Cinesi “apri e chiudi”, evasi circa 15 milioni

“Apri e chiudi”.Una delle modalità più classiche per evadere il fisco. Si tratta di un meccanismo che secondo la Procura di Firenze ha permesso a ben 38 imprenditori cinesi di evadere circa 15 milioni di euro, grazie alla connivenza di 5 professionisti commercialisti del celebre studio Venezia&Schiavone di Firenze. Ieri la Procura ha comunicato la chiusura indagine condotta dal procuratore aggiunto, Luca Tescaroli, per 43 persone, accusate a vario titolo dei reati di associazioni per delinquere, reati tributari vari e bancarotta. In totale, sono stati sequestrati circa 40 milioni di euro, mentre nel corso dell’indagine sono state emesse 28 misure cautelari, tutte confermate dal Tribunale del Riesame

Presi il presunto killer di Diabolik e il suo complice

Si chiama Raul Esteban Calderon, è argentino, ma è molto conosciuto nell’ambito della malavita del litorale romano (era già indagato per un altro omicidio a Torvajanica). È il presunto assassino di Fabrizio Piscitelli, noto come ‘Diabolik’, il capo ultras della Lazio ucciso il 7 agosto 2019 con un colpo alla testa su una panchina del Parco degli Acquedotti a Roma. Con lui in carcere è finito Enrico Bennato, anche lui nome noto alla cronaca capitolina, a cui la polizia aveva sequestrato l’arma del delitto il 13 maggio, quando con la “sua” Calibro 9 Parabellum aggredì la moglie, finendo in manette per tentato omicidio. I due sono accusati di concorso in omicidio aggravato anche dal metodo mafioso, per Piscitelli e per quello dell’albanese Shehaj Selavdi, del 20 settembre 2020. Gli investigatori della Squadra mobile di Roma hanno individuato il presunto killer da un video emerso nei giorni successivi al delitto Piscitelli, con le telecamere che hanno ripreso l’intera scena del delitto.

Aggredita a Roma, la donna era sotto indagine per truffa

Èindagata per truffa insieme al compagno connazionale. E chi l’ha denunciata ha riferito anche episodi – tutti da verificare – configurabili l’usura. Potrebbe essersi consumata in questo contesto, secondo fonti informali della Questura di Roma, la grave aggressione nei confronti della 38enne romena, presa a sprangate in zona Rebibbia. L’aggressore, che la donna dice di non conoscere, le ha versato addosso anche un liquido chimico, forse infiammabile. La 38enne è ricoverata al Policlinico con un forte trauma cranico, diversi ematomi, una mano fratturata e rischia di perdere un occhio. La donna gestisce insieme al compagno un Caf a San Basilio, attività per la quale è finita indagata nell’ambito delle pratiche su richieste di mutui e rimborsi. Resta comunque in piedi, spiegano le stesse fonti informali, anche la pista passionale. Al vaglio le registrazioni delle telecamere di videosorveglianza di zona ed eventuali testimoni che possono aver visto o sentito qualcosa. Del caso si occupa la Squadra mobile di Roma.

A fuoco la baracca, morti 2 bimbi

Si è sviluppato in pochi minuti il rogo che ha ucciso due fratellini nel campo nomadi di Stornara, nel Foggiano. Un disastro di fiamme e fumo che non ha dato loro alcuno scampo. Il più grande aveva solo quattro anni, la sorellina due.

La madre si era allontanata dal posto in cui vivevano per andare in bagno e quando è tornata ha visto l’incendio, ma non ha potuto fare nulla. Le fiamme hanno avvolto anche altre due baracche vicine, in quel momento vuote. Tutto potrebbe essere partito da una stufa a legna artigianale, un bidone utilizzato normalmente per conservare l’olio in cui era stato acceso un piccolo focolare che avrebbe dovuto combattere il freddo pungente di questi giorni. “Il padre era andato a lavorare in campagna mentre la mamma era andata in bagno. Quando la donna è tornata ha trovato la baracca in fiamme”, ha raccontato una donna romena che vive da sei mesi nel campo rom. Alle 9 di ieri mattina i bambini stavano ancora dormendo secondo il racconto della donna e la madre si è accorta delle fiamme solo quando si è nuovamente avvicinata alla casa.

Sul posto i vigili del fuoco hanno lavorato per ricostruire causa e dinamiche del tragico incidente. Nel campo sono giunti anche il prefetto di Foggia, Carmine Esposito, e il pm di turno, Roberta Bray, che ha avviato un’indagine. I corpi dei due bambini sarebbero carbonizzati, ma un esame medico legale dovrà chiarire se a ucciderli sono state le fiamme o i fumi della combustione. La tragedia ha nuovamente portato all’attenzione delle istituzioni le condizioni di vita in alcuni campi rom. Quello di Stornara è uno dei più grandi e conta circa mille ospiti, prevalentemente cittadini bulgari.

“È veramente una cosa fuori di testa, non si può proprio più permettere questo modo di vivere senza alcuna dignità. Nel 2021 la possibilità che, soprattutto dei bambini, vivano ancora in condizioni disumane è intollerabile”, ha commentato l’assessore al Welfare della Regione Puglia, Rosa Barone. L’esponente del Movimento 5 Stelle ha aggiunto che “nel terzo mondo non verrebbe accettata una situazione del genere, ma qui sembra la normalità. Dobbiamo sicuramente lavorare e alzare l’attenzione e l’impegno, tutti, su questo per far sì che le condizioni di vita siano più umane e dignitose. Non solo mi vergogno – ha concluso Barone – ma tutto questo non è più accettabile”.

Anche la ministra per il Sud Mara Carfagna ha parlato delle baraccopoli come “vergogna nazionale da cancellare” sulle quali lo Stato deve intervenire. Eppure secondo le dichiarazioni rilasciata da Rocco Calamita, il sindaco di Stornara, l’amministrazione comunale aveva in più occasioni segnalato e portato a conoscenza di “tutte le Autorità competenti la situazione drammatica anche sotto il profilo sanitario del campo rom”. Auspicando l’intervento della politica nazionale, il primo cittadino ha annunciato l’impegno del Comune per sostenere la famiglia delle due vittime.

“Lucano si è arricchito sfruttando l’accoglienza”

“Un mondo privo di idealità, soggiogato da calcoli politici, dalla sete di potere e da una diffusa avidità”. È uno dei passaggi più pesanti della sentenza depositata ieri dal Tribunale di Locri, che a fine settembre aveva condannato l’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, a 13 anni e 2 mesi di carcere. Hanno retto, in sostanza, 18 capi di imputazione su 26. Il padre del “modello Riace” è stato ritenuto colpevole per tutti i reati che riguardano la gestione del denaro pubblico: 9 truffe, 4 peculati, 3 falsi e 2 abusi d’ufficio. Accuse appesantite poi da un’associazione a delinquere che aveva lo scopo di commettere “un numero indeterminato di delitti contro la Pubblica amministrazione”.

Per il presidente del Tribunale, Fulvio Accurso, infatti, c’era un “sistema che ruotava attorno all’illegale approvvigionamento di risorse pubbliche”. Al centro di tutto Lucano, dominus dell’associazione Città Futura: “Un’organizzazione – si legge – tutt’altro che rudimentale, che rispettava regole ben precise cui tutti puntualmente si assoggettavano”. Nelle 904 pagine della sentenza si legge di “una regia comune” che ha animato i componenti dell’associazione condannati con l’ex sindaco per la gestione dei progetti sui migranti: “Hanno agito accettando di sostenere politicamente Lucano – scrive il giudice – ricevendo da esso, in cambio, piena libertà di movimento nella loro azione illecita di accaparramento delle risorse pubbliche”.

Se da una parte, il progetto inclusivo dei migranti è stato definito “encomiabile, invidiato e preso ad esempio da tutto il mondo”, dall’altra dopo averlo realizzato, Lucano, “essendosi reso conto che gli importi che venivano elargiti dallo Stato erano più che sufficienti allo scopo, piuttosto che restituire ciò che veniva versato, aveva ben pensato di reinvestire in forma privata la gran parte di quelle risorse, con creazione di progetti di rivalutazione del territorio, che oltre a costituire un trampolino di lancio per la sua visibilità politica, si sono tradotti nella realizzazione di plurimi investimenti”. Si tratta di un frantoio e alcune case destinate ad alberghi “che costituivano una forma sicura di suo arricchimento personale”. In altre parole, per il Tribunale, Lucano ha “operato con costanza nell’illecito, in modo studiato, consapevole e volontario”. Ed è “un falso mito” che “non si sarebbe intascato nulla”. Emerge un “quadro a tinte fosche” con “forme di vero e proprio arrembaggio ai cospicui finanziamenti”. Per Accurso, infatti, “non vi è alcuna traccia dei fantomatici ‘reati di umanità’”. Anzi, “il processo ha un diverso orizzonte” e “si fonda su numerose vicende appropriative di denaro pubblico”.

D’altro canto, per il Tribunale, Lucano “non ha spiegato nulla della falsificazione dei rendiconti di cui, assieme ad altri, si è reso indiscusso protagonista”. E non avrebbe detto nulla nemmeno sul perché “l’associazione Città Futura riceveva ogni mese un cospicuo bonifico (7-800 euro, ndr) dalle isole Cayman (noto paradiso fiscale), rimasto privo di ogni giustificazione. Nessuna spiegazione convincente circa le ragioni per le quali aveva tollerato che i suoi più stretti collaboratori avessero posto in essere numerosi reati”.

Degli stessi, però, “era a piena conoscenza” Lucano, colpevole di “comportamento omissivo”. Perché? Secondo il tribunale “per bieco calcolo politico, dal momento che ciascuno di loro era portatore di un cospicuo pacchetto di voti, a cui lui non aveva inteso rinunciare”.

Silvio al Quirinale, processi bloccati: il “piano Scalfaro”

L’ipotesi è stata messa sul tavolo giovedì da Francesco Paolo Sisto, già avvocato di Silvio Berlusconi e potente sottosegretario alla Giustizia di Forza Italia: “Se Berlusconi viene eletto al Quirinale, i suoi processi si sospendono e riprenderanno eventualmente alla fine del mandato”, ha detto a Un Giorno da Pecora. Una tesi su cui non c’è accordo tra i costituzionalisti. L’articolo 90 della Carta spiega che il capo dello Stato “non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione”. In questo caso i quattro procedimenti rimasti in capo a Berlusconi sarebbero esclusi, ma c’è chi pensa, come Tommaso Giupponi, professore di Diritto costituzionale all’Università di Bologna, che l’articolo 90 sia oggetto di interpretazione perché l’obiettivo è quello di “preservare l’operato e l’autonomia del Capo dello Stato”, ha detto al Fatto. Andrea Pertici, costituzionalista dell’Università di Pisa, non è d’accordo: “Berlusconi sarebbe salvo se ci fosse il lodo Alfano, che sospendeva i processi per le quattro più alte cariche dello Stato – spiega – ma è stato ritenuto incostituzionale e quindi, in caso di elezione al Colle, i suoi processi andrebbero avanti”.

Un fatto è certo: non esiste un precedente nella storia repubblicana in cui un presidente sia stato eletto con la spada di Damocle di un processo in corso. Dai piani alti di Forza Italia però viene citato un precedente per motivare le parole di Sisto: il caso che riguardò l’allora capo dello Stato, Oscar Luigi Scalfaro, che nel 1993 fu coinvolto, insieme ad altri ex ministri dell’Interno, nello scandalo dei fondi neri del Sisde, il servizio segreto civile. Scalfaro dovette rispondere politicamente alle accuse (“Io non ci sto” fu la frase di un suo celebre discorso alla nazione in tv), ma non fu mai indagato durante il mandato presidenziale. Questo fino al 1999: dopo aver lasciato il Quirinale al suo successore Carlo Azeglio Ciampi, Scalfaro fu iscritto nel registro degli indagati per abuso d’ufficio solo quell’anno dopo l’ennesima denuncia dell’ex Guardasigilli, Filippo Mancuso. Paradosso dei paradossi: era proprio Forza Italia, di cui Mancuso era parlamentare, a voler coinvolgere Scalfaro nella vicenda dei fondi del Sisde sottratti alla regolare rendicontazione. Scalfaro poi fu archiviato nel 2001, ma secondo molti fu preservato durante i suoi anni al Quirinale nonostante su di lui pesassero i sospetti. Non sarebbe un precedente come quello di Berlusconi, perché nel caso di Scalfaro lo scandalo scoppiò mentre lui era al Colle mentre il leader di Forza Italia, in caso di elezione, si porterebbe al Quirinale dei processi già in corso. Ma FI, comunque, ci spera.

Nel frattempo prosegue lo scouting per “convincere” parlamentari per il Quirinale: secondo l’AdnKronos ci sarebbero almeno 5 deputati grillini pronti a votare per Berlusconi, mentre per il senatore del Misto Gregorio De Falco sarebbero 7. Ad Arcore però c’è preoccupazione per un servizio che dovrebbe uscire oggi sulla Bbc che ricorda gli scandali, la condanna definitiva per frode fiscale del 2013 e il “bunga bunga” parlando della corsa di Berlusconi alla Presidenza della Repubblica. Un’esposizione internazionale negativa che il leader di Forza Italia vuole evitare a tutti i costi, proprio adesso che sta provando a rifarsi un’immagine a livello internazionale come pilastro del Ppe. Anche perché i primi articoli negativi sulla stampa estera su di lui sono già usciti, dal Guardian al Daily Mail, da Bloomberg a France 24. Ricordano tutti i processi e gli scandali dell’ex premier. Quelli che Berlusconi vorrebbe sospendere se eletto al Colle.

Graviano: “C’è la carta del patto firmato da B.”

Eccoli i verbali di Giuseppe Graviano su Berlusconi. Portano la data del 20 novembre 2020 e del 1º aprile 2021. Sono stati depositati dai pm di Firenze che indagano su Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi per l’ipotesi (enorme e tutta da dimostrare) che l’ex premier e l’ex senatore di FI abbiano avuto un ruolo di mandanti esterni nelle stragi del 1993 che costarono la vita a dieci persone a Milano e Firenze e negli attentati del 1993 contro le Basiliche e Maurizio Costanzo a Roma.

Il procuratore capo di Firenze, Giuseppe Creazzo, e i due aggiunti, Luca Turco e Luca Tescaroli, hanno sentito il boss come ‘persona condannata per reato connesso’ essendo già condannato per quei fatti.

Le affermazioni di Graviano sono tutte da riscontrare. Nel febbraio 2020, quando parlò al processo ‘Ndrangheta Stragista’ l’avvocato dell’ex premier Nicolò Ghedini tuonò: “Dichiarazioni totalmente destituite di ogni fondamento, sconnesse dalla realtà e palesemente diffamatorie”. La Corte di Reggio che ha condannato Graviano per altri fatti, scrisse in sentenza che le sue dichiarazioni su Berlusconi sono prive di riscontro.

Fatte queste premesse, per dovere di cronaca, non si può non riportare quanto Graviano ha dichiarato su Berlusconi che è pur sempre un candidato alla Presidenza della Repubblica. Ieri L’Espressone ha anticipato alcuni stralci, qui proponiamo il testo esteso del verbale del 20 novembre 2020. Quando i pm gli chiedono: “Riferisca in ordine a eventuali rapporti economici con Berlusconi e Dell’Utri”, il boss risponde: “Mio nonno Quartararo Filippo, che lavorava nel settore ortofrutticolo, mi raccontò che aveva conosciuto Silvio Berlusconi attraverso un tramite il cui nominativo non conosco; Berlusconi gli aveva richiesto di operare un investimento di 20 miliardi di lire per le sue attività, con l’intesa di una partecipazione al 20% a tutte le attività e ai proventi derivanti da tale investimento.

Mio nonno (…) non aveva a disposizione la somma intera e allora si rivolse ad alcuni conoscenti coinvolgendoli nell’operazione. Mio nonno investì l’importo di 4,5 miliardi di lire; le altre persone che investirono denaro insieme a lui erano Alfano Carlo per l’importo di 10 miliardi di lire, Serafina, moglie di Salvatore Di Peri, Antonio La Torre detto Nino il pasticcere e Matteo Chiazzese, per l’importo residuo. (…) Mio nonno – prosegue Graviano – mi ha raccontato di tale vicenda dopo la morte di mio padre avvenuta il 7 gennaio 1982; egli mi disse che mio padre non aveva voluto sapere nulla di questa situazione e mi chiese di occuparmene insieme a mio cugino Salvatore Graviano (morto nel 2002, ndr). Io e mio cugino ci siamo rivolti a Giuseppe Greco, papà di Michele (detto Il Papa, boss condannato al Maxiprocesso, ndr), per essere consigliati da lui, ed egli ci invitò a coltivare il rapporto iniziato dal nonno”. Qualche mese dopo, prosegue il boss, “mio nonno portò me e Salvatore a Milano ad incontrare Silvio Berlusconi. L’incontro avvenne all’Hotel Quark (..) presso tale hotel sono tornato per festeggiare il cenone di fine anno 1990/1991 nel corso del quale vi erano ballerine sudamericane (…). Mio nonno ha consegnato a mio cugino Salvatore una ‘carta’ che quest’ultimo mi mostrò: era firmata da Berlusconi e da tutte le persone che avevano effettuato l’investimento e prevedeva l’impegno di condividere il 20% di quanto era stato realizzato con l’investimento iniziale. La carta era stata predisposta da un professionista, non so dire se un notaio, un avvocato, un commercialista. Mi pare di ricordare che alcuni degli investitori avevano come professionista di fiducia l’avv. Canzonieri. L’intendimento mio e di mio cugino è sempre stato quello di ottenere da Berlusconi la formalizzazione dell’accordo. L’ultimo incontro che ho avuto con Silvio Berlusconi è avvenuto nel dicembre 1993, nel corso del quale ci accordammo per formalizzare l’accordo di partecipazione societaria davanti ad un notaio per la data mi sembra del 14 febbraio 1994. Tale incontro avvenne in un appartamento, presso Milano 3, che Berlusconi aveva messo a disposizione di mio cugino Salvo; Berlusconi era accompagnato da due persone di cui non so riferire niente.

Era un appartamento posto al primo o al secondo piano di una palazzina; dalla finestra posta sul retro (rispetto all’ingresso) dell’appartamento si vedeva una caserma dei carabinieri; sul davanti della palazzina la strada si attraversava per il tramite di un ponticello (ve n’era più di uno) che conduceva a uno spazio antistante a una piscina e più avanti vi era un albergo e un esercizio commerciale (…) era un appartamento piccolo, forse un paio di stanze, era al primo o al secondo piano e c’era l’ascensore (Omissis)”. Poi Graviano teorizza: “Sono convinto che io e mio cugino Salvatore siamo stati arrestati per impedirci di formalizzare l’accordo economico di cui ho riferito con Silvio Berlusconi; e le stragi sono cessate per addossare tutte le precedenti a me”. Poi i pm propongono a Graviano alcuni passi delle sue conversazioni intercettate in carcere nel 2016. Alla domanda dei pm “Si riferiva a Berlusconi?”, Graviano risponde deciso: “Sì”. Poi i pm gli chiedono a bruciapelo: “Ci dica se Berlusconi è stato il mandante delle stragi”. Graviano replica: “Non lo so se è stato lui” e segue un omissislungo. I pm Creazzo, Turco e Tescaroli tornano in cella a Terni il primo aprile. In questo secondo interrogatorio chiedono dove sta la carta dell’accordo “firmato da Silvio Berlusconi e dagli altri investitori, che prevedeva l’impegno di condividere il 20% di quanto era stato realizzato con l’investimento di 20 miliardi di lire, di cui ha parlato nel precedente verbale?”. E Graviano: “Questo documento era in possesso di mio cugino Salvatore; mi devo sentire con dei miei parenti che devono mettermi nelle condizioni di recuperare il documento; non ho interesse a recuperare il denaro, ma solo a far rispettare l’impegno e a far emergere la verità. Mi si chiede chi siano queste persone e dico che non intendo fornire il nominativo di costoro, con le quali peraltro teneva i contatti mio cugino Salvo”.

Nell’interrogatorio integrale registrato si legge che il pm Turco chiede: “Lei l’ha vista questa carta privata?”. Graviano: “Sì sì sì l’ho vista”. Turco chiede: “E cosa c’era scritto in questa carta?”. Graviano replica: “Che prima possibile dovevano regolarizzare la società facendo entrare il signor Alfano c’era la cifra precisa il 10 per cento … mio nonno il 4,5 … divise queste con Berlusconi”.

Dal verbale sintetico si apprende che i pm il primo aprile scorso hanno chiesto di nuovo a Graviano dell’appartamento di Milano 3 dopo un’ispezione a Basiglio, nel residence, della Dia. “Si dà atto che, nel corso dell’interruzione, Graviano – si legge nel verbale – ha visionato i video (suddivisi in 31 frame) realizzati a Milano 3 (…)”. Graviano commenta “il residence che ho appena visionato nelle immagini è quello da me indicato, anche se non riesco individuare esattamente l’appartamento; vi chiedo di effettuare una ripresa che evidenzi l’accesso allo stabile; nell’uscire dallo stesso si arriva alla portineria, si esce si gira a sinistra ricordo che sulla destra ci sono delle siepi, si attraversa un ponte pedonale e tramite un viadotto piccolino che si percorre a piedi tra due stabili, si arriva ad uno spiazzo dove c’era una piscina”.

I pm tornano a parlare del nonno: “Come furono consegnati a Berlusconi i soldi? Chi fece da tramite? Berlusconi era a conoscenza della provenienza di tali soldi?”. Graviano tentenna: “Non lo so, io sono intervenuto soltanto nel 1982; mio nonno non penso che abbia conosciuto direttamente Berlusconi; ha avuto un tramite; anzi in sede di verbalizzazione riassuntiva preciso che il tramite è la persona che ha fatto conoscere a mio nonno, Berlusconi; i due, mio nonno e Berlusconi, si conoscevano”. I verbali di Graviano sono stati depositati al Tribunale del Riesame. L’avvocato Mario Murano ha impugnato i decreti di perquisizione nell’interesse dei fratelli Nunzia e Benedetto Graviano (terzi non indagati). Al Fatto dice: “Dopo decenni si continua a compiere attività intrusiva nei confronti dei miei assistiti che non hanno nulla a che fare con le indagini in corso e non risultano depositari di alcun documento segreto”.

Scuola, personale Covid. A rischio 14mila ausiliari

Aumentano i contagi, si proroga lo stato di emergenza, si discute su cosa chiudere e cosa no ma, mentre si esclude categoricamente che qualsivoglia attività economica possa fermarsi, ancora una volta la scuola pare essere la componente sacrificabile. Il maxi-emendamento del governo alla manovra di Bilancio infatti non centra in pienoil tentativo di compromesso con le sigle sindacali e in generale con il mondo dell’istruzione. Il fallimento viene pure quantificato dai rappresentanti dei lavoratori: circa 14 mila persone assunte come personale ausiliario tecnico amministrativo a tempo determinato per supportare le scuole negli adempimenti in più generati dalla pandemia potrebbero essere licenziate il 31 dicembre.

Coordinamento degli ingressi e delle uscite, burocrazia, igienizzazione costante degli ambienti, aiuto ai docenti: i presidi dovranno contare su meno della metà del personale che hanno avuto negli ultimi due anni. Il governo ha stanziato infatti solo altri 100 milioni, soldi che – secondo i calcoli contenuti nella relazione di accompagnamento – copriranno gli stipendi fino a giugno di 7.800 dipendenti, poco più di un terzo. Circa 14mila dunque andranno a casa. E non solo, spiegano fonti sindacali, i soldi andranno agli Uffici Scolastici Regionali (Usr) che non potranno distribuirli a tutte le scuole: “Con quale metodo si decideranno i contratti da prolungare?”

L’idea che circola in viale Trastevere è che il totale delle risorse stanziate per il personale Covid (300 milioni iniziali più i 100 dell’emendamento) possa essere indirizzato non solo ai docenti ma anche al personale che dovesse servire, così come si potrebbe destinare alla stessa missione l’eventuale disavanzo di altri fondi. Non c’è però alcuna certezza. Da mesi si chiedeva di sanare questo vulnus: inizialmente non era prevista neanche la conferma dei docenti Covid. Strada facendo, invece, i soldi erano stati trovati. Non sul personale Ata, per il quale si erano battuti in molti. Sulla mancata riconferma si è basato in parte lo sciopero della scuola, la deputata M5S ed ex ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, aveva lanciato l’allarme più volte, il ministro Bianchi aveva rassicurato che si sarebbe trovata una soluzione. Quella che c’è, ad oggi, non piace a nessuno. Anzi, forse piace solo al sottosegretario leghista all’Istruzione, Rossano Sasso, che ha parlato , scatenando le ire sui social dei suoi follower, di “decine di migliaia di persone che avranno un orizzonte lavorativo più ampio” e di un “sistema scolastico che non subirà alcun contraccolpo”. La verità èche sulla scuola si contano i centesimi. “Se anziché avere la buona notizia della proroga ci trovassimo di fronte al pasticcio di una proroga solo parziale, sarebbe l’ulteriore conferma che sulla scuola il governo Draghi ha sbagliato e che la sua gestione è in mano al ministero del Tesoro”, ha detto il segretario nazionale di Flc Cgil, Francesco Sinopoli. Le sigle hanno comunque ottenuto 60 milioni in più sul fondo per la valorizzazione dei docenti e la rimozione della distribuzione sulla base della “dedizione” all’insegnamento. A conti fatti, si tratta di 3,4 euro in più a docente, ch porta a un totale di 15,4 euro a testa. Soldi che si aggiungono a poco meno di 90 euro di aumento che dovrebbe arrivare col nuovo contratto. Anche qui, i cento euro sono una questione di centesimi. Solo le scuole paritarie festeggiavano: riceveranno 20 milioni di euro, la cui distribuzione sarà dettagliata in un futuro decreto ministeriale.

Ieri, intanto, la presidente dei presidi per il Lazio, Cristina Costarelli ha raccontato che sull’obbligo vaccinale molto personale della scuola si mette in malattia dal terzo giorno per evitare la sospensione, costringendo il ministero dell’Istruzione a precisare che l’obbligo vaccinale vale anche in malattia, dunque la sospensione pure. Poco saggio, in questo caos, togliere altro personale da un giorno all’altro.

“Siamo di nuovo vicini all’incubo, da evitare eventi e feste in piazza”

Professor Massimo Antonelli, direttore del reparto Terapia intensiva dell’ospedale Gemelli di Roma, l’occupazione di posti letto in rianimazione Covid è al 9,6% in Italia, ormai a un passo dalla soglia critica. Siamo di nuovo nell’incubo?

Non siamo ancora nell’incubo ma ci sono segnali di allerta. Senz’altro rispetto a dodici mesi fa noi operatori sanitari siamo stanchi dopo due anni di pandemia. Da almeno tre settimane, per parlare di esperienze concrete, al Gemelli abbiamo almeno trenta malati di Covid in terapia intensiva e tra quelli che dimettiamo, quelli che muoiono e quelli che arrivano siamo sempre sui trenta… Ormai abbiamo duplicato il nostro impegno stabilmente: il Covid e i ricoveri ordinari.

E nel Lazio, rispetto a diverse realtà nel Paese, la situazione è ancora sotto controllo. Quali sono le regioni messe peggio?

È facile: stanno ritornando i cambi di colore. Dalle notizie che ho, il Nord-est, Friuli e Veneto, sono già in affanno. La differenza rispetto a quando ero nel Comitato tecnico-scientifico (governo Conte-2, ndr) è che alcuni parametri non pesano da soli, ma ci deve essere una combinazione degli stessi.

Nella vostra esperienza al Gemelli, quali sono le percentuali di chi arriva in rianimazione da vaccinato e da non vaccinato?

Mediamente riscontro un 80% di non vaccinati e un venti di vaccinati con due dosi. Questi ultimi sono per lo più con la seconda dose somministrata da almeno cinque mesi, anziani e con polipatologie. Ne ho avuto solo uno con la terza dose somministrata da qualche giorno, anziano molto malato di base, che sarebbe arrivato in terapia intensiva anche con una brutta influenza o infezione virale. È chiaro che in questa battaglia i vaccini sono fondamentali, basta comprenderne bene i limiti e la reale efficacia, perché non c’è mai stato nessun vaccino in grado di non far contagiare né ammalare al cento per cento. Stiamo inoltre imparando che il decadimento delle difese del vaccino ha un suo tempo in circa quattro, cinque mesi dalla seconda dose.

Ritiene che il richiamo dell’anti-Covid diventerà annuale o basterà la terza dose?

Non c’è certezza. Può anche essere che debba diventare annuale, qui è tutto in evoluzione sotto ai nostri occhi. Non possiamo neppure escludere che le terze dosi abbiano una lunga durata… Ricordiamoci che quello che stiamo vivendo non è un fenomeno circoscritto a un’area specifica, ma riguarda tutto il mondo. Quindi non siamo in grado di dire quante varianti e di che tipo potremo ancora avere.

Che tipo di feste passeremo? Lo scorso anno ricordo che lei trascorse il Capodanno da solo con sua moglie…

Quest’anno qualche familiare in più, qualche amico, potremo invitarlo. Ma certo ci vorrà ancora grande attenzione, non si dovrà stare tutti tappati in casa solo con gli affetti più stretti ma certo eviterei le feste e i brindisi in piazza. Avevo prenotato a Mantova, ma resterò a Roma, mi sembra più saggio. Speriamo sia l’ultimo sforzo. Auguri a tutti.

Il Green pass sarà valido solo 6 mesi. Sui tamponi Macron scarica Draghi

“Di fronte alle varianti del virus, dobbiamo continuare ad agire da europei. Le persone vaccinate non dovranno farsi il tampone per viaggiare fra i Paesi membri dell’Unione europea”. Così, di buon mattino, in soli 186 caratteri (nella versione del tweet in lingua originale) il premier francese Emmanuel Macron ha rovesciato il tavolino del Consiglio europeo, che poche ore prima aveva autorizzato i Paesi membri a introdurre restrizioni e limiti ai viaggi all’interno dell’area Schengen per motivi di salute pubblica, purché “coordinati” e non “sproporzionati”. E soprattutto ha ribaltato la provinciale narrazione made in Italy, pronta ieri a esaltare a nove colonne “la linea Draghi” e il “Green pass all’italiana” vittoriosi a Bruxelles.

Purtroppo (o per fortuna) non ci sono né vincitori né vinti, ma solo tentativi più o meno efficaci di contenere una quarta ondata che – con la prevalenza della variante Omicron alle porte – è ben lontana dall’essere archiviata. Non vincono i tamponi alle frontiere anche per i vaccinati (vedasi Macron) e non vince certo il Green pass “all’italiana” (almeno non in questo momento), poiché è assai probabile che, dopo aver diminuito il periodo di validità da 12 a 9 mesi, si decida di ridurlo ulteriormente a sei mesi: l’ipotesi sarebbe infatti sul tavolo del governo.

Un’ipotesi che non sorprende, dal momento che l’ormai accertato calo di protezione della doppia dose di vaccino dopo 5/6 mesi, unito al ritardo con cui nel nostro Paese è partita la campagna per la terza dose, ha di fatto demolito il valore di “patente di sicurezza” del Green pass. Abbassare ulteriormente il periodo di validità del certificato è quindi (come fu nel caso della prima sforbiciata) uno strumento per spingere la popolazione over 40 a fare il booster che – stando alle informazioni scientifiche e all’esperienza di altri Paesi più avanti di noi – garantendo un notevole aumento di protezione e, di conseguenza, restituirebbe al green pass il valore smarrito.

Sul punto, tuttavia, bisognerà ancora una volta affrontare l’Europa, se davvero l’intenzione della Commissione europea, come dichiarato giovedì dalla presidente Ursula von der Leyen, è di uniformare la durata del certificato europeo a nove mesi.

Il picco dei 30 mila contagi al giorno previsto per Natale si sta intanto puntualmente avvicinando. Nelle ultime 24 ore sono stati segnalati 28.632 nuovi casi (giovedì 26.109). Mai così tanti nel 2021 e bisogna tornare al 27 novembre 2020 per avvicinarsi a una cifra simile 28.352, ma allora i morti furono 827, ieri le vittime sono state 120. Il tasso di positività sale al 4,3%. I posti letto occupati in terapia intensiva si riavvicinano a mille (siamo a 923, con 70 nuovi ingressi in 24 ore e un saldo complessivo di +6), mentre sono 7.520 (+182) i ricoverati in area medica. Un bollettino in linea con il quadro di generale crescita epidemiologica fotografato ieri dal monitoraggio settimanale dell’Iss: l’incidenza media sale in 7 giorni da 176 a 241 casi ogni 100 mila abitanti, ma l’indice Rt, per la seconda settimana di fila, scende leggermente da 1,18 a 1,13, comunque superiore a 1, livello al di sopra del quale l’epidemia è in espansione.

Non diminuisce la preoccupazione per la tenuta del sistema sanitario: dieci regioni superano la soglia del 10% di occupazione nelle terapie intensive. Sono Calabria (11,8), Emilia-Romagna (11,9), Friuli-Venezia Giulia (18,3), Liguria (13,7), Marche (16,7), Molise (10,3), PA Bolzano (18), P.a. di Trento (21,1), Veneto (15). Otto superano invece la soglia del 15% nei reparti di area medica: Calabria (20,8), Friuli-Venezia Giulia (22,6), Liguria (17,9), Marche (15,6), PA Bolzano (16), PA Trento (17,6), Valle d’Aosta (18,2), Veneto (16). Marche, Liguria, e P.a. di Trento saranno in area gialla da lunedì 20 dicembre. L’ordinanza del ministro della Salute include anche il Veneto, ma il presidente Zaia ha deciso di anticipare: la Regione è già in giallo.