il virus circola molto. I numeri sono destinati a salire, anche quelli dei ricoveri che già da settimane mettono in allarme gli ospedali, e quelli dei decessi. Risaliranno anche nel Regno Unito, dove ieri Boris Johnson ha preso tempo ma fronteggia una situazione difficile in cui si prevede un raddoppio a breve dei pazienti negli ospedali e ben 50 mila operatori sanitari infetti o in isolamento, con un impatto rilevante sul funzionamento del sistema ospedaliero. È in difficoltà anche la Germania, meno la Francia, mentre la Spagna dà i primi segnali preoccupanti.

La novità di ieri è l’approvazione da parte dell’agenzia europea del farmaco Ema del vaccino Novavax, vaccino proteico tradizionale, il quinto immesso sul mercato dell’Ue, che nelle intenzioni di alcuni potrebbe convincere una quota di chi è spaventato dai vaccini a mRna per la loro novità e le incertezze a medio-lungo termine. Potrebbe essere approvato a breve il vaccino di Sanofi e Gsk, altro prodotto tradizionale già testato anche come booster dopo due dosi a mRna. Potrà essere utilizzato così anche Novavax ma nessuno conosce ancora i suoi effetti su Omicron.