Proseguono le analisi per capire le cause della morte di Imane Fadil, testimone chiave dei processi Ruby, morta in circostanze misteriose dopo oltre un mese di ricovero all’Humanitas di Rozzano. Ieri è iniziato l’iter per verificare l’eventuale presenza di radioattività, ipotesi legata alla presenza di metalli nel corpo dell’ex modella. In mattinata un pool di esperti nominati dalla procura di Milano, titolare dell’inchiesta per omicidio volontario contro ignoti, coordinati dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo, si è riunita per capire come procedere rispetto alle tre possibili ipotesi: morte per avvelenamento, da radioattività o per malattia rara. Nessuna certezza sulla tempistica dei primi prelievi: “I risultati avranno attendibilità progressiva”, spiega la fonte che invita alla cautela. Dopo i primi rilievi sugli organi interni, quelli che tecnicamente vengono chiamati carotaggi, i consulenti della procura e gli esperti di Medicina legale forniranno ai pm titolari dell’inchiesta, Tiziana Siciliano e Luca Gaglio, i primi risultati che – da quanto si apprende da fonti qualificate – potrebbero arrivare in giornata.
La Procura generale contro la sentenza sulla “tempesta emotiva”: “È contraddittoria”
“Illogica, carente nelle motivazioni e contraddittoria”. Nessun dubbio per la procura generale di Bologna, la tristemente nota sentenza sulla “tempesta emotiva e passionale” presenta “aspetti di violazione della legge penale”. Olga Matei fu uccisa a Riccione nell’ottobre del 2016 da Michele Castaldo, dopo poche settimane di relazione, non tanto per “l’esasperazione e l’incontenibile turbamento emotivo quanto piuttosto per i fumi dell’alcol che per sua stessa ammissione gli fanno perdere la ragione”. Il ricorso alla Cassazione contro la sentenza della Corte di assise di appello che ha ridotto la pena da 30 a 16 anni dell’omicida reo confesso chiede che vengano annullati i punti che riguardano la concessione delle attenuanti generiche o, in alternativa, il bilanciamento tra opposte circostanze, ritenendo il provvedimento contraddittorio e manifestamente illogico. Nelle otto pagine del ricorso – firmate dal sostituto procuratore generale Paolo Giovagnoli e dall’avvocato generale Alberto Candi – emerge come, prima della confessione, l’imputato inviò un messaggio alla sua cartomante: “Se non mia, di nessun altro”. Castaldo temeva, sbagliando, che Olga Matei avesse un’altra relazione. “A queste chiare indicazioni sull’assenza di moventi diversi da quello di un malinteso senso di possesso l’imputato faceva seguito lasciando una lettera alla figlia nella quale affermava di aver ucciso una donna che amava alla follia, ribadendo la casuale della gelosia”. Circostanze, come rileva il ricorso, che “rendevano pressoché certa la contestazione dell’aggravante da parte di un pm mediamente accorto”. Un dato invece “ignorato” dalla sentenza. Anche le pregresse infelici esperienza di vita dell’omicida, ritenute un’attenuante, in realtà “non stanno al di fuori delle normali negative esperienze di vita che ciascun essere umano si trova a affrontare”.
I vigili urbani nella sartoria cinese clandestina: cuciva le loro divise
Nella sartoria fuori norma venivano cucite le divise dei vigili urbani. È il paradosso davanti al quale si sono trovati alcuni agenti della polizia municipale di Torino intervenuti ieri mattina per controllare un’azienda di abbigliamento gestita da cittadini di nazionalità cinese.
Nel corso dell’ispezione hanno trovato un appendiabiti con una decina di giacche su cui bisognava soltanto cucire i loghi, mentre sui tavoli ce n’erano altre in lavorazione.
Gli agenti del reparto di polizia commerciale e del reparto operativo speciale erano partiti da una segnalazione anonima: qualcuno li aveva informati che qualcosa non andava in quell’edificio di via Fossata, in Barriera di Milano, periferia nord del capoluogo piemontese.
All’interno i “civich”, come vengono chiamati i vigili urbani a Torino, hanno scoperto una serie di violazioni delle norme igienico-sanitarie, carenze sul piano della sicurezza per i dipendenti, irregolarità nella documentazione del montacarichi e non solo. Dodici persone erano costrette a vivere all’interno della sartoria in condizioni disagiate.
La donna che ha preso in affitto i locali è stata multata per non aver comunicato alla questura la presenza degli stranieri ed è stata denunciata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina perché aveva dato riparo a un uomo su cui grava un provvedimento di espulsione dal Paese, un atto sospeso in attesa della definizione di un processo penale.
I controlli, però, non sono finiti: su questa sartoria, a cui alcune aziende hanno subappaltato la realizzazione delle divise della polizia municipale di alcuni comuni, la Guardia di finanza svolgerà una verifica fiscale.
Gelosia e liti via chat, Nicoletta uccisa dalla coppia di ex amici (che poi va a ballare in discoteca)
Orrorea Marsala: Nicoletta Indelicato, venticinquenne di origini romene, è stata uccisa da sei coltellate e poi bruciata nella campagna di contrada Sant’Onofrio, domenica notte. Gli assassini, che dopo l’omicidio sono andati a ballare a Castelvetrano, sono Margareta Buffa (29 anni) e il suo compagno Carmelo Bonetta: sarebbe stata la rivalità tra le due donne, forse generata da una competizione in amore, ad aver spinto Buffa all’omicidio, con l’aiuto del fidanzato. Margareta e Nicoletta in passato erano state amiche. Ambedue provenienti dalla Romania e adottate da famiglie del Comune trapanese, si conoscevano da quando erano piccole, ma tra loro non correva buon sangue ormai da tempo: sia l’una che l’altra avrebbero nutrito dei sentimenti per Bonetta, 34enne insegnante di balli caraibici, che ha finito per fidanzarsi con la Buffa. Gli insulti e gli attacchi verbali, anche via social, erano continui, e ad essi si erano aggiunti dei “pettegolezzi” che la Indelicato avrebbe cominciato a diffondere riguardo la coppia. La teoria degli inquirenti è che questo abbia finito per convincere Margareta a mandare un messaggio a Nicoletta. “Vieni che dobbiamo chiarire”, ma il chiarimento non è mai arrivato: la ragazza è stata caricata in macchina, portata lontano dal centro, e accoltellata da Carmelo Bonetta, che era rimasto nascosto nel bagagliaio in attesa del momento prestabilito. I dettagli della truce vicenda sono stati raccontati dalla coppia martedì sera, nella caserma dei Carabinieri di Marsala, e dovranno essere valutati in Procura. Una storia di risentimento, rancore e rabbia sorda, a cui si aggiunge la disperazione della famiglia adottiva della vittima, che le era molto legata e la cercava dal momento della sua sparizione, prima di apprendere la tragica notizia. Le forze dell’ordine, coordinate dal Procuratore di Marsala Vincenzo Pantaleo, proseguiranno le indagini per chiarire il movente del delitto.
Bambin Gesù, secondo titolo consecutivo: anche il campionato vaticano ha la sua Juve
E anche quest’anno lo scudetto, con una giornata di anticipo, lo ha vinto l’OPBG, acronimo che sta per Ospedale Pediatrico Bambin Gesù. Lo scudetto del campionato vaticano, s’intende. Ed è il secondo di fila. La gara di ieri sera contro le Guardie Svizzere era un recupero, ininfluente sulla classifica, e quindi una passerella finale. È stato sufficiente un pareggio senza gol, contro i Musei Vaticani (la Juventus per blasone della Santa Sede), per aggiudicarsi aritmeticamente il titolo, rendendo vani gli ultimi disperati attacchi della Dirsec, la Direzione servizi economici della Santa Sede. La forza dell’OPBG, lo dicono tutti, è il “collettivo”, parolina magica che vuol dire tutto e nulla. “Diciamo che può attingere da un bacino enorme, quello dell’ospedale pediatrico appunto – dice Danilo Zennaro, responsabile della Rappresentativa Vaticana (una specie di Nazionale, insomma) – visto che giocano impiegati, infermieri, medici”.
Il campionato, giunto alla sua 47esima edizione, è bonsai, solo otto squadre. Oltre i campioni dell’OPBG, ci sono la Dirsec, la Fortitudo (mista, raccoglie gente ovunque), la PUL (Pontificia università lateranense), i Musei Vaticani, l’Archivio Segreto, la Dirtel (Servizi telecomunicazione del Vaticano) e infine le Guardie svizzere. Quest’ultime, forse, la squadra più deludente.
Zennaro: “Pur essendo tutti giovani, molto più delle squadre avversarie dove giocano anche sessantenni, i risultati non sono sempre consoni”. La diplomazia vaticana è depistante, la verità è che arrivano sempre ultimi. Quest’anno anche penalizzati per aver saltato una partita: “Succede che, se ci sono eventi importanti in Vaticano, siano sempre i più penalizzati nel turni, e capita che arrivino tardi e non con i migliori in campo”.
Accoglienza a tutti quanto si vuole, ma il campionato vaticano è autoctono al 100%, anzi al 99%. “Tutti i calciatori devono essere dipendenti del Vaticano, non è possibile “acquistare” stranieri dall’Italia. Né oriundi, né passaporti falsi, per capirci. Le uniche eccezioni, a volte, sono i portieri. Trovarne sedici, tra titolari e riserve, qui in Vaticano è complicato”.
Si gioca in 9 contro 9, tempi da 30 minuti, sui campi della Fondazione Cavalieri di Colombo, ogni lunedì e martedì sera, quest’anno anche la terna arbitrale. È un campionato a costo zero, nonostante negli organigrammi societari compaiano presidenti, vice, direttori sportivi e medici sociali.
Ci sono anche le due classiche finestre di mercato: una estiva e una invernale. “Ma senza soldi. Se io voglio accaparrarmi il Cristiano Ronaldo del caso, ci parlo e una stretta di mano è più che sufficiente, anche la società che ‘vende’ deve dare l’autorizzazione”.
Non i migliori, ma “chi si comporta meglio”, viene chiamato in Nazionale, che gioca una decina di incontri all’anno a scopo benefico. Ancora Zennaro: “Non possiamo rischiare che, a un fuorigioco non fischiato, uno dei nostri reagisca. Portiamo pur sempre lo stemma del Vaticano sulle magliette. Giochiamo contro le vecchie glorie, ultimamente abbiamo perso 15-2 contro quelle del Borussia Monchengladbach. Lì le vecchie glorie giocano gratis, qui mica tanto”.
Csm, gli attacchi ai pm di Renzi in Disciplinare
Le insinuazioni di Renzi sui pm e il gip di Firenze di volerlo colpire politicamente con i domiciliari per i suoi genitori sono finite ieri alla Prima commissione del Csm, competente anche per le pratiche a tutela dei magistrati. I togati Davigo e Ardita avevano scritto al Comitato di presidenza il 7 marzo scorso dopo aver letto i commenti dell’ex premier che ha fatto “evidenti allusioni circa la strumentalità dell’operato dei magistrati rispetto a finalità di tipo politico. Riferimenti particolarmente gravi perché provenienti da esponente di primo piano che ha rivestito rilevanti funzioni al vertice dello Stato”. In Prima commissione c’è anche una richiesta di pratica a tutela dei giudici del tribunale dei ministri di Catania insultati via social dal vicepremier Salvini e dai suoi sostenitori perché avevano chiesto il processo a carico del leader della Lega per sequestro di persona, dopo il blocco della nave Diciotti. La richiesta, firmata da tutti i togati eccetto quelli di Mi, è del mese scorso ma finora era rimasta congelata in attesa del voto in Parlamento. Sarà discussa probabilmente il primo aprile, forse insieme a quella sui magistrati fiorentini.
Centofanti, il lobbista che imbarazza Zingaretti
Il nome di Fabrizio Centofanti circola a Roma già da diversi anni. Adesso però il lobbista con amicizie importanti sta creando più di un imbarazzo al Presidente Nicola Zingaretti, che appena eletto segretario del Partito Democratico deve già affrontare una grana giudiziaria: è indagato dalla Procura di Roma per finanziamento illecito.
Centofanti non poteva pensare che le confidenze rivelate a un amico avvocato presto sarebbero finite in Procura. A Giuseppe Calafiore avrebbe raccontato dei suoi rapporti privilegiati con Zingaretti, dovuti a suo dire a erogazioni necessarie per finanziare l’attività politica. Calafiore, che arrestato per corruzione ha patteggiato la sua condanna a 2 anni e 9 mesi di reclusione, ha iniziato a collaborare e ha raccontato ai pm di Roma ogni cosa. Le sue parole però al momento non hanno trovato riscontri, per questo la posizione di Zingaretti potrebbe presto essere archiviata.
Ma andiamo con ordine. Nato a Colleferro, in provincia di Roma, il 19 settembre 1972, Fabrizio Centofanti inizia a far parlare di sé quando diviene capo delle relazioni istituzionali di Francesco Bellavista Caltagirone. Trasformatosi in imprenditore, secondo gli inquirenti il suo nome sarebbe riconducibile ad almeno una decina di società. Da alcune di queste avrebbe emesso fatture per prestazioni inesistenti. Per questo è accusato di essere uno degli artefici di un’associazione a delinquere che avrebbe frodato il fisco per centinaia di migliaia di euro. Gli inquirenti si sono accorti di lui mentre indagavano su un suo socio, l’avvocato Piero Amara, il legale noto per aver realizzato con Calafiore un sistema di compravendita di sentenze anche al Consiglio di Stato. Centofanti e Amara, ad esempio, erano insieme a Dubai. Con loro c’erano anche Giuseppe Calafiore e il pm di Siracusa Giancarlo Longo.
A pagare la fattura da 14 mila euro per il soggiorno e le spese di viaggio del magistrato sarebbe stato proprio Centofanti. Anche per questo il pm longo ha patteggiato una pena a 5 anni di reclusione per aver “svenduto la funzione giudiziaria”. Centofanti, che era stato arrestato nel febbraio 2018 e adesso attende a piede libero di affrontare il processo, secondo Calafiore “è un lobbista che a Roma è dotato di un circuito relazionale di estrema importanza: magistrati, politici, appartenenti al Consiglio superiore della magistratura”.
Quando nel luglio del 2016 la Finanza ha bussato alla porta di Energie Nuove di Centofanti, ha trovato un contratto di consulenza stipulato tra la Cosmec srl e Maurizio Venafro, ex capo di gabinetto di Zingaretti. “Maurizio poverino era senza lavoro, l’abbiamo accolto”, diceva di lui Centofanti non sapendo di essere intercettato. E così era stata emessa una fattura per una consulenza da 72 mila euro, di cui 42 mila effettivamente corrisposti. Adesso Calafiore ha accusato Venafro: quei soldi sarebbero stati pagati per ottenere le autorizzazioni dalla Regione Lazio per due centrali idroelettriche a Tarquinia. Ascoltato dai pm Centofanti non ha rinnegato di essere amico di Venafro e Zingaretti, ma ha spiegato di averlo assunto come consulente solo dopo le sue dimissioni dalla Regione, e che anche le autorizzazioni regionali sarebbero arrivate quando Venafro si era allontanato da via della Pisana.
Amara: “Così io e Verdini volevamo aiutare Descalzi”
La possibile “caduta” di Claudio Descalzi, coinvolto nell’inchiesta di Milano Opl-Nigeria, dai vertici aziendali dell’Eni, aveva spinto l’avvocato Piero Amara ad interessarsi in prima persona coinvolgendo Denis Verdini e indirettamente l’ex sottosegretario Luca Lotti. Lo racconta lo stesso ex legale Eni nell’udienza di martedì a Messina del processo “Sistema Siracusa” che vede imputati l’ex senatore di Ala per finanziamento illecito ai partiti e Giuseppe Mineo, ex magistrato del Consiglio di giustizia amministrativa siciliano, per corruzione in atti giudiziari.
Le dichiarazioni rese da Amara, che ha patteggiato nella Capitale una condanna a 3 anni di reclusione per corruzione e a rischio di un’altra richiesta di rinvio a giudizio a Messina, hanno permesso alle Procure siciliana e capitolina di aprire nuovi filoni d’indagine, anche sul Consiglio di Stato.
“Per tutti i temi che per me potevano avere rilevanza parlavo con Denis (Verdini, ndr) – spiega l’avvocato -, c’era un periodo che il responsabile delle relazioni esterne dell’Eni, tale Claudio Granata (non indagato ndr), una persona molto influente, aveva l’esigenza di conoscere qualcuno, perché c’era il rischio che Descalzi potesse cadere”. Per questo motivo sarebbe stato organizzato un incontro, al quale avrebbero partecipato anche l’ex leader di Ala, “il responsabile delle relazioni esterne di Eni” e “una persona molto importante”, di cui però non fa il nome in aula. Il trait d’union tra Verdini-Amara è Francesco Saverio Romano, già ministro delle Politiche agricole del governo Berlusconi. A Verdini il testimone ha detto di aver erogato “in modo continuativo somme di denaro”, “circa 260-300 mila euro”, di cui “200 mila euro in contanti”. Per Amara, Verdini diviene il passe-partout per dialogare anche con i vertici del Giglio magico di Matteo Renzi. “All’epoca Ala aveva un ruolo importante perché costituiva l’ago della bilancia nei rapporti con Forza Italia e con il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il sottosegretario Lotti.” A questo proposito si inserirebbe l’operazione Teletouch. “È una società costituita con Andrea Bacci, un imprenditore e finanziatore della corrente Renzi-Lotti. All’epoca questa società aveva sviluppato una tecnologia che poteva essere implementata con Telecom”.
Ma l’avvocato aveva intravisto altre possibilità. “C’era l’esigenza di rafforzare la posizione di Marco Capuano all’interno di Telecom da possibili ingerenze – aggiunge Amara –, in più c’era Telecom Sparkle, una società che si occupava delle linee che collegano il traffico telefonico di Telecom. Era un’operazione importantissima per i vertici del Governo”.
In un’aula gremita, l’avvocato ha parlato anche dei contenziosi al Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia che riguardavano Open Land e la Am Group, aziende a lui vicine, di cui si occupava il giudice Giuseppe Mineo, imputato per corruzione in atti giudiziari. Amara avrebbe cercato di agganciarlo tramite l’ex governatore della Sicilia Giuseppe Drago. In seguito avrebbe proposto “Mineo come componente laico di nomina politica al Consiglio di Stato”.
Per ottenere la nomina chiese l’intervento di Verdini: “Mi disse che aveva parlato con Lotti, in seguito però mi venne detto che Mineo aveva problemi disciplinari e per questo la nomina non andò in porto”. Il giudice del contenzioso cambia, ma Amara non si perse d’animo.
“Il presidente era Claudio Zucchelli (non indagato, ndr), parlando con Verdini appresi che Zucchelli aveva avuto un incarico tecnico quando era al governo con il centrodestra e aveva buoni rapporti con Gianni Letta, quindi gli raccomandai entrambe le pratiche (Open Land e AM Group, ndr). Lui mi fece vedere gli sms che avrebbe inviato all’onorevole Letta per incontrare il presidente Zucchelli in relazione a queste vicende”. Nonostante questo Amara continua ha nutrire un sospetto: “Ho avuto la sensazione che Verdini millantasse”.
Maledizione Capitale
Tutti i guai Da Marra a Mister Stadio Il presidente dell’Assemblea capitolina, Marcello De Vito, non è il primo pezzo che crolla del Campidoglio a gestione 5Stelle. Il 2 dicembre 2016 fu arrestato il capo del personale Raffaele Marra. Ad attirare l’attenzione dei pm romani erano stati i contatti con l’immobiliarista Sergio Scarpellini (scomparso lo scorso 20 novembre). Un rapporto che secondo i giudici della Seconda sezione penale era di natura corruttiva. Il pubblico funzionario si sarebbe messo a disposizione di Scarpellini ai tempi della giunta Alemanno dopo aver ricevuto due assegni circolari da 367 mila euro, restituiti solo dopo l’inizio del processo. Ed è per questo motivo che lo scorso 13 dicembre Marra è stato condannato a 3 anni e 6 mesi di reclusione. L’ex capo del personale di Roma Capitale sta anche affrontando un secondo processo per difendersi dall’accusa di abuso d’ufficio in relazione alla nomina del fratello Renato, nominato a capo del Dipartimento Turismo del Campidoglio. Per la stessa vicenda, la Raggi è già stata processata e assolta dall’accusa di falso. La giunta 5Stelle stava ancora smaltendo questa grana quando una nuova tegola si era abbattuta sul Campidoglio: l’avvocato genovese Luca Lanzalone, il “Mr. Wolf” chiamato in Comune per dare un contributo nella trattativa sul nuovo stadio della Roma era stato arrestato. Era il giugno scorso e la pm Barbara Zuin accusava le nove persone finite in manette di aver costituito un’associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. Insieme al collega Luciano Costantini e al commissario straordinario dell’Ipa Fabio Sereni, Lanzalone sta affrontando un processo penale per reati di corruzione e traffico di influenze. Lanzalone in quel processo deve difendersi anche dai reati legati al filone principale dell’inchiesta, la stessa che la Procura ha concluso il 30 ottobre scorso richiedendo poi il rinvio a giudizio nei confronti di 19 persone, tra cui l’imprenditore Luca Parnasi, due politici di FI e uno del Pd, oltre a vari manager e funzionari.
Marcello e Camillo, i fratelli “Mezzacapo” alle prese con Gabibbo e cometa di Halley
I fratelli Caponi, Totò e Peppino, arrivarono a Milano bardati con pellicce e colbacchi ché il loro nemico storico, Mezzacapa, aveva detto che a Milano c’era la nebbia.
Al contrario i novelli fratelli “Mezzacapo”, Marcello e Camillo, vanno senza giacca d’inverno ché a Roma c’è sempre il sole. È febbraio e i due devono andare al ristorante per un incontro segreto e il dubbio squassa Camillo Mezzacapo: “Senti, ma non la prendo la giacca perché è quasi estate, vero?”. Marcello De Vito: “No, oggi fa caldissimo”. Mezzacapo: “Quasi estate, allora io non me la prendo…”. De Vito: “Aaah senti che sole”. Mezzacapo: “Poi magari come va via il sole alle quattro e mezza…”.
La direzione di marcia dei fratelli “Mezzacapo” è il ristorante Vanni, nel quartiere Prati di Roma. E qui c’è un altro brano d’antologia tra i due compari. Entrambi hanno la mania della clandestinità (il caso Parnasi-Lanzalone è già esploso) e devono vedere delle persone a pranzo per la vicenda Statuto. Marcello riferisce che gli altri due commensali hanno prenotato al Matriciano, in via dei Gracchi, sempre a Prati. Camillo è contrario ma poi s’appassiona al “giro di nomine”. Camillo: “Dico voi tra… quest’anno e soprattutto avete tutte le nomine”. Marcello, con la testa al cibo: “Vogliamo andare al Matriciano?”. Mezzacapo lascia stare le nomine e insiste per Vanni: “Al Matriciano stai in mezzo alla sala, a mangiare all’una e mezza… qui non c’è nessuno, non hai capito? entriamo dal… dal coso, c’è l’ascensoretto che ti porta su, adesso lo vedi e c’è la saletta, non ti vede nessuno, siamo noi quattro e il cameriere, gliel’ho fatta prendere apposta”.
Annotano i magistrati: “Usciti dall’ufficio i due si sono recati presso il ristorante Vanni, dal quale sono usciti separatamente: prima De Vito Marcello alle 15.28 e, dopo qualche minuto, alle 15.55, Mezzacapo Camillo”.
Ovviamente il dialogo ormai cult è quello che termina con il ripiegamento sul “prepensionamento dignitoso”. È Camillo che riassume a Gianluca Bardelli, agli arresti domiciliari da ieri, la conversazione-manifesto avuta in precedenza con Marcello: “Qui noi abbiamo proprio un anno buono, gli ho proprio detto: ‘Guarda c’è una… adesso c’è una congiunzione astrale che è come quando passa la cometa di Halley, cioè… state voi al governo qua di Roma e anche al governo nazionale… in maggioranza rispetto alla Lega… è la cometa di Halley, allora’ (ride) adesso hai un anno, se adesso non facciamo un cazzo in un anno però… allora, voglio dire, mettiamoci il cappelletto da pesca, io conosco un paio di fiumetti qua, ci mettiamo là… ci mettiamo tranquilli con una sigarettella, un sigarozzo… là, con la canna e ci raccontiamo le storie… e ci facciamo un prepensionamento dignitoso”. Il quale Camillo aveva specificato a Marcello la questione così: “Difficilmente si riverifica una congiunzione astrale dove oggi stai al governo”. E aggiunge “Da solo di Roma”. Osserva crudelmente Marcello: “Avresti vinto pure con il Gabibbo”. Ridendo, e sempre in questa intercettazione ambientale, Camillo conia quasi un proverbio sulle consuetudini romane: “Questa comunque costruisce, fa cose immobiliari, una conoscenza al Comune sai, non si nega a nessuno”. E ride, ancora.
Indi, nell’ordinanza c’è un eloquente scambio di opinioni tra i colleghi costruttori Luca Parnasi e Claudio Toti sul Sistema. Parnasi: “Il problema qual è Cla’? È la politica! Cioè noi abbiamo un presidente di Regione che è un cacasotto terrificante! Nicola… Nicola non si mette a fare una… cioè Nicola è fatto così! Lo conosco…”. Infine, l’odiato Paolo Berdini, ex assessore all’Urbanistica. Da un messaggio di Davide Zanchi, imprenditore, a Davide Bordoni di FI: “(Berdini) è bugiardo come Giuda. Si sta preparando un’uscita da Paladino strenue del verde contro la cementificazione”.