“I milioni sauditi per l’attacco del generale”

La sera precedente l’inizio dell’offensiva contro Tripoli, il consigliere alla Sicurezza nazionale dell’Amministrazione Trump, John Bolton, chiamò il Feldmaresciallo Khalifa Haftar per convincerlo a desistere. Poche ore dopo, l’operazione iniziò. Haftar se lo è potuto permettere non solo perché gli Stati Uniti, pur chiedendogli di fermarsi, da mesi lo considerano parte della soluzione e non parte del problema (della instabilità libica) continuando così a legittimarlo, ma anche perché pochi giorni prima Haftar aveva incassato il sostegno e conseguente finanziamento dall’Arabia Saudita, uno dei principali alleati di Washington in Medio Oriente. Lo ha rivelato il quotidiano americano Wall Street Journal citando responsabili sauditi: “L’Arabia saudita ha promesso di pagare decine di milioni di dollari per contribuire a finanziare l’operazione” condotta da Haftar nel tentativo di conquistare Tripoli.

L’offerta è giunta “giorni prima” che Haftar lanciasse l’offensiva, ha precisato l’autorevole quotidiano finanziario statunitense riferendosi all’attacco annunciato giovedì 4 aprile e alla visita che il Feldmaresciallo ha compiuto a Riad il 27 marzo incontrando re Salman. Haftar, già sponsorizzato da Egitto, Emirati Arabi e in ambito europeo dalla Francia (che gioca su due tavoli) oltre che dalla Russia, pare fosse andato altre volte negli ultimi tempi a baciare la mano a re Salman e al principe ereditario Mohammed bin Salman, che ha incontrato anche l’ultima volta, per ottenere la loro benedizione.

Ma qui la religione c’entra poco o nulla. Trattasi di soldi e di potere temporale. E se l’Islam ha un ruolo in questo caso è solo perché viene più facile alle monarchie assolute e ai dittatori mediorientali alimentare le guerre in nome di Allah.

L’etica e la coerenza non fanno parte del vocabolario di Haftar, oltre che dei suoi alleati arabi. Nonostante Haftar si sia riaccreditato agli occhi delle cancellerie occidentali per aver combattuto lo Stato Islamico in Cirenaica, alla fine ha chiesto e ottenuto l’appoggio finanziario proprio all’Arabia Saudita che ha fondato e infiltrato tra i musulmani la versione più oscura e retriva dell’Islam: il waabismo, a cui si ispirano tanti terroristi del jihad, Isis compreso.

Il governo della Tripolitania e il suo leader Sarraj – riconosciuti dalle Nazioni Unite – sono invece appoggiati dal Qatar e dalla Turchia roccaforti della Fratellanza Musulmana, una corrente sempre sunnita ma meno chiusa. Solo il Qatar può competere in materia di ricchezza con l’Arabia Saudita che tuttavia rimane ancora il Paese più ricco del Golfo.

Per la sua marcia su Tripoli, non c’è dubbio, di soldi per dotare il suo esercito di armi più sofisticate e moderne Haftar ne ha bisogno e davvero di molti.

Sono 300 e restano a Misurata. L’impasse dei militari italiani

“Noi siamo tutti qui”, taglia corto una fonte diplomatica italiana da Tripoli, mentre alla periferia della Capitale infuriano gli scontri tra gruppi armati locali e le forze del generale Khalifa Haftar. Sotto i colpi di artiglieria pesante che proseguono senza tregua tra le forze rivali nei quartieri a sud della Capitale Wadi Rabie, Bab Ben Gashir, Abu Slim e Aziziya, circa 75 persone hanno perso la vita, oltre 323 sono rimaste ferite, mentre gli sfollati nell’area sarebbero circa 9.500, secondo quanto riportato dall’Organizzazione per la Sanità dell’Onu. Nelle stesse area sarebbero rimasti intrappolati anche circa 600 migranti, chiusi nei centri di detenzione gestiti dal ministero degli Interni di Tripoli.

“Gli italiani hanno puntato sul cavallo sbagliato e ora non sanno come fare il passo indietro”, è stato il mantra nei corridoi delle cancellerie straniere e tra gli analisti politici a commento degli incontri bilaterali tra Haftar e Macron a Parigi. Tuttavia oggi gli italiani confermano: “Noi siamo assolutamente contrari a ogni forma di violenza”, bollando l’operazione di Haftar su Tripoli come un’aggressione in piena regola.

A inizio settimana Roma ha annunciato l’evacuazione del personale italiano dagli impianti petroliferi come precauzione. Allo stesso tempo restano sul terreno i 300 militari italiani dell’operazione Ippocrate alla periferia di Misurata. L’operazione che prevede tra i soldati anche 12 dottori, è di stanza nel porto sul Golfo di Sirte dal 2016, quando le forze locali erano impegnate nella guerra contro lo Stato islamico a Sirte.

Dal 2018 l’impegno degli italiani a Misurata è stato riconfermato nell’ambito della “Missione bilaterale di assistenza e supporto”. Mentre a Tripoli resta la nave Caprera della Marina militare nel porto militare di Abu Sittah, dove risiede il governo Sarraj, e svolge un ruolo d’assistenza alla Marina libica.

Ieri un elicottero di Haftar ha anche colpito la città di Zuwara, al confine con la Tunisia. L’atto viene interpretato come un messaggio agli italiani che hanno nell’area il complesso Oil & Gas Mellita.

Fonti locali di Zuwara riferiscono che l’area colpita fosse distante dal compound e suggeriscono che “l’attacco punti in realtà a spingere le forze locali ad aprire un fronte interno contro Zintan”, che al momento viene ancora contata tra le forze anti-Haftar. Dopo il tradimento della città di Gharian, 100 chilometri a sud ovest di Tripoli, dove gli uomini di Haftar sono entrati senza sparare un colpo, si guarda ora a Zintan, una delle città che nel 2011 diedero il maggior contributo alla Rivoluzione contro l’ex raìs Muhammar Gheddafi, nel 2014 fu il baluardo della coalizione di Haftar in Tripolitania. Per mesi le forze di Fajr Libya che si opponevano al neo-eletto Parlamento e ad Haftar fronteggiarono Zintan sulla linea di Watiya, un’ex base aerea statunitense. Poi un accordo vide le fazioni rivali sotterrare l’ascia di guerra. Da allora Zintan è tra i principali sostenitori del dialogo nazionale a guida Onu. Tuttavia i jet che hanno colpito l’aeroporto di Maitiqa (il solo funzionante a Tripoli) e anche Zuwara sarebbero partiti proprio da Watiya, che è sotto il controllo di Zintan. “È probabile che il conflitto vada avanti per un po’ senza scontro decisivo”, dicono sempre fonti diplomatiche italiane da Tripoli. Evidentemente Haftar non si aspettava di trovare un fronte compatto contro di lui, e ora “anche i suoi alleati come gli Emirati, i sauditi, gli egiziani, i russi e i francesi non possono sostenere politicamente una campagna di bombardamento aereo”.

Nuova inchiesta per Lucano: truffa e falso ideologico

Un nuovo capitolo giudiziario per Mimmo Lucano, sindaco sospeso di Riace. La Procura della Repubblica di Locri ha infatti emesso un avviso di conclusione delle indagini preliminari in cui gli vengono contestati i reati di truffa e falso ideologico. Le accuse riguardano sempre le vicende della gestione dei migranti nel borgo della Locride. Poche ore dopo il rinvio a giudizio, deciso dal Gup di Locri Amelia Monteleone, per il 61enne – tre volte sindaco della cittadina calabra – si apre dunque un nuovo fronte che oltre a Lucano coinvolge anche altre nove persone. Si parla sempre dei fondi per l’accoglienza, in particolare di aver predisposto una falsa attestazione in cui veniva dichiarato che le strutture di accoglienza erano rispondenti e conformi alle normative vigenti in materia di idoneità abitativa, impiantistica e condizioni igienico-sanitarie. A tutto ciò va aggiunto che a Lucano è stato prolungato il divieto di dimora e dunque, per un altro anno, non potrà tornare. La risposta del primo cittadino: “C’è un accanimento contro Riace, contro di me e contro l’esperienza di integrazione di cui il Comune e io siamo stati protagonisti. Io non ho paura”.

La campagna del Pd di “Zinga”, ispirata dai presepi viventi

Eravamo rimasti che la più grande disfatta dell’era repubblicana di un partito e della sua classe dirigente, in teoria custode delle speranze di un popolo, è dipesa non dall’incapacità politica, giammai, ma da un problema di comunicazione. Vediamo come il Pd intende ricostruire sé stesso a partire dalla versione ufficiale secondo la quale Renzi ha fatto anche cose buone ma non ha saputo comunicarle.

Lo anticipa Zingaretti su Facebook con un’emoticon che fa l’occhiolino, linkando un articolo dell’Huffington Post che a sua volta è copiato (speriamo) da un comunicato del Pd: “La campagna sarà on air dal 15 aprile sui principali circuiti delle stazioni italiane con maxiled (?, ndr) e impianti fissi cartacei e digitali (?, ndr); metropolitane (?, ndr) delle grandi città; poster, impianti speciali e dinamica (?, ndr) nelle città di Roma, Milano e Torino. A seguire andrà in onda su web e social”.

La valanga sintattica potenzialmente letale deve essere una specie di espediente hitchcockiano, un McGuffin atto a sviare l’attenzione del lettore che già intravede farsi largo il faccione pacioso di Zingaretti da uno di questi futuri “maxiled” che invaderanno stazioni e città come in Blade Runner. Col suo unico capitale spendibile, ovvero la contiguità somatica col fratello eccellenza italiana dal 45% di share, Zingaretti ride: un riso sincero, a bocca aperta, strizzando gli occhi fuori campo e in camera. “Le immagini realizzate con luce naturale”, dice l’Huffington, “ritraggono Zingaretti mai da solo, ma insieme a persone vere, in situazioni reali”, il che rafforza il sospetto che le persone delle campagne di Renzi fossero sagome di legno o comparse prezzolate illuminate dai neon come i polli da batteria.

Zingaretti ride, e abbraccia giovani contenti di complimentarlo per la strada non è chiaro per cosa. A giudicare dalla preferenza totemica accordata dai grafici alla faccia zingarettiana, il primo sottotesto è che le caratteristiche psichiche di Zingaretti corrispondono senza scarti alla sua struttura morfologica. Il messaggio è che uno con quella faccia da parroco gioviale non può essere affetto dalla spocchia egolatrica di quello che c’era prima e a causa del quale sei milioni di persone su dodici hanno smesso di votare Pd.

Anche se già tutta questa onestà da norcino potrebbe bastare, c’è tutta una serie di prove complementari che la comunicazione del Pd offre all’elettore indeciso, in forma di scritte bianche su campo blu (il colore con cui il Pd renziano ha riaffrescato le pareti ideologiche e persino la festa di Liberazione): dicono, queste scritte: “Creiamo lavoro, non odio”; “Difendiamo il pianeta, non chi lo distrugge”; “Vogliamo sviluppo, non recessione”; “Costruiamo speranze, non muri”.

Sfuggendoci quali siano i partiti avversari che hanno nel programma l’intento dichiarato di creare odio, distruggere il pianeta, perseguire la recessione e demolire speranze, ricordiamo che il giochino delle coppie di opposti (di insiemi tragicamente eterogenei) è proprio il virus con cui Renzi ha infettato la comunicazione con quel popolo che immaginava composto da perfetti imbecilli, talmente malridotti cerebralmente da bersi le fandonie grondanti dai manifesti renzistissimi della campagna L’Italia cambia verso del 2013 (Paura vs Coraggio, Lamentarsi vs Cambiare, Conservazione vs Futuro, Il Cavaliere vs Gli italiani, a pochi mesi dal patto del Nazareno, e persino Perdere bene vs Vincere, che si è auto-obliterata).Ora, la Dresda della cartellonistica del Pd, col nuovo simbolo subappaltato per un terzo a Siamo europei (che dunque si presume prenderà intorno al 7%), vuole risorgere dalle sue macerie con queste altre insensate antitesi manichee tra bene e male, con, peraltro, le stelline dorate su sfondo blu che insieme alla faccia quasi aureolata del fratello di Montalbano più che l’Europa ricordano il presepe vivente di Ispica. Auguri.

“Noi capolista esterne serviamo ai 5Stelle”

Una professoressa universitaria di Brindisi, docente di Didattica generale e pedagogia speciale all’Università Aldo Moro di Bari. “In estrema sintesi insegno a insegnare, e mi occupo dell’educazione delle persone con disabilità” riassume Chiara Maria Gemma, la capolista del M5S alle Europee per la circoscrizione Sud. Tradotto, sarà una delle cinque capolista esterne decise dal capo politico Luigi Di Maio, scelta che ha fatto infuriare parecchi europarlamentari uscenti e diversi eletti. Anche se ieri Di Maio ha incontrato il siciliano Ignazio Corrao, europarlamentare e primo nelle parlamentarie web nelle Isole, per ricucire. E così Corrao ha accettato la designazione come capolista al suo posto dell’amministratore di Olidata, l’imprenditrice sarda Alessandra Todde, mentre nel Nord Est correrà la giornalista Sabrina Pignedoli. Invece al Sud la prima in lista sarà Gemma, che si definisce di “cultura cattolica”, e assicura: “Prima di scegliere il M5S votavo partiti di centro”.

Come e chi l’ha contattata, professoressa?

Sono stata avvicinata da esponenti regionali del Movimento, poi ho parlato con gli stretti collaboratori di Di Maio.

E con lui, con il vicepremier?

Lo vedrò domani mattina (oggi, ndr).

Perché ha accettato? È saltata sul carro del partito di governo…

Voto già da tempo per i 5Stelle, per l’attenzione che dimostrano nei confronti di tutti, per la loro inclusività. Mi piacciono le sfide, e voglio occuparmi in particolare di disabilità. In Italia abbiamo già raggiunto risultati importanti in questo ambito, ma non siamo ancora sufficientemente pronti ad accogliere la cultura della differenza, come la definisco io.

E ci riuscirà entrando in politica? Questo governo viene spesso accusato di occuparsi pochissimo di istruzione e ricerca, e ha anche congelato parte dei fondi per questi settori. Un problema, no?

Il mondo della scuola è molto complesso, con delle criticità che ci portiamo avanti da anni. Però questo governo ha imboccato una buona direzione, perché si sta rivolgendo molta attenzione al reclutamento e alla formazione dei docenti. Certo, serve anche un rinnovamento delle pratiche didattiche.

Tanti sono arrabbiati perché Di Maio calerà cinque capolista esterne dall’alto. Potrebbero avere ragione, non crede?

Queste critiche non mi spaventano, ci sono e ce ne saranno. Essendo sempre stata fuori dal contesto politico, sono fuori da certe dinamiche. Ma sono pronta a dare il mio contributo con tutte le mie competenze. E a mio avviso è una scelta intelligente investire in persone esterne alla politica per portare avanti qualcosa di nuovo.

Non teme di essere usata come foglia di fico, ossia come quella “competente” che è utile per parare le consuete accuse di incompetenza al Movimento?

No, assolutamente. Mi pare strumentale questa lettura, anche se mi aspetto che possa essere adoperata. Ma allargare a persone con altre esperienze è solo un segno di maturità.

 

La macabra ironia dei grillini su Silvio

Ci si mette pure il Movimento 5 Stelle a fare macabra ironia sul povero ex Cavaliere. Sui suoi profili social ufficiali, il M5S ha pubblicato un “meme” – un’immagine satirica – con la foto del leader di Forza Italia che si accascia sul palco, quella del famoso malore durante un comizio nel 2006. La didascalia dovrebbe far ridere: “Quando l’Istat comunica i dati sulla produzione industriale”. Proviamo a spiegare la battuta, che ha una logica un po’ contorta: dopo una lunga stagnazione, la produzione industriale è ripartita (+0,8% a febbraio) e la notizia dovrebbe far sentire male “i gufi” come Silvio e gli altri oppositori del governo. Scherzare sulla salute di Berlusconi – che ne ha passate tante – non è un’idea proprio brillantissima. E infatti il meme grillino è stato prontamente rimosso. Anche perché il primo a incazzarsi per la pessima trovata è stato Luigi Di Maio, che l’ha definita “infelice” e “di cattivo gusto”.

Nigel Farage lancia il suo “Brexit Party” per il 26 maggio

Il giorno dopo la proroga per la Brexit concessa dall’Europa al Regno Unito, Nigel Farage (in foto) ha lanciato la campagna del suo “Brexit Party” per le elezioni europee, un voto al quale Londra non voleva partecipare ma a cui rischia adesso di dover prendere parte. L’ex leader dello Ukip, fra i promotori del Leave al referendum del 2016, fa campagna per trasformare il fallimento della premier Theresa May in voti per i sostenitori della Brexit. “Credo in modo genuino che in questo momento in questa nazione siamo dei leoni guidati da asini”, ha detto Farage nel suo evento inaugurale di campagna elettorale. “Possiamo vincere queste elezioni europee e cominciare a fare paura ai nostri membri del Parlamento a Westminster, meritano solo questo”, ha aggiunto. Ma la notizia per Farage è doppia: infatti una delle candidate del suo partito è Annunziata Rees-Mogg, sorella di Jacob, candidato nei tories alla successione di Theresa May. Ex giornalista del Daily Telegraph, Annunziata volta le spalle al Partito conservatore e annuncia la sua candidatura con il Brexit Party. Per il fratello è un doppio smacco, dopo il fallimento dell’uscita dell’Ue nei tempi previsti.

“In lista con B. perché ci credo (e la Lega non mi ha cercato)”

“Di sicuro non potranno accusarmi di saltare sul carro del vincitore…”. Sorride Irene Pivetti. La notizia, di per sé, è clamorosa: la più giovane presidente della Camera della storia della Repubblica (eletta nel 1994 a 31 anni), ex colonna della Lega di Umberto Bossi, si candiderà alle Europee nelle liste di Forza Italia. Un ritorno a sorpresa, dopo anni passati a fare l’imprenditrice (ha una società che aiuta le imprese italiane in Cina) e programmi in tv.

Pivetti, perché Forza Italia e non il Carroccio, con cui si era candidata alle Comunali a Roma?

Per me la politica è una grande passione, ho continuato a farla a modo mio, col movimento Italia Madre. Non mi candido con la Lega semplicemente perché non me l’hanno chiesto.

Invece Berlusconi…

La proposta me l’ha fatta Antonio Tajani. Battute a parte, la deriva sovranista e anti-europeista di Salvini non mi appartiene. La Lega pone sempre meno attenzione ai temi economici e alla classe imprenditoriale, per spingere sul sovranismo e sull’allarme immigrazione, che non è la priorità del Paese.

Qual è la priorità?

Far crescere l’economia generando ricchezza e lavoro. E questo lo si fa aiutando le imprese, con meno tasse e meno burocrazia.

Da Bossi a Berlusconi.

La svolta a destra della Lega apre spazio politico a una forza liberale e libertaria di centrodestra.

Sì, ma Fi è in calo verticale, con un leader di 82 anni…

Anche la Lega qualche anno fa veniva data per morta. Adesso è al governo con sondaggi oltre il 30%. La politica è ciclica e lo spazio c’è sempre, basta riempirlo.

Come giudica questa alleanza di governo?

Subito dopo il 4 marzo ad dissi: si alleeranno Lega-5 Stelle. Mi presero per matta. Il governo delude perché l’economia è al palo. Il reddito di cittadinanza è uno sputo in faccia a chi lavora. Ma Salvini e Di Maio sono furbi: finché hanno numeri in Parlamento e sondaggi a favore, continueranno a stare insieme. Mi ricordano Craxi e De Mita.

Lei fu espulsa dalla Lega nel ‘96 perché contraria al secessionismo, ora è un partito nazionale.

Alla fine avevo ragione io. Il successo della Lega nazionale è anche una mia vittoria.

Non la vedremo più in tv al pomeriggio…

I programmi leggeri sono difficilissimi da fare, si entra nella vita delle persone, ci vuole grande responsabilità. Mi sono divertita e ho imparato tanto.

“Me ne vado da un partito morto. E Tajani è il becchino”

Elisabetta Gardini, 11 anni da eurodeputata di Forza Italia, 5 da capogruppo, ex portavoce nazionale negli anni d’ora. Se ne va anche lei. Che succede?

È un dolore. Ma Forza Italia è sulla via del decesso.

Chi l’ha uccisa?

Antonio Tajani è il protagonista dell’eutanasia. Una dolce morte. Nemmeno tanto dolce, a pensarci bene.

E Silvio Berlusconi?

Berlusconi non lo sa, è all’oscuro di tutto. È circondato da una corte che gli dice che va tutto bene, è tutto bellissimo, il tesseramento va alla grande, e così via.

Lei non ci parla?

C’è un cordone sanitario che ti impedisce praticamente ogni contatto. L’ultima volta ci siamo sentiti il 30 gennaio, gli ho raccontato i problemi, lui ascoltava, era attento.

E poi niente.

Poi nulla, lui delega. Lascia il partito a persone che hanno ucciso. Siamo diventati il Pd 2.0. Anzi peggio. Ma uno perché dovrebbe votarci? Sventoliamo la bandiera liberale mentre in Europa c’è il vento contrario.

Lascia alla vigilia delle elezioni. È un po’ sospetto. Questione di liste?

Tajani ha combinato solo disastri. Ha impedito a Berlusoni di essere capolista in Italia centrale perché deve farlo lui. Poi non vuole candidare la Mussolini. E infine il capolavoro: l’accordo con Svp in Trentino regalando un seggio e lasciando scoperto quel territorio. Questi qui speravano di farsi l’ultimo giro con queste elezioni. Invece le Europee saranno la fine di Forza Italia.

Ce l’ha proprio tanto con Tajani, eh?

È il becchino di Forza Italia.

Quante immagini funeree.

Uno che si fa ridere dietro anche quando va a visitare le foibe e riesce a far infuriare gli sloveni… uno che fa le gaffe su Mussolini…

Lei ora cosa farà, mica si ritira dalla politica?

Visto che Irene Pivetti alla fine non si è candidata con il partito del povero Mario Mauro, potrei andare a fare la capolista per lui (ride).

Altro che Mauro… si candida con la Lega?

Quelli sono un partito serio, non hanno bisogno di me.

Ecco appunto. È contagiata pure lei dal sovranismo.

Ma non è sovranismo, è un discorso che ormai fanno tutti. Lo diceva pure Berlusconi: più Italia in Europa e meno Europa in Italia.

È pronta per Salvini.

No, non credo proprio. Io sono in fase di convalescenza politica. E lui ha altro a cui pensare.

E se arrivasse la sua telefonata?

(Ride) Non credo arriverà.

“Davvero c’era bisogno di me per le prostitute ad Arcore?”

Emilio Fede il primo giorno da condannato lo ha passato a Napoli. È deluso, non si aspettava una condanna così pesante. “Il mio reato sarebbe avere tentato di indurre alla prostituzione ragazze non minorenni che frequentavano Arcore. Bene, e allora io faccio una domanda: queste ragazze andavano ad Arcore forse per studiare Dante Alighieri o Chagall? Secondo voi quelle ragazze avevano il problema di essere indotte da me? Io sono stupito e mortificato”.

Però ora c’è una sentenza definitiva.

E io mantengo il rispetto verso la giustizia che non è rappresentata solo da questa sentenza. Chiedo a voi del Fatto di farvi delle domande su questa condanna a un uomo di 88 anni. La giudice è una donna. Vorrei si chiedesse: è stato giusto condannare Emilio Fede a 4 anni e 7 mesi? Con questi parametri quanto dovrebbe avere uno come Totò Riina?

Silvio Berlusconi è stato condannato a 4 anni (tre dei quali condonati dall’indulto) per una frode fiscale da 7,3 milioni di euro e tu sette mesi in più per le serate di Arcore. Come mai?

Io posso dire con simpatia per il suo giornale che me lo domando anche io! Come mai io ho avuto una condanna così pesante per il reato di avere tentato di far prostituire le ragazze ad Arcore? Le ragazze andavano ad Arcore indipendentemente da me. Perché ci andavano?

Ottaviano Del Turco per corruzione ha avuto 8 mesi meno di lei: solo 3 anni e 11 mesi. Previti un anno e 6 mesi per la corruzione dei giudici sul lodo Mondadori, in continuazione rispetto a quella di Imi Sir, altri 6 anni.

Tutti hanno avuto una pena minore della mia, non solo Del Turco e Previti.

Be’ qualcuno ha avuto di più. Per esempio Marcello Dell’Utri ha avuto 7 anni, però lui per i rapporti con la mafia. Formigoni 5 anni e 10 mesi, però per corruzione.

Mi fa amaramente sorridere con questi confronti. A me 4 anni e 7 mesi! Io sono deluso dalla categoria dei miei colleghi. Dovreste fare voi queste domande, ma darvi anche le risposte. Perché tutti meno di me? Perché così tanti anni a Emilio Fede per avere tentato di favorire la prostituzione? Sarà che io sono peggio di Formigoni e di Del Turco.

Se potesse tornare indietro cosa non farebbe?

Certamente non ho pentimenti. Io vengo dalla Rai che è stata per me una madre e ho fatto di tutto nella mia professione.

Io parlo delle cene…

Non è mai successo niente. Rifarei tutto. Chiedete a Marysthell Polanco cosa pensa di Emilio Fede. L’ho trattata come una figlia, l’ho invitata a cena e non le ho mai mancato di rispetto.

Purtroppo non possiamo chiederlo più a Imane Fadil.

Imane Fadil io l’ho vista poco. Le ho solo detto: cerca un lavoro serio e fai una vita seria perché tu sei una bravissima ragazza.

Che idea si è fatto della sua morte?

Io ho fiducia nella giustizia perché c’è un procuratore serio come Francesco Greco che arriverà alla verità. Questa è una vicenda enorme e io voglio sapere come sono andate le cose. Una cosa seria, non come la mia.

Ha chiamato qualcuno?

Tanti amici, sono a Napoli dove ho deciso di scontare la pena, a casa di mia moglie. E mi sta vicino il direttore del Roma, Alfredo Sasso. Tanto affetto e tante testimonianze. C’è già l’Emilio fan club.

La compagna di Berlusconi, Francesca Pascale, è di Napoli: l’ha sentita?

Non la sento da tre anni.

Ha chiamato Berlusconi?

No, né lui né nessuno vicino a lui. Ma io sono indagato e in tutto questo tempo ci siamo potuti vedere solo una volta. Penso che sia imbarazzante per lui chiamarmi dopo questa condanna per un fatto così imbarazzante. Io non ho fatto niente! Io non ho portato Ruby. Io andavo via sempre all’una e mezzo, andavo in piazzale Loreto e compravo i giornali. Sono alla fine della vita (la voce si incrina), la prego di scriverlo: su questa storia si gioca la mia vita.

Cosa direbbe a Berlusconi?

Mio caro presidente, bisognava pensarci prima a chi frequentava Arcore. Avresti dovuto essere meno generoso.