Alla fine Luigi Gubitosi si fa da parte definitivamente. Ieri l’ex Ad di Tim ha rassegnato le dimissioni anche dal Consiglio di amministrazione, dopo un braccio di ferro durato settimane. All’ultima riunione dell’anno è arrivato il passo indietro che permette di fare così posto in cda a Pietro Labriola, già nominato direttore generale. L’addio è arrivato dopo che il manager ha ottenuto la manleva legale ma senza una buonuscita.
A fine novembre Gubitosi si era dimesso dopo lo scontro con il primo azionista, la francese Vivendi (23,7%) che l’ha sfiduciato, mossa che ha trovato l’accordo anche del secondo socio dell’ex monopolista, la pubblica Cassa depositi e prestiti (9,8%). Lo scontro è partito dai pessimi risultati operativi della società. Da inizio anno, Tim ha rivisto per tre volte le stime dei profitti, l’ultima mercoledì, a causa soprattutto del flop della partnership con Dazn per la Serie A, che ora si vorrebbe rinegoziare (la partita finirà probabilmente in tribunale). Ma ad accendere la contesa è stato soprattutto l’improvviso ingresso in campo di Kkr, ottima conoscenza di Gubitosi che solo nell’estate 2020 l’ha fatto entrare nella rete di Tim (Fibercop). Mentre il manager – ex di Wind, Rai e Alitalia – vacillava, il fondo Usa ha proposto una manifestazione di interesse “non vincolante” a 0,5 centesimi per azione, valorizzando Tim 11 miliardi (contro i 7,5 miliardi del precedente valore in Borsa). La mossa non è bastata a salvare Gubitosi. Saltato lui, ieri il cda si doveva pronunciare sulla possibilità, chiesta da Kkr, di effettuare una due diligence, cioè un’analisi dettagliata dei conti di Tim, una richiesta inusuale visto che di norma si fa per società non quotate, mentre il colosso telefonico è soggetto alla massima trasparenza finanziaria imposta dalla Borsa.
Ieri era attesa la risposta. Mentre andiamo in stampa, il cda, iniziato in mattinata e proseguito a oltranza, non si è ancora concluso. La proposta di Kkr è finalizzata a uno spezzatino di Tim per vendere i vari rami aziendali sul mercato, valorizzando il titolo. Operazione che partirebbe dallo scorporo della rete che verrebbe ceduta allo Stato per il tramite di Cdp. Nei giorni scorsi è emerso che sia la Cassa sia Vivendi erano intenzionati a bocciare la proposta di Kkr e, nel caso, procedere autonomamente allo scorporo della rete. Un allineamento che però ieri in cda ha avuto qualche frizione, con la richiesta – a quanto filtra – del consigliere Giovanni Gorno Tempini, presidente di Cdp, di concedere invece la due diligence a Kkr. L’unica certezza è che, senza l’ok dei primi due azionisti, nulla può avvenire in Tim. In caso di bocciatura, la palla passa a Kkr: o rinuncia o alza il prezzo e presenta una vera offerta vincolante.