La sera precedente l’inizio dell’offensiva contro Tripoli, il consigliere alla Sicurezza nazionale dell’Amministrazione Trump, John Bolton, chiamò il Feldmaresciallo Khalifa Haftar per convincerlo a desistere. Poche ore dopo, l’operazione iniziò. Haftar se lo è potuto permettere non solo perché gli Stati Uniti, pur chiedendogli di fermarsi, da mesi lo considerano parte della soluzione e non parte del problema (della instabilità libica) continuando così a legittimarlo, ma anche perché pochi giorni prima Haftar aveva incassato il sostegno e conseguente finanziamento dall’Arabia Saudita, uno dei principali alleati di Washington in Medio Oriente. Lo ha rivelato il quotidiano americano Wall Street Journal citando responsabili sauditi: “L’Arabia saudita ha promesso di pagare decine di milioni di dollari per contribuire a finanziare l’operazione” condotta da Haftar nel tentativo di conquistare Tripoli.
L’offerta è giunta “giorni prima” che Haftar lanciasse l’offensiva, ha precisato l’autorevole quotidiano finanziario statunitense riferendosi all’attacco annunciato giovedì 4 aprile e alla visita che il Feldmaresciallo ha compiuto a Riad il 27 marzo incontrando re Salman. Haftar, già sponsorizzato da Egitto, Emirati Arabi e in ambito europeo dalla Francia (che gioca su due tavoli) oltre che dalla Russia, pare fosse andato altre volte negli ultimi tempi a baciare la mano a re Salman e al principe ereditario Mohammed bin Salman, che ha incontrato anche l’ultima volta, per ottenere la loro benedizione.
Ma qui la religione c’entra poco o nulla. Trattasi di soldi e di potere temporale. E se l’Islam ha un ruolo in questo caso è solo perché viene più facile alle monarchie assolute e ai dittatori mediorientali alimentare le guerre in nome di Allah.
L’etica e la coerenza non fanno parte del vocabolario di Haftar, oltre che dei suoi alleati arabi. Nonostante Haftar si sia riaccreditato agli occhi delle cancellerie occidentali per aver combattuto lo Stato Islamico in Cirenaica, alla fine ha chiesto e ottenuto l’appoggio finanziario proprio all’Arabia Saudita che ha fondato e infiltrato tra i musulmani la versione più oscura e retriva dell’Islam: il waabismo, a cui si ispirano tanti terroristi del jihad, Isis compreso.
Il governo della Tripolitania e il suo leader Sarraj – riconosciuti dalle Nazioni Unite – sono invece appoggiati dal Qatar e dalla Turchia roccaforti della Fratellanza Musulmana, una corrente sempre sunnita ma meno chiusa. Solo il Qatar può competere in materia di ricchezza con l’Arabia Saudita che tuttavia rimane ancora il Paese più ricco del Golfo.
Per la sua marcia su Tripoli, non c’è dubbio, di soldi per dotare il suo esercito di armi più sofisticate e moderne Haftar ne ha bisogno e davvero di molti.