Ci sarà stamattina al Nazareno la prima direzione dell’era Zingaretti. Due giorni dopo il voto in Basilicata, il neosegretario punta a farsi dare il mandato per la costruzione delle liste in vista delle Europee e delle Amministrative. Sono due le principali questioni sul tavolo: il rapporto con Liberi e uguali e il simbolo. In linea con il trend delle ultime Regionali, il candidato del centrosinistra per le elezioni lucane, Carlo Trerotola, ha preso il 33,1%, con 7 liste complessive, ma il Pd è precipitato al 7,8%. In questo contesto, il presidente dem ha convocato la riunione oggi.
Al centro, dunque, le alleanze elettorali. Zingaretti porrà prima di tutto la questione del rapporto con Roberto Speranza e gli altri. Sull’alleanza per le Amministrative, l’accordo con gli ex dem è già chiuso. Ma punta a farselo votare oggi, in maniera da non avere recriminazioni un domani. Per quel che riguarda le Europee, la trattativa con gli ex dem sulla lista che vedrà andare insieme il Pd, Carlo Calenda e una serie di “civici” non è ancora chiusa. Ma Zingaretti continua a pensare che non gli conviene accogliere gli ex compagni. E poi, c’è l’alleanza con la lista che vedrà correre insieme + Europa, Pizzarotti e i prodiani.
Altro punto all’ordine del giorno il simbolo del Pd. Meglio presentarlo o meglio toglierlo? “Purtroppo in Basilicata avevamo presentato addirittura 4 simboli diversi. Anzi, per la verità, il simbolo del Pd non era stato neanche presentato. C’era un’unica dicitura, ‘Comunità democratiche’”, ha affermato ieri Zingaretti. Per adesso, l’idea è quello di presentarlo, ma nascondendolo con altri elementi. Ovvero, “richiami” non ben identificati alla presenza di Calenda e alle altre componenti in lista.
Nel frattempo, quel che resta del renzismo, prova a rimanere in vita, con strategie contrapposte. “Friuli, Trento, Molise, Abruzzo, Sardegna e #Basilicata. Alla sesta volta credo che persino il grande Toto Cutugno abbia smesso di esultare per il 2º posto. Noi abbiamo intenzione di andare avanti parecchio?”, scrive su Twitter Anna Ascani. È la parte ultrà che risponde a Renzi, che si muove con due diversi obiettivi. Il primo, cercare di segnare qualche punto all’interno del Pd. Il secondo, mettersi in pole position per entrare in un eventuale partito di Matteo, ancora in itinere.
Altra partita, quella della minoranza che fa capo a Luca Lotti, Lorenzo Guerini e Antonello Giacomelli. Lotti ha appena fatto un’intervista a Repubblica, per dire che Matteo si ricandiderà premier, ma nella quale ha chiarito la sua permanenza nel Pd. Sta trattando per i posti. Non solo per la segreteria (che oggi Zingaretti non dovrebbe varare), ma soprattutto per le elezioni. Per le Europee, l’accordo con la maggioranza per ora si è chiuso su tre nomi di capolista: Giuliano Pisapia al Nord Ovest, lo stesso Calenda al Nord Est e Simona Bonafè al centro. Restano in ballo le altre due circoscrizioni.
Sullo sfondo, le possibili elezioni politiche. Perché il Pd zingarettiano ora punta a un voto anticipato, al più tardi nella primavera 2020. Anche visto il fatto che i gruppi parlamentari sono il frutto delle liste fatte da Renzi. La settimana scorsa, il segretario è andato in Senato a parlare con Andrea Marcucci, nel tentativo di stabilire un rapporto. Ma sono già partiti i conteggi futuri. Secondo le proporzioni attuali, ai martiniani spetterebbero non più di una quarantina di parlamentari. E a Lotti non più di 25. Ecco l’agitarsi preventivo.
Nelle stanze del Nazareno cominciano le grandi manovre. Luigi Zanda è pronto a passare al setaccio i conti del precedente tesoriere, Francesco Bonifazi. Ed è saltata la prima testa, quella di Alessio De Giorgi, responsabile social, vicinissimo a Renzi. Anche se Matteo, quando deve segnalare qualcosa a cui tiene, lo fa da solo: domenica, su Instagram ha postato una foto della sua bilancia, a quota 80,6 Kg. “Era uno dei miei obiettivi del 2019 tornare a un peso forma accettabile”. Contento lui.