“Draghi aiuta soltanto i ricchi, è il premier perfetto dell’élite”

“In Italia c’è una confusione tra Mario Draghi e il Paese. Nel senso che si parla del primo, generalmente con toni riveriti e stima amplissima, ma non ci si cura del secondo”.

Jean-Paul Fitoussi pensa che la luce su Draghi si illumini a prescindere da ciò che accade in Italia?

Penso che una cosa è ciò che appare e un’altra è ciò che è. Misuro una certa distanza tra le parole, i propositi e poi i fatti.

L’Economist incorona l’Italia e naturalmente Draghi come simbolo di un cambiamento enorme, di una galoppata che ha premiato il Paese nell’ultimo anno.

Temo che l’Economist premi Draghi, non l’Italia. E il giornale dell’élite riconosce il premier italiano come suo membro benemerito. I media amano premiare i divi europei.

Lei disapprova?

L’ho apprezzato al tempo della guida della Bce. Ha fatto meglio di Trichet, il predecessore. Ma una cosa è guidare una banca centrale, un’altra un Paese.

Cos’è che non la convince invece del suo lavoro da primo ministro?

Ricordo che giustamente riferì al Parlamento che questo fosse il tempo di dare, non di togliere. Dare – immagino – a chi aveva ricevuto di meno. Riequilibrare ciò che non era più in asse. Domando: alle parole sono seguiti i fatti?

La sua non è una domanda.

No, è già una risposta. Non significa nulla dire: diamo di più, se poi quel di più non va a chi dovrebbe andare. Non significa nulla gloriarsi della crescita se poi la crescita gonfia le tasche di chi già ha.

Draghi non è keynesiano quanto lei.

Keynes insegnava le basi del rapporto tra domanda e offerta. Se dai a chi ha poco sei sicuro che tutto quel di più sarà speso. E quindi ne beneficeranno i consumi, e cioè il Paese intero. Se dai invece a chi già ha un solido conto in banca, sii certo che il maggior raccolto sarà stipato nei depositi. I consumi crescono se la distribuzione si orienta verso i ceti più economicamente deboli.

In Italia l’ultimo decennio ha visto crescere la povertà delle famiglie in modo impressionante. Erano circa novecentomila nel 2011, sono divenute due milioni oggi.

Ecco il travisamento, la confusione tra Italia e Draghi. Il boom economico? Il rimbalzo? A che serve se lascia per strada due milioni di famiglie? Se hai perso, faccio un esempio, dieci punti di Pil, i sei che guadagnerai ti fanno felice? Significa comunque che sei sotto di quattro.

L’Italia ha fatto meglio degli altri Paesi, così si dice.

Ok, già è una risposta più misurata. L’Italia è stata la migliore tra i peggiori.

Cosa non la convince di Draghi?

Non ha dato seguito alle sue parole. Dare a chi più ha bisogno.

Potrebbe risponderle che decine sono gli strumenti di sostegno ai ceti deboli messi in campo.

Certo, la crisi sanitaria ha fatto crescere le diseguaglianze. Ma a questa premessa non è corrisposta la determinazione a raddoppiare gli sforzi per affrontarle. Chi teorizza o aderisce all’idea salvifica della flessibilità nei rapporti di lavoro come balsamo per l’economia di mercato, aderisce all’idea di rendere stabile la precarizzazione. Flessibile per me significa precario. E precario significa povero.

Comunque il premier ha il più alto indice di gradimento.

Non discuto della sua rispettabilità pubblica. Contesto le scelte economiche. Oggi l’immagine pubblica è orientata dalla comunicazione. Ciò che appare non sempre è.

Lei pensa che gli italiani nel seggio elettorale diranno il contrario di ciò che affermano oggi?

Oggi la rappresentazione politica del vincente è frutto della qualità della sua comunicazione pubblica e di quella della élite che si stringe intorno. Il cuore omogeneo dei media in questo caso aiuta molto. Quando invece il peso si farà nella cabina elettorale le sorprese arriveranno.

E noi saremo stupìti?

Come sempre. Presi dallo stupore, forse dallo sconforto che i poveri abbiano idee diverse di quelle dei ricchi e, purtroppo per questi ultimi, siano in un numero enormemente maggiore. E per fortuna aggiungo.

Fs, appalti a colpi di dossieraggi

Ferrovie Italiane è tra le maggiori aziende del Paese, ha 83mila dipendenti ed è controllata al 100% dal ministero dell’Economia. È anche la più grande stazione appaltante del Paese: nel 2020 ha avuto 14 miliardi in gara con 410 bandi, il 40% del mercato nazionale. Ma dal 1990 al 2016 è costata allo Stato quasi 500 miliardi, ogni anno come Alitalia in tutta la sua storia. Ora il gruppo sta per ricevere 31 miliardi dal Recovery Fund per l’Alta velocità. Report, la trasmissione di inchiesta di Rai3, questa sera accenderà un faro su Fs, svelando indagini e maneggi.

Secondo l’inchiesta di Danilo Procaccianti, sono emersi bandi di gara “su misura” con costi esorbitanti. Ad esempio per le assicurazioni. Mentre per ciascuna delle 32 vittime della strage ferroviaria di Viareggio del 29 giugno 2009 le assicurazioni hanno pagato in media 330mila euro, a fine 2014 Gianfranco Battisti, quando ancora non era Ad di Ferrovie (carica che ha ricoperto dal 2018 al 2021) ma era a capo dell’Alta velocità, ha incassato un risarcimento da 1,6 milioni per una malattia invalidante, senza un solo giorno di malattia. Un esposto anonimo sulla polizza fece partire un audit interno chiuso nel 2017 con risultati impietosi. Tra le anomalie indicate nel rapporto c’è la sparizione di 66 pratiche, tra cui quella di Battisti da 1,6 milioni. La Procura di Roma aprì un’inchiesta per corruzione, ancora in corso, che vede come unico indagato Raffaele D’Onofrio, fino al 2017 capo del settore assicurativo di Ferrovie. Secondo gli atti, dal 2011 al 2019 Ferrovie ha pagato premi per oltre 550 milioni, l’89,5% dei quali a Generali.

Nel frattempo su un Frecciarossa fu rinvenuta una chiavetta Usb che conteneva tre lettere anonime contro Battisti. Una di queste lettere anonime, sulla polizza da 1,6 milioni pagata a Battisti, finì in un’interrogazione parlamentare del deputato Luciano Nobili di Italia Viva. Nel campo assicurativo, scrivono i manager attuali di Fs, da allora è cambiato tutto: sono aumentate le compagnie di assicurazione in gara e la maggiore concorrenza ha portato a grandi risparmi per Ferrovie. Ma la spy story e i dossieraggi restano.

Santo Silvio B.: trent’anni di elogi (anche dai nemici)

Berlusconi al Quirinale: perché no? Stando agli attestati di stima, alla protezione e agli elogi che si è guadagnato in questi 30 anni da non berlusconiani, rivali e oppositori, si direbbe che nulla osta. Anzi. È lui la vera figura di unità nazionale. (Spoiler: “Mi rinfacciate una frase, ma io Berlusconi l’ho sempre combattuto!”).

 

Umanamente, Berlusconi mi è proprio simpatico (Massimo D’Alema, 1996).

 

Quelle parole sono inutilmente offensive (Luciano Violante, dicembre 2021, sul titolo del Fatto: “No al garante della prostituzione”).

 

Io non ho mai detto che Berlusconi è un pericolo per la democrazia. Mai (Matteo Renzi, gennaio 2018).

 

Giovanni Floris: “Lei, se dovesse scegliere, tra Di Maio e Berlusconi, di affidare il Paese a uno dei due, chi sceglierebbe?”. Eugenio Scalfari: “Sceglierei Berlusconi” (settembre 2017).

 

Floris: “Quindi direttore, sempre meglio Berlusconi tra lui e Di Maio?”. Scalfari: “Sì” (ottobre 2018)

 

Io di Berlusconi mi fido: credo proprio che sia sincero quando dice di volere le riforme (Massimo D’Alema, 1996).

 

Berlusconi sa per certo che gli è stata data la garanzia piena, non adesso, nel 1994, quando ci fu il cambio di governo, che non sarebbero state toccate le televisioni. Durante i governi di centrosinistra il fatturato di Mediaset è aumentato di 25 volte (Luciano Violante, febbraio 2002).

 

Mediaset è un patrimonio per il Paese (D’Alema, ottobre 1998).

 

Mediaset è una risorsa per il Paese (Giovanna Melandri, Pds, 1998).

 

Io credo che il berlusconismo e per certi versi anche l’antiberlusconismo hanno messo il tasto ‘pausa’ al dibattito italiano e abbiamo perso occasioni clamorose (Matteo Renzi, agosto 2015).

 

Berlusconi dopo la caduta del Muro di Berlino riuscì a riunire i moderati creando il centrodestra. Kohl lo accolse nel partito popolare europeo e io gli chiesi che stava facendo: ma aveva ragione lui. FI oggi è una forza europeista (Romano Prodi, settembre 2021).

 

Se si tratta di isolare Salvini e Meloni trangugio anche Berlusconi al governo con la sinistra. Ma accompagnato anche dal benservito a Conte che rappresenta il vuoto pneumatico (Carlo De Benedetti, luglio 2020).

 

Certe volte ci siamo criticati, nelle gran parte delle occasioni siamo stati sulla stessa linea. Io gli devo molto, perché mi ha nominato Commissario Europeo senza che io lo cercassi, poi mi ha sempre sostenuto. Ricordo il passaggio delle consegne, veramente amichevole. Mi ha regalato 12 cravatte. Combinazione oggi ne indosso una (Mario Monti, settembre 2020).

 

In quanto a rispetto delle istituzioni tra Berlusconi e Salvini c’è un abisso. Il Cavaliere è un rassicurante uomo delle Istituzioni (Matteo Renzi, agosto 2019).

 

Per condurre a conclusione la riforma della giustizia si delineano le condizioni per una condivisione finora mancata, partendosi finalmente dal riconoscimento espresso nei giorni scorsi da interlocutori significativi per ‘l’equilibrio e il rigore ammirevoli’ dei magistrati (Giorgio Napolitano, luglio 2014, citando le stesse parole usate da B. dopo l’assoluzione in appello al processo Ruby).

 

Sostenere 25 anni dopo, senza uno straccio di prova, che Silvio Berlusconi sia il mandante dell’attentato mafioso contro Maurizio Costanzo significa fare un pessimo servizio alla credibilità delle istituzioni italiane. Di tutte le istituzioni (Matteo Renzi, settembre 2019).

 

A Berlusconi ci voglio bene, fino a oggi. È una persona onesta, scrivetelo (Vittorio Mangano).

 

Un grande leader e un grande politico. Ha imparato dai suoi errori e dovremmo imparare anche noi (Arturo Parisi, Pd, 2008).

 

Uniche posizioni sensate e responsabili nell’area della destra le sta prendendo Berlusconi (Carlo Calenda, ottobre 2021).

 

Chi fa polemica anche per questa notizia è incredibile. Oggi c’è solo da dire: bravo Presidente Berlusconi (Matteo Renzi, marzo 2020, sulla donazione di 10 milioni di euro da parte di B. alla Regione Lombardia per l’emergenza Covid).

 

Gli voglio bene (Matteo Salvini, 2015).

 

Auguri a @berlusconi, 85 anni, gli ultimi 30 in politica da protagonista. I suoi fans gli riconoscono tanti meriti, io che se abbiamo governo #Draghi un po’ è anche perché ha tenuto compatto il suo partito respingendo lusinghe e promesse di Conte alla ricerca dei “responsabili” (Ettore Rosato, Iv, settembre 2021).

 

Non è più un tabù, la vecchiaia porta la saggezza (Romano Prodi, luglio 2020).

 

Berlusconi va rispettato come uomo ed ex presidente del Consiglio. Le accuse contenute nell’audio de Il Riformista, se confermate, offrono un quadro gravissimo su cui è urgente fare chiarezza (Matteo Renzi, luglio 2020, sull’audio in cui un giudice definiva “plotone d’esecuzione” la sentenza Mediaset per frode fiscale).

 

Berlusconi ha fatto anche cose buone (Giuseppe Conte, dicembre 2021)

 

Non credo che la candidatura di Berlusconi sia in grado di essere votata dal Pd e nemmeno da una larga maggioranza. Se il capo dello Stato non viene eletto a larga maggioranza, cade il governo (Enrico Letta, dicembre 2021; ma se lo votano tutti, potremmo farci un pensierino?, ndr).

Flop tracciamento, cresce la pressione sugli ospedali

La diffusione del Covid mette a rischio le feste di fine anno. I nuovi positivi, secondo gli ultimi dati, sono 24.259 con un tasso salito al 4,28%, 97 le vittime. I pazienti in terapia intensiva sono cresciuti a 966, 13 in più nel saldo tra entrate e uscite con 78 ingressi. I ricoverati sono cresciuti di 150 a 7.726.

Il Paese vede il rischio della zona arancione: “Il green pass ha la validità che sappiamo, ma tra un mese potrebbe essere ripensato”, ha spiegato Guido Rasi, consulente scientifico del Commissario straordinario per l’emergenza. Rasi ammette che l’ingresso in zona arancione di alcuni territori è solo questione di settimane: “Ci stiamo avvicinando, perché continua ad aumentare l’occupazione dei posti ospedalieri”.

La prossima settimana, dopo la cabina di regia e il Consiglio dei ministri di giovedì 23, il Governo potrebbe varare nuove misure: dai tamponi per chiunque partecipi a eventi pubblici alle mascherine all’aperto fino all’accorciamento della durata del certificato verde. La Campania va oltre e vieta tutte le feste in locali al chiuso. Il Lazio impone la mascherina all’aperto dal 23 dicembre. Oggi i presidenti di Regione si riuniranno e chiederanno più fondi contro la pandemia e più personale per tracciare contagi e varianti. La sollecitazione è partita dall’Emilia-Romagna: la Regione ha chiesto 120 militari per tracciamenti e vaccinazioni, ma ha ricevuto dal commissario Figliuolo la disponibilità solo di otto unità.

Dal canto suo, il segretario Enrico Letta spiega che il Pd “condivide l’atteggiamento di massima prudenza del governo. Aspettiamo la riunione di giovedì della cabina di regia, sapendo che l’obiettivo principale è che il Paese sia in sicurezza e si riescano ad evitare nuovi lockdown”.

Contro la circolazione del virus, gli anestesisti invece chiedono “misure di contenimento sociale più drastiche, come il lockdown stringente per i non vaccinati”, perché c’è “poco tempo per prevenire un aumento di casi e ricoveri”. La pressione sugli ospedali però aumenta: “Non escludiamo azioni di protesta dei medici anestesisti e di Pronto soccorso, fino allo sciopero, se la politica continuerà a proporre la moltiplicazione dei posti letto in terapia intensiva come unica soluzione contro il peggioramento dell’ondata pandemica, incurante della carenza cronica degli organici medici e delle condizioni di lavoro dei sanitari”, ha spiegato Alessandro Vergallo, presidente dell’Associazione di categoria Aaroi-Emac. In base all’attuale trend di contagi e ricoveri, “nelle prossime due-tre settimane ci aspettiamo un aumento del 70% dei posti letto occupati in terapia intensiva da malati Covid, raggiungendo così 1.700 pazienti ricoverati”. In intensiva i posti “sono 9mila, ma non tutti effettivi. È irrealistico pensare di poterne aumentare il numero perché mancano i medici. Non si può spremere ancora il sistema”, sostiene Vergallo.

Intanto tornano le proteste. Una quarantina di sanitari “no vax” ha fatto irruzione all’assemblea dell’Ordine dei medici di Roma, al grido di “vergogna vergogna” contro la sospensione degli operatori non vaccinati. A San Lazzaro di Savena (Bologna) slogan “no vax” sono stati scritti sui muri dell’hub vaccinale.

Brunetta&Casellati: se Draghi va al Colle la crisi può gestirla FI

Non ci sono solo i calcoli politici, sulla strada sempre più stretta che porta Mario Draghi al Quirinale, né solo gli interessi di un esercito di parlamentari che rischiano di perdere la poltrona e non veder scattare la pensione. Ci sono anche diverse questioni di opportunità, che spaziano a metà tra il rispetto delle forme costituzionali e della sostanza politica. Davvero – ci si chiede nel partito trasversale contro l’ascesa di Draghi al Colle – si vuole aprire una crisi politica che potrebbe passare anche per le mani della presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati? Veramente ci si vuole infilare in un periodo di incertezza in cui finiremmo per trovarci Renato Brunetta presidente del Consiglio?

Spieghiamo. L’elezione di Draghi, come noto, sarebbe un unicum nella storia della politica italiana: non si è mai verificata l’ascesa diretta. E la migrazione aprirebbe una serie di passaggi controversi e rischiosi. Intanto i tempi sono stretti. Il presidente della Camera, Roberto Fico, invierà la lettera per convocare il Parlamento in seduta comune il 4 gennaio, poi le Regioni si prenderanno del tempo per nominare i grandi elettori, una procedura che potrebbe partire attorno 10 gennaio e che di prassi richiede un paio di settimane. Il primo scrutinio rischia di finire in calendario nell’ultima parte del mese, tra il 24 e il 29, pericolosamente vicino alla scadenza del mandato di Sergio Mattarella, fissata al 3 febbraio. Anche perché, il Parlamento, prima di riunirsi per la scelta del nuovo capo dello Stato deve “smaltire” alcune faccende, tra cui la conversione dell’ultimo decreto in materia di emergenza sanitaria. Inoltre, proprio per via del Covid, si dovrebbe procedere con una sola chiama al giorno, per evitare lunghe soste in aula e consentire la sanificazione, un altro fattore che potrebbe allungare i tempi. Quindi se Draghi (o chi per lui) dovesse essere eletto oltre il 3 febbraio, a chi spetterebbe il compito di ricevere il giuramento del nuovo presidente della Repubblica? Potrebbe essere lo stesso Mattarella in regime di “prorogatio” (e cioè oltre i termini costituzionali del suo incarico), oppure toccherebbe alla seconda carica dello Stato, la presidente del Senato Casellati? Non è chiaro, anche se il presidente ha ripetutamente fatto sapere di non voler rimanere al Colle oltre la data della sua scadenza naturale. L’intera procedura del trasloco di Draghi da Chigi al Quirinale sarebbe scandita da passaggi inusuali e politicamente non lineari. Anche se l’attuale premier fosse eletto con un po’ di anticipo rispetto al 3 febbraio, per il passaggio di consegne bisognerebbe aspettare la scadenza del mandato di Mattarella (a meno che il capo dello Stato, come probabile, non decidesse di anticipare). Draghi però dovrebbe dimettersi immediatamente dopo la sua elezione e nel frattempo il nuovo presidente del consiglio diventerebbe Renato Brunetta, il ministro più anziano (come stabilisce, in assenza di vicepremier, la legge 400 del 1988). Una responsabilità di gestione degli affari correnti, certo, anche se in una fase che rischia di essere ancora calda sul fronte sanitario. Poi Brunetta andrebbe a consegnare le sue dimissioni nelle mani dello stesso ex premier di cui è diventato supplente, per aprire la crisi politica: una crisi in fondo iniziata da Draghi e che sarebbe gestita da Draghi stesso, stavolta al Colle. Draghi poi si potrebbe trovare nella condizione di indicare ai partiti una sorta di “delfino”, qualcuno in continuità con il suo mandato da premier, con tutte le incognite di un Parlamento frammentato e ingestibile. Si è più volte fatto il nome del suo ministro dell’Economia, Daniele Franco, ma nuovi pretendenti si affacciano. Ieri, La Stampa, ha indicato il leghista Giancarlo Giorgetti, un altro fedelissimo del premier, nonché tifoso del presidenzialismo de facto: forse un modo per persuadere (col rischio di fare peggio) il segretario del Carroccio che ieri è tornato a mettere i bastoni tra le ruote alle ambizioni del premier: “Draghi sta lavorando bene, sarebbe bene che continuasse”.

Un gran caos. Per questo anche un deputato come il dem Stefano Ceccanti, non certo un falco, né imputabile di antipatie draghiane, continua a coltivare pubblicamente le sue perplessità: “Prima di infilarsi in un simile ginepraio, la politica dovrebbe essere sicura di poter pilotare questo processo senza fare danni. Ho i miei dubbi. E mi chiedo come sia possibile che sono tutti così contrari all’eventuale rielezione di Mattarella, che non presenta problemi giuridici, e non lo sono invece con l’ipotesi Draghi. È equivoca dal punto di vista delle norme e creerebbe un vuoto alla guida del governo”. Oggi pomeriggio al Quirinale Mattarella saluterà le alte cariche dello Stato, compreso il premier che vuol salire di livello.

Vaccini, i migliori flop di un anno: l’Italia solo quinta in classifica Ue

L’ultimo obiettivo indicato alle Regioni dal commissario all’emergenza Francesco Paolo Figliuolo – 6,2 milioni di somministrazioni entro il 26 dicembre, a partire da lunedì scorso – sembra essere a portata di mano. Sabato ne erano già state fatte più di 3,2 milioni (costituite in prevalenza da dosi booster) con una media, quattro giorni su sei, di oltre 550 mila al giorno. L’Italia è però ancora in ritardo rispetto all’immunità di gregge. Lo è nel confronto con altri Paesi europei. Lo è rispetto al piano vaccinale con il quale lo stesso Figliuolo si è insediato. Piano, tuttora pubblicato sul sito della presidenza del Consiglio, che prevedeva di raggiungere il traguardo dell’immunizzazione di “almeno l’80%” del totale della popolazione entro il mese di settembre.

Invece oggi siamo al 77,75% (un dato che solo se restringiamo la platea agli over 12 sale all’85,31%), percentuale che indica quanti hanno almeno completato il ciclo vaccinale primario. Significa che siamo dopo la Spagna, che l’80% lo ha superato, e dopo il Portogallo, che sfiora l’89%: numeri aggiornati al 16 dicembre. Del resto, solo prendendo in considerazione l’intera popolazione possiamo fare un confronto con il resto dell’Europa. E vedere come il traguardo sia ancora lontano.

Per capire come mai è necessario riavvolgere il nastro. Dal 6 al 20 gennaio 2021 l’Italia è il primo fra i grandi Paesi d’Europa per numero di persone vaccinate in rapporto alla popolazione e in certi giorni anche in termini assoluti: sempre davanti a Germania, Spagna e Francia. A fine gennaio, con i primi tagli dalle case farmaceutiche, viene superata di pochi decimali dalla Spagna, ma resta sempre davanti a Germania e Francia. Il 13 febbraio giura il governo Draghi e il 1° marzo congeda Arcuri, rimpiazzandolo con Figliuolo. Nel passaggio di consegne al Commissariato, Arcuri garantisce una decina di giorni di presenza, nei quali (3-13 marzo), l’Italia resta seconda dietro la Spagna e davanti a Francia e Germania.

Il 13 marzo Figliuolo vara il nuovo piano vaccini e l’Italia inizia a precipitare: terza il 14 e 15 marzo, scavalcata anche dalla Germania; e poi surclassata pure dalla Francia. Il 21 marzo Draghi e Figliuolo annunciano per la seconda metà di aprile “500mila vaccinazioni al giorno”, ma non sarà così, anche per le forniture a rilento: l’obiettivo si raggiungerà solo il 29 e 30 aprile, per poi tornare sotto le 400mila a inizio maggio, quando la Germania sarà già a 1 milione al giorno.

Ed ecco giugno, quando avrebbe dovuto esserci, secondo Figliuolo, la “spallata”. Il 30 di quel mese l’Italia era tornata indietro nuovamente. Ottavo posto con il 31,39%. In realtà la spallata c’è stata. È stato raggiunto il record, soprattutto i primi giorni del mese, sempre sopra le 600 mila somministrazioni, in alcuni casi fino a sfiorare le 700 mila. Mai però si è arrivati a quel milione di dosi che il generale aveva previsto in un’intervista rilasciata a La Stampa e apparsa l’11 maggio: il commissario dichiarava che l’obiettivo sarebbe stato raggiunto con il coinvolgimento dei 42 mila medici di famiglia. Così non è stato, come documentato dal Fatto.

Non perché non ci siano stati gli accordi con le Regioni, anche se alcune intese sono state sottoscritte con notevole ritardo. Ma per una serie di fattori non considerati. Primo: il 70% dei medici di famiglia non dispone di una segretaria che possa gestire la programmazione degli appuntamenti per le vaccinazioni. Secondo: le aziende sanitarie in tanti casi hanno preferito concentrare le scorte sugli hub, riservando ai medici di famiglia solo pochissime dosi. Così è avvenuto in varie parti del Paese – come hanno denunciato diversi camici bianchi in più occasioni – vanificando di fatto il successo degli accordi raggiunti.

Arriviamo al 30 settembre, data in cui avremmo dovuto raggiungere l’immunità di gregge. L’Italia è risalita, è al quarto posto dopo Belgio (che ha raggiunto il 72,63%), Irlanda (74,2), e Spagna (78,44). È ferma infatti al 68,01%.

Ed ecco le ultime settimane: quinto posto (73,04%), ancora una volta dopo Belgio, Irlanda, Spagna e Portogallo (da tempo quello che corre di più in Ue).

Sia chiaro: parliamo sempre di completamento del ciclo vaccinale primario. Anche se va ricordato che dalla metà di settembre è partita la seconda fase della campagna vaccinale, con la somministrazione della terza dose, il booster. Troppo presto, invece, per dire come procede la vaccinazione dei bimbi da 5 a 11 anni, partita il 16 dicembre. Di certo, le prenotazioni non hanno fatto boom, come abbiamo raccontato nei giorni scorsi e al contrario di quel che ha scritto la grande stampa, soprattutto al Sud. Nel primo giorno sono stati solo poco più di 15mila i bambini vaccinati con la prima dose.

La sai l’ultima?

Scienza Non sempre chi comanda è più intelligente, lo confermano anche i pulcini

Qualche millennio di storia e di politica ci aveva tolto ogni dubbio, ma ora lo dice anche la scienza: non sempre chi comanda è il più intelligente. Per giungere a questa conclusione, gli studiosi si sono avventurati in un sofisticato studio su un gruppo di pulcini. Lo scrive Repubblica: “Nell’ultimo lavoro pubblicato su Communicationos biology, Giorgio Vallortigara, del Centro interdipartimentale mente/cervello dell’Università di Trento, con Jonathan Niall Daisley e Lucia Regolin dell’Università di Padova, osservano una relazione tra rango sociale e abilità logiche astratte nei pulcini, con una sorpresa: a differenza di quanto si potrebbe supporre, gli individui dominanti sono meno intelligenti di quelli intermedi e subordinati. E i pulcini femmina, complessivamente, si dimostrano migliori dei maschi”. Nel prossimo esperimento gli scienzati verificheranno i risultati spostandosi dal pollaio a un’aula parlamentare.

 

Parma Accusato per furto, ruba il telefono al magistrato durante la sua udienza: arrestato, sarà processato di nuovo

È senza dubbio una scelta oculata e premiante, quella del trentenne a processo con l’accusa di furto, che durante la sua udienza al tribunale di Parma ha creduto bene di rubare il cellulare al magistrato, così, tanto per dare prova della sua buona fede. “Dopo essersi avvicinato alla sua postazione – scrive Parma Today– ha preso il telefono, credendo che il suo gesto sarebbe passato inosservato, ma è stato subito scoperto dalle persone presenti. Il ladro, che ha agito durante il processo per direttissima nei suoi confronti, è stato arrestato in flagranza di reato per furto. Ora sarà di nuovo giudicato per direttissima”. Magari in realtà non è un ladro ma un genio visionario e il suo è un progetto futurista, vuole avviare una catena senza fine: al nuovo processo ruberà un altro telefono, così sarà di nuovo processato per direttissima per furto, e ruberà un altro telefono e sarà di nuovo processato per direttissima per furto, e ruberà un altro telefono…

 

Australia Esultano gli scienziati: hanno scoperto il primo millepiedi che ha effettivamente mille piedi (e anche di più)

Notizie che riconciliano con la scienza: in Australia è stato finalmente trovato un millepiedi che ha effettivamente mille piedi, non solo in senso figurato. Lo scrive il Daily Mail, ma ci affidiamo alla preziosa traduzione di Dagospia: “Nelle profondità di una miniera, in Australia, è stato trovato il primo millepiedi che ha davvero mille zampe. Nonostante il nome, infatti, finora non erano stati individuati millepiedi che ne avessero più di 750. In un articolo pubblicato sul Scientific Report, gli scienziati riferiscono della scoperta dell’animale, che ha ben 1.306 zampe, più di qualsiasi altro essere vivente, e appartiene a una nuova specie che è stata chiamata Eumillipes persephone”. Una bestiola sicuramente straordinaria, forse non bellissima, senza occhi, con un corpo filiforme “con una lunghezza di 9,55 cm e una larghezza di 0,07 cm, zampe corte e una testa a forma di cono con antenne e un becco”.

 

Sydney Il papà distrae il bimbo dandogli il suo telefono e quello spende oltre mille dollari in vaschette di gelato

Pensate di poter delegare la funzione educativa agli smartphone e credete di poter rimbecillire e rabbonire vostro figlio con uno schermo luminoso, ma sappiate che qualcosa può andare veramente male. Un simpatico bimbo a cui il papà aveva messo in mano il cellulare, per distrarlo mentre guardava la partita di football, ha ordinato con il telefono del babbo la modica cifra di oltre 1.000 dollari in gelato. Succede a Sydney, come scrive Today: “Il bambino (di 4 anni) ha aperto l’app di UberEats e ha iniziato a ordinare ogni ben di dio dalla catena ‘Gelato Messina’ tra cui una torta di compleanno personalizzata e vaschette di gelato dei suoi gusti preferiti. Una volta completato l’ordine ha confessato al papà che sarebbe arrivato ‘qualcosa’. Senza però esser creduto”. Poi è arrivato il corriere: “All’inizio ho pensato che fosse un ordine da 139 dollari”, ha detto il padre, “ma poi ho guardato meglio e in realtà erano 1.139. Abbiamo rischiato un attacco di cuore”.

 

Bologna Si presenta all’esame (di teoria) per la patente alla guida dell’auto. E parcheggia davanti alla Motorizzazione

Gli esami non finiscono mai, soprattutto se ti presenti a quello per ottenere la patente (il test di teoria, per giunta) alla guida di una macchina che ovviamente non potresti portare. È accaduto a Biella, come scrive Tgcom24. La nostra eroina non si è accontentata di mettersi a volante, ma ha anche parcheggiato proprio di fronte alla sede della Motorizzazione, dovesse mai passare inosservata. “Il personale della polizia stradale, però, si è accorto che era tra i candidati della prova. Protagonista della vicenda, accaduta a Biella, è una 42enne di origine nigeriane. La donna è stata identificata e gli agenti hanno fatto scattare le sanzioni amministrative previste dal codice della strada. Terminato il test, gli agenti hanno accertato che la donna, residente nel Basso Biellese, guidava senza patente e per la 40enne sono quindi scattate le sanzioni”. A questo punto sarebbe interessante sapere se la signora è stata almeno promossa, tanto sulla pratica va già fortissimo.

 

Usa L’influencer imbottiglia i suoi peti e li mette sul mercato: è un business che le frutta oltre 60mila dollari a settimana

In tempi forse più fortunati avevamo la “merda d’artista” messa in scatola da Piero Manzoni, oggi tocca accontentarsi delle scorregge d’influencer. Una notizia ferale che ci racconta Il Mattino: “Piuttosto bizzarra la trovata di Stephanie Matto, starlette televisiva di un noto reality show americano, 90 Days Fiancé, per guadagnare molti soldi. La giovane, dalle curve sinuose e super sexy, ha cominciato a vendere ai follower i suoi peti in vasetti, a 1.300 dollari ciascuno. Ora, la prorompente influencer è arrivata a guadagnare fino a 60mila dollari a settimana e diventando una vera e propria celebrità di flatulenze. ‘Che settimana pazzesca è stata. Prima di tutto, grazie per tutti gli ordini, le domande, il supporto e l’amore!’ ha scritto sul suo profilo Instagram, condividendo un video nel quale mostrava i barattoli di peti in vendita e ringraziando tutti coloro che li avevano ordinati e acquistati”. (La “merda” di Manzoni circola su Ebay al prezzo di 120 euro a scatola, non sappiamo se originale. Se proprio bisogna investire in deiezioni o derivati…).

 

Modena Un autoproclamato esorcista ha provato a liberare da Satana (e dai simboli lgbt) la statua di Babbo Natale in tutù

Non c’è paceper il povero Babbo Natale di Modena, la statua di Santa Claus vestito da ballerino in tutù, che ha già suscitato le proteste della sempre lucida destra emiliana, offesa per il trattamento ignobilmente fluido riservato al personaggio più amato della festa più cristiana che c’è (ovvero un panciuto, anziano servo del capitalismo, inventato dalla Coca Cola, che distribuisce merci nel mondo a ritmi da precario di Amazon Prime). Questa settimana ai danni del povero Babbo Natale modenese è stato effettuato addirittura un esorcismo: il protagonista del rituale – scrive il sito Modena in diretta – è l’eccentrico Padre Davis, ovvero “Davide Fabbri, personaggio non nuovo a questi exploit, che con acqua da lui benedetta alla mano e crocifisso nell’altra si è presentato ai piedi del Grande Babbo della Discordia per esorcizzarlo e per liberarlo dai simboli a suo dire ‘lgbt’ che porta con sé”. What a time to be alive, buon Natale a tutti.

Maltrattamenti a Benevento, la Procura: “Caso mai sottovalutato”

“È assolutamente estraneo alla prassi e agli orientamenti di tutto l’ufficio ogni e qualsiasi sottovalutazione del seppur minimo approccio costrittivo nei rapporti interpersonali tra uomo e donna e in generale in quelli che involgano la libertà in generale e quella sessuale in particolare”. Lo sostiene in una nota la Procura di Benevento dopo un articolo pubblicato ieri dal Fatto Quotidiano. È stato il nostro giornale infatti a rivelare le motivazioni con le quali una pm di Benevento ha argomentato la richiesta di archiviazione di una denuncia per maltrattamenti. Risale ad aprile scorso l’esposto di una donna la quale parla, tra le altre cose, anche “di pressione esercitata dal marito che la faceva sentire obbligata ad avere rapporti sessuali”. “Considerato la sussistenza di un rapporto di coniugio – ha scritto la pm nella richiesta di archiviazione – appare arduo sostenere che sia provata la consapevolezza in capo” al marito “della non consensualità al rapporto sessuale, considerato anche comune negli uomini dover vincere quel minimo di resistenza che ogni donna, nel corso di una relazione stabile e duratura, nella stanchezza delle incombenze quotidiane, tende a esercitare quando un marito” – che nel caso specifico “appare particolarmente amante della materia” – “tenta un approccio sessuale”. La donna ha denunciato anche ad un altro episodio che risalirebbe ad ottobre 2019, quando il marito le avrebbe puntato un coltello alla gola. Il tutto davanti a due testimoni, la suocera e la cognata, che confermano. Per la pm però quel gesto “per quanto di cattivo gusto” è stato “compiuto per scherzo”.

“In riferimento alla richiesta di archiviazione adottata da un magistrato di questo ufficio – è spiegato nella nota a firma del procuratore capo Aldo Policastro – (…) mi corre l’obbligo, atteso l’interesse pubblico connesso, di precisare che la opposizione presentata dalla persona offesa è all’esame dell’ufficio, come sempre accade dopo la sua presentazione, che dovrà determinarsi all’esito in ordine al prosieguo del procedimento. La richiesta assunta ha ritenuto che non ricorresse il quantum probatorio necessario a ritenere sussistenti gli elementi costitutivi dei reati contestati. L’ufficio, anche tenendo conto dell’autonomia del magistrato assegnatario del procedimento, si determinerà, senza alcun pregiudizio determinato dalla decisione assunta e di cui si discute, all’esito dell’esame degli atti e dell’opposizione”. Nella nota il procuratore ha ribadito “l’impegno di tutto l’ufficio in tema di violenza di genere”.

Ma mi faccia il piacere

Questi fantasmi. “Renzi si difende su Open: ‘I renziani non esistono’” (Domani, 16.12). Lui del resto s’è ritirato dalla politica nel lontano 2016.

Sono soddisfazioni/1. “Io tifo Silvio al Quirinale per vedere la faccia dei Travaglio” (Vittorio Feltri, Libero, 13.12). Tipo quel genio che si tagliò le palle per vedere la faccia della moglie.

Sono soddisfazioni/2. “Salvini ha sondato anzitutto Berlusconi. Lo chiama ad Arcore e gli assicura: ‘La sua candidatura sarà il nostro regalo di Natale agli italiani’” (Messaggero, 14.12). Così imparano.

Parole grosse. “Ma per noi Berlusconi al Quirinale è un’idea inopportuna” (Enrico Borghi, deputato Pd, Corriere della sera, 18.12). Gliele ha cantate chiare, ma non avrà un tantino esagerato?

Fake news. “Il Cavaliere punta al Quirinale e teme franchi tiratori tra Lega e FdI. Minacciando gli alleati anche con l’ostracismo dalle sue tv” (Repubblica, 18.12). Noi ci rifiutiamo di crederlo: non sarebbe da lui.

Il grande elettore. “Il premier al Colle. La scelta di Bonomi” (Francesco Verderami, Corriere della sera, 18.12). Lo elegge lui.

Ipse dixit. “Berlusconi è stato uno statista” (Paolo Cirino Pomicino, 16.12). Alla fedina penale non si comanda.

Tempismo. “Variante Omicron, a gennaio i primi test per un nuovo vaccino anti-Covid” (Andrea Carfi, chief scientific officer di Moderna, SkyTg24, 1.12). “In tre mesi un vaccino anti-Omicron se il booster non basterà” (Dan Staner, capo del ramo europeo di Moderna, Repubblica, 18.12). Ci lavorano da prima che Omicron venisse scoperta.

Disneyland. “Draghi si prepara a dirlo: missione compiuta con il Pnrr. Il premier mercoledì annuncerà di aver raggiunto i 51 obiettivi del Recovery. Con un pensiero al Colle” (Foglio, 18.11). Il classico caso in cui conta il pensiero.

Artiglio Fontana. “Ricandidarmi in Lombardia? Ora non lo so” (Attilio Fontana, Lega, presidente Regione Lombardia, Corriere della sera, 14.12). Prima deve chiedere a suo cognato.

Il vero problema. “Cingolani agli studenti: ‘Usate meno i social, inquinano troppo’” (Repubblica, 14.12). Fatevi un bel reattorino nucleare tutto vostro, invece.

L’importante è partecipare. “La Matone corre alle suppletive: ‘Riporterò i romani al voto’” (Libero, 14.12). Per gli altri candidati.

Chi è Stato. “Altri tre mesi in stato di emergenza. Draghi cede, avanti fino al 31 marzo” (Stampa, pag. 4 in alto, 14.12). “Ecco perchè il premier ha accelerato i tempi” (Stampa, pag. 4 in basso, 14.12). Ma se ha ceduto ad altri (a chi?), in che senso ha accelerato?

Shish shock bicos. “We need Big data, but we also need big emotion… Future is in motion, but also in emotion… Andremo nello spazio, ma dobbiamo anche riscoprire le nostre anime… Il mio sogno più grande sarebbe lavorare con i giovani” (Matteo Renzi, leader Iv, Global Citizen Forum, Emirati Arabi Uniti, 12.12). Ok, tu però intanto vai nello spazio. Grazie.

Pulizia straordinaria. “L’assessore dem all’Ambiente Sabrina Alfonsi: ‘Cittadini romani, incartate meno regali’” (Messaggero, 9.12). Ma soprattutto tenetevi i rifiuti in casa.

In fondo a sinistra. “La sinistra vuole stringere i tempi per le regionali in Lombardia e gira molto il nome di Cottarelli” (Foglio, 16.12). Uahahahahah.

I titoli della settimana/1. “Presunzione d’innocenza. È in vigore da pochi giorni: la nuova legge già vacilla. Continuano a fioccare comunicati stampa accompagnati da titoli suggestivi” (Dubbio, 18.12). Già, come si permettono queste Procure di indagare ancora?

I titoli della settimana/2. “Torino torna ‘Sì Tav’ dopo la parentesi M5S: ‘Sosteniamo – dice il sindaco Stefano Lo Russo – e sosterremo la Torino-Lione’” (Repubblica, 16.12). “Torino archivia l’ideologia 5S: il sindaco appoggia la Tav” (Giornale, 16.12). Per 130 mila euro di buoni motivi.

I titoli della settimana/3. “Qualità della vita (nel 2021, ndr), Roma sale fra le prime 15 città” (Messaggero, 14.12). Sarà già merito di Gualtieri o ancora colpa della Raggi?

I titoli della settimana/4. “Lo sciopero è un flop ma la Cgil guida la sinistra (sic, ndr) contro Draghi” (Domani, 17.12). E pure ‘sto titolo non è granchè.

I titoli della settimana/5. “La pandemia spinge le manovre per condizionare il voto sul Colle” (Massimo Franco, Corriere della sera, 29.12). “Il virus rialza la testa e ostacola Draghi sulla strada per il Colle” (Repubblica, 17.12). Del resto anche il sole sorge ogni giorno apposta per illuminare Draghi.

I titoli della settimana/6. “Green pass modello Italia, dall’Uk alla Bulgaria molti governi ora vogliono copiarci: in Austria certificato obbligatorio per lavorare” (Stampa, 26.11). “Coprifuoco di Natale per i No Vax: il governo pensa al modello Austria” (Stampa, 18.12). Fermo restando che nessun Paese ha imitato l’Italia, se era l’Austria che copiava l’Italia, come fa ora l’Italia a copiare l’Austria? Ovvero: è nato prima Draghi o la gallina?

Bocci sul set come regista. E Castellitto è Dalla Chiesa

Dopo l’apprezzata opera prima A Tor Bella Monaca non piove mai, Marco Bocci dirige in questi giorni tra Roma, Rieti e Terni il suo secondo lungometraggio intitolato La caccia, interpretato da sua moglie Laura Chiatti oltre che da Filippo Nigro, Paolo Pierobon e Pietro Sermonti. Nel film prodotto da Minerva Pictures e Rai Cinema viene raccontato un dramma familiare che segue la storia di quattro fratelli, tre maschi e una femmina, che si riuniscono dopo svariati anni di lontananza per l’improvvisa morte del padre.

 

Il duo Younuts! (Antonio Usbergo e Niccolò Celaia) gira tra Roma e l’Umbria Con chi viaggi, una commedia on the road con sfumature noir che ha come protagonsiti Lillo, Alessandra Mastronardi, Fabio Rovazzi e Michela De Rossi ed è prodotta da Andrea Occhipinti per Lucky Red. Quattro sconosciuti si incontrano grazie ad una app di car-sharing per condividere un viaggio in auto. Tutto sembra scorrere normalmente ma la realtà non è quella che sembra: Paolo (Lillo) è un uomo irrequieto dall’aspetto simpatico che sembra nascondere qualcosa; Michele (Fabio Rovazzi) e Anna (Alessandra Mastronardi) nascondono di aver avuto un passato insieme ed Elisa (Michela De Rossi) non sa di avere con Paolo un rapporto decisamente speciale. L’imprevedibile viaggio si trasformerà in un’avventura destinata a cambiare le vite di tutti i personaggi.

 

Sergio Castellitto è il protagonista de Il generale Dalla Chiesa, una serie in quattro serate sul set a Palermo da un paio di mesi diretta da Lucio Pellegrini e prodotta da Stand By Me. La fiction andrà in onda su Rai 1 durante la prossima primavera, in occasione dei 40 anni della strage di via Carini in cui in un agguato di Cosa Nostra persero la vita Carlo Alberto Dalla Chiesa, sua moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente Domenico Russo.