Facce di casta

 

Bocciati

Principi e principi
È ormai diventato caso di Stato l’episodio di Minerba, paesino in provincia di Verona, in cui una bimba è stata lasciata a tonno e cracker mentre gli altri compagni mangiavano la pizza, a causa dell’inadempienza dei genitori nel saldare la retta della mensa. Il calciatore dell’Inter Antonio Candreva si è proposto di pagare lui il necessario ed ha telefonato ad Andrea Girardi, sindaco del paese, per comunicarglielo: quando dall’intransigente Primo cittadino è venuto a conoscenza di come i bambini nella stessa condizione fossero 30 su 200, il giocatore ha comunicato l’intenzione di provvedere per tutti. Girardi ha apprezzato il gesto ma ha ribadito di sentirsi dalla parte della ragione: “Il nuovo regolamento prevede che si possa andare in negativo di due pasti, dopo di che scatta la razione tonno. A me dispiace per la bambina, ma coi genitori abbiamo provato più volte a parlare e a offrire il nostro aiuto. Loro niente. E io devo tutelare chi invece paga, è una questione di principio”. E la Lega ci tiene ai principi, basta vedere come non ha mai retrocesso di un millimetro sulla Padania libera …

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Tra le righe

Gianni Alemanno, condannato in primo grado a 6 anni per corruzione e finanziamento illecito nell’ambito del processo Mafia Capitale, ha commentato così l’assoluzione in Cassazione del suo predecessore Ignazio Marino, condannato in appello per peculato e falso per la famosa vicenda delle cene di rappresentanza e degli scontrini: “La condanna per gli scontrini era un eccesso giustizialista. L’assoluzione mi sembra giusta”. Sottotesto: beato lui.

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Promossi

Leghisti all’amatriciana

A forza di assaggiare prelibatezze romane e di vedere periferie furibonde davanti all’arrivo dei Rom, Matteo Salvini comincia ad avere l’acquolina in bocca di fronte al ricco piatto della Capitale: “Roma è una città complicata da governare, è immensa. Ha bisogno di un’attenzione quotidiana. Quando ho due minuti preferisco comunque fare due passi per la città, tra la vita reale e i romani che mi dicono ‘Daje Mattè!”, ha twittato il Ministro dell’Interno, subito sopra ad un altro post con un bel piatto di carbonara accompagnato dalla didascalia ‘All’attacco’. Di fronte alla neanche troppo velata dichiarazione d’intenti, i consiglieri capitolini hanno lanciato su Twitter l’hashtag #MatteMagnaSereno. Tra tutti i commenti spicca quello del presidente della Commissione Ambiente Daniele Diaco: “Tojeteje er vino! A Mattè, bere romanella e magnà cacio e pepe non significano sapè fà er sindaco de Roma. Statte bono e pensa agli Interni”. Fraintendimento chiarito.

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Treni in ritardo: Buona notizia?
Giuseppe Civati ha postato su Twitter una foto dalla stazione, con la tabella degli orari di partenza dei treni; il primo in alto è quello per Milano, annunciato con 20 minuti di ritardo. Questo il commento aggiunto alla foto: “I treni arrivano ancora in ritardo. C’è speranza”. L’ironia salverà il mondo. O almeno l’Italia speriamo.

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Il sibilo della EPrix mette d’accordo tutti (anche i romani)

L’anno scorso a Roma lo stupore dopo la curiosità, della serie “oh, alla fine funziona”; quest’anno la conferma, con misto di soddisfatta certezza, per un appuntamento consolidato sotto la mole dell’Eur, com il sibilo dei motori elettrici pronti a interpretare il circuito capitolino, il pubblico a sognare una piccola Montecarlo, gli organizzatori a sorridere nonostante il tempo plumbeo.

Così per una volta, è l’Italia all’avanguardia di qualcosa, non importiamo solamente successi conclamati, ma diventiamo funzionali per un progetto nato pochi anni fa (la prima edizione è del 2014-1015), ma che ha già coinvolto undici case automobilistiche e nell’immediato futuro (prossimo anno?) potrebbe bagnare l’esordio di altre big delle quattro ruote come Porsche e Mercedes; Freccie d’Argento che hanno vinto anche ieri nel Gran Premio di Cina (Hamilton nuovamente primo).

Paragoni: la grinta, l’imprevedibilità, le difficoltà oggettive del motore a scoppio non si discutono rispetto a quello elettrico, molto più fluido; e poi il rumore, anzi il “rombo” della Formula1 entra dentro, obbliga spesso i presenti a indossare dei tappi per attutire, al momento della partenza uno perde il fiato per quanta energia si sprigiona da quei bolidi. Il sibilo è nettamente altra storia, non evoca, non offre richiami sottintesi né varianti fanciullesche, quando i bambini con la bocca interpretano ognuno a modo loro il celebre “bruuummm”. È esattamente la differenza che c’è tra una sigaretta di tabacco e una di quelle nuove, elettriche.

Detto questo l’EPrix ha il suo fascino, e forse andrebbe sganciato dai confronti con il parente maggiore (maggiore per mole): c’è comunque un’alta competività tra i piloti, le auto in gara non sono così distanti tra di loro in quanto a prestazioni, quindi sorpassi e sorprese nei risultati, e soprattutto accendono i riflettori in cornici inedite come Roma, inglobano, coinvolgono i cittadini, offrono prospettive differenti di realtà consolidate. Portano sponsor. Sprigionano potenzialità, dirette e indirette, come il tanto ricercato indotto.

Sta di fatto che Roma, capoluogo non facile, “benedetto” traffico, ha assorbito senza problemi l’evento, qualche piccola protesta per qualche incolonnamento nella zona, ma la città Eterna è ben collaudata a situazioni extra (vedi manifestazioni politiche, scioperi e concerti, magari al Circo Massimo), e il risultato apre la finestra “benissimo la seconda edizione, pronti per la terza”.

In realtà come Roma il turismo è ovviamente l’industria da sviluppare, tutti lo sanno, quasi tutti lo dimenticano o non sono in grado di rilanciare, valutare o semplicemente creare. Per questo ben venga la formula elettrica, è stato un successo nonostante la pioggia, nessun cortocircuito, tribune piene, sponsor soddisfatti, amministrazione comunale pure, applausi al vincitore e per una volta non siamo obbligati a osannare i successi del “vicino”.

La Settimana Incom

 

Bocciati

È proprio la D’Urso.

La telenovela Asia-Morgan non finisce mai (come da migliore tradizione delle telenovelas). Funziona a repliche e controrepliche. In settimana Asia Argento si è collegata da Rotterdam, con lo studio di “Live non è la D’Urso” per replicare alle accuse di Morgan della settimana precedente, che replicava alle precedenti affermazioni di Asia. L’attrice ha spiegato i motivi per cui con Morgan è finita: “La vita con lui era invivibile. Ha detto quelle cose per non fare la figura da fesso che è”. Il piatto forte resta Weinstein: “Mi ha disgustata. Non ci sono parole. Marco non ha mai vissuto in America con me, è venuto due o tre volte perché gli ho pagato il biglietto. Quando diceva che non tornavo con i lividi è una cosa disgustosa, lui ha detto quelle cose per non fare la figura da fesso che è. Un incontinente, è tragicomico, fa ridere”. Il tutto fa un po’ piangere.

 

Oh Gesù!

Scrive Dago che la commissione della curia di Lecce ha negato l’autorizzazione alla cantante Levante per il concerto davanti alla Cattedrale della città il prossimo 6 agosto. Il brano “Gesù Cristo sono io”. Forse credono anche che si chiami davvero Levante?

 

Promossi

È come la Panda.

Scrive giustamente Corriere.it che “più grande di Gigi Proietti c’è solo Gigi Proietti con la toga da distinguished professor dell’università di Tor Vergata”. L’immenso attore ha ricevuto così il titolo di professore Emerito honoris causa dall’ ateneo romano: “La comicità è un grande mistero. Si sa solo che fa ride’”. Se non ci fosse bisognerebbe inventarlo, ma per fortuna c’è.

 

Tapino a chi?

Paolo Isotta scrive un meraviglioso canto d’amore per Paperino. Non senza paragonarlo all’amico-nemico, il rivale di sempre, Topolino. “Sin dall’infanzia il topo saputello non mi era simpatico. Pure un bimbo piccolo poteva avvertire che Topolino è troppo perbene, troppo bempensante. La mia simpatia andava a Paperino e alla sua famiglia. Paperino, idealista e sfortunato, eversore come Silvestro, la sua personalità messa sempre in ombra da altri tre cantori dei Buoni Sentimenti, i nipotini, infallibili e sapienti. Anche Zio Paperone, grandioso mostro di avarizia, reincarnazione d’un tipo nato con Plauto e giunto allo Scrooge di Dickens, mi piaceva molto”. Nulla da aggiungere. Anzi sì: sgrunt, snort, squack e squaraquack!

 

Giallo il sole la forza mi dà.
Kabir Bedi – che per la nostra generazione è soprattutto l’interprete dei romanzi di un grande scrittore, campione della fantasia, Emilio Salgari – si confessa a Radio Cusano Campus: “La mia interpretazione di Sandokan fu casuale, ma alla fine fui preso per interpretare Sandokan ed è stato un onore per me”. E anche per tutti quelli che grazie allo sceneggiato hanno letto Salgari. Una perla (non solo di Labuan).

Garassino pretende l’alcoltest per gli operai di Fincantieri

“Chiederemo l’alcoltest per i lavoratori di Fincantieri”. Quando la frase è risuonata nel Consiglio Comunale di Genova in molti hanno pensato che si trattasse di un’altra “garassinata”. Le chiamano ormai così, i critici, le sparate dell’assessore alla Sicurezza leghista Stefano Garassino. Arrivano periodicamente, come le rondini a primavera, poi puntuale giunge la correzione, la mezza smentita. Lui lo ammette candidamente: “Bisogna provocare per essere ascoltati. Lo so che a volte esagero”. Ma l’obiettivo di solito sono i barboni (oggetto di ordinanze del Comune), i migranti. I poveri cristi, insomma. Invece stavolta è toccato agli operai di Fincantieri, proprio la società che sta ricostruendo il ponte. Quegli operai di Sestri Ponente che una volta erano il simbolo di Genova. “E invece adesso ci trattano come ubriaconi”, ha tuonato qualcuno. O tempora o mores, la Genova rossa è morta e sepolta. Ma cos’è successo? In Consiglio c’era chi chiedeva di estendere a Sestri Ponente l’ordinanza anti-alcol valida in altre zone della città. Un consigliere M5S ha ricordato che ci sono “gruppi di persone che in pausa pranzo, soprattutto in zona Fincantieri, consumano alcolici per strada, diventando molesti”. Ed ecco la zampata di Garassino: “È mia intenzione chiedere alla dirigenza di Fincantieri di fare l’alcol test ai lavoratori che rientrano dalla pausa pranzo. È anche una questione di sicurezza”. Ma perché proprio gli operai? A Bruno Manganaro, segretario Fiom Cgil di Genova, non è andata giù: “Forse l’alcol test lo dovrebbero fare certi politici e l’assessore per primo”.

Altri hanno scrollato le spalle, Garassino è così, prendere o lasciare. E il sindaco Marco Bucci abbozza per non far indispettire l’alleato leghista. Come del resto abbozza quando i suoi consiglieri con la fascia Tricolore vanno a onorare le vittime di Salò (neanche gli estimatori dei fascisti bisogna farli indispettire). E chissà che qualcuno alla fine non raccolga le sparate di Garassino in un’antologia: “Il primo che chiede l’elemosina lo prendo a calci nel sedere”, disse. Forse una versione catto-leghista (in giunta molti si dicono credenti) dell’evangelico “porgi l’altra guancia”. Porgi l’altra chiappa. “Li avete visti i migranti?”, tuonò un’altra volta Garassino dai microfoni della Zanzara, “Sono un metro e ottantacinque per ottanta chili. Chi conosce la storia, sa benissimo che chi scappava da Auschwitz era pelle e ossa da quanto pativa la fame. Io razzista? Ma che razzista. L’Italia non ha la capacità economica di poter assorbire una quantità così enorme di persone a spese nostre, ma questo è un dato di fatto. A Genova si dice è comodo fare il buliccio con il culo degli altri”. Se la prese perfino con la prefetta, rischiando una crisi istituzionale: “Vogliamo andare a vedere le condizioni igieniche dei centri di accoglienza. Se la prefetta ce lo nega, allora manderemo affanculo… anche la prefetta”. Eccolo, lo sceriffo Garassino. Parole alla Clint Eastwood, nonostante il fisico non proprio da culturista e l’espressione che ricorda piuttosto Jim Carrey. E quel viso sottile che suona un po’ come il cognome, Garassino.

Italia, talento tradito: “Giovane, colto, istruito eppure lavoro gratis”

Il gesto è quello di Bob Dylan nella classica copertina di Nashville Skyline. Uno sguardo furtivo e sorridente e la mano verso il cappello scuro, un accenno di saluto. Mattino presto, stazione di Montevarchi, tra Arezzo e Firenze. Poche parole tra sconosciuti di età molto diversa, una simpatia istintiva.

Per parte mia l’idea di separarci subito, lui deve fare ancora il biglietto, e io in treno devo lavorare. Ma il giovane con i lunghi capelli neri e la barba a punta viene ancora verso di me durante l’attesa sul marciapiede, è diretto anche lui a Firenze. Ho un guizzo di adolescenza, ossia fare amicizia con chi si incontra a caso, sedersi insieme e parlare. Tecnicamente “perdere del tempo”. E invece oltre che piacevole la conversazione è anche straordinariamente istruttiva. Il giovane spiega che è venuto la sera prima da Trento al Moby Dick festival per ascoltare l’incontro-lezione con Alessandro Barbero, storico del medioevo. Resto ammirato. Dunque nell’Italia sbrindellata dei like ci sono persone che si fanno centinaia di chilometri per andare a sentire da sole una lezione di storia. Mi spiega che si occupa di musica medievale, e che cerca sempre di dare un contesto storico alle musiche di cui si occupa. Che passando da un luogo all’altro i filoni musicali non rimangono mai gli stessi, che ci sono Paesi che svolgono anzi una funzione di mediazione tra un filone e l’altro, che lo rigenerano.

Ascolto esempi che non saprei ripetere, se non la Francia carolingia, e che inutilmente cerco di annotare nella mia mente. Aggiunge che deve andare a Montecatini, dove c’è una manifestazione corale di grande importanza, e che approfitterà della pausa di due ore a Firenze per andarsi a rivedere qualche meraviglia in centro. Vedere, sentire, visitare e viaggiare deve essere la cifra del mio amico improvvisato, per il quale sento crescere un’ammirazione silenziosa, direi perfino un po’ di invidia. Con naturalezza snocciola un elenco di musei di tutto il mondo e di quello che vi è andato a vedere, “non potevo perdermi quell’occasione”.

Li compara, li ricorda immaginando di condividere con il suo interlocutore più anziano memorie che egli non può non avere, e che invece, ahimé, l’interlocutore non ha. L’invidia però si smorza e svanisce quando questo coltissimo cittadino del mondo inizia a rivelare la sua condizione. A dirmi che vive come può, che non riceve stipendi da nessuno. Non è, come avevo immaginato, un ricercatore universitario. E nemmeno una di quelle perle di insegnanti che si trovano spesso nelle nostre scuole.

Ha studiato in conservatorio con grandi maestri. È musicologo ed è musicista, con specializzazione a Trento come direttore di coro. Suona tromba e organo. Ma non ha un lavoro fisso. Esegue, dirige musica quando capita. Partecipa a eventi internazionali (altra sequenza di luoghi e nomi che inutilmente cerco di memorizzare), con i cori raccoglie riconoscimenti prestigiosi, ma non esiste una fondazione, un’istituzione, una scuola che lo paghi per farsene fregio. Eppure, che la cultura che sparge senza esibirla ha qualcosa di straordinario. Mi guida nei misteri dei canti liturgici medievali e dei canti gregoriani lasciandomi senza fiato, dice che sull’argomento ha pure scritto un saggio che, se voglio, mi manderà. Mi spiazza raccontandomi d’improvviso che ha studiato e vive a Trento, ma è di Oristano. Rievoca le difficoltà logistiche di sé adolescente che ci metteva ora per andare da Oristano a Sassari, e che non poteva costruirsi una cultura in quel modo. Penso subito con malizia che a Sassari non deve essere servito granché avere, unica città d’Italia, ben due presidenti della Repubblica. Con ironica rassegnazione spiega che svolge prestazioni professionali. Ma che gliele propongono spesso gratis, “intanto si fa un nome”. Oppure che lo pagano due anni dopo, e neanche per intero. Restiamo d’accordo di sentirci, gli do la mail, il guizzo di adolescenza va fino in fondo. Il mio nuovo amico ha quasi quarant’anni meno di me, ma deve essersi trovato bene, ascoltato con attenzione. Mi scrive già il giorno dopo. Si chiama, perché nemmeno quello sapevo, Enrico. Enrico Correggia. Vedo un allegato, è il suo saggio pubblicato su Canti gregoriani. Mi domando, ancora una volta, quanti giovani talenti questo paese sprechi proprio nei settori che, come declama retoricamente, costituiscono il proprio “inimitabile patrimonio nel mondo”. Auguri, giovane compagno di viaggio.

Animalisti fanatici (sul web): “Aiuto, il mio cane è ferito: foto sui social e giù insulti”

 

Carissima Selvaggia, ho trovato una nuova categoria di frustrate: le animaliste 2.0. Ti racconto brevemente cosa è accaduto qualche giorno fa. Sabato pomeriggio, quel simpatico stronzo del mio cane, raccolto dalla strada circa quattro anni fa in condizioni pietose, ha deciso che, annoiato dall’appartamento di 80 mq a sua completa disposizione nonché del terrazzo altrettanto grande (mattonato, arredato e messo in sicurezza con ciotola d’acqua e croccantini a disposizione con accesso in casa h 24 tramite una porticina creata appositamente per lui) sarebbe stata un’ottima idea andarsi a fare una passeggiata sui tetti. Il simpatico stronzo, arrivato su un tetto limitrofo da un lato che non confinava con la mia casa e non riuscendo più a tornare indietro, cosa decide di fare?!? Si convince di saper volare come i piccioni che ama tanto inseguire e plana giù da un garage pubblico alto all’incirca 6 metri. Risultato miracoloso: due fratture. E qui arriva il bello. I soccorritori del sabato pomeriggio che sono come i guidatori d’auto delle domenica, ovvero dei minchioni inesperti del mondo, lo vedono, lo fotografano e lo sbattono sanguinante su Facebook. Mica lo portano in una clinica. Eh no. Vuoi mettere quanti like con le foto del cane agonizzante sull’asfalto e quanti pochi like la foto di un cane da un veterinario? E allora via agli insulti più miserabili nei nostri confronti: bestie, maledetti, bestemmie a più non posso, torturatori di cani, che vi possa succedere la stessa cosa, Dio vi punirà.. Noi siamo arrivati sul posto 10 minuti dopo la caduta perché, pensa un po’ quanto siamo bestie, siamo mancati da casa dalle 13,00 alle 15,00 per il settantacinquesimo compleanno di mia madre (che non festeggerà mai più, se non con il cane in braccio). Per la cronaca: adesso il simpatico stronzo sta bene, il nostro portafoglio in compenso è prosciugato e il mio fegato consumato. E dato che ieri non avevo nulla da fare, ho contattato uno per uno i leoni da tastiera spiegando la verità. Risultato? Ha risposto solo una tipa continuando ad accusarci di essere dei padroni degeneri … L’ignoranza non ha limiti. Ah! In tutto questo nessuno ha mai chiesto notizie del cane, che te lo dico a fare.

Valentina S.

 

Cara Valentina, Enrico Rizzi, il segretario del partito animalista europeo, è stato condannato in primo grado e in appello a pagare 5 mila euro di multa per diffamazione e un risarcimento di 34 mila euro di risarcimento alla famiglia di un cacciatore che era morto di infarto (si trattava del presidente del consiglio regionale Diego Moltrer). Aveva scritto su fb cose tipo “Infame, adesso sai cosa vuol dire morire”. Da questa vicenda è facile dedurre quanto il fanatismo di certi talebani del trovatello faccia danni. Per fortuna, qualcuno ogni tanto questi danni li risarcisce pure. E non in croccantini.

 

Recensioni online, moda democratica: “Guai se il wifi non funziona in bagno”

Cara Selvaggia, ecco la mia storia: io e il mio ragazzo, romano, siamo tornati a vivere nella mia città natale da un anno e abbiamo aperto un B&B. Ci siamo dati da fare per creare un posto bello, d’atmosfera, in cui chi viene possa sentirsi coccolato. Abbiamo dato l’anima e il conto in banca per questo progetto, più di un lavoro. Ho fatto arrivare mobili da tutta Italia e qualcuno pure da Bali: non volevamo offrire un semplice parcheggio tra una gita e un tour nei dintorni, ma un’esperienza estetica e di comfort. Da pochi mesi sono iniziate anche le temutissime recensioni dei clienti, che come ben sai atterriscono i proprietari di hotel e ristoranti più della Finanza. Io le leggo sempre come se stessi disinnescando una bomba, viste anche le esperienze di miei amici con alberghi che mi avevano avvisata della “frustrazione da recensione”. Arrivo al punto. La mia rabbia deriva da una terribile recensione ricevuta oggi (3.3). La motivazione? Il wifi. Prendeva poco, soprattutto prendeva poco IN BAGNO, il signore era irritato. Così irritato che ha pensato di punirci. Il signore che ha chiesto cose fuori dal menù per colazione e a cui siamo andati a cercare avocado e bacon di domenica mattina. Il signore che ha lasciato tutti gli asciugamani per terra, sporchi di qualcosa di nerastro (forse lucido per scarpe) che non siamo riusciti a ripulire. Il signore che a malapena ci ha salutati. Mi fa rabbia che non conta quanto il luogo in cui alloggi sia pulito e confortevole, o che i proprietari siano disponibili, ma che il wifi riceva anche in bagno. E nemmeno conta che ci si trovi in una città stupenda: se il wifi non va a manetta il tuo lavoro viene buttato via.

Scusami, dovevo condividere la mia tristezza.

Melissa

 

Cara Melissa, non mi stancherò mai di dire che questa possibilità di far recensire a chiunque ristoranti e hotel è uno dei mali 2.0 più devastanti. Non serve alcuna esperienza e alcuna patente per distruggere il lavoro altrui. Basta avere, appunto, un wifi. Pensa che un paio di anni fa un amico mi propose di aprire insieme un ristorante. Ne discutemmo a lungo per poi arrivare a una conclusione: se io aprissi una qualunque cosa che si potesse recensire su tripadvisor o booking, sarei massacrata da recensioni negative dei miei hater. Insomma, il signore che cerca il wifi in bagno è meno innocuo di quello che sembra. Spero solo che il telefonino, prima o poi, gli finisca nel cesso.

 

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L’avviso del Fmi: flat tax e assunzioni, tutte le promesse che portano guai

La fine delle illusioni sulla crescita illustrata dalle cifre diffuse nel Def e il buio che avvolge la politica economica dopo le elezioni europee arriva in un momento critico per l’economia globale. Il nuovo World Economic Outlook (Weo) del Fmi aveva già delineato un’economia globale in affanno, esposta a rischi di ulteriori frenate o addirittura di recessione, dopo una fase ciclica protrattasi oltre ogni aspettativa. Il messaggio è stato reiterato e rafforzato nel Global Stability Report (Gsr) della scorsa settimana. Le vulnerabilità finanziarie hanno continuato ad accrescersi in molti paesi sistematicamente importanti rischiando di “tramutarsi in potenti amplificatori se shock negativi si materializzassero”. Il ventaglio dei pericoli comprende un’inaspettata stretta monetaria se l’inflazione accelerasse, una Brexit senza accordo, un passo falso della Cina, un’intensificazione nella guerra commerciale (Trump ha rivolto nuove minacce all’Ue). Inoltre il Gsr ha dedicato un’inusuale attenzione non solo alle fragilità della finanza globale, ma anche a quella delle imprese. Dopo la crisi del 2008-09 i bilanci disastrati sono stati riparati abbastanza da poter sostenere un moderato rallentamento economico o tassi di interesse in graduale (lieve) salita. Ma una crisi profonda avrebbe effetti devastanti. Infatti negli ultimi anni i debiti delle imprese si sono impennati (le obbligazioni a tripla B sono quadruplicate in volume dalla Grande Recessione) e, come spesso accade quando il ciclo positivo sembra eterno, la propensione al rischio ha superato i livelli di guardia.

La solidità finanziaria anche di molte imprese – non solo quelle che emettono obbligazioni spazzatura ma anche di quelle ad alto rating – si è deteriorata e il mercato dei prestiti a leva ha subìto una battuta d’arresto a inizio anno. Insomma se spirassero venti di recessione molte imprese non sarebbero in grado di pagare gli interessi. Per questo i mercati sono in spasmodica attesa dei primi bilanci trimestrali del 2019 che usciranno a giorni: se i profitti non confermassero le aspettative i prezzi di azioni e obbligazioni ripiomberebbero in un pozzo nero come a fine 2018. In questo quadro poco rassicurante il Fmi ha evidenziato che una delle vulnerabilità più marcate a livello globale, è l’intreccio perverso in Italia tra debito sovrano e sistema bancario drogato di titoli pubblici. Basta un refolo di ulteriore peggioramento nella congiuntura mondiale o dei conti pubblici per destabilizzare il sistema bancario italiano a malapena convalescente dopo il tonfo del 2011-12. I prestiti inesigibili tornerebbero ad espandersi, il capitale verrebbe spazzato e il contagio si trametterebbe ai settori ancora sani dell’economia. Insomma si tratta dell’ennesimo autorevole avviso sull’insostenibilità della traiettoria su cui sono lanciati i conti pubblici e l’irresponsabilità di promesse, ispirate al teatro di Ionesco, come la flat tax o le assunzioni nel settore.

‘Case famiglia’ violente: controlli carenti

La casa famiglia di San Lazzaro di Savena (Bologna) dove gli anziani venivano violentati e umiliati, perfino drogati, impone una riflessione. Perché non è un caso isolato purtroppo. Per aprire una casa famiglia non servono autorizzazioni. Basta una dichiarazione del titolare di inizio attività trasmessa al Comune.

Questa struttura è trattata come una civile abitazione e non è sottoposta ai requisiti minimi per il personale e gli spazi a cui sono obbligate le residenze sanitarie assistenziali. E i controlli sono carenti: uno ogni due anni da parte delle Asl. Perciò la Regione Emilia-Romagna, dopo che in un’altra casa famiglia (anche se poi trasformata in una comunità alloggio superando i 6 ospiti massimi), quella a San Benedetto Val di Sambro, gli anziani subivano abusi, ha chiesto al Governo di modificare la normativa nazionale per imporre regole più stringenti. La Regione intanto ha istituito una task force per aumentare i controlli. Se Roma non interviene, la Giunta di Bonaccini ha promesso che farà da sé a casa sua. Questi non possono essere dei posti per fare soldi in modo facile.

Fisco, 730 precompilato o Caf? Ecco tutti i segreti e le novità

Hai voglia, governo e Agenzia delle Entrate, a rasserenare gli animi di 30 milioni di italiani tra spot e video dimostrativi. Quando arriva il momento di pagare le tasse, non c’è dichiarazione dei redditi precompilata e semplificata che regga: lo stress è sempre altissimo e ai contribuenti non resta che armarsi di soldi per pagare Caf e commercialisti (e non pensarci più) o di computer e Pin per imbarcarsi nell’impresa del modello precompilato, arrivato al suo quinto anno. Scelta, quest’ultima, che dovrebbe essere meno complicata degli scorsi anni. Sono, infatti, arrivati a quasi 960 i milioni di dati, tra redditi e sconti fiscali (+3,8% rispetto allo scorso anno), comunicati al Fisco per la dichiarazione 2019 che, da oggi, sarà consultabile sul sito dell’Agenzia delle Entrate. Merito anche dei nuovi ingressi, ossia le spese su parti comuni condominiali che danno diritto al bonus verde e le somme versate dal 2018 per le assicurazioni contro le calamità. Voci che si aggiungono a quelle già presenti, come le spese sanitarie, veterinarie, gli interessi passivi dei mutui, i contributi previdenziali e assistenziali, le spese universitarie, quelle per la frequenza degli asili nido e le erogazioni liberali effettuate alle Onlus o alle fondazioni.

Insomma, uno stimolo in più che dovrebbe riuscire a convincere i contribuenti (sia quelli che presentano il 730 che il modello Reddito, l’ex Unico) a fidarsi del Fisco. Ma sempre di una scommessa si tratta, visto che lo scorso anno sono state solo 2,9 milioni le dichiarazioni dei redditi precompilate inviate, anche se in crescita di 450 mila rispetto al 2017. Così, da oggi pomeriggio e per le prossime due settimane sarà possibile consultare la precompilata, mentre dal 2 maggio si potrà modificare, accettare o inviare il solo modello 730 (per Redditi si parte dal 10 maggio). Tra le novità di quest’anno l’allargamento della compilazione assistita che consentirà di modificare in maniera guidata tutto il quadro E della dichiarazione per aggiungere, ad esempio, un onere detraibile (che permette di diminuire l’imposta da pagare) o deducibile (che riduce il reddito complessivo su cui calcolare l’imposta dovuta) che non compare tra quelli già inseriti o di modificare gli importi delle spese sostenuti. Dopo che il contribuente avrà apportato le sue modifiche, sarà poi il sistema a ricalcolare in automatico gli oneri sulla base dei nuovi dati e di eventuali limiti previsti dalla legge, e a inserire il totale nei campi del quadro E.

Fin qui la teoria. Ora la pratica: come si fa per accedere al sito delle Entrate? Si deve usare il Pin dispositivo dell’Inps, del NoiPa, la smart card Cns e lo Spid. Se ancora non si è in possesso del Pin, se ne può far richiesta registrandosi al servizio Fisconline, non prima di aver scritto il reddito dichiarato lo scorso anno.

Solo dopo che il sistema si è accertato che il contribuente sia in regola con le tasse, viene infatti fornita la prima parte del Pin (4 cifre). Ma per ottenere la chiave completa bisogna aspettare due settimane, quando si riceverà a casa una lettera contenente le ultime 6 cifre del Pin e la password di primo accesso. È anche possibile ottenere la prima parte del Pin per telefono, al numero verde 848.800.444 o presso gli uffici delle Entrate, ma la seconda parte verrà sempre inviata per posta.

Pin alla mano, si può quindi accedere alla propria dichiarazione precompilata. E da lì, con una serie di menu a tendina, è possibile rintracciare tutti i dati. Certo, il procedimento non è dei più semplici, ma comunque ha un vantaggio: chi presenta il 730 precompilato, direttamente o tramite il sostituto d’imposta, senza modifiche o con alcuni cambiamenti che non incidono sulla determinazione del reddito o dell’imposta, non sarà sottoposto al controllo formale da parte dell’Agenzia delle Entrate. Il vantaggio spingerà gli italiani a percorrere la strada strada del fai da te? Le resistenze alla dichiarazione precompilata restano altissime, così come le difficoltà riscontrate dai contribuenti che potrebbero scoraggiarsi già nei primi passaggi per richieder il Pin. Del resto, se non si vuole dialogare a tu per tu con il Fisco, l’alternativa è troppo comodo e nota: rivolgersi a Caf e professionisti, cosa che lo scorso anno è stata fatta dall’80% di chi ha presentato il 730. Con non poche noie. Oltre al concreto rischio di trovare file e caos, il contribuente deve portare anche gli scontrini, le ricevute, le fatture e le quietanze che provano le spese sostenute da aggiungere o correggere nel modello precompilato. E, soprattutto, sborsare in media 40 euro. Inoltre da quest’anno sono state anche calmierate le sanzioni ai Caf che rilasciano il visto di conformità in modo infedele senza aver effettuato alcun controllo sui dati indicati in dichiarazione dai contribuenti assistiti. E su quest’ultimi torna in carico il versamento delle imposte emerse e degli interessi.

Fca, accordo con Tesla andrà avanti per anni

Fca pagherà a Tesla centinaia di milioni affinché nel conteggio delle emissioni medie prodotte allo scarico dai propri modelli rientrino anche quelle, pari a zero, delle vetture 100% elettriche di Elon Musk. Ciò consentirà al gruppo italo-americano di risultare a norma con i limiti sulle emissioni di CO2 imposti dall’Europa (95 g/km di CO2 nel 2021). La mossa serve a evitare sanzioni più pesanti e sfrutta il principio dei cosiddetti crediti di carbonio: in pratica, così come chi emette di più va incontro a sanzioni, chi ne produce di meno può vendere la sua “virtù ecologica” al miglior offerente, aiutando i costruttori con prodotti mediamente più vetusti a risultare più green. L’accordo Fca-Tesla “andrà avanti per gli anni a venire”, ha spiegato l’ad di Fca, Mike Manley, nel corso dell’assemblea degli azionisti di Amsterdam: “Il costo dell’accordo è una questione commerciale e non se ne possono svelare i dettagli: sono dati che non vanno divulgati e che vanno tenuti all’interno della nostra azienda per difendere anche la Tesla”. Questa mossa, comunque, serve a evitare sanzioni pesanti, stimate attorno ai due miliardi di euro entro il 2021 e calcolate sulla base delle emissioni medie dei prodotti Fca nel 2018 (128 g/km). “L’intesa con Tesla non significa che Fca non sia in grado di padroneggiare le nuove tecnologie, anzi noi siamo all’avanguardia in modo assoluto sulle tecnologie ibride ed elettriche”, promette Manley. Anche se, al momento, la multinazionale rimane una fra le più sguarnite in termini di prodotti elettrificati: lo dimostra la stessa necessità di acquistare crediti di carbonio da aziende terze.