I ragazzi italiani del clima lanciano “Friday for Future”

“Siamo quelli che si stanno svegliando e che ce la faranno a cambiare le cose”: è il messaggio lanciato dagli oltre 500 ragazzi, venuti da tutta Italia, nell’aula Magna Levi dell’Università Statale di Milano. Si possono definire i “fratelli e le sorelle di Greta”. Sono molti di più. Hanno deciso di far nascere la rete italiana di Friday for Future, dopo le grandi manifestazioni del 15 marzo. In sala non si vede un giornale, solo smartphone, il contenuto che li lega tutti è il clima, il rispetto degli accordi di Parigi e la riduzione delle emissioni di CO2 entro il 2030, la decarbonizzazione entro il 2050. Tutti si dichiarano apartitici e apolitici, ma quando viene attaccato Matteo Salvini per le politiche relative all’Africa, si sente uno degli applausi più forti. Ma sembra proprio che con questa generazione anche il M5S si stia scavando un fossato.

Non ci sono bottiglie di plastica ma solo borracce, l’invito a cambiare gli stili di vita è ripetuto e con esso il no al consumismo e la battaglia per il “riciclo e il riuso”. C’è chi propone di istituire la tasse su chi inquina o misure come le cauzioni sui bicchieri di vetro per i locali. Da Venezia c’è l’invito a collegarsi alle lotte dei comitati contro le “grandi opere” – vedi No Tav – si fa riferimento alle trivelle, ma su questo poi si sviluppa forse la vera divergenza tra chi sostiene che Friday for future debba avere come unico obiettivo il riscaldamento climatico e chi pensa ad alleanze con altre lotte ambientaliste e quindi con una visuale più ampia. E poi l’invito alla prossima grande giornata di mobilitazione, il 24 maggio, strike, lo sciopero generale per il clima. Ci sarà molta gente, così come ce ne sarà molta il 19 aprile a Roma, all’appuntamento consueto del venerdì per protestare sul clima. Quel giorno ci sarà anche la star del momento, Greta Thunberg, la sedicenne che senza saperlo ha già spostato gli equilibri. In attesa di cambiare il mondo.

Casellati, la Presidentessa sempre in carica per i figli

Le sole cose sicure – era il sospetto di Leonardo Sciascia – sono le coincidenze. Quelle fra Maria Elisabetta Alberti Casellati, la presidente del Senato, e le carriere dei figli Alvise e Ludovica sono impressionanti. Alvise, ex avvocato d’affari a New York, è direttore d’orchestra. Ludovica, ex dipendente di Publitalia, la concessionaria pubblicitaria di Mediaset, è appassionata di cicloturismo.

I riferimenti geopolitici di Alvise e di mamma Elisabetta – sempre per il caso – a volte si sovrappongono. Oggi Casellati rientra da un viaggio in Colombia con una doppia tappa, la capitale Bogotà e poi Cartagena. Palazzo Madama fa sapere che la presidente ha attraversato i luoghi di Gabriel Garcia Marquez e consegnato l’onorificenza di commendatore della Stella d’Italia a Julia Salvi, fondatrice e direttrice del Festival musicale di Cartagena. Il titolo viene assegnato a coloro che contribuiscono ai rapporti di amicizia tra l’Italia e gli altri Paesi. Salvi ha meritato la Stella d’Italia anche perché ha manifestato lungimiranza artistica con l’invito al Festival del maestro Alvise Casellati, che s’è esibito lo scorso gennaio in plaza de San Pedro Claver a Cartagena, cara pure a Marquez.

Un lasso di tempo più esiguo ha diviso il concerto di Alvise a Baku, in Azerbaigian, e la visita di Casellati. Alvise era in cartellone il 5 ottobre 2018, la presidente è sbarcata il 18, tre mesi dopo Sergio Mattarella, per una forma di diplomazia pleonastica: la prima e la seconda carica dello Stato che omaggiano la Repubblica azera a stretto giro. Agende più clementi negli Stati Uniti. In missione tra Washington e New York, il 3 luglio 2018, dopo un pranzo da Eataly, Casellati si è ritrovata un pomeriggio libero e così l’ha riempito con una gita a Central Park per assistere a Opera italiana is in the air del maestro Alvise, un evento gratuito per allietare la comunità italiana con Verdi, Rossini, Puccini, finanziato da Eni, Eataly, Banca Intesa, alimenti Cremonini, costruzioni Pizzarotti, Banca Intesa.

Nel campionario delle coincidenze non può mancare la Freccia, il mensile delle Ferrovie dello Stato. Casellati ha un buon legame con Gianfranco Battisti, amministratore delegato di Fs, ricevuto a Palazzo Madama in ottobre. Nel numero di dicembre, la Freccia dedica un’intervista di tre pagine a tale Alvise Casellati, “maestro d’orchestra, un uomo profondo. Figlio di avvocati”. Con molta umiltà, il figlio di avvocati racconta: “Mio nonno era amico della famiglia Wagner. Per noi è una tradizione avere una laurea e un diploma in uno strumento musicale”. Per rendere edotti i colleghi, spiega che compra il frac da Brooks Brothers, però non cede alla volgarità di precisare che Brooks Brothers ha pagato Opera italiana is in the air.

Per coccolare i passeggeri verso la bella estate, la Freccia di aprile propone un testo di una scrittrice emergente, Ludovica Casellati: Compagna di viaggio, la bicicletta. L’occasione è buona per promuovere il libro di Ludovica e per segnalare i “bike hotel” più suggestivi. Per questioni di eleganza, la Freccia non avvisa il lettore che tra le strutture menzionate ci sono pure quelle del circuito “Luxury Bike Hotel” di Ludovica.

Ludovica è più nota, suo malgrado, del fratello. Perché una dozzina di anni fa, mamma Elisabetta, all’epoca berlusconiana agguerrita nonché sottosegretaria al ministero per la Salute, aveva ingaggiato la giovane figlia con un contratto di capo della segreteria. Poi Ludovica ha cambiato mestiere: s’è licenziata da Publitalia e ha creato una società, Green Life, che edita il blog Viaggi in bici. Non ha interrotto, però, le frequentazioni ministeriali.

Barbara Degani, già presidente della Provincia di Padova, amica di Elisabetta, quand’era sottosegretaria all’Ambiente nei governi di Renzi e Gentiloni s’è avvalsa di una consulenza di Ludovica per la comunicazione. Degani è tornata a Padova, ma Ludovica riscuote successo. Viaggi in bici, dal 2017, organizza il premio “Urban Award” per la “mobilità dolce” in città, patrocinato dal ministero dell’Ambiente. L’ultima edizione, quella del 2018, anno santo per la nomina il 24 marzo di mamma Elisabetta a Palazzo Madama, è fin qui la più prestigiosa. Viaggi in bici fa parte di Green Life, una società che fattura 55.606 euro (bilancio 2017), eppure è riuscita a suscitare l’interesse di sponsor facoltosi, come Acea Energia e Fondazione Iseni Y Nervi. Ludovica ha firmato anche un protocollo d’intesa con l’Anci, l’associazione nazionale dei Comuni. Cesena ha vinto nel 2018 e dunque i cesenati hanno alzato il trofeo all’assemblea dell’Anci. Un onore. Come ammette con sincerità Ludovica, “Urban Award” esiste perché la Fondazione Iseni del gruppo sanitario Iseni lo sostiene con affetto. Un affetto reciproco. Il 24 maggio 2018, Casellati ha benedetto la riforma grafica del portale Malpensa 24 di Iseni Editore e incontrato, accompagnata da Ludovica, il patron Fabrizio Iseni, giurato di “Urban Award”.

Il 2 ottobre, la Fondazione ha presentato in Senato il settimo congresso nazionale, che si è tenuto a Saint Vincent, delle “giornate cardiologiche”, e poi Iseni ha salutato la presidente in ufficio. Impegni istituzionali hanno impedito a Casellati di partecipare alla serata di gala con Maria Teresa Ruta. La presidente ha inviato un messaggio a Saint Vincent, però, che la Fondazione ha diffuso prima di aprire il buffet. Pensavo fossero coincidenze, invece erano tartine.

Lite al Tg1: il vice s’infuria col Capo

Alta tensione al Tg1. Come spesso succede, si litiga per il potere e le nomine. Ieri Dagospia ha segnalato una lite furibonda avvenuta in un telegiornale del servizio pubblico, si tratta proprio del telegiornale più importante, della rete più importante, Rai1, e riguarda i suoi vertici. La miccia è stata innescata in corridoio, quando Angelo Polimeno, uno dei vicedirettori, ha incrociato il direttore Giuseppe Carboni, ex cronista del Tg2, promosso al vertice della poltrona giornalistica più pesante di Saxa Rubra in quota 5Stelle. Polimeno ha rinfacciato a Carboni la presunta “cattiva educazione” per non averlo coinvolto nelle decisioni sull’ultima infornata di promozioni, pare ben sette, tra capiredattori e altri graduati, tra cui anche Alberto Matano, che il Movimento voleva inizialmente proprio al posto ora occupato da Carboni. La discussione, molto accesa, è proseguita nella stanza del direttore e ancora non è stato chiarito se il diverbio sia sfociato in qualcosa di più pesante, come un’aggressione fisica. Dunque la Rai ha chiesto una relazione sull’accaduto e ora i due protagonisti, o almeno uno, rischiano un provvedimento disciplinare. Per lo sconcerto di chi guarda da fuori, non c’è bisogno di aspettare.

“Macché fascista, mi piaceva anche Renzi”

“Mi candido per salvare la democrazia”. Francesco Alberoni, sociologo di fama internazionale, autore di testi come L’élite senza potere e Innamoramento e amore, sarà capolista alle Europee per Fratelli d’Italia nella circoscrizione Nord-Ovest. Per 29 anni i suoi articoli sulla prima pagina del Corriere, tutti i lunedì, hanno appassionato e fatto discutere. Poi nel 2012 il passaggio a Il Giornale. “La sua presenza nelle nostre liste è motivo di grande orgoglio”, ha detto Giorgia Meloni.

Professore, la democrazia è in pericolo?

Non voglio vivere in un Paese guidato da un triumvirato: Davide Casaleggio, Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Non mi va che il timone del Paese sia tenuto da una srl di cui non si comprende nemmeno bene cosa faccia. Gianroberto Casaleggio a suo modo, è stato un genio. La sua idea di democrazia diretta è affascinante, anche se pericolosa: ha sicuramente dato un contributo al pensiero politico italiano. Il futuro del movimento, ora, dipende dal figlio.

Cosa non le va di questo governo?

Lega e M5S sono due forze molto diverse, portatrici di istanze opposte, che si sono unite per percorrere un tratto di strada insieme sottoscrivendo un regolare contratto. Pensavo sarebbero arrivati presto alla resa dei conti, magari proprio alle Europee. E invece Di Maio e Salvini dicono che vogliono governare per cinque anni. Ecco, io mi candido per evitare questa sciagura. Non voglio vivere in una dittatura.

Perché ha scelto la Meloni?

Lei e Ignazio La Russa sono venuti a propormi la candidatura e ho accettato volentieri. Mi sarebbe piaciuto avere un dialogo con la Lega, avrei anche votato per Salvini, che è mio amico, se non si fosse messo insieme ai 5Stelle e in Europa non fosse andato a cercare alleanze tra gruppi fascisti e neofascisti. Al fianco di Marine Le Pen, non ci posso stare.

Però si candida in un partito di destra, erede del vecchio Msi, diciamo post fascista.

Macché! Meloni rappresenta una destra democratica che in Europa ha stretto alleanze con forze conservatrici e di centro.

Insomma, non è diventato fascista?

Ma quando mai! E poi, guardi, in passato mi sarebbe piaciuto dialogare, magari dando un contributo, anche con Renzi e Berlusconi.

Trasversale.

A Berlusconi scrissi tempo fa, senza ricevere risposta. Ho cercato anche Renzi, quando era presidente del Consiglio, e non mi ha mai richiamato.

Per chi ha votato negli ultimi vent’anni?

Mmh… ci crede se le dico che non lo ricordo? Ma non ho mai dato un voto ideologico, ho sempre votato per chi, in quel momento, mi sembrava proporre l’opzione migliore.

Cosa pensa del premier Giuseppe Conte?

Fa il soldatino, ubbidisce a Di Maio e Salvini. Ha un raggio d’azione molto limitato.

Non salva niente di questo governo?

Il reddito di cittadinanza è una buona idea, ma nel lungo periodo la trovo irrealizzabile per mancanza di risorse. Mi spaventa, invece, la proposta di introdurre il referendum con un quorum basso o addirittura inesistente. La politica dell’esecutivo mi pare camaleontica e sconclusionata.

Di Maio sorride, i candidati no Il grande gelo per le 5 capolista

Le cinque “eccellenze” entrano assieme al capo politico che le ha calate dall’alto, cioè Luigi Di Maio, ma non applaude nessuno. Le cinque esterne sorridono e si presentano, ma gli europarlamentari uscenti e gli altri candidati che stanno lì a guardare non sorridono per niente. Di Maio giura che “la meritocrazia è un valore del M5S”, ma una candidata dietro le telecamere ringhia: “Ci hanno vietato di fare interviste, ma se potessi parlare…”.

Scene e sussurri da una presentazione, quella delle cinque capolista del Movimento per le Europee, che racconta la distanza tra Di Maio e tanti eletti, un fossato scavato da una scelta che in tantissimi gli consigliavano di non fare, quella di puntare sulle esterne. Ma il capo ha tirato dritto, assieme al suo ristrettissimo staff. E allora parlano chiaro certe facce e certi silenzi in un sabato pomeriggio romano, dentro l’elegante Tempio di Adriano a pochi metri dalla Camera, la stessa sede (meglio, location) della presentazione dei candidati nei collegi uninominali del M5S alle scorse Politiche. Anche in quel caso esterni, selezionati da Di Maio e dal suo staff. “Li presentammo qui” rivendica il vicepremier. E però gli altri candidati non possono apprezzare. Perché loro saranno in lista grazie ai voti presi nelle parlamentarie sul web, migliaia di voti. E ora dovranno cedere il primo posto o scalare di parecchio, per fare spazio alle cinque “eccellenze italiane”, come le definisce Di Maio. Ovvero Maria Angela Danzì, segretario generale in tanti enti locali, nel Nord Ovest; la giornalista esperta di mafie Sabrina Pignedoli nel Nord Est; la dirigente del Cese (organo consultivo della Ue), Daniela Rondinelli nel Centro. Quindi la docente universitaria Chiara Maria Gemma nel Sud e l’amministratore delegato di Olidata Alessandra Todde nelle Isole. “Con noi del Movimento i cittadini si fanno Stato” assicura Di Maio, che semina termini come asset, stile marketing. Ma tra un elogio e l’altro alle esterne infila citazioni e ringraziamenti per gli europarlamentari.

Perché sa benissimo delle proteste, quindi cita Laura Agea, Laura Ferrara e Fabio Massimo Castaldo. E loro restano composti e serissimi, più o meno tutti in piedi. Con Castaldo che abbraccia e quasi sostiene Agea, uscente umbra. Pochi minuti prima c’erano anche loro, nella pre-riunione con Di Maio, Davide Casaleggio e gli esperti della comunicazione, che hanno mostrato a tutti i candidati sondaggi su “cosa vuole la gente”, ossia sulle priorità in campagna elettorale. E il primo tema su cui puntare è l’immigrazione, seguito dalla lotta all’austerity e dal taglio degli stipendi dei parlamentari e dirigenti della Ue. E arrivano le solite raccomandazioni: “Non rilasciate interviste, non siete ancora ufficialmente candidati (le liste si presentano il 17, ndr). E comunque si parla con le tv locali, non con quelle nazionali”. I candidati ascoltano, in silenzio. In sala invece Di Maio attacca, e parecchio, Matteo Salvini: “È difficile immaginare alleanze trasversali sui temi con Orban o Le Pen, è bellissimo fare i sovranisti con le frontiere italiane…”. E ancora: “I programmi vanno presentati da chi ha la credibilità per farlo, non da chi è stato assenteista in Europa”.

Un’altra stilettata al capo della Lega, assente cronico quando era europarlamentare. Ma del resto l’attacco a Salvini e ai suoi possibili sodali europei sarà uno dei pilastri della campagna elettorale del M5S da qui al 26 maggio. “Dobbiamo insistere sul fatto che è alleato con l’estrema destra, la Lega soffre questo tema” dicono dai piani alti del Movimento. E infatti Di Maio insiste su quei “governi dell’Est che hanno remato contro l’Italia”. E il primo della fila è sempre l’esecutivo ungherese, quello dell’Orban che Salvini insegue, ad occhio inutilmente. Invece i candidati a 5Stelle pensano ad altro. Perché Di Maio conferma che le cinque capolista dovranno superare il voto degli iscritti sulla piattaforma web Rousseau. Ma il come farà la differenza. Ovvero, base ed eletti vorrebbero una votazione divisa per circoscrizioni.

Ma i vertici del Movimento sanno che sarebbe un’opzione molto rischiosa, vista l’agitazione diffuso. E allora molto probabilmente le cinque verranno votate in blocco, “per una semplice ratifica” come soffia un dimaiano. Intanto in sala parla Danzì, che anni fa Forza Italia voleva candidare sindaco a Brindisi. Descrive la su esperienza (obiettivamente notevole) “preziosa”. E un eletto saltella sulla sedia. La presentazione finisce, e parte una nuova riunione, in cui Di Maio parla dei temi di governo: dal salario minimo alla necessità di costruire un’Europa diversa. I candidati ascoltano, sempre zitti. Poi sciamano verso stazioni e autostrade. Fuori piove: forte.

Renato1 e Renato2: Brunetta per tutti

Sostiene Renato Brunetta (13 aprile 2019): “I leader europei e internazionali hanno deciso di usare il pugno di ferro con l’Italia. Il primo passo è stato quello fatto negli ultimi giorni: avvertire gli italiani sul rischio al quale si stanno esponendo, se voteranno ancora questa maggioranza a maggio. Dopo le elezioni arriveranno azioni più concrete contro il nostro Paese. Dall’imposizione di manovre correttive alla possibile apertura di una procedura d’infrazione nel caso il governo non le adotti, fino al possibile arrivo della Troika”. Sostiene Renato Brunetta (13 maggio 2014): “Un delitto contro l’Italia si è consumato nell’estate-autunno del 2011. La democrazia fu violata abbattendo un governo eletto dal popolo. Ci fu un complotto. Silvio Berlusconi, dopo aver resistito a mesi di pressioni (…), dovette abbandonare dinanzi alle minacce gravissime che avrebbero spazzato via il sistema economico (…) La democrazia non è un lusso a cui in tempi di crisi si può rinunciare. Senza sovranità popolare (…) siamo schiavi di altri poteri, che non hanno bisogno del voto per comandare, anzi vanificano il voto per comandare meglio”. Domanda: va bene il tornaconto elettorale e di potere o sottopotere, come pure la vanità di voler spiegare la rava e la fava a comando, ma uno deve per forza mettere il culo davanti alle pedate in questa maniera?

La Meloni: “La Lega non è sovranista, sono solo populisti”

”Pensiamo che se gli italiani ci daranno una mano alle prossime elezioni europee e ci sarà la consapevolezza che c’è un’altra maggioranza possibile, allora sarà possibile anche un governo senza M5S”. Così Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, nella prima giornata della conferenza programmatica al Lingotto di Torino. “Abbiamo bisogno di un’Europa che sappia difendere l’interesse nazionale italiano e non solamente quello francese e tedesco”. All’appuntamento ha partecipato il governatore della Liguria Giovanni Toti eletto con Forza Italia che parla di “un centrodestra unito e che sta insieme su basi democratiche: chi ci sta ci sta”, aggiungendo: “Il vostro manifesto conservatore e sovranista è il mio mondo”. Oggi sono annunciati, tra gli altri, l’ex ministro Giulio Tremonti, il leader del Family Day Massimo Gandolfini e il capitano Ultimo. Nell’assetto europeo Fratelli d’Italia confluirà nei Conservatori. Per Meloni il rapporto con FI “è di leale competizione, come con la Lega. Sono elezioni con il proporzionale e ognuno conta per sé”. Sulla compagine di Salvini: “Lo considero un movimento populista, non un movimento sovranista”.

Adesso la Lega vuole prendersi Riace Mimmo Lucano si candida consigliere

La Lega di Salvini va all’assalto di Riace. Così, Mimmo Lucano rompe gli indugi e si candida a consigliere comunale del Paese di cui è stato sindaco fino a ottobre. Lo fa dopo aver rifiutato più di una candidatura blindata alle Europee di maggio, che diversi partiti gli hanno offerto all’indomani della bufera giudiziaria per la quale è ancora sottoposto al divieto di dimora, che giovedì si ridiscuterà al Riesame.

Pochi giorni fa è stato rinviato a giudizio per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, abuso d’ufficio e concussione. Secondo la Procura di Locri il sindaco “sospeso” sarebbe il promotore di un’associazione a delinquere finalizzata alla gestione dei fondi destinati all’accoglienza: i pm gli hanno notificato anche un altro avviso di garanzia per truffa e falsità ideologica per alcuni alloggi, privi di certificato di agibilità, dove una cooperativa faceva vivere i migranti.

I tempi della politica però non possono attendere quelli della giustizia. E dopo 15 anni a guida Lucano, il 26 maggio Riace dovrà scegliere un nuovo sindaco. La legge non consente a Lucano di ricandidarsi: il suo posto, al netto di alleanze degli ultimi giorni, sarà conteso da tre liste civiche.

Quella in cui si candida Lucano sostiene come sindaco l’ex assessore ai Lavori pubblici della sua giunta, Maria Spanò, che guiderà una lista che ovviamente si riconosce nel “modello Riace”. “Ci avviciniamo alle elezioni – dice la candidata – con la tenacia che ha contraddistinto l’operato di Mimmo in questi anni. Le sue idee erano e sono nobili”.

Contro di lei si schiera Maurizio Cimino, l’ex vicesindaco che tre anni fa Lucano aveva allontanato dalla giunta e che oggi è sostenuto da Forza Italia. Ma soprattutto alla poltrona di sindaco aspira Antonio Trifoli, un vigile urbano “simpatizzante” della Lega, il partito che ha votato alle ultime politiche. La sua lista è sponsorizzata dal consigliere d’opposizione Francesco Salerno, ex segretario cittadino del Pd che dal 2004 ha sempre tentato – perdendo – di sfidare Lucano in municipio.

Per Trifoli, “il modello Riace non deve riproporsi perché è deviato”. E poi puntualizza: “Non vorrei che passasse il messaggio della ‘lista leghista contro Lucano’ perché non è così. Non sono iscritto alla Lega. Non sono tesserato, ma mi piace Salvini che affronta di petto i problemi”.

Trifoli cerca di non “nazionalizzare” la campagna elettorale. Ma nella sua lista ci sono tre candidati consigliere che hanno la tessera della Lega. Tra questi anche Claudio Falchi, il coordinatore di Riace del partito di Salvini. È lui che guiderà l’assalto della Lega al Comune diventato famoso in tutto il mondo come “modello” dell’accoglienza.

“Definirlo modello è un’istigazione a condotte non proprio legali. Questo è un sistema, è corruttela. Veramente uno schifo”, sostiene Falchi, nato a Milano ma da anni trasferitosi a Riace. Che aggiunge: “Il futuro non è certamente andare dietro a certi elementi come Saviano e De Magistris. Riace non ha bisogno dell’immigrazione ma di meno tasse e più sicurezza. Anche l’idea di portare i pensionati in questi paesini non è da scartare”. Un progetto lanciato da Salvini che – svela Falchi – “verrà a Riace perché è un paese su cui ci sono gli occhi puntati. Conquistare Riace per la Lega sarebbe veramente l’occasione d’oro per far capire all’Italia intera che un paese non si sviluppa con i falsi idealismi dei benpensanti e dei radical chic. Che cosa ci ha lasciato l’immigrazione fuori controllo? Da quando sono arrivati i migranti è finita la tranquillità per le nostre donne e le nostre figlie che sono molestate dalla mattina alla sera”.

“C’è questa abitudine di salire sul carro dei vincitori”, commenta Lucano. Che frena le mire della Lega sul Comune: “Pensano che se è successo in Italia lo stesso avverrà anche qui. Ma Riace resiste. La politica non è solo un sondaggio, una proiezione a favore dell’onda nera di un partito sovranista e populista”.

B. torna candidato, i mister preferenze e il derby Mussolini

Si vanno completando le liste di Forza Italia per le Europee. Un ritorno delle ultime ore è quello di Alessandra Mussolini. La nipote del Duce, europarlamentare uscente, aveva annunciato il suo addio a FI la scorsa estate e si era avvicinata alla Lega. Ora, invece, su pressing di Berlusconi e Tajani, potrebbe essere candidata nella circoscrizione Sud, dove, in un singolare derby in famiglia, si scontrerà con Caio Giulio Cesare Mussolini, bisnipote del Duce, candidato da Fratelli d’Italia.

Per FI, comunque, in Lombardia saranno ricandidati Lara Comi, Massimiliano Salini e Barbara Matera. Al Sud saranno in lista Fulvio Martusciello, Innocenzo Leontini e Aldo Patriciello. Per le isole, invece, in lizza saranno Salvatore Cicu, Giovanni La Via, l’ex ministro Saverio Romano e Giuseppe Milazzo. Su quest’ultimo c’è un braccio di ferro in corso: al posto di Milazzo (appoggiato da Miccichè) altri forzisti vorrebbero far correre il catanese Giovanni La Via. Candidato al Sud sarà poi l’ex segretario dell’Udc Lorenzo Cesa.

Diversi i nomi che Giorgia Meloni ha strappato a FI. Come il tris di europarlamentari uscenti Raffaele Fitto, Stefano Maullu e Remo Sernagiotto. Mentre al centro per FdI correrà l’ex azzurro Alfredo Antoniozzi. A dargli una mano l’ex An Francesco Aracri e il consigliere regionale azzurro, sotto inchiesta per il nuovo stadio della Roma, Adriano Palozzi.

Silvio Berlusconi

Pregiudicato: di nuovo in lista dopo la condanna del 2013

Saverio Romano (FI)

Siciliano, ex ministro assolto
o archiviato per vari reati

Irene Pivetti (FI)

Ex leghista e presidente della Camera torna in politica

Barbara Matera (FI)

Europarlamentare. In passato, B. le ha versato 95 mila euro

Fulvio Martusciello (FI)

Big storico in Campania, in politica da 25 anni, dal 1994

Aldo Patriciello (FI)

Ex dc, ras del Molise, una condanna e varie assoluzioni

Alessandra Mussolini (FI)

Ha fatto pace con B. per correre contro un altro Parente

C. G. Cesare Mussolini (FdI)

È il Cognome della nostalgia pescato da Giorgia Meloni

Giovanni La Via (FI)

Ex alfaniano di Ncd, vale
60 mila preferenze in Sicilia

Alfredo Antoniozzi (FDI)

Ras del Lazio, dopo FI e Ncd
è passato con i Fratelli d’Italia

Raffaele Fitto (FDI)

Ras della Puglia ed ex pupillo di B.: adesso è sovranista

Lorenzo Cesa (FI)

Democristiano immarcescibile è in politica dal lontano 1989

Dinosauri, riciclate renziane e notabili: com’è antico il Pd

Renziani? Presenti? Grandi vecchi della politica, anche detti dinosauri? Presenti. Notabili meridionali un po’ chiacchierati? Presenti anche loro. Le liste di Nicola Zingaretti, in effetti, sono aperte: dentro c’è di tutto. Era il 2014 quando in una sola notte Matteo Renzi capovolse le liste per le Europee, inserendo cinque capoliste donne. Tre di loro vengono ripresentate oggi: Simona Bonafè guida la lista del Centro, Pina Picierno è la seconda al Sud (dopo Franco Roberti), Alessandra Moretti è undicesima nel Nord-Est: dopo aver perso malissimo la sfida per la presidenza della Regione Veneto, sarebbe stato davvero troppo. Un posticino è stato trovato pure per Francesca Puglisi (quattordicesima nel Nord-Est), che fu uno dei volti di Renzi per la riforma della scuola, ma poi venne esclusa dalle liste per le Politiche. Ha messo insieme una sorta di “Me too” delle donne dem, che vale una corsa elettorale.

Il capitolo dinosauri è variegato: terzo nel Nord-Ovest è Enrico Morando, cinque legislature alle spalle in Senato, e già viceministro dell’Economia di Renzi e Gentiloni. Mercedes Bresso è un’europarlamentare uscente, ma anche ex presidente della Regione Piemonte. Si doveva ritirare Patrizia Toia, che di mandati a Strasburgo ne ha fatti altri tre e nel suo passato vanta anche frequentazioni con Giulio Andreotti. Ma ha le preferenze, e dunque risulta quarta al Nord-Ovest. Ottimo terzetto al Sud: Andrea Cozzolino (il terzo) una volta vinse pure le primarie a sindaco di Napoli, poi annullate perché erano andati pure i cinesi a votare per lui; Giosi Ferrandino, ex sindaco di Ischia, un passato nella Dc, è stato assolto nel processo per gli appalti della metanizzazione dell’isola assegnati alla Cpl Concordia; Nicola Caputo è stato indagato per voto di scambio e poi assolto.

Irene Tinagli

Con Montezemolo, poi Monti, infine Renzi: espressione delle élite della ZTL

Enrico Morando

Cinque volte senatore e viceministro all’Economia di Renzi e Gentiloni

Patrizia Toia

In politica già con Giulio Andreotti, a Strasburgo c’è stata già per 3 legislature

Mercedes Bresso

Ex presidente della Regione Piemonte ed europarlamentare uscente

Pina Picierno

Ex figurina renziana: è stata capolista al Sud, ora numero 2

Andrea Cozzolino

Ex pupillo di Bassolino: protagonista delle primarie annullate per i cinesi

Giosi Ferrandino

Ex sindaco di Ischia, dc e teorico degli inciuci locali con Forza Italia

Francesca Puglisi

Volto della riforma renziana della scuola, ha creato un “Me too” delle donne dem

Achille Variati

Dinosauro del Veneto bianco,
sindaco di Vicenza già 29 anni fa

nicola Caputo

Europarlamentare della provincia di Caserta: archiviato per voto di scambio

Simona Bonafè

Segretaria della Toscana, oggi
è una renziana quasi pentita

Alessandra Moretti

“Lady Like”, ex capolista alle ultime Europee, ex candidata presidente Veneto