2005. Oltre un anno dopo i crac Cirio e Parmalat, il governo Berlusconi annuncia la legge Tremonti sul risparmio, che dovrebbe aumentare i controlli sul sistema finanziario e rendere temporanea la carica a vita del governatore di Bankitalia. Ma la legge si svuota per il diktat della Lega, che da nemica diventa amica del governatore Antonio Fazio, artefice del salvataggio della banchetta leghista Credieuronord, sull’orlo del fallimento, tramite la Banca Popolare di Lodi (Bpl) del suo protetto Gianpiero Fiorani.
Aprile-maggio. La Procura di Milano indaga su tre scalate parallele e coordinate, patrocinate da Fazio e appoggiate da centrodestra¢rosinistra, che puntano a ridisegnare il sistema finanziario ed editoriale: quella della Bpl di Fiorani (spalleggiato da Lega e FI) alla banca Antonveneta di Padova, che fa gola anche agli olandesi dell’Abn Amro; quella dell’Unipol di Giovanni Consorte (coop rosse, spalleggiate dai vertici Ds) alla Bnl, contesa anche dallo spagnolo Bbva; e quella del rampante immobiliarista Stefano Ricucci (spalleggiato da FI, Lega e Ds, oltreché dal gruppo Caltagirone) alla Rcs-Corriere della Sera. Fiorani racconterà di aver ottenuto il via libera da Berlusconi nell’estate 2004 in un tragicomico pellegrinaggio a villa La Certosa, dove gli portò in dono un gigantesco cactus, ferendosi il petto con le spine.
6 luglio. Le tre operazioni, condotte in spregio alle regole del mercato e al Codice penale, vengono bloccate dai pm e dal gip Clementina Forleo, che sequestra azioni e plusvalenze degli scalatori (“furbetti del quartierino” li chiama Ricucci in un’intercettazione). Fazio e i “furbetti” sono indagati a vario titolo per aggiotaggio, insider trading e altri reati finanziari. Il governatore, dopo una strenua resistenza, si dimetterà a fine anno. Il trasversale fronte politico pro scalate freme di sdegno per le intercettazioni (non per il loro contenuto) e lavora a una legge che limiti la possibilità di disporle e di pubblicarle.
25 luglio. Il Parlamento approva la legge delega del ministro Castelli sul nuovo Ordinamento giudiziario, pressoché identica a quella bocciata da Ciampi. Tornano le vecchie ricette degli anni più bui: carriera selettiva che imbriglia i giudici in una rete di concorsi formalistici; svilimento delle competenze del Csm; ristrutturazione verticistica e gerarchica delle Procure, con il capo dominus assoluto dell’azione penale e il “potere diffuso” dei pm ridotto al nulla; separazione surrettizia delle carriere di pm e giudici, accompagnata da “esami psico-attitudinali” per i neomagistrati (due trovate previste nel Piano di rinascita democratica di Licio Gelli); divieto ai pm di spiegare le loro indagini alla stampa. Per fortuna il governo non farà in tempo a esercitare la delega con i decreti attuativi e la controriforma non entrerà in vigore. Provvederà il centrosinistra a farla propria con Mastella nel 2006-2007. Entra invece subito in vigore un codicillo “contra personam” aggiunto alla legge Castelli da Luigi Bobbio di An per impedire a Gian Carlo Caselli di candidarsi per la Procura Nazionale Antimafia (dove Piero Luigi Vigna è “scaduto” il 15 gennaio). Così viene nominato il suo rivale Pietro Grasso. Nel 2007 la Consulta dichiarerà incostituzionale la norma, ma Grasso resterà al suo posto.
29 novembre. Il centrodestra approva in tutta fretta la legge “ex Cirielli”: “ex” perché l’autore, Edmondo Cirielli di An, la rinnega dopo gli emendamenti peggiorativi imposti dal governo. È l’ennesima legge salva-Berlusconi e salva-Previti. Sistemato il processo Sme-Ariosto, il premier deve neutralizzare due nuove indagini milanesi: quella sui “diritti Mediaset” per i reati di appropriazione indebita, falso in bilancio e frode fiscale commessi acquistando film a prezzi gonfiati dalle major americane e utilizzando una miriade di società estere (anche offshore) del comparto occulto All Iberian per accantonarvi le plusvalenze in nero; e quella per corruzione in atti giudiziari dell’avvocato David Mills, che ha confessato al suo commercialista di aver mentito e taciuto nei processi All Iberian e Guardia di Finanza per “salvare Mr B. da un mare di guai” in cambio di 600mila dollari nel 1999. Così la Cirielli – nata per aumentare le pene ai recidivi – viene modificata per dimezzare la prescrizione agli incensurati (qual è ancora incredibilmente il pluriprescritto Berlusconi). Finora i delitti puniti fino a 5 anni si prescrivevano in 15 (che scendevano a 7 e mezzo con le attenuanti generiche). Con l’ex Cirielli, si estingueranno sempre in 7 anni e mezzo (con o senza attenuanti). Il che vale per corruzione semplice, evasione e frode fiscale, truffa, bancarotta preferenziale e così via. Invece per i delitti puniti con pene massime fino a 10 anni, come la concussione e la corruzione giudiziaria, la prescrizione scende da 15 a 10 anni. Poi c’è Previti, che sta per essere condannato definitivamente per le corruzioni giudiziarie di Mondadori e Imi-Sir: la ex Cirielli pensa anche a lui prevedendo che pregiudicati “over 70” (esclusi solo i reati di mafia e terrorismo) evitino il carcere e scontino la pena ai domiciliari (Previti ha appena compiuto 71 anni). Quanto a Berlusconi, la prescrizione del processo Mills scatterà non più nel 2014, ma nel 2009; e nel processo Mediaset evaporano subito tutti i reati del periodo 1988-1999 e, in ciascuno degli anni successivi, i giudici dovranno cancellare i fatti relativi a 7 anni e mezzo prima. Siccome il capo d’imputazione arriva fino al 2003, nel 2012 saranno prescritte tutte le appropriazioni indebite e quasi tutte le frodi fiscali (in gran parte peraltro cancellate dal condono fiscale varato dallo stesso imputato alla fine del 2002). Ma naturalmente la legge si applica anche a tutti gli altri imputati: solo nel primo anno di rodaggio (il 2006), manderà in fumo 35mila processi in più rispetto ai 100mila cancellati dal fattore-tempo nel 2005.
14 dicembre. L’ultima legge vergogna del 2005 serve a impedire all’Unione di centrosinistra, favoritissima dopo aver vinto tutte le amministrative degli ultimi due anni e ricandidato Romano Prodi a premier, di aggiudicarsi le elezioni politiche del 2006: è la controriforma elettorale firmata dal ministro leghista delle Riforme Roberto Calderoli e imposta da Berlusconi a colpi di maggioranza minacciando la crisi di governo, che reintroduce il sistema proporzionale (in barba al referendum del 1993), consente ai partiti di nominarsi i futuri parlamentari con le liste bloccate, senza preferenze, e introduce i collegi esteri per eleggere 12 deputati e 6 senatori. Una norma che sarà definita dallo stesso Calderoli “una porcata”, ribattezzata “Porcellum” da Giovanni Sartori e dichiarata incostituzionale dalla Consulta. Ma soltanto nel 2013.
(16. continua)