Effetti collaterali.
Il bugiardino dell’Italia gialloverde. Nove potenti affluenti e loro controindicazioni.
L’amico dei cinesi – Michele Geraci
È il 5G che traccia il solco ma è il memorandum che lo difende.
Porti aperti al già pericolo giallo.
Xi Jinping, forte della nuova tecnologia dati di nuova generazione, giunge in visita di Stato in Italia per firmare l’accordo commerciale.
La crescita economica passa dalla Cina, Pechino riempie di soldi il Mediterraneo da compensare mille e più Tav, quello che ne capisce più di tutti è Michele Geraci – sottosegretario allo Sviluppo Economico, economista, dal 2008 in cattedra presso la Via della Seta (insegna finanza alla New York University di Shanghai e all’università di Zhejiang) – ma il suo partito, la Lega, per effetto collaterale lo abbandona.
Matteo Salvini lascia in asso l’asse Mosca-Pechino-Varese e passa armi e bagagli con Donald Trump. Porti chiusi e dazi amari. Leggere attentamente le avvertenze.
Un libro è per sempre – Lucia Borgonzoni
Come Socrate, Lucia Borgonzoni – sottosegretaria leghista al ministero della Cultura – sa di non sapere.
A Un giorno da pecora aveva dichiarato di aver letto l’ultimo libro tre anni fa.
Dopo un anno di governo, gli anni di digiuno letterario sono divenuti quattro.
Sarebbe già un effetto collaterale di vero danno una viceministro così orgogliosamente illetterata ma, invece, è tutta salute.
Tenendosi alla larga dei libri, infatti, Borgonzoni si evita tutto il cucuzzaro benpensante dei Francesco Piccolo, dei Massimo Recalcati, delle Michela Murgia, dei Corrado Augias e dei Beppe Severgnini.
Borgonzoni che Dante l’ha conosciuto a Bologna per tramite di Carmelo Bene e non certo con Roberto Benigni in tivù, non ha ancora avuto tempo per C’è tempo, il nuovo film di Walter Veltroni con Stefano Fresi ma – socraticamente – già pregusta la pellicola prossimamente in uscita con la regia di Francesco Storace.
Il televisionista – Fabrizio Salini
Fabrizio Salini, direttore generale della Rai, è la medicina allopatica prontamente registrata in farmacopea con il marchio Citrosalini.
Il governo gialloverde l’ha scelto nella speranza di aggiustare una volta per tutte la Rai.
I sintomi accusati dall’azienda radiotelevisiva di Stato, infatti – dal mal di pancia delle società di produzioni private, alle scariche continue di sprechi di denaro pubblico – hanno convinto gli esponenti della maggioranza a portare alla guida dell’ente un manager per avviare, oltre al risanamento dei principali asset, la riforma dell’informazione.
Come la Citrosodina, Salini – in dosi modiche – aiuta a far digerire dunque la mappazza ingovernabile dell’azienda radiotelevisiva di Stato da sempre affetta da pirosi, da eruttazioni e da ulcere peptiche derivate, sempre, dalle famose risorse interne.
Un cucchiaio di Citrosalini granulare al dì e tutto resta come prima. Non ci sono controindicazioni.
Rocco e i suoi casini – Rocco Casalino
Le telecamere del Grande Fratello sono state le sue Frattocchie. Primo depilato d’Italia, Rocco Casalino – il Rasputin della comunicazione di Palazzo Chigi, già capo dell’ufficio stampa del M5S – rende vano qualsiasi tentativo di sfottò degli aristocratici liberali perché lui è oltre, è un Magritte puro: questo, infatti, non è un Casalino.
Formatosi nella scalettatura autorale, non certo nella formazione quadri di un comitato centrale, allo schioccare di dita – uno, due e tre – Rocco fa partire la notizia. Così fece con Enrico Mentana al varo del governo di Giuseppe Conte e così ancora fa quando deve centellinare il susseguirsi di fidanzate di Luigi Di Maio, da Silvia Virgulti – a gran passo verso il ricevimento al Quirinale – a Giovanna Melodia, festosa durante le regionali siciliane del 2017, a Virginia Saba, infine, di cui ha dato notizia: “Va al Teatro dell’Opera col suo nuovo fidanzato”. Anzi, al contrario: “Di Maio va al Teatro dell’Opera con la sua nuova fidanzata”. Come effetto collaterale c’è questo fatto che con Rocco non si capisce mai – magrittianamente – chi è fidanzato di chi.
Eccedenze
In questo primo anno di governo gialloverde – nell’usa e getta dell’usato e buttato dei farmaci di automedicazione – se ne sono andati in tanti.
Tutti in eccedenza: da Giulio Sapelli, economista, mancato presidente del Consiglio, al professor Paolo Becchi costretto a becchettare altrove vista l’indisponibilità dell’algoritmo, da Milena Gabanelli che tanto doveva fare nel mondo dell’informazione fatto nuovo (non ancora nuovo) a Maria Giovanna Maglie pronta per il dopo-tiggì cui però è mancato il sì.
Alla dismissione dei tanti – perfino del comandante Gregorio De Falco – si arriva alla tristissima vicenda di Giulia Sarti, parlamentare del M5S, messa a nudo in un giro di fotografie finite negli smartphone di autorevoli protagonisti del mainstream come neppure nel più mesto bunga-bunga da tinello si poteva immaginare.
Il fuochista – Stefano Buffagni
Se Giancarlo Giorgetti è lo Stefano Buffagni della Lega, quest’ultimo, a sua volta – da sottosegretario del ministero per gli Affari regionali e le autonomie – è il Giorgetti del M5S. Se il governo è bifronte, una faccia è quella di Giancarlo, l’altra è quella di Stefano che apre le crisi di governo in vista della salute, ma per fare – in controindicazione – le nomine. Uno vale uno, Rousseau ci mette sempre del suo ma in tanta teoria, un poco di pratica, può mai guastare? Uno a volte vale più di uno e la Lega, per non sbagliare, ritira una vecchia querela contro Buffagni.
Miss Nord e Miss Sud – Erika Stefani e Barbara Lezzi
Sono le ministre boh. Chioma di simile densità, statura equivalente, l’età pure, e infatti le accoppiarono già al Quirinale nel giorno dell’insediamento.
Per non confonderle, sono state dislocate a nord e sud del Paese. Erika Stefani deve provvedere a issare la bandiera leghista di “Prima il Nord” e rendere il Veneto, la Lombardia e l’Emilia Romagna autonome da Roma ladrona. Barbara Lezzi dovrebbe fare in modo che non accada. Al tempo in cui il Parlamento pareva una scatoletta di tonno, a Barbara fu dato il compito di portare l’apriscatola. Il fatto è che ci credette e lo portò veramente. Sempre a lei fu chiesto di dire che l’Ilva si sarebbe chiusa e il gasdotto Tap mai realizzato. E lei ci credette e lo promise veramente.
La Lezzi già una volta ha inguaiato Di Maio dicendo, al tempo di Renzi, che l’aumento del Pil era dovuto ai condizionatori accesi per il troppo caldo. Ha poi inguaiato suo figlio chiamandolo Attila. Invece Stefani, pur di non far danni, non si fa vedere né sentire. Nonostante ciò alle prime voci di rimpasto il suo nome ha fatto capolino. Salvini, temendo effetti collaterali, vorrebbe già sostituirla.
Il macchinista – Giorgio Sorial
Non si sa come né perché ma a lui sono state affidate le grandi crisi industriali. Giorgio Sorial non ha fatto nulla per meritarsi una simile pena però il mondo è cattivo e dopo la trombatura alle ultime Politiche, quando non è riuscito a entrare a Montecitorio, Luigi Di Maio, il suo navigator, ha deciso di affidargli il portafoglio rogne del ministero. Divenuto potente ha proposto la sua compagna Sara Marcozzi alla presidenza della Regione Abruzzo. Sara, che era già stata trombata nell’identica posizione di lancio cinque anni fa, a febbraio scorso ha fatto il bis. È il primo caso di coppia politica felice e perdente. Urge visita di controllo.
Il comunista – Pasquale Tridico
È l’ideatore del reddito di cittadinanza. Calabrese, insegna economia a Roma Tre. È l’unico che conta nel Movimento a capirci qualcosa, e anche l’unico ad aver detto che la flat tax è iniqua e regressiva e l’accordo con la Lega un problema e che mai avrebbe fatto un governo con Salvini. L’unico ad ammettere: “Non ho lo stomaco per fare il ministro”. Ora è commissario dell’Inps. È troppo di sinistra, indispone l’apparato digerente del governo.