Marcello De Vito non perdeva di visto il proprio futuro. A febbraio scorso pensava già a cosa fare dopo la fine del mandato in Campidoglio. E magari puntava a una nomina in Terna – la società quotata in borsa che opera nel settore delle reti per la trasmissione dell’energia elettrica – o anche in Poste Italiane. O almeno di questo parla con il suo amico, l’avvocato Camillo Mezzacapo, il 4 febbraio scorso: entrambi sono stati arrestati dalla Procura di Roma con l’accusa di corruzione. Secondo i pm, De Vito avrebbe messo a disposizione di alcuni costruttori, la propria funzione pubblica e in cambio otteneva consulenze da questi gruppi imprenditoriali per lo studio legale di Mezzacapo. Si tratta di un giro di incarichi professionali, tra quelli dati e quelli invece promessi, che secondo la Procura ammonta a circa 400 mila euro. Una parte di questo denaro è finito nella società Mdl Srl, ritenuta dai magistrati la “cassaforte” nella quale arrivava il denaro “provento delle attività corruttive”.
Mezzacapo e De Vito parlavano anche del futuro del pentastellato. Il Nucleo investigativo dei Carabinieri, in un’informativa del 20 febbraio scorso, sintetizza così una conversazione tra i due del 4 febbraio 2019: “Mezzacapo sostiene che è necessario prendere altri mandati (incarichi) per alimentare i bilanci della Mdl e fa riferimento a consulenze che, attraverso l’intervento di De Vito, potrebbero ricevere da Enea. Poi aggiunge che lo stesso De Vito, al termine del suo mandato, potrebbe farsi nominare in una posizione apicale presso Terna o Poste Italiane, intendendo dire che, una volta ottenuto un simile incarico, lui (De Vito) potrà facilmente veicolare incarichi allo studio legale Mezzacapo. De Vito approva appieno le argomentazioni del suo interlocutore”.
La premessa logica alla conversazione tra Mezzacapo e De Vito è che – secondo le attuali regole del M5s – il consigliere comunale non potrà più candidarsi. Al massimo dopo il compimento del secondo mandato potrebbe concorrere a una nomina in una società pubblica e magari di lì provare ad aiutare l’amico avvocato.
Ecco la conversazione captata dalla Procura di Roma. Mezzacapo dice: “Lo so, dopo di che la do… dopo tutte le pacche sulle spalle di Stefano, bisognerebbe cercare di avere o qualche bel mandato non gli dice un cazzo finalmente, sei stato bravo (…). Sei storicizzato… nel mandato Enea della fusione, una cosa 200 mila euro da dare a tu… è normale, cominciamo a staccare una cosa. Oppure un discorso con Fabrizio, quello là che ti dice: ‘Aho, allora hai finito, guarda chiamo… non so… direttore generale di… Che ti posso dire?’”.
Poi l’avvocato Mezzacapo inizia a parlare delle società che potevano interessare il futuro di De Vito: “Terna e… Poste… – aggiunge – Tu vai dentro a fare Poste e ti danno… oppure ‘guarda ti piglio e ti metto’… va beh… ‘e ti metto a fare il consiglio di Terna’, capito che ti voglio dire?”. E De Vito acconsente: “Si”.
Secondo le indagini dei pm Paolo Ielo, Barbara Zuin e Luigi Spinelli erano tre i gruppi imprenditoriali con i quali De Vito e Mezzacapo hanno intessuto rapporti illeciti. Oltre quello di Luca Parnasi, ci sono anche il gruppo facente capo a Giuseppe Statuto e quello di Pierluigi e Claudio Toti. Nei confronti dei Toti e di Statuto, tutti indagati per traffico di influenze illecite, la procura di Roma ha chiesto la misura interdittiva, il gip deve ancora decidere.
Dalle carte depositate nell’inchiesta emerge che Toti anche dopo l’arresto (poi revocato) di giugno scorso di Parnasi, si fosse “incontrato in maniera riservata con Giovanni Naccarato, neo amministratore delegato della società Eurnova, nominato dopo l’arresto di Parnasi. Al termine di uno di tali incontri Pierluigi Toti parla esplicitamente di notizie riservate inerenti un’indagine che riguarderebbe i gruppi Toti e Parnasi acquisite in epoca molto recente”. Non solo, ma Pierluigi Toti – secondo quanto riportato in un’informativa dei carabinieri del 18 gennaio 2019 – “l’11 gennaio 2019, dopo aver espresso i propri timori in merito a un’indagine in corso sulla società ‘Porta di Roma’, ha chiaramente manifestato la volontà, qualora la propria posizione dovesse aggravarsi, di fuggire in uno stato estero (Uruguay), nel quale ha evidentemente dei possedimenti”.
Il Gip ha riqualificato l’accusa per Toti nel reato più grave di corruzione, mentre il pm ha contestato il traffico di influenze e ha chiesto l’interdizione per lui. Nell’ordinanza non si fa riferimento al pericolo di fuga, appena accennato dai Carabinieri nell’informativa. Ecco l’intercettazione tra Pierluigi Toti e un uomo non identificato.
Pierluigi Toti: Nell’ambito dei procedimento… ecco loro, sono chiamati dalla legge ad esprimere il proprio parere su ogni cosa che si fa
Uomo: Mah, ti devo dire finchè si tratta di studiare un paracadute… Eh?
Toti: Mah… valutare pure che ne so? Se e quando prenderci, ecco, non lo so. Senti… (…) per questo l’Uruguay va venduto
Uomo:Per questo?
Toti: L’Uruguay non va venduto (…) C’è l’estradizione in Uruguay, chi lo sa?