Prendiamo un tweet a caso: “Buongiorno, mi chiamo Mireille e il #26mai (maggio, ndr) voto per la lista #RenaissanceEuropéenne perché credo nell’Europa proposta da @NathalieLoiseau e dal suo gruppo. A tutti i #MacronistesAnonymes: non dimenticate le urne”. Come giovedì 28 marzo, “Mireille”, alias @MamaMimi161820, passa giornate a twittare per sostenere la République en marche (Lrem). Dalla creazione del suo profilo, nel febbraio 2017, e cioè dalla fase finale della campagna presidenziale, “Mireille” ha diffuso ai suoi soli 264 follower circa 54.000 tweet. “Mireille” a volte cambia nome. Il 28 marzo è diventata “Sophie”: “Mi chiamo Sophie e il #26mai voto per la lista #RenaissanceEuropéenne perché il futuro dell’Europa non può essere affidato a persone che la vogliono distruggere. #MacronistesAnonymes”. Sui social, il partito di Emmanuel Macron abbonda di “Mireille” e di “Sophie”, cioè di profili anonimi, molto attivi, ma i cui titolari non possono essere identificati. Lo dimostra un’inchiesta di Mediapart che, assieme al ricercatore indipendente Baptiste Robert, ha analizzato l’attività sui social dell’esercito di cybermilitanti del partito al potere. I dati sono stati raccolti tra venerdì 29 marzo e la mattina del primo aprile, un fine settimana politicamente molto ricco, con l’atto XX del movimento dei Gilet gialli, il lancio della campagna Lrem per le Europee, e un mini rimpasto di governo annunciato domenica sera. I dati confermano che la comunità Lrem, su Twitter, si basa sull’iperattività di un centinaio di account, per lo più anonimi. Una volta raccolti i dati, Robert ha calcolato il coefficiente di manipolazione del traffico social, uno strumento sviluppato all’Oxford Internet Institut dell’università, nell’ambito di una ricerca sulla propaganda informatica. Risultato: il coefficiente della comunità Lrem è di 16, “sopra la media osservata” in caso di attività normale. Ad esempio, lo studio dell’attività che si sviluppa intorno a parole chiave banali, senza significato, come #venerdì o #mercoledì, genera un coefficiente tra 8 e 10. Quando il coefficiente è il doppio, come nel caso di Lrem, “si può dedurre un tentativo di manipolazione del traffico da parte della comunità”, afferma Robert. Una bolla artificiale, dunque, ma anche un paradosso, visto che il presidente difende la fine dell’anonimato, “diventato problematico”, sui social network. Questa proposta, al centro di dibattiti anche nel partito di Macron, potrebbe rientrare nel progetto di legge che sarà presentato “prima dell’estate” dalla deputata Lrem di Parigi, Laetitia Avia. Il testo ha lo scopo di contrastare il cyberbullismo. Poco importa però che metodi usa il partito presidenziale! Come farà la Lrem a imporre alla società una trasparenza di cui lei stessa si fa beffa sui social? La questione si è posta quando, il 4 aprile, Marlène Schiappa, segretario di Stato alle Pari opportunità, ha rifiutato di dire chi si nasconde dietro l’account #Avec_Marlène che la sostiene. E si è riposta in altre circostanze. Per esempio quando Ismaël Emelien, l’ormai ex consigliere di Macron, non è stato in grado di spiegare la diffusione anonima di immagini di videosorveglianza della prefettura di Parigi e di un montaggio grossolano servito a proteggere l’ex collaboratore dell’Eliseo Alexandre Benalla. Ma anche quando i media hanno rivelato che questa controffensiva era stata organizzata e coordinata con l’allora responsabile dell’ufficio stampa dell’Eliseo e attuale portavoce del governo. Nonché quando si è saputo che l’account anonimo in questione è in realtà amministrato dal responsabile della cosiddetta “unità di reazione” di Lrem. Sin dalle presidenziali, l’esempio viene dai vertici della Macronia. I dati di Robert confermano che l’anonimato è presente a tutti i livelli del movimento. Al gioco di “chi retwitta chi” e “chi risponde a chi”, la visualizzazione dei feedback tra account permette di disegnare delle comunità, cioè dei “gruppi di persone che interagiscono tra di loro”. E la più attiva, nel nostro studio, è la comunità Lrem. Tutti questi gruppi si strutturano intorno a #EnsembleEMacron, uno degli account più attivi, probabilmente tenuto da più persone (profilo usato tutti i giorni, dalle 7 a mezzanotte). Solo pochi di questi sono ufficiali, come @enmarchefr e @JeunesMacron o i deputati Pierre Person e Stanilas Guérini che dirigono il partito.
Questo uso dei social network può essere paragonato ad una campagna di astroturfing, un fenomeno che Romain Badouard, insegnante-ricercatore all’università Paris II, descrive come “il fatto di simulare artificialmente un movimento di opinione on line”. L’autore di Désanchentement de l’Internet: désinformation, rumeur et propogande (FYP Éditions, 2017) ricorda a Mediapart che “l’interesse dei social è di generare movimenti d’opinione spontanei. Si ricorre all’astroturfing quando si cerca di riprodurre, di simulare questa spontaneità”. “L’astroturfing – spiega Badouard – è nato come strumento di propaganda nei paesi totalitari. Alla fine degli anni 2000, per esempio, la Cina lo ha usato per contrastare i dissidenti sui social: è più efficace inondare i social di messaggi pro-regime che impedire ai dissidenti di esprimersi. Oggi dei piccoli gruppi politici, di alcune decine di persone, se ne servono per l’azione politica: alcuni gruppi di estrema destra lanciano dei raid contro le pagine Facebook di associazioni di difesa dei migranti. In questo caso si può parlare di astroturfing perché non si tratta di attaccare personalmente qualcuno, ma di rendere invisibile un discorso o di intaccare la notorietà”. “Oggi esistono sia account fake amministrati da persone reali che account reali alimentati da robot, cosa che rende impossibile la loro identificazione”, constata Badouard. Non potendo individuare i robot, Robert censisce le anomalie. I dati che ha raccolto sulla comunità Lrem rivelano statistiche inconsuete. È il caso di @COSTESLionelEr, secondo profilo più attivo con 611 feedback durante lo scorso fine settimana dopo @EnsembleEMacron. I ricercatori concordano sul fatto che un account è sospetto dagli 80 tweet e/o retweet al giorno. Mediapart ha verificato l’identità di Lionel Costes, ma la sua frequenza di pubblicazione resta comunque atipica (fino a 115 tweet l’ora). Dal dicembre 2016, questo account ha diffuso in media 519 tweet al giorno. I primi tre account, @EnsembleEMacron, @COSTESLionelEr e @EnMarcheMoulins, “riescono a fare il doppio di quello che farebbe un robot”, osserva Robert. Gli utilizzatori che hanno accettato di risponderci sono pochissimi. Pierre Le Texier, responsabile dell’“unità di reazione” di Lrem e della diffusione dei video in difesa di Benalla su un account anonimo, non vuole “fare commenti”. Texier è sospettato di tenere le fila di un altro account anonimo, “Alain Grand Bernard”, che recentemente ha organizzato una controffensiva dopo le rivelazioni di Mediapart su Benalla. Un altro macronista attivo sui social, Snipe, giudica “inutile” legiferare sull’anonimato on line.
Il comportamento di migliaia di account anonimi non è sconnesso dunque dagli apparati politici e dalle loro strategie. Se diversi utilizzatori che abbiamo contattato rivendicano la loro “indipendenza”, la comunità Lrem si coordina, come nel caso di “Yohann En marche” (@EnPoutine), che “è inscritto ad un filo Telegram per lottare contro le fake news”. La campagna “Mi chiamo [X] e il #26maggio voto per la lista #RenaissanceEuropéenne” è un esempio di questa coordinazione. Lanciata da un account anonimo l’operazione, ritiene Robert, “deriva molto probabilmente” da una campagna precedente lanciata a metà febbraio con l’hashtag #MacronistesAnonymes e lo stesso tipo di retorica, cioè: “Mi chiamo X, ho votato Macron e voterò Lrem alle Europee”. In tutto 606 tweet, di cui il 90% retweet, sono stati pubblicati da 287 account, per lo più anonimi. Un fiasco. Il messaggio più condiviso, quello di @Sylvie5064 (292 follower, 7.599 tweet dal 30 dicembre 2018) è stato ripreso solo 100 volte. Il paradosso della comunità Lrem è questo: i macronisti vagheggiano e non riescono a uscire da una cerchia ristretta. Durante il nostro fine settimana di studi, i media più condivisi e i tweet più retweettati mostrano che il discorso del governo non riesce a diffondersi sui social. Tra i sei tweet più diffusi nel corpus studiato quel fine settimana, due soli riguardano la Francia e sono ostili a Lrem, come il tweet dell’economista Thomas Porcher o quello di @tropical_boy. Per Lrem va meglio solo quando si considerano gli account più citati, come quello di Nathalie Loiseau, capolista per le europee, ampiamente in testa. Un successo però relativo: “Nathalie Loiseau viene citata ma non retweettata”, nota Robert. La consequenza è che: se la comunità è iperattiva, non è molto potente. Gli account ufficiali sono a un punto morto: quello della campagna delle europee @Renaissance_UE conta solo 8.200 follower, @NathalieLoiseau si ferma a 28.200 e @pcanfin, il profilo dell’ex direttore generale del Wwf, Pascal Canfin, attuale numero 2 nella lista Lrem per le Europee, a 35.000. Nonostante il bilancio non soddisfacente e le tante contraddizioni, Lrem non sembra voler cambiare strategia. Il 14 febbraio scorso, Benjamin Grivaux, l’ex portavoce del governo e candidato al comune di Parigi ha ringraziato pubblicamente gli account anonimi: “A tutti i #MacronistesAnonymes… davvero, GRAZIE!”.
(traduzione Luana De Micco)