Ha 24 anni, lavora in un noto ristorante del centro di Roma. “Martedì il cuoco ci dice: ‘Mi sento strano’. Fa un tampone rapido ed è positivo. Prende la giacca e va a casa”. Il titolare chiude il ristorante. “Ha anche avvertito la Asl”, spiega il giovane, che chiameremo Giovanni. È vaccinato con due dosi ma il giorno dopo sta male: “Mi è venuta la febbre, non sentivo i sapori e giovedì ho fatto un tampone rapido anch’io: positivo. In teoria serve la conferma del molecolare, l’ho fatto privato a domicilio per non uscire di casa: mi è costato una piotta e sto aspettando il risultato. Ma il mio medico ha detto che bastava l’antigenico, ha confermato che è Covid e l’ha comunicato alla Asl”, che è sempre Roma 1. Sono positivi anche altri colleghi, non è l’unico cluster nei ristoranti romani. “E non riusciamo ad avvisare tutti i clienti perché non prendiamo più nomi e numeri telefonici, non siamo tenuti a farlo”, racconta. Però Giovanni, in quarantena da martedì 14 per il contatto con il cuoco e positivo da giovedì 16, fino a ieri pomeriggio aveva ancora un Green pass, anzi un Super green pass, perfettamente valido: l’abbiamo verificato con l’app C-19 del ministero della Salute. Se volesse, potrebbe andare a cena in un altro ristorante, superare i controlli e infettare tutti.
Com’è possibile? Forse la farmacia del quartiere Montesacro che ha fatto il test antigenico non l’ha caricato sulla tessera sanitaria, come è tenuta a fare anche con quelli positivi che danno diritto al Green pass (base) per i non vaccinati? “Sarebbe strano, mi hanno chiesto la tessera e hanno registrato tutto…”. E la segnalazione l’ha fatta anche il medico di famiglia, oltre al datore di lavoro. “Noi non riusciamo a tracciare tutti i positivi, molti ci scappano – spiegano dalla Asl Roma 1 –. Qui però non dipende da noi, i tamponi dovrebbero andare in automatico sulla piattaforma Ts, quella della tessera sanitaria”.
Sarà che il tampone di Giovanni, oltre che antigenico, è troppo recente? Non sembra. La presidente Pd dell’Assemblea capitolina, Svetlana Celli, ieri aveva un Super green pass valido nonostante sia positiva al Covid dall’11 dicembre, con tanto di terza dose: “Avevo la febbre – racconta Celli – e ho fatto il tampone molecolare al Campus biomedico. I miei genitori sono stati in isolamento ma per fortuna erano negativi e hanno ricevuto la comunicazione che potevano scaricare il nuovo pass. La manderanno anche a me se, come spero, sarò negativa il 21”, dice la presidente del Consiglio comunale di Roma. Probabile ma del tutto superfluo mancando la revoca del vecchio certificato verde.
Fino a ieri C-19 non registrava neppure contagi più risalenti: lasciapassare regolare per un’insegnante romana, positiva dall’8 dicembre con tampone molecolare della Asl. È stato invece revocato il pass di suo figlio, pure contagiato: “Forse il pediatra è stato più efficiente del mio medico?”. Difficile anche quello, dovrebbe bastare la registrazione del tampone. Sembra tutto casuale. “Servirebbe un campione statisticamente affidabile”, suggerisce Celli. Il nostro certamente non lo è: un pass revocato e tre no. Nessuno di loro si azzarderebbe ad andare in giro ma, se lo facessero, i loro Qr code darebbero luce verde.
Il problema era noto, i ministeri della Salute e dell’Innovazione ci hanno lavorato con la Sogei e ieri sulla Gazzetta ufficiale è stato pubblicato il Dpcm che ri-disciplina la revoca del Green pass per intervenuta positività, la sua comunicazione al sistema europeo Gateway e l’annullamento della revoca erronea. Le regole di base erano già nell’allegato B al Dpcm del 12 ottobre. Non sono bastate. Magari stavolta basteranno.